Il TAR Brescia condivide la tesi per cui gli impianti di trasmissione radiomobile non sono soggetti all’applicazione della normativa edilizia generale, ma solamente alle norme speciali di cui agli artt. 87 [ora art. 43] e ss. D.lgs. 259/2003, le quali comprendono e assorbono anche le verifiche di tipo edilizio; infatti, gli artt. 86 e 87, d.lgs. n. 259/2003, nel disciplinare il rilascio dell'autorizzazione all'installazione di impianti di telefonia mobile, prevedono un procedimento autorizzatorio tendenzialmente unico, capace di assorbire ogni giudizio di conformità urbanistica, assolvendo anche alle funzioni del relativo titolo abilitativo edilizio. Pertanto, il Comune non può pretendere che l'istante sottoponga il progetto a un separato procedimento autorizzatorio ai fini della verifica della conformità edilizia della stazione radio base. Solo nel caso in cui sia necessario, per la presenza di un vincolo paesaggistico, l’azienda interessata è onerata di munirsi del parere della preposta autorità sulla compatibilità paesaggistica.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 764 del 17 ottobre 2023




Il TAR Milano, a fronte di una esclusione da una procedura aperta per l’affidamento del servizio per la gestione delle aree di parcheggio per mancata produzione dell’asseverazione del Piano Economico Finanziario, osserva che, a fronte della mancata produzione dell'asseverazione a corredo del Piano Economico e Finanziario, la stazione appaltante non ha altra scelta se non quella di procedere all'esclusione della concorrente, senza possibilità di fare ricorso al c.d. soccorso istruttorio; il Piano Economico Finanziario costituisce infatti un elemento essenziale dell'offerta, con la conseguenza che la sua mancanza, o l'omessa asseverazione da parte di soggetto abilitato, costituisce vizio essenziale della stessa, non sanabile con il soccorso istruttorio; trattandosi di un documento caratterizzato da una particolare qualificazione in materia finanziaria, nonché dalla terzietà del soggetto da cui promana, non è ammissibile che alla sua mancanza possa sopperire la valutazione dell'Amministrazione aggiudicatrice, derivandone che l'ammissione di un'asseverazione postuma attribuirebbe alla parte che se ne avvalesse un ingiustificato vantaggio competitivo, in violazione della par condicio; l’obbligo in questione non riguarda, poi, solo le procedure di partenariato pubblico/privato, ma anche le concessioni.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2833 del 28 novembre 2023


Il TAR Milano ricorda che in caso di intervento edilizio realizzato all'esito di presentazione di s.c.i.a., per il quale era tuttavia precluso il ricorso a detto titolo abilitativo, esigendosi di contro il rilascio di permesso di costruire, non trova applicazione il termine decadenziale per l'esercizio del potere inibitorio previsto dall'art. 19 della l. n. 241 del 1990, il cui decorso esaurisce gli ordinari poteri di vigilanza edilizia, in quanto tale termine opera solamente nelle ipotesi in cui gli interventi realizzati o realizzandi rientrino fra quelli eseguibili mediante s.c.i.a.; per gli interventi soggetti a permesso di costruire, invece, deve applicarsi il comma 2-bis dell'art. 21 della medesima legge a mente del quale restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 3148 del 21 dicembre 2023


Il TAR Milano respinge un’eccezione di irricevibilità per aver notificato il ricorso oltre il termine di 60 giorni dall’adozione della determina impugnata regolarmente pubblicata all’albo pretorio del Comune, anche telematicamente e osserva che, ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p.a., il termine per impugnare decorre, “per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione” (solo) “se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge”. Nel caso di specie viene impugnato un atto comunale avente natura gestionale, nello specifico una determinazione del Responsabile del Servizio Tecnico che esula dai casi per i quali il Testo unico Enti locali prevede la pubblicazione. Il Testo unico in parola, infatti, impone la pubblicazione per i soli atti rientranti nella categoria delle “deliberazioni” (di Consiglio comunale e di Giunta, nel caso dei Comuni) e non per tutti gli atti (inclusi decreti, ordinanze, determinazioni), disponendo all’art. 124, comma 1, che “Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante pubblicazione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge”. Nella fattispecie, pertanto, non pare sussistere una delle ipotesi nelle quali il termine per proporre ricorso debba farsi decorrere dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2236 del 6 ottobre 2023


Il TAR Milano precisa che è illegittima l’ordinanza comunale impositiva nei confronti degli eredi dell’obbligo di provvedere all’esecuzione di tutti i lavori atti alla messa in sicurezza di un fabbricato, nel caso in cui l’Ente procedente non abbia fornito la prova dell’avvenuta accettazione di eredità attraverso la presa di possesso dell’immobile, essendo a tal fine privi di rilevanza tutti quegli atti che non denotino in maniera univoca un’effettiva assunzione della qualità di erede. Aggiunge il TAR che se dovesse sussistere un pericolo per la pubblica incolumità – da accertare rigorosamente con accurata istruttoria, prima dell’emanazione del relativo provvedimento, al fine di individuare i soggetti tenuti a eseguire le misure di messa in sicurezza – è possibile attivare la procedura di cui all’art. 481 cod. civ. che stabilisce che “chiunque vi ha interesse può chiedere che l’autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3129 del 20 dicembre 2023


Il TAR Milano precisa che il contenuto dell’artt. 80, comma 4, del D.Lgs. n. 50/2016 è chiaro nel prevedere che l’esclusione – o la revoca dell’aggiudicazione – è disposta, peraltro obbligatoriamente, quando l’irregolarità attiene al pagamento di imposte e tasse o dei contributi previdenziali, non in qualsiasi ipotesi in cui un credito dell’amministrazione sia riscosso tramite cartella esattoriale (nella fattispecie il credito si riferiva al pagamento di spese di giustizia, per il che, secondo il TAR, non può trovare applicazione la disposizione invocata e, conseguentemente, l’accertamento di detto debito è inidoneo a fondare la revoca dell’aggiudicazione impugnata).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2380 del 18 ottobre 2023


A fronte di una istanza di revisione del corrispettivo patrimoniale dovuto all’amministrazione a titolo di canone concessorio, il TAR Milano osserva che, in presenza di una formale domanda di parte, l'amministrazione è tenuta a concludere il procedimento, anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte. Tale obbligo di provvedere deve corrispondere a una situazione soggettiva protetta, rinvenibile anche al di là di un’espressa disposizione normativa che preveda la facoltà del privato di presentare un’istanza e, dunque, in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento ovvero le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3068 del 18 dicembre 2023


Il TAR Milano, in ordine all’interesse ad agire, osserva che, seppure in materia ambientale un orientamento interpretativo sostiene che la vicinitas sia sufficiente a comprovare tanto la legittimazione, quanto l’interesse ad agire, senza che sia necessario per il ricorrente allegare e provare l’esistenza di uno specifico pregiudizio, nondimeno il Tribunale ritiene coerente la differente impostazione che conserva la distinzione e l’autonomia tra le due diverse condizioni dell’azione; la vicinitas, pur valorizzabile ai fini della legittimazione, non dimostra di per sé l’interesse ad agire, che postula almeno l’allegazione dello specifico pregiudizio che al ricorrente deriva dal provvedimento impugnato; lo stabile collegamento opera come criterio di legittimazione a “maglie allargate”, ma la natura soggettiva del processo amministrativo impone di selezionare gli interessi giuridicamente rilevanti, onde evitare che, in assenza della previsione legislativa di un’azione popolare, nel giudizio trovino tutela posizioni di mero fatto, sganciate dal conseguimento da parte del ricorrente di una concreta utilità in connessione con un determinato bene della vita; nel caso in esame (impugnazione di una modifica sostanziale di AIA per attività di ricezione, stoccaggio, smaltimento e recupero di rifiuti), nonostante la vicinitas, resta ferma la necessità di verificare il pregiudizio in astratto derivante dall’atto impugnato, pregiudizio la cui allegazione compete alla parte ricorrente e può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso; va verificato che la situazione giuridica soggettiva affermata possa aver subito una lesione, ma non anche che abbia subito una lesione, poiché questo secondo accertamento attiene al merito della lite.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 3035 del 14 dicembre 2023


Il TAR Milano, esaminando un ricorso avverso uno strumento urbanistico, prende atto che la difesa dei ricorrenti – pur riconoscendo la sopravvenuta carenza di interesse allo scrutinio della domanda di annullamento, essendo intervenuta la sostituzione della variante impugnata con un successivo atto pianificatorio, non impugnato – ha manifestato la permanenza di un interesse ai fini risarcitori, secondo quanto previsto dall’art. 34, comma 3, c.p.a., che è stato tempestivamente dichiarato nel rispetto dei termini di cui all’art. 73 c.p.a. Ciò, precisa il TAR, impone di esaminare le censure contenute nel ricorso, sebbene soltanto ai fini della verifica della ipotizzata illegittimità degli atti impugnati, senza tuttavia che tale scrutinio possa determinare l’annullamento degli stessi, poiché, in coerenza con le conclusioni raggiunte dalla sentenza della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 2022, per ottenere l’accertamento preventivo si palesa sufficiente una semplice dichiarazione, da rendersi nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 c.p.a., a garanzia del contraddittorio nei confronti delle altre parti, con la quale a modifica della domanda di annullamento originariamente proposta il ricorrente manifesta il proprio interesse affinché sia comunque accertata l’illegittimità dell’atto impugnato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3029 del 13 dicembre 2023


Il TAR Brescia ricorda che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, sono illegittimi gli ordini di smaltimento dei rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione della sua mera qualità e in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell’Amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di un’esauriente motivazione, dell’imputabilità soggettiva della condotta. In tale quadro normativo, tutto incentrato sulla tipicità dell’illecito ambientale, non vi è spazio per una responsabilità oggettiva, nel senso che per essere ritenuti responsabili della violazione dalla quale è scaturita la situazione di inquinamento, occorre quantomeno la colpa. E tale regola di imputabilità a titolo di dolo o colpa non ammette eccezioni, anche in relazione ad una eventuale responsabilità solidale del proprietario dell’area ove si è verificato l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 818 del 6 novembre 2023


Il TAR Milano ricorda la consolidata giurisprudenza, secondo la quale il principio di separazione tra offerta tecnica e offerta economica risponde alla finalità di garantire la segretezza dell’offerta economica, dovendosi perciò evitare che l’offerta tecnica contenga elementi che consentano di ricostruire, nel caso concreto, l’entità dell’offerta economica. Coerente con detta finalità è l’affermazione giurisprudenziale secondo cui il divieto non va inteso in senso assoluto, impedendo cioè l’indicazione di qualsivoglia elemento a contenuto economico, bensì relativo, in modo da consentire l’inclusione di singoli elementi economici che siano resi necessari dagli elementi qualitativi da fornire, purché non facenti parte dell’offerta economica o comunque aventi portata marginale, con indagine da condurre in concreto, verificando l’attitudine dello specifico elemento divulgato a rendere effettivamente percepibile il contenuto dell’offerta economica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2551 del 2 novembre 2023


Il TAR Brescia ribadisce il proprio orientamento interpretativo secondo cui, nello schema dell'art. 31, comma 2, d.P.R. n. 380/2001, l'ordine di demolizione ha come destinatari sia il proprietario dell'immobile dove sono state realizzate le opere abusive, sia l'autore dell'abuso. L'equiparazione del proprietario all'autore dell'abuso rivela che la misura ripristinatoria ha carattere oggettivo, essendo diretta a reintegrare immediatamente l'ordine urbanistico. Il proprietario non può quindi liberarsi dall'obbligo di rimessione in pristino eccependo l'estraneità dell'abuso o la buona fede circa il comportamento degli esecutori materiali dei lavori. L'estraneità all'abuso o la buona fede diventano rilevanti solo quando si passa dal comma 2 al comma 3 dell'art. 31, d.P.R. n. 380 del 2001, ossia quando è necessario valutare in che modo l'ordine di demolizione possa essere ottemperato. È nella fase dell'ottemperanza che il proprietario può distinguere la sua posizione da quella dell'autore dell'abuso, evitando la responsabilità solidale con quest'ultimo e la perdita dell'immobile.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 859 del 24 novembre 2023



Il TAR Brescia ha accolto una eccezione di inammissibilità di un ricorso per motivi aggiunti proposto da un operatore economico che, escluso dalla gara (revoca della aggiudicazione), aveva poi impugnato la successiva aggiudicazione al secondo classificato. Infatti, essendo stato respinto il ricorso principale, ed essendo rimasta ferma dunque la revoca dell’aggiudicazione, l’operatore non è legittimato a impugnare gli ulteriori atti della gara stessa, non potendo più risultare aggiudicatario, né è portatore di un interesse attuale alla rinnovazione della gara, poiché in caso di annullamento anche della successiva aggiudicazione al secondo classificato, residuerebbe la possibilità di aggiudicare la gara al terzo partecipante. Ciò sulla scorta di una specifica disposizione della lex specialis e del principio secondo cui l'interesse strumentale alla caducazione dell'intera gara e alla sua riedizione assume consistenza solo a condizione che sussistano in concreto ragionevoli possibilità di ottenere l'utilità richiesta.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 842 del 15 novembre 2023.


Il TAR Milano ricorda che, come rilevato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 179 del 2019, non può essere precluso ai Comuni di ridurre il consumo di suolo in misura differente e più consistente di quanto previsto a livello regionale, poiché il potere pianificatorio comunale è finalizzato allo sviluppo complessivo e armonico del territorio, nonché alla realizzazione di finalità economico-sociali della comunità locale, in attuazione di valori costituzionalmente tutelati.

TAR Lombardia, Milano, IV, n. 2951 del 5 dicembre 2023


Il TAR Brescia, in sede cautelare, constatato che mancava l’asseverazione della copia per immagine su supporto informatico della procura alle liti conferita dal ricorrente su supporto cartaceo, in violazione dell’art. 8, II comma, delle Regole tecnico-operative e relative specifiche tecniche allegate al D.P.C.S. 28 luglio 2021, precisato che è possibile procedere alla regolarizzazione, ex art. 44, II comma, c.p.a., ha assegnato a tale proposito un termine perentorio di 10 giorni (fissando una nuova udienza camerale per la prosecuzione dell’esame dell’istanza cautelare).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, Ordinanza n. 858 del 23 novembre 2023


Il TAR Milano ricorda che le previsioni riguardanti la tutela del paesaggio provinciale possiedono una efficacia prescrittiva e prevalente in quanto appaiono certamente riconducibili al novero delle previsioni in materia di tutela dei beni ambientali e paesaggistici; anche in relazione alla difesa del territorio, e in particolare per gli aspetti relativi alla componente idrogeologica, è riconosciuta efficacia prevalente alle linee di intervento, nonché alle opere prioritarie di sistemazione e consolidamento stabilite attraverso il P.T.C.P. D’altra parte, il riconoscimento della possibilità per il P.T.C.P. di dettare siffatte previsioni appare del tutto rispondente alle finalità stesse dello strumento di pianificazione provinciale, cui l’art. 15 della legge regionale n. 12/2005 attribuisce un ruolo di rilievo in tema di conservazione dei valori ambientali e paesaggistici e di rispetto dell’assetto idrogeologico del territorio. L’individuazione degli ambiti di rilievo paesaggistico e le linee di intervento in relazione all’assetto idrogeologico costituiscono oltretutto scelte che involgono interessi di carattere sovracomunale, ambientali, paesaggistici e di difesa del territorio, la cui tutela è stata affidata dalla legge regionale n. 12/2005 – in ossequio ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all’art. 118, comma primo, Cost. – alla regione e alle province. Questi interessi sono dunque presi in considerazione dagli strumenti di pianificazione territoriale approvati da tali enti (P.T.R. e P.T.C.P.) e si sovrappongono agli interessi di carattere urbanistico la cui tutela è principalmente affidata ai Comuni.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2921 del 1 dicembre 2023


Il TAR Brescia ha precisato che, benché nel procedimento di approvazione di un piano particolareggiato la Soprintendenza non esprima un parere vincolante, in mancanza di una espressa previsione di vincolatività nella norma statale di riferimento (art. 16 commi 3 e 4 L. n. 1150/1942), è ragionevole che l’amministrazione comunale tenga conto di un eventuale parere negativo della Soprintendenza valutando i possibili sviluppi del procedimento amministrativo e, quindi, la concreta realizzabilità dell’intervento edilizio in relazione alla posizione contraria manifestata dall’Autorità preposta alla tutela del vincolo. In tale prospettiva, dal momento che ai fini della concreta realizzabilità dell’intervento è necessario che l’interessato ottenga l’autorizzazione paesaggistica, sulla quale la Soprintendenza esprime un parere obbligatorio e vincolante ex art. 146 comma 5 d. lgs. n. 42/2004, e senza la quale il Comune non può procedere al rilascio dei titoli edilizi, è ragionevole che l’amministrazione comunale giudichi inutile l’approvazione di un piano attuativo che, sebbene conforme allo strumento urbanistico, sia stato giudicato dalla Soprintendenza incompatibile con il vincolo paesaggistico, in tal modo lasciando chiaramente prefigurare un parere altrettanto negativo – e in tal caso ostativo - in ordine al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, essenziale ai fini della concreta realizzabilità dell’intervento.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 872 del 29 novembre 2023


Il TAR Milano, esaminando un ricorso contro una informazione antimafia interdittiva e cancellazione dall’elenco dei fornitori di beni e prestatori di servizi (c.d. White List), osserva che la funzione di “frontiera avanzata” dell’informazione antimafia nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato impone, a servizio delle Prefetture, un uso di strumenti, accertamenti, collegamenti, risultanze, necessariamente anche atipici come atipica, del resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini. E solo di fronte ad un fatto inesistente od obiettivamente non sintomatico il campo valutativo del potere prefettizio, in questa materia, deve arrestarsi. Per l’interdittiva antimafia non è richiesta la prova dell’attualità delle infiltrazioni mafiose, dovendosi solo dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile, secondo il principio del “più probabile che non” il tentativo di ingerenza, o una concreta verosimiglianza dell’ipotesi di condizionamento sulla società da parte di soggetti uniti da legami con cosche mafiose, e dell’attualità e concretezza del rischio. In definitiva, l’interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e per la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste. Pertanto, ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico - presuntivi dai quali, secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale, sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata; dall’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri. Sotto questo profilo, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento; in altri termini, una visione parcellizzata di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua portata nel legame sistematico con gli altri. In altri termini, secondo l’orientamento consolidato e monolitico della giurisprudenza amministrativa, per vagliare l’apprezzamento discrezionale fatto dal Prefetto in ordine alla ritenuta esposizione di un’impresa al rischio di un condizionamento mafioso, il giudice si deve attenere (quale parametro generale) al criterio che le risultanze dell’istruttoria prefettizia debbano essere valutate unitariamente nel loro complesso, per cui non vanno analizzati singolarmente gli specifici fatti ed elementi di giudizio, che, provenienti da varie fonti, sono confluiti nella motivazione del provvedimento interdittivo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2327 del 16 ottobre 2023


Il TAR Milano, con riferimento ai principi, di origine civilistica, di correttezza e buona fede nei rapporti tra cittadino e PA, osserva che:
«In sintesi, il rapporto giuridico amministrativo deve essere riguardato in modo unitario, e cioè esso non si risolve nel provvedimento e nel conseguente rispetto delle regole di validità dell’atto, ma va sempre valutato nella prospettiva delle regole di comportamento secondo buona fede, la cui violazione importa responsabilità.
Sul piano del diritto positivo, la surriferita impostazione ha trovato un riscontro nella novellazione dell’art. 1, comma 2 bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, disposta dall’art. 12, comma 1, d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120, che espressamente ha disposto che: “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede.”.
Secondo autorevole dottrina, la citata norma ha codificato la buona fede pubblicistica, quale precipitato logico giuridico del principio di imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97, comma 2, Costituzione.
Si osserva ancora come il principio di leale collaborazione e di buona fede sono declinati dalla norma in esame in forma biunivoca, e cioè essi trovano applicazione con riferimento ad entrambe le parti, pubblica e privata, che compongono il rapporto giuridico amministrativo; si realizza, dunque, per effetto della disposizione in esame, l’implementazione di un “nuovo” modello relazionale tra soggetti pubblici e privati, che investe tutti gli aspetti del rapporto che tra detti soggetti si instaurano.
Anche il privato è tenuto a comportarsi lealmente e secondo buona fede nel momento in cui entra in contatto con la pubblica amministrazione, e per esso vale, in detta ottica, anche il principio di autoresponsabilità.
9.4 Nella descritta prospettiva è oramai ius receptum l’affermazione che riconosce una responsabilità dell’amministrazione per lesione del legittimo affidamento riposto dal privato nella correttezza dell’agere pubblico, attraverso la valorizzazione della predetta dicotomia tra regole di validità e regole di responsabilità.
9.5 Il legittimo affidamento si traduce in una particolare accezione di buona fede soggettiva, e cioè come la situazione di incolpevole ignoranza in cui versi un soggetto di fronte ad un comportamento affidante di altro soggetto (contrario ai canoni comportamentali riconducibili invece ad un concetto di buona fede oggettiva), che abbia generato una aspettativa giuridicamente rilevante andata delusa.
9.6 Come è noto, da ultimo l’Adunanza plenaria, con un gruppo di pronunce (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenze del 29 novembre 2021, nn. 19, 20 e 21), ha posto le coordinate ermeneutiche relative alla responsabilità dell’amministrazione per lesione del legittimo affidamento riposto dal privato.
In particolare, l’Adunanza plenaria ha enunciato il seguente principio di diritto: “la responsabilità dell’amministrazione per lesione dell’affidamento ingenerato nel destinatario di un suo provvedimento favorevole, poi annullato in sede giurisdizionale, postula che sulla sua legittimità sia sorto un ragionevole convincimento, il quale è escluso in caso di illegittimità evidente o quando il medesimo destinatario abbia conoscenza dell’impugnazione contro lo stesso provvedimento».” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza n. 19/2021 citata).».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2847 del 29 novembre 2023


Precisa il TAR Milano che l’interesse ad agire che sorregge il gravame si caratterizza per la contestuale ricorrenza dei requisiti della lesione diretta e attuale derivante dal provvedimento impugnato (artt. 100 c.p.c. e 39 c.p.a). La lesione è diretta se la lesione alla posizione giuridica soggettiva del ricorrente deriva direttamente dal provvedimento impugnato e non già da un atto diverso dotato di autonomia lesiva e non legato a quello impugnato da un nesso di presupposizione necessaria (poiché altrimenti l’annullamento del primo comporterebbe la caducazione automatica del secondo). Non è detto che la lesione diretta alla posizione giuridica soggettiva sia anche contestualmente attuale. La categoria dell’attualità della lesione è ben diversa da quella della lesione diretta, le due espressioni (diretta e attuale) non sono un’endiadi. Spesso i due eventi si realizzano contestualmente con l’adozione dell’atto o del provvedimento amministrativo, sovente però ciò non accade poiché nel momento in cui si verifica la lesione diretta la stessa non è ancora attuale. La lesione è attuale se la lesione inferta dall’atto è in essere nel momento in cui si propone ricorso ossia laddove gli effetti che reca l’atto impugnato incidono, pregiudicandola, sulla posizione giuridica soggettiva del ricorrente, di modo che la lesione subita possa essere eliminata soltanto tramite l’intermediazione del provvedimento giurisdizionale richiesto al giudice. A volte la lesione non è attuale e ciò avviene ad esempio in presenza di un provvedimento condizionato ossia di un provvedimento la cui portata lesiva è in potenza in quanto il contenuto dell’atto non è ancora concretamente definito dipendendo da una circostanza sopravvenuta (sospensiva o risolutiva) futura e incerta. In questo caso, la lesione inferta dall’atto diventa attuale unicamente al verificarsi della circostanza assunta dall’amministrazione come condizione nel provvedimento che, una volta verificatosi, consente a quest’ultimo di esplicare hic et nunc la propria carica lesiva rimasta prima di allora in potenza.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2337 del 16 ottobre 2023