Con riferimento al termine per impugnare l'aggiudicazione, il principio già affermato dalla giurisprudenza nel vigore del d.lgs. 50/2016 è applicabile anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 36/2023: pertanto, al fine di beneficiare di una dilazione fino a un massimo di quindici giorni del termine per impugnare, il partecipante alla gara deve presentare l’istanza di accesso entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 731 del 2 agosto 2025



Il giudizio in materia di accesso non ha sostanzialmente natura impugnatoria, ma è rivolto all’accertamento della sussistenza o meno del diritto dell’istante all’accesso medesimo e, in tal senso, è dunque un “giudizio sul rapporto”, come del resto si evince dall’art. 116, comma 4, del D.Lgs. n. 104/2010, secondo cui il giudice, sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti. Ai fini dell’esercizio del diritto di accesso in materia edilizia e della configurabilità dell’interesse diretto, concreto e attuale a tal fine richiesto dall’art. 22 della Legge n. 241/1990 è sufficiente il requisito della vicinitas, da intendersi in termini più ampi di quelli che perimetrano la legittimazione ad agire. Tale concetto si configura non solo a fronte di proprietari di immobili confinanti o in rapporto di stretta contiguità, ma anche rispetto a tutti coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento con la zona in cui si trova l’edificio (quindi ai terzi proprietari o detentori qualificati di aree o immobili limitrofi o anche ivi residenti o aventi altro titolo di frequentazione), i quali sono direttamente tutelati dai limiti imposti all’esercizio dello ius aedificandi e rivestono, di conseguenza, una posizione differenziata rispetto agli altri appartenenti alla collettività in ordine all’osservanza di tali limiti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1648 del 13 maggio 2025


All’amministrazione non è sufficiente motivare l’espresso rifiuto all’ostensione, o consentirne il perfezionamento attraverso il meccanismo di cui all’art. 25 comma 4 L. 241/90, sull’unico presupposto dell’opposizione manifestata dal controinteressato. La normativa in materia di accesso agli atti rimette sempre all'Amministrazione destinataria della richiesta di accesso il potere di valutare la fondatezza della richiesta stessa, anche in contrasto con l'opposizione eventualmente manifestata da soggetti terzi, ed eventualmente consentire l'accesso ai documenti dell'amministrazione omettendo eventuali dati personali di terzi interessati. La documentazione per la quale è richiesta l’ostensione, una volta entrata nella sfera di disponibilità dell’amministrazione, assume un rilievo procedimentale. Su tale presupposto, il principio di trasparenza e il principio di effettività della tutela ex art. 24 Cost., non consentono restrizioni all’accesso difensivo fondate su ragioni di riservatezza o segretezza industriale o commerciale genericamente enunciate, anche di terzi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1941 del 4 giugno 2025


L’istanza di accesso agli atti, qualora non sia presentata direttamente dall’interessato ma da un suo legale, deve essere o firmata anche dall’interessato, o accompagnata dalla procura che legittimi l’avvocato a presentarla in nome e per conto dell’assistito. Nessuno dei due requisiti alternativi sussisteva nel caso esaminato dal Collegio, pertanto l’istanza di accesso è stata considerata inammissibile per difetto di potere rappresentativo del soggetto che l’aveva sottoscritta; di conseguenza, è stato ritenuto legittimo il diniego tacitamente opposto dal Comune all’istanza di accesso.

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, n. 311 del 10 aprile 2025


Con riferimento al novellato art. 120 c.p.a., il legislatore ha cercato di far coincidere la conoscenza del provvedimento con la conoscibilità dei vizi e, quindi, con la trasmissione degli atti, e ciò al fine di contemperare due esigenze in conflitto: ovverosia, da un lato, evitare il fenomeno dei c.d. ricorsi “al buio” (proposti cioè senza conoscere ancora tutti gli atti della procedura) e, dall’altro, contenere rigorosamente i termini per la proposizione del gravame entro i limiti di legge, con individuazione di un “termine certo”, a soddisfazione dell’esigenza di stabilità dell’atto amministrativo e di certezza dei rapporti giuridici. In questa prospettiva la regola è, quindi, quella dell’impugnazione entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione; la possibilità di sommare a detto termine quello ulteriore di quindici giorni presuppone, quale condizione imprescindibile, la tempestività dell’istanza ostensiva.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 247 del 27 marzo 2025


Nel caso di accesso difensivo, la valutazione in merito alla ricorrenza, in concreto, dell'esigenza difensiva prospettata dall'istante e della pertinenza del documento rispetto all'esigenza stessa deve essere effettuata in astratto, prescindendo da ogni apprezzamento circa la legittimazione alla pretesa sostanziale sottostante, ovvero senza che possa essere apprezzata la fondatezza o l'ammissibilità della domanda giudiziale che l'interessato potrebbe, in ipotesi, proporre sulla base dei documenti acquisiti mediante l'accesso, né tantomeno sindacata la concreta utilità della documentazione ai fini dell'ulteriore conclusione del giudizio. Ciò che compete all'Amministrazione (e successivamente al giudice, in sede di sindacato sull'operato di questa), sulla base della motivazione della richiesta di accesso, è pertanto la mera verifica dell'astratta inerenza del documento richiesto con la posizione soggettiva dell'istante e gli scopi che questi intende perseguire per il tramite dell'accesso. Ne consegue che l'Amministrazione non può subordinare l'accoglimento della domanda alla (propria) verifica della proponibilità e/o ammissibilità di azioni in sede giudiziaria, salva l'evidente e assoluta mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell'accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla L. n. 241 del 1990.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 143 del 24 febbraio 2025


Il TAR Brescia ribadisce un costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale, allorché l'amministrazione dichiari di non detenere il documento, non sarà possibile l'esercizio dell'accesso e la dimostrazione probatoria grava sulla parte che intenda far valere il diritto, la quale può assolvervi anche attraverso presunzioni ovvero in via indiziaria, ma non tramite mere supposizioni.

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, Ordinanza n. 89 del 6 febbraio 2025


Il TAR Milano ritiene che il termine per la costituzione in giudizio di cui all’art. 36, comma 4, D.Lgs. 36/2023 corrisponda al termine per la costituzione in giudizio prevista per il rito ordinario dall’art. 46 c.p.a., il quale ha pacificamente natura ordinatoria (con la conseguenza che è consentito alle parti costituirsi anche oltre il predetto termine - cfr. l’utilizzo anche nell’art. 36, comma 4 in esame, così come nell’art. 46 c.p.a., del verbo “possono” anziché “devono”) e che per individuare il termine per il deposito di memorie e documenti sia necessario riferirsi ai termini processuali previsti dall’art. 55, comma 5, c.p.a., dimidiati ai sensi dell’art. 36, comma 7, D.Lgs. 36/2023, con la conseguenza che le parti possono depositare memorie e documenti fino a un giorno libero prima della camera di consiglio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3225 del 18 novembre 2024


Il TAR Brescia, con riferimento alla disciplina in materia di accesso agli atti prevista dal nuovo codice dei contratti pubblici, precisa che, con riferimento alla regola generale (art. 36) dell’integrale ostensibilità dell’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, l’art. 35, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 36/2023 prevede, quale eccezione, che il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione “a) possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali”. Tale eccezione, tuttavia, non opera, tornando dunque ad applicarsi la regola generale dell’accessibilità, qualora l’accesso richiesto dal concorrente sia “indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara”. Grava pertanto sull’aggiudicatario l’onere di “motivare” e “comprovare” la presenza di parti della sua offerta coperte da segreti tecnici o commerciali. Solamente una volta fornita tale dimostrazione da parte del controinteressato aggiudicatario, e quindi ritenuta operante l’eccezione all’ostensibilità di cui all’art. 35, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 36/2023, sarà onere del ricorrente non aggiudicatario dimostrare l’indispensabilità della documentazione richiesta ai fini della difesa in giudizio per fare prevalere il suo diritto di difesa sul diritto del controinteressato alla tutela dei segreti tecnici e commerciali.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 880 del 4 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda che sulla questione inerente alla sussistenza di un diritto di accesso agli esposti in materia di abusivismo edilizio si riscontrano soluzioni giurisprudenziali non univoche. Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, il diniego di accesso a tali atti è, di regola, legittimo in quanto non incide sul diritto di difesa del soggetto che, a fronte dell'intervenuta notifica del verbale conclusivo dell'attività ispettiva, non ha alcun interesse a conoscere il nome dell'autore dell'esposto. Un secondo orientamento è, invece, dell’avviso che - al di fuori di particolari ipotesi in cui il denunciante potrebbe essere esposto, in ragioni dei rapporti con il denunciato, ad azioni discriminatorie o indebite pressioni - il principio di trasparenza prevalga su quello alla riservatezza e, dunque, non sussista il diritto all’anonimato dei soggetti che abbiano assunto iniziative incidenti sulla sfera di terzi, anche perché una volta che l’esposto è pervenuto alla sfera di conoscenza della P.A., l’autore dell’atto ha perso il controllo su di esso essendo entrato nella disponibilità dell’Amministrazione. Il Collegio condivide quest’ultimo orientamento in forza del quale il nostro ordinamento, ispirato a principi democratici di trasparenza e responsabilità, non ammette la possibilità di "denunce segrete": colui il quale subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti amministrativi utilizzati nell'esercizio del potere di vigilanza, a partire dagli atti di iniziativa e di preiniziativa quali, appunto, denunce, segnalazioni o esposti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2874 del 24 ottobre 2024


Il TAR Milano osserva che nel caso in cui la Stazione appaltante, in violazione del disposto di cui all’art. 36, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 36 del 2023, ometta, integralmente o parzialmente, di mettere a disposizione dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri quattro concorrenti e la restante documentazione di gara, deve applicarsi l’ordinario procedimento di accesso agli atti, disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, e la disciplina processuale ricavabile dall’art. 116 cod. proc. amm. (senza deroghe), non essendo applicabili le previsioni contente nel rito super speciale di cui all’art. 36, commi 4 e 7, del D.Lgs. n. 36/2023. L’accertata applicabilità dell’ordinario procedimento di accesso agli atti alle fattispecie in precedenza individuate rende, per il TAR, mutuabile l’orientamento giurisprudenziale, formatosi nella vigenza del Codice dei contratti pubblici adottato nel 2016 (d.lgs. n. 50/2016), secondo il quale, nell’ambito delle procedure a evidenza pubblica, ove la richiesta di accesso agli atti venga proposta entro un lasso temporale di quindici giorni, il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione di cui all’art. 120 cod. proc. amm. si deve incrementare di un numero di giorni (massimo quindici) pari a quello necessario per avere piena conoscenza dell’atto e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2520 del 30 settembre 2024


Il TAR Milano ricorda che se è pur vero che la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 10 del 2020 ammette l’accesso agli atti della fase esecutiva da parte di un concorrente in relazione a vicende che potrebbero portare alla risoluzione del contratto e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, parimenti nella stessa sentenza i Supremi Giudici Amministrativi hanno chiarito che occorre però, ai fini dell’accesso, che l’interesse dell’istante, pur in astratto legittimato, possa considerarsi concreto, attuale, diretto, e, in particolare, che preesista all’istanza di accesso e non ne sia, invece, conseguenza; in altri termini, che l’esistenza di detto interesse – per il verificarsi, ad esempio, di una delle situazioni che legittimerebbe o addirittura imporrebbe la risoluzione del rapporto con l’appaltatore e potrebbero indurre l’amministrazione a scorrere la graduatoria – sia anteriore all’istanza di accesso documentale che, quindi, non deve essere impiegata e piegata a “costruire” ad hoc, con una finalità esplorativa, le premesse affinché sorga ex post. Diversamente, infatti, l’accesso documentale assolverebbe ad una finalità, espressamente vietata dalla legge, perché preordinata ad un non consentito controllo generalizzato sull’attività, pubblicistica o privatistica, delle pubbliche amministrazioni.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2459 del 23 settembre 2024


Il TAR Brescia osserva che non esiste un diritto dell’autore della segnalazione a rimanere anonimo. Chiunque segnali comportamenti illegittimi di terzi deve accettare il confronto con i soggetti segnalati, per consentire a questi ultimi di esercitare il proprio diritto di difesa. L’anonimato, infatti, contiene in sé il rischio di servire come schermo a quanti intendano causare danni economici o reputazionali a terzi senza doverne rispondere in via risarcitoria; il contraddittorio tra segnalante e segnalato, una volta concluse le verifiche dell’amministrazione per cui sia necessario l’effetto sorpresa, è appunto la condizione di equilibrio che assicura il corretto e proporzionato utilizzo del potere di indagine e repressione dell’attività dei privati da parte degli uffici pubblici. La perdita della certezza dell’anonimato è il prezzo che l’autore dell’esposto deve sopportare affinché all’amministrazione pervengano solo segnalazioni in buona fede e dotate di un sufficiente grado di attendibilità (fattispecie relativa a esposto di un terzo sfociato in un sopralluogo della polizia provinciale presso impresa agricola allo scopo di verificare le modalità di captazione e di utilizzazione delle acque sotterranee).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 25 giugno 2024 n. 557


Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza, sul piano generale, deve essere disattesa la prospettazione volta ad escludere dall’accesso dei terzi gli atti dei procedimenti sanzionatori, atteso che non esiste alcuna previsione normativa che ponga un divieto generale all’accesso di terzi ai documenti acquisiti nell’ambito di procedimenti amministrativi sanzionatori e che anche in relazione a tale tipologia di procedimenti, occorre aver riguardo non già alla relazione dell’istante con il procedimento nel cui ambito la res exhibenda sia stata acquisita dalla pubblica amministrazione, bensì alla relazione esistente tra documento amministrativo e necessità dell’istante di curare o difendere un proprio interesse giuridico; aggiunge il TAR che gli atti di accertamento, contestazione e la stessa ordinanza-ingiunzione disciplinati dalla legge n. 689/81 (artt. 13, 14 e 18) non si sottraggono alla nozione di "documento amministrativo" di cui alla successiva L. n. 241/90.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 1262 del 26 aprile 2024


Il TAR Brescia, in relazione ad una istanza di accesso agli atti diretta all’ostensione di tutta la documentazione afferente ad un procedimento amministrativo avviato nei confronti dell’istante sulla base di un esposto proveniente da terzi (esposto che ha dato impulso ad attività d’ispezione e controllo), ha ricordato il principio secondo cui il privato che subisce un procedimento di controllo vanta un interesse qualificato a conoscere tutti i documenti utilizzati per l'esercizio del potere — inclusi, di regola, gli esposti, le diffide e le denunce che abbiano determinato l'attivazione di un potere di controllo, ispettivo o di vigilanza dell'autorità — suscettibili per il loro particolare contenuto probatorio di concorrere all'accertamento di fatti. L'esposto, inoltre, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza dell'Amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale come presupposto di un'attività ispettiva o di ulteriori interventi dell'Amministrazione, pertanto, diviene un elemento del procedimento amministrativo, come tale nella disponibilità dell'Amministrazione (cfr. Tar Napoli Sez. VI 01/06/2022 n. 3722).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 838 del 14 novembre 2023



Il TAR Milano precisa che l'accesso ai documenti va considerato non solo ed esclusivamente come un istituto capace di permettere la conoscenza dei documenti amministrativi in via strumentale alla partecipazione procedimentale o alla difesa in giudizio, ma anche come idoneo ad ottenere la conoscenza di atti del procedimento amministrativo ogniqualvolta venga allegata la sussistenza di un interesse alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, la cui nozione è più ampia ed estesa rispetto a quella dell'interesse all'impugnazione, potendo avere ad oggetto atti idonei a dispiegare effetti diretti o indiretti nei confronti dell'istante indipendentemente dalla sussistenza o meno di una loro lesività.


Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza del TAR Milano, Sez. II, n. 601/2023, ritiene infondata una eccezione di costituzionalità sollevata con riferimento all’art. 73, 3 comma, c.p.a., che prevede che il contradditorio sulle questioni rilevate d’ufficio dopo il passaggio in decisione della causa avvenga per iscritto senza la necessità di fissare una nuova udienza di discussione, sulla base del seguente percorso motivazionale:
<<10. Occorre operare una netta, analitica distinzione tra contraddittorio e oralità.
10.1. L’oralità costituisce una mera modalità di svolgimento di talune attività processuali che non appare indefettibilmente necessaria al fine di assicurare l’effettività del rito.
10.2. Sicché, l’oralità non è sempre e necessariamente coessenziale per il contraddittorio, che invece rappresenta principio supremo, di ordine costituzionale, cui è informato il processo come insieme di atti volti a pervenire al provvedimento del giudice.
10.3. Si può, dunque, dare il processo giusto in assenza di oralità, mentre certamente non sarebbe giusto il processo in assenza di contraddittorio.
10.4. L’oralità, rappresentando come detto essenzialmente una forma di interlocuzione tra parti e giudice, è dunque strumento di garanzia del contraddittorio preferibile ma non, a rigore, esclusivo e indispensabile ai fini della effettività del contraddittorio medesimo e, in definitiva, del diritto di difesa.
10.5. Rientra, pertanto, nella discrezionalità politica del legislatore, previo bilanciamento dei concorrenti interessi pubblici, sostituire, in determinate particolari circostanze, l’oralità con modalità alternative di dialettica, purché sufficienti ad assicurare un effettivo e paritario confronto di argomentazioni.
10.6. Né il modello processuale scandito nell’art. 73, comma 3, c.p.a. si pone in conflitto col patrimonio di garanzie riconosciuto dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo giacché non sopprime l’oralità nel processo amministrativo bensì la sostituisce, in determinati casi limite, con un ulteriore (rispetto alla esaurita fase orale) momento dialettico in forma scritta, garanzia suprema del contraddittorio, che non rappresenta, pertanto, una menomazione insostenibile dei diritti processuali delle parti.>>.
Nel merito il Consiglio di Stato conviene con il TAR Milano in ordine al principio di diritto affermato in sentenza, secondo il quale non è possibile per il privato la reiterazione di istanze di accesso già prodotte e rigettate dall’Amministrazione, in forma espressa o tacita di diniego.


Il TAR Brescia ricorda anzitutto che nell’accesso civico generalizzato (e ancor meno nell’accesso disciplinato dall’art. 24 l. n. 241/1990) non sono ipotizzabili provvedimenti di silenzio rigetto. Dinanzi al silenzio serbato dall'amministrazione l'interessato può attivare la speciale tutela amministrativa davanti al responsabile prevenzione, corruzione e trasparenza (proprio al fine di ottenere un provvedimento espresso), ovvero dare corso alla speciale procedura giurisdizionale di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a. onde far accertare l'illegittimità del silenzio e dunque per ottenere una condanna al rilascio di un provvedimento espresso (T.A.R. Toscana, Sez. II, 24 ottobre 2019, n. 1421).
Manca, infatti, nella disciplina dell'accesso civico, la previsione dell'ipotesi di silenzio rigetto di cui all'art. 25 comma 4, l. n. 241/1990, che consente all'interessato di poter impugnare tale provvedimento tacito negativo dinanzi al Tribunale amministrativo in base al rito sull'accesso di cui all'art. 116 c.p.a., proponibile "contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all'inadempimento degli obblighi di trasparenza...entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio...", dove il "silenzio" cui si riferisce la norma è solo quello significativo di cui all'art. 25 comma 4 L 241/1990.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 603 del 18 luglio 2023


In materia di accesso agli atti, il TAR Brescia ricorda anzitutto che la condizione dell'azione per ciò che attiene all'interesse al ricorso trova fondamento nell'art. 100 c.p.c., applicabile al processo amministrativo in virtù del rinvio esterno di cui all'art. 39 c.p.a., e si sostanzia nel vantaggio che il ricorrente può conseguire per effetto dell'accoglimento del ricorso in corrispondenza di una lesione diretta e attuale dell'interesse protetto (cfr. tra le tante: Cons. Stato, Sez. VII, 13 dicembre 2022, n. 10922; Sez. III, 30 maggio 2022, n. 4295).
Viene quindi precisato che il principio della vicinitas posto dalla ricorrente a sostegno della sua richiesta non è di per sé sufficiente a legittimare la richiesta di ostensione della documentazione afferente a titoli edilizi rilasciati a soggetti terzi.
Ciò in conformità alla giurisprudenza ormai consolidata in base alla quale la vicinitas non rappresenta un dato decisivo per fondare l'interesse ad impugnare, nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l'intervento contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente (cfr. tra le tante: Cons. Stato, Ad. plen. n. 22/2021; Sez. IV, 17 giugno 2021, n. 4668).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 612 del 19 luglio 2023


Il TAR Brescia ricorda anzitutto che, secondo l’art. 45, I comma, c.p.a. “Il ricorso e gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario. I termini di cui al presente comma sono aumentati nei casi e nella misura di cui all'articolo 41, comma 5”; tuttavia, il seguente art. 87, III comma, stabilisce che, per determinati procedimenti trattati in camera di consiglio, tra cui “il giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi e di violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa”, tutti i termini processuali “sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario, tranne, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti”.
Ebbene, per costante giurisprudenza nel rito speciale in materia di accesso, di cui all’art. 116 c.p.a., la predetta dimidiazione concerne anche il termine per il deposito del ricorso, che resta dunque fissato, nell'ottica acceleratoria del processo, in 15 giorni dall'avvenuta notifica, ossia nella metà del termine di 30 giorni previsto dall'art. 45, che espressamente qualifica il termine stesso come perentorio (in applicazione di tale principio il TAR ha dichiarato irricevibile il ricorso).

TAR Lombardia, Brescia, n. 532 del 19 giugno 2023