L’art. 87-bis del d.lgs. 259/2003 -  che disciplina il procedimento semplificato finalizzato al conseguimento del titolo necessario per la realizzazione di interventi di adeguamento tecnologico su impianti di radiotelefonia esistenti -  stabilisce che è sufficiente la presentazione al comune di una segnalazione certificata di inizio attività la quale perde efficacia solo nel caso in cui, entro il termine di trenta giorni dalla presentazione stessa, intervenga un provvedimento di diniego comunale o dell’organo preposto alle funzioni di controllo e di vigilanza in materia sanitaria e ambientale. Deve quindi ritenersi che, una volta decorso il termine di 30 giorni, le amministrazioni interessate possano intervenire esclusivamente esercitando il potere previsto dall’art. 19, comma 4, della legge n. 241 del 1990 e, quindi,  inibire gli effetti della SCIA ma solo in presenza delle condizioni previste dal successivo art. 21-nonies e cioè solo nel caso in cui si debba tutelare un superiore interesse pubblico, diverso da quello al mero rispristino della legalità violata, di cui occorre dare conto nella motivazione del provvedimento.

TAR Lombardia, Milano, III, n. 2420 del 26 giugno 2025


Costituisce regola generale – da ritenersi valida anche nel vigore del d.lgs. n. 36/2023 - quella secondo cui la stazione appaltante che sia venuta a conoscenza di condotte astrattamente ascrivili alle cause non automatiche di esclusione deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione. Questa regola incontra un’eccezione nelle ipotesi in cui le questioni siano di rilevante pregnanza e sorgano sul punto specifiche contestazioni nella fase procedimentale con la conseguenza che la stazione appaltante non può esimersi da rendere esplicite le ragioni per le quali abbia comunque apprezzato l’impresa come affidabile. Anche con specifico riferimento alle misure c.d. di self cleaning, un obbligo di motivazione sussiste solamente nel caso in cui esse sia ritenute “intempestive o insufficienti”, così come previsto all’art. 96, c. 6, d.lgs. n. 36/2023.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2456 del 28 giugno 2025


La realizzazione del terrapieno rappresenta una variazione urbanisticamente rilevante, poiché a seguito del deposito di materiale e del movimento terra e di successivi livellamenti si altera la morfologia del territorio, con conseguente trasformazione permanente del suolo inedificato. Ciò trova conferma nel disposto dell’art. 3, comma 1, lett. e1, del D.P.R. n. 380 del 2001, che qualifica come interventi di nuova costruzione “la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”, fatta eccezione soltanto per “i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali”, che invece rientrano nell’edilizia libera (art. 6, comma 1, lett. d, del D.P.R. n. 380 del 2001).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2092 del 10 giugno 2025


Il giudizio in materia di accesso non ha sostanzialmente natura impugnatoria, ma è rivolto all’accertamento della sussistenza o meno del diritto dell’istante all’accesso medesimo e, in tal senso, è dunque un “giudizio sul rapporto”, come del resto si evince dall’art. 116, comma 4, del D.Lgs. n. 104/2010, secondo cui il giudice, sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti. Ai fini dell’esercizio del diritto di accesso in materia edilizia e della configurabilità dell’interesse diretto, concreto e attuale a tal fine richiesto dall’art. 22 della Legge n. 241/1990 è sufficiente il requisito della vicinitas, da intendersi in termini più ampi di quelli che perimetrano la legittimazione ad agire. Tale concetto si configura non solo a fronte di proprietari di immobili confinanti o in rapporto di stretta contiguità, ma anche rispetto a tutti coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento con la zona in cui si trova l’edificio (quindi ai terzi proprietari o detentori qualificati di aree o immobili limitrofi o anche ivi residenti o aventi altro titolo di frequentazione), i quali sono direttamente tutelati dai limiti imposti all’esercizio dello ius aedificandi e rivestono, di conseguenza, una posizione differenziata rispetto agli altri appartenenti alla collettività in ordine all’osservanza di tali limiti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1648 del 13 maggio 2025


La monetizzazione non ha la medesima natura giuridica del contributo di costruzione, essa non è infatti una prestazione patrimoniale imposta ai sensi dell’art. 23 Cost.; mentre il pagamento degli oneri di urbanizzazione si risolve in un contributo per la realizzazione delle opere stesse, senza che insorga un vincolo di scopo in relazione alla zona in cui è inserita l'area interessata all'imminente trasformazione edilizia, la monetizzazione sostitutiva della cessione degli standard afferisce al reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria all'interno della specifica zona di intervento. La monetizzazione nasce come beneficio di carattere eccezionale – ammesso da previsioni di legge, di norma a livello regionale ed espressione di una valutazione discrezionale dell’amministrazione comunale - concepito come misura di favore di cui può giovarsi il richiedente un titolo edilizio che, in base allo strumento urbanistico, deve, per l’appunto, cedere o reperire nella zona in cui intende realizzare l’intervento costruttivo (o anche solo un mero cambio di destinazione d’uso senza opere) aree per la realizzazione di opere pubbliche (di regola parcheggi e verde pubblico), nel rispetto delle misure e secondo i criteri dettati dal d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, in attuazione degli artt. 41- quinquies e sexies legge urbanistica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2046 del 6 giugno 2025



L’esatta qualificazione di un provvedimento amministrativo va effettuata tenendo conto del suo effettivo contenuto e della sua causa, anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall’Amministrazione, con la conseguenza che l’apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso, non è vincolante, né può prevalere sulla sostanza e neppure determina di per sé un vizio di legittimità dell’atto, purché ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1896 del 3 giugno 2025





L’ampia formulazione dell’art. 100 TULPS va interpretata nel senso che il provvedimento di sospensione di un esercizio può essere legittimamente disposto ogni qualvolta le situazioni che mettono in pericolo l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini trovino un antecedente causale significativo nell’attività economica oggetto di licenza commerciale e, quindi, non soltanto nel caso di incidenti e disordini realizzatisi materialmente all’interno dei locali.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2368 del 19 giugno 2025


Laddove la pubblica amministrazione si limiti a rimuovere successivamente uno o più atti illegittimi che non abbiano ancora avuto esito in un provvedimento finale, si è in presenza di un mero ritiro doveroso, ben diverso dai discrezionali consueti provvedimenti di secondo grado come la revoca e l’annullamento d’ufficio, contemplati dagli artt. 21-quinquies e 21-nonies, L. 7 agosto 1990, n. 241. Dalla diversa qualificazione di un provvedimento come atto di mero ritiro consegue che quest’ultimo non è subordinato alla previa verifica della sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale, non necessita della valutazione delle posizioni soggettive eventualmente coinvolte nella vicenda e non richiede il previo avviso di inizio del procedimento. Quindi, la rimozione di un atto di gara precedente al provvedimento formale di aggiudicazione – qual è il bando – non può essere qualificata come espressione di un potere di autotutela, da valutarsi ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies l. n. 241/1990; essa costituisce invece un mero atto di ritiro, che può appunto intervenire laddove ancora non vi sia stata un’aggiudicazione definitiva.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1917 del 3 giugno 2025


La legislazione nazionale, e in particolare il d.lgs. n. 387/2003, il d.lgs. n. 28/2011, il d.lgs. n. 199/2021, nel disciplinare le procedure e le condizioni necessarie per l’autorizzazione degli impianti di produzione FER non introduce requisiti soggettivi in capo al proponente, con riferimento alla forma giuridica o all’oggetto dell’impresa, sia essa individuale o collettiva, né impone particolari modelli di aggregazione tra operatori economici. Il dato è significativo e dirimente, in quanto la materia della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia rientra nella potestà legislativa concorrente, ex art. 117, comma 3, cost., sicché spetta allo Stato fissare i principi fondamentali del settore. Ne consegue che le procedure di autorizzazione all’installazione di impianti di produzione FER, ivi compresi gli agrivoltaici, non possono essere subordinate dalla Regione a vincoli o condizioni non previsti dalla normativa statale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III n. 1825 del 22 maggio 2025


L’assunzione, all’atto della stipulazione di una convenzione di lottizzazione, dell’impegno - per sé, per i propri eredi e per gli altri aventi causa - di realizzare una serie di opere di urbanizzazione del territorio e di costituire su una parte di quelle aree una servitù di uso pubblico, dà luogo ad una obbligazione propter rem, che grava quindi sia sul proprietario del terreno che abbia stipulato la convenzione di lottizzazione, sia su coloro che abbiano richiesto il rilascio della concessione edilizia nell'ambito della lottizzazione, sia infine sui successivi proprietari della medesima res, per cui l’avente causa del lottizzante assume tutti gli oneri a carico di quest'ultimo in sede di convenzione di lottizzazione, compresi quelli di urbanizzazione ancora dovuti, risultando inopponibile all'Amministrazione qualsiasi previsione contrattuale dal contenuto opposto e qualsiasi vicenda di natura civilistica riguardanti i beni in questione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2311 del 17 giugno 2025


La prevalente giurisprudenza configura il certificato di abitabilità quale titolo non idoneo ad attestare la conformità urbanistica ed edilizia; anche a voler ritenere che una qualche funzione di attestazione della regolarità dei lavori effettuati possa essere svolta dal certificato di abitabilità, il rilascio dello stesso non potrebbe mai rendere legittima un’edificazione per la quale risulta oggettivamente riscontrata la violazione delle distanza ex art. 9 DM 1444/1968, trattandosi di norma inderogabile e per la quale, al fine di escluderne l’operatività, neanche sarebbe consentito l’effettivo riscontro dell’assenza del pregiudizio di ordine sanitario e igienico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2296 del 16 giugno 2025


Nelle procedure di evidenza pubblica indette dal Comune, il potere di scelta del vincitore della gara non spetta alla Giunta comunale, bensì al dirigente competente. Non si tratta, infatti, di un atto di indirizzo politico, ma di un atto concreto di gestione, la competenza per il quale è appunto riservata ai dirigenti dall’art. 107 TUEL.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 520 del 13 giugno 2025.




In caso di presentazione di una variante al titolo edilizio che abbia ad oggetto un’opera specifica o che incida su una porzione specifica e autonoma dell’opera assentita, deve ritenersi che il costo di costruzione debba essere calcolato, sulla base delle tariffe vigenti al momento del rilascio della variante stessa, limitatamente all’opera assentita con la variante o alla porzione interessata, escludendo le opere già considerate al momento del rilascio del titolo edilizio originario. Laddove però la variante incida sull’opera nel suo complesso, deve invece ritenersi corretto che il costo di costruzione venga ricalcolato, sulla base delle tariffe vigenti al momento del rilascio del titolo in variante, sull’intera opera, fermo restando che da tale importo debba essere sottratto quanto era già stato corrisposto in occasione del rilascio del titolo abilitativo originario.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1548 del 5 maggio 2025


L'intervento pubblico per l’esecuzione di un intervento di bonifica (finanziato con fondi derivanti dal PNRR) su sito “orfano” prescinde dall'accertamento dell'elemento soggettivo dell'inadempimento rilevato, venendo in considerazione una situazione di mera inerzia oggettiva, rispetto alla quale chi individua il sito non ha nessuna necessità di indagare un'eventuale condotta di colpevolezza del proprietario per lo stato di "abbandono": non vi è dunque esigenza di individuare né la responsabilità della contaminazione, né l'eventuale sussistenza di ostacoli di fatto o di diritto che abbiano impedito il pregresso intervento da parte del proprietario.

TAR Lombardia, Milano, III, n. 2096 del 10 giugno 2025


La mancata asseverazione di conformità dell’intervento ad opera del tecnico abilitato non dà luogo ad un’ambiguità nella predisposizione della pratica edilizia o ad errore materiale nella compilazione del modulo SCIA, sanabili in via interpretativa, bensì si risolve nella mancanza di un documento essenziale ed infungibile ai fini della regolare presentazione della SCIA (fattispecie relativa a SCIA alternativa al permesso di costruire).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2094 del 10 giugno 2025


Secondo il principio del c.d. “cumulo alla rinfusa” dei requisiti di qualificazione, applicabile ai consorzi stabili e ai consorzi di imprese artigiane ad essi assimilabili, nella partecipazione alle gare d'appalto è il consorzio stabile (e non già ciascuna delle singole imprese consorziate) ad assumere la qualifica di concorrente e contraente e, per l'effetto, a dover dimostrare il possesso dei relativi requisiti partecipativi, anche mediante il cumulo dei requisiti delle imprese consorziate, a prescindere dal fatto che le stesse siano designate o meno in gara per l'esecuzione del contratto di appalto.

TAR Lombardia, Brescia, Sezione II, n. 513 del 6 giugno 2025



In talune situazioni specifiche il principio della tutela dell'affidamento impone che la nuova pianificazione dia conto del modo in cui è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e sono state operate le scelte di governo del territorio da parte dell’amministrazione. Ora, se è pur vero che tra le situazioni caratterizzate da un affidamento “qualificato” viene comunemente ricompreso il superamento degli standard minimi di cui al D.M. 2 aprile 1968, la giurisprudenza ha tuttavia sempre precisato che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree. In sostanza, per la valutazione dell’an e del quantum del sovradimensionamento degli standard il calcolo va effettuato sull’intero territorio e non con riferimento ad una zona o ad un quartiere e la motivazione, che si rende necessaria in caso di sovradimensionamento, va riferita alle previsioni urbanistiche complessive, in quanto in sede di nuova pianificazione il territorio viene considerato globalmente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2066 del 9 giugno 2025


All’amministrazione non è sufficiente motivare l’espresso rifiuto all’ostensione, o consentirne il perfezionamento attraverso il meccanismo di cui all’art. 25 comma 4 L. 241/90, sull’unico presupposto dell’opposizione manifestata dal controinteressato. La normativa in materia di accesso agli atti rimette sempre all'Amministrazione destinataria della richiesta di accesso il potere di valutare la fondatezza della richiesta stessa, anche in contrasto con l'opposizione eventualmente manifestata da soggetti terzi, ed eventualmente consentire l'accesso ai documenti dell'amministrazione omettendo eventuali dati personali di terzi interessati. La documentazione per la quale è richiesta l’ostensione, una volta entrata nella sfera di disponibilità dell’amministrazione, assume un rilievo procedimentale. Su tale presupposto, il principio di trasparenza e il principio di effettività della tutela ex art. 24 Cost., non consentono restrizioni all’accesso difensivo fondate su ragioni di riservatezza o segretezza industriale o commerciale genericamente enunciate, anche di terzi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1941 del 4 giugno 2025


Dal tenore della legge regionale n. 31 del 2014, novellata dalla legge regionale n. 16 del 2017, e soprattutto dai principi enucleati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 2019 si ricava che è facoltà dei Comuni procedere alla modifica dello strumento urbanistico e prevedere attraverso di esso la riduzione del consumo di suolo senza necessità di attendere gli adempimenti posti in capo alla Regione e alla Provincia e specificamente correlati all’individuazione della soglia regionale di riduzione del consumo di suolo e dei relativi criteri, indirizzi e linee tecniche (art. 5 della legge regionale n. 31 del 2014, nella versione vigente ratione temporis).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1861 del 27 maggio 2025