La scelta operata dall’amministrazione appaltante relativamente ai criteri di valutazione delle offerte, ivi compreso il peso da attribuire ai singoli elementi, specificati nella lex specialis, e anche la disaggregazione eventuale del singolo criterio valutativo in sub-criteri, è espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l’interesse pubblico e, come tale, è sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed intellegibili, non consentendo ai concorrenti di calibrare la propria offerta.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2870 del 20 agosto 2025


Costituisce regola generale – da ritenersi valida anche nel vigore del d.lgs. n. 36/2023 - quella secondo cui la stazione appaltante che sia venuta a conoscenza di condotte astrattamente ascrivili alle cause non automatiche di esclusione deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione. Questa regola incontra un’eccezione nelle ipotesi in cui le questioni siano di rilevante pregnanza e sorgano sul punto specifiche contestazioni nella fase procedimentale con la conseguenza che la stazione appaltante non può esimersi da rendere esplicite le ragioni per le quali abbia comunque apprezzato l’impresa come affidabile. Anche con specifico riferimento alle misure c.d. di self cleaning, un obbligo di motivazione sussiste solamente nel caso in cui esse sia ritenute “intempestive o insufficienti”, così come previsto all’art. 96, c. 6, d.lgs. n. 36/2023.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2456 del 28 giugno 2025


Alla luce del nuovo Codice dei contratti pubblici, nella partecipazione alle gare d'appalto è il consorzio stabile (e non già ciascuna delle singole imprese consorziate) ad assumere la qualifica di concorrente e contraente. Il modulo associativo del «consorzio stabile», dà infatti vita ad un soggetto giuridico autonomo, costituito in forma collettiva e con causa mutualistica, che opera in base a uno stabile rapporto organico con le imprese consorziate, in forza del quale, anche nell'attuale quadro normativo, è previsto che detto consorzio possa giovarsi, senza dover ricorrere all'avvalimento, degli stessi requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del c.d. «cumulo alla rinfusa», cosicché il medesimo può scegliere di provare il possesso dei requisiti medesimi con attribuzioni proprie e dirette oppure con quelle dei consorziati. Il consorzio stabile stipula il contratto in nome proprio, anche se per conto delle consorziate alle quali affida i lavori, sicché l'attività compiuta dall'impresa consorziata si imputa al consorzio. Nel caso in cui il consorzio designi una consorziata quale impresa esecutrice, tale designazione è un atto meramente interno al Consorzio, che non vale ad instaurare un rapporto contrattuale tra la consorziata esecutrice e la stazione appaltante. Insomma, il consorzio, incentrato sullo stabile apporto di capacità e mezzi aziendali in una «comune struttura di impresa», destinata a operare nel settore dei contratti pubblici, è l'unica controparte contrattuale delle stazioni appaltanti.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 324 del 14 aprile 2025


L’oggettivo malfunzionamento della piattaforma digitale utilizzata per lo svolgimento della procedura selettiva, debitamente attestato dal gestore della medesima, non soltanto rende doverosa la rimessione in termini del concorrente, non potendo essere imputato allo stesso il malfunzionamento del sistema, ma impone la proroga del termine di presentazione delle offerte in favore di tutti i potenziali partecipanti, trattandosi di impedimento generalizzato; il malfunzionamento della piattaforma informatica giustifica ex se la rimessione in termini e non richiede l’assolvimento di alcun onere probatorio in capo al partecipante, in applicazione delle previsioni contenute nel Codice dei contatti pubblici laddove impongono la proroga dei termini di presentazione delle offerte nei casi di comprovato malfunzionamento, pur se temporaneo, delle piattaforme.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1096 del 28 marzo 2025


Ancorché l’art. 133 c.p.a. preveda la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, alla luce dei criteri correttivi introdotti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004, tale attrazione ratione materiae non esclude la verifica della natura giuridica del potere esercitato dalla pubblica amministrazione nella concreta dinamica del rapporto giuridico dedotto in giudizio. Ne consegue che ove gli atti dell'ente pubblico di cui si chiede l'annullamento siano intervenuti dopo la fase di designazione autoritativa dell'impresa appaltatrice (all'esito di gara pubblica o in virtù di provvedimento di affidamento provvisorio) all'interno della regolazione contrattuale del rapporto, la giurisdizione non può che essere del giudice ordinario. Ove invece si tratti di atti strettamente connessi alla procedura di gara o di esercizio di poteri autoritativi la giurisdizione spetta al giudice amministrativo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1106 del 31 marzo 2025


Con riferimento al novellato art. 120 c.p.a., il legislatore ha cercato di far coincidere la conoscenza del provvedimento con la conoscibilità dei vizi e, quindi, con la trasmissione degli atti, e ciò al fine di contemperare due esigenze in conflitto: ovverosia, da un lato, evitare il fenomeno dei c.d. ricorsi “al buio” (proposti cioè senza conoscere ancora tutti gli atti della procedura) e, dall’altro, contenere rigorosamente i termini per la proposizione del gravame entro i limiti di legge, con individuazione di un “termine certo”, a soddisfazione dell’esigenza di stabilità dell’atto amministrativo e di certezza dei rapporti giuridici. In questa prospettiva la regola è, quindi, quella dell’impugnazione entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione; la possibilità di sommare a detto termine quello ulteriore di quindici giorni presuppone, quale condizione imprescindibile, la tempestività dell’istanza ostensiva.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 247 del 27 marzo 2025


L’operatore economico terzo classificatosi risulta portatore di un interesse attuale e concreto, idoneo a connotare l'impugnazione in termini di ammissibilità, qualora lo stesso proponga censure dirette all'esclusione (e/o alla postposizione) nella graduatoria di tutti i concorrenti che la precedono; deve, pertanto riconoscersi sussistente l'interesse a ricorrere del terzo graduato tutte le volte in cui egli potrebbe avvantaggiarsi dello “scorrimento” della graduatoria conseguente all'accoglimento del ricorso. Ne consegue che il ricorso avverso il provvedimento d'aggiudicazione non solo è inammissibile in radice se non contiene doglianze dirette nei confronti di tutti gli operatori collocati in graduatoria in posizione migliore del ricorrente, ma neppure può trovare accoglimento nel caso di rigetto di tutte le censure avverso uno di tali controinteressati, la cui posizione poziore si consoliderebbe pregiudicando di per sé la possibilità del ricorrente di ottenere il bene della vita perseguito.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 721 del 3 marzo 2025


Il TAR Milano ricorda che nel caso in cui le censure proposte sono dirette ad ottenere l’annullamento dell’intera procedura non sussiste in capo al deducente l’onere di fornire alcuna prova di resistenza. L’utilitas che in ipotesi siffatte la parte ricorrente in giudizio può ritrarre è quella della rinnovazione della gara, interesse strumentale che la Corte di Giustizia UE riconosce, nelle controversie relative all’aggiudicazione di appalti pubblici, come meritevole di tutela per esigenze di effettività.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3592 del 10 dicembre 2024


Il TAR Milano osserva che nel caso in cui la Stazione appaltante, in violazione del disposto di cui all’art. 36, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 36 del 2023, ometta, integralmente o parzialmente, di mettere a disposizione dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri quattro concorrenti e la restante documentazione di gara, deve applicarsi l’ordinario procedimento di accesso agli atti, disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, e la disciplina processuale ricavabile dall’art. 116 cod. proc. amm. (senza deroghe), non essendo applicabili le previsioni contente nel rito super speciale di cui all’art. 36, commi 4 e 7, del D.Lgs. n. 36/2023. L’accertata applicabilità dell’ordinario procedimento di accesso agli atti alle fattispecie in precedenza individuate rende, per il TAR, mutuabile l’orientamento giurisprudenziale, formatosi nella vigenza del Codice dei contratti pubblici adottato nel 2016 (d.lgs. n. 50/2016), secondo il quale, nell’ambito delle procedure a evidenza pubblica, ove la richiesta di accesso agli atti venga proposta entro un lasso temporale di quindici giorni, il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione di cui all’art. 120 cod. proc. amm. si deve incrementare di un numero di giorni (massimo quindici) pari a quello necessario per avere piena conoscenza dell’atto e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2520 del 30 settembre 2024


Il TAR Milano ricorda che la mera procedimentalizzazione dell'affidamento diretto, mediante l'acquisizione di una pluralità di preventivi e l'indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (procedimentalizzazione che, peraltro, corrisponde alle previsioni contenute nelle Linee Guida n. 4 per tutti gli affidamenti diretti), non trasforma l'affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall'Amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1778 dell’11 giugno 2024


Il TAR Milano ricorda che, con sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) del 12.7.2001 nella causa C-399/98, i giudici europei hanno affermato che la realizzazione in via diretta di un’opera di urbanizzazione a scomputo da parte del titolare di un permesso di costruire rappresenta in sostanza un appalto pubblico affidato in assenza di un confronto concorrenziale e quindi lesivo della disciplina euro-unitaria di settore, nel caso in cui il valore dell’opera supera la soglia fissata dalla normativa dell’Unione. Aggiunge il TAR che il legislatore italiano si è ovviamente adeguato alla citata pronuncia della CGUE attraverso una serie di successive disposizioni legislative, fra cui l’art. 32 comma 1, lettera g), del D.Lgs. n. 163 del 2006, l’art. 1, comma 2 ,lettera e), del D.Lgs. n. 50 del 2016 e in seguito l’art. 13, comma 7, e Allegato I.12 del D.Lgs. n. 36 del 2023 (nella fattispecie si trattava di un appalto misto di fornitura di moduli prefabbricati ad uso scolastico e di lavori per la loro posa in opera, costituente opera di urbanizzazione a scomputo del contributo previsto per il rilascio di titoli edilizi dall’art. 16 del DPR n. 380 del 2001).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2060 del 2 luglio 2024







Il TAR Brescia, in materia di affidamenti sotto soglia, ricorda che il decreto legge n. 76/2020 non prevedeva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie. L’art. 36, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, invece, contemplava la facoltà, sempre percorribile, per la stazione appaltante di ricorrere alle procedure ordinarie. L’art. 48 del nuovo Codice dei contratti, invece, consente alle stazioni appaltanti, per gli appalti di lavoro sotto soglia, di utilizzare le procedure ordinarie sulla base di una specifica motivazione idonea a evidenziare le ragioni di sicura attrazione dell’interesse di operatori esteri. Il perimetro applicativo della norma, sotto il profilo procedimentale, va naturalmente contemperato con le fondamentali esigenze di semplificazione posta a base della riforma. Ciò consente di affermare che un siffatto onere motivazionale sussista esclusivamente nelle ipotesi di contratti sotto soglia caratterizzati, in base a valutazioni ed accertamenti compiuti dalla stessa autorità procedente, dalla sicura presenza di un interesse transfrontaliero.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 165 del 4 marzo 2024


Il TAR Milano osserva che, a fronte della modificazione in corso di gara di un elemento essenziale della medesima, l’Amministrazione deve rendere pubblici i nuovi atti di gara con le stesse modalità con cui sono stati resi pubblici gli atti originari, vale a dire secondo le regole di agli articoli 71, 72 e 73 del codice applicabili ratione temporis. Infatti, una variazione sostanziale degli atti di gara equivale di fatto all’indizione di una nuova gara, con tutte le necessarie conseguenze, anche in tema di pubblicità degli atti. Ogni diversa soluzione si porrebbe in contrasto con i principi nazionali ed euro-unitari che presiedono alla contrattualistica pubblica, fra cui quelli di correttezza, libera concorrenza, non discriminazione e trasparenza di cui all’art. 30 dell’abrogato D.Lgs. n. 50 del 2016 e di cui agli articoli 2 (fiducia), 3 (accesso al mercato), 5 (buona fede e affidamento) e 10 (massima partecipazione), del vigente codice dei contratti pubblici, cioè il D.Lgs. n. 36 del 2023.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 651 del 7 marzo 2024


Il TAR Milano osserva che, come chiarito dalla giurisprudenza, il requisito “di punta” costituisce espressione della necessità di una qualifica funzionale indivisibile in capo all’operatore affidatario dell’appalto, attestante un’esperienza di particolare pregnanza nello specifico settore oggetto della gara. In merito il diritto dell’Unione consente il cumulo delle capacità di più operatori economici per soddisfare i requisiti minimi imposti dall’amministrazione aggiudicatrice, in conformità all’obiettivo dell’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile. È vero che non può escludersi a priori l’esistenza di servizi che presentino peculiarità tali da richiedere una determinata capacità, che non si ottiene associando capacità inferiori di più operatori, per cui l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe legittimamente esigere che il livello minimo della capacità in questione sia raggiunto da un’unica impresa, laddove siffatta esigenza sia connessa e proporzionata all’oggetto dell’appalto; tuttavia, tale ipotesi costituisce una situazione eccezionale, che non può assurgere a regola generale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 535 del 28 febbraio 2024


Il TAR Milano ricorda come la giurisprudenza, con riferimento all’ipotesi in cui sia stato superato il limite massimo di pagine per la redazione della relazione tecnica, ha collegato l’esclusione dalla gara alla puntuale prova dell’effettiva rilevanza a fini valutativi degli elementi contestati, cioè del vantaggio conseguito da un concorrente in danno degli altri per effetto dell’eccedenza dimensionale dell’offerta, nella specie per effetto dell’inserimento di collegamenti multimediali inseriti in corpo testo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 322 del 9 febbraio 2024




Il TAR Milano osserva che nelle procedure concorsuali va garantito il rispetto del principio del favor partecipationis che impedisce limitazioni artificiose alla concorrenza e laddove non ci si trovi al cospetto di clausole di portata chiara e inequivoca, si deve sempre procedere a una interpretazione che favorisca la massima partecipazione alle gare pubbliche a tutela del principio di concorrenza (cfr. Consiglio di Stato, III, 13 dicembre 2021, n. 8315; 7 agosto 2020, n. 4977; V, 24 gennaio 2020, n. 607; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 24 maggio 2021, n. 1269; 11 maggio 2021, n. 1171; T.A.R. Veneto, III, 5 maggio 2021, n. 602; T.A.R. Lazio, Roma, I bis, 4 gennaio 2021, n. 12). Più nello specifico, non può essere disposto il “rinnovo” di un servizio in favore di un operatore in base a una disposizione di non univoca interpretazione, visto che, a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis, di cui una avente quale effetto di precludere l’effettuazione di un confronto competitivo e l’altra invece di realizzarlo, non può legittimamente aderirsi all’opzione che renderebbe recessivo l’esperimento di una procedura concorsuale (cfr. per il principio, T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 28 marzo 2023, n. 770; IV, 27 maggio 2022, n. 1227; II, 24 maggio 2021, n. 1269).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1475 del 13 giugno 2023.


Il TAR Milano osserva che sia l’articolo 119 sia l’articolo 120 c.p.a. si riferiscono a tutte le procedure di affidamento di appalti pubblici, intese in senso ampio, senza distinguere se esse rientrino nell’ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici o nel regime speciale degli affidamenti in house, di cui all’articolo 192 del codice dei contratti pubblici.
Tutta l’attività autoritativa che precede la stipulazione del contratto deve infatti essere ricondotta nell’ambito della <<procedura di affidamento>>, indipendentemente dallo specifico regime che la caratterizza, per cui anche le impugnazioni degli affidamenti in house dei contratti pubblici sono soggette al rito speciale degli appalti e, dunque, al termine decadenziale di trenta giorni, decorrente dalla loro effettiva conoscenza (Consiglio di Stato, sezione V, 29 maggio 2017, n. 2553).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 700 del 20 marzo 2023.


Il TAR Milano ricorda che, come precisato dalla giurisprudenza, gli appalti pubblici devono pur sempre essere affidati ad un prezzo che consenta un adeguato margine di guadagno per le imprese, giacché le acquisizioni in perdita porterebbero inevitabilmente gli affidatari ad una negligente esecuzione, oltre che ad un probabile contenzioso: laddove i costi non considerati o non giustificati siano tali da non poter essere coperti neanche tramite il valore economico dell’utile stimato, è evidente che l’offerta diventa non remunerativa e, pertanto, non sostenibile (Consiglio di Stato, VI, 4 aprile 2022, n. 2442; anche, III, 10 luglio 2020, n. 4451).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2567 del 18 novembre 2022.


Il TAR Brescia osserva che l’iscrizione alla camera di commercio è espressamente richiesta dall'art. 83, comma 1, lett. a), e comma 3 d.lgs. n. 50 del 2016 solo per poter dar luogo a un primo filtro di ammissibilità delle concorrenti che risultino iscritte per l'esercizio di attività coerenti con quelle oggetto dell'appalto, che quindi si presentino come dotate della professionalità necessaria per rendere le prestazioni richieste (Consiglio di Stato sez. V, 16/12/2019, n.8515; Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2019, n. 431); pertanto, la congruenza contenutistica che deve sussistere tra le risultanze descrittive del certificato camerale e l'oggetto del contratto d'appalto non deve tradursi in una perfetta e assoluta sovrapponibilità tra tutte le componenti dei due termini di riferimento, ma va appurata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale e, quindi, in virtù di una considerazione non già atomistica e frazionata, bensì globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto (TAR Lazio-Roma, Sez. II, 21 aprile 2021 n. 4672; T.A.R. Bari, sez. II , 29/03/2021, n. 550).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 972 del 20 ottobre 2022.


Il TAR Milano osserva che l’attività di esposizione pubblicitaria sui ponteggi è da qualificare quale “servizio” ai sensi dell’art. 4.1 della Direttiva 2006/123/CE (c.d. Direttiva “Bolkenstein”), recepita nell’ordinamento interno tramite il D. Lgs. n. 59 del 2010, trattandosi di una “attività economica non salariata di cui all’art. 57 TFUE fornita normalmente dietro retribuzione”, che è sottoposta a un “regime di autorizzazione”, ossia è correlata a una decisione, formale o implicita, di un’autorità pubblica al fine di poterla esercitare. Difatti, la pubblicità esterna è subordinata al rilascio di specifica autorizzazione, con cui l’Autorità amministrativa verifica la compatibilità dell’attività pubblicitaria proposta con la sicurezza della circolazione stradale e con il decoro urbano (cfr. art. 23 del Codice della strada). La pubblicità sui ponteggi collocati su aree pubbliche sconta la limitatezza di tale risorsa – ossia delle aree pubbliche su cui vengono installati i ponteggi per lavori – e quindi non richiede soltanto il rilascio di un’autorizzazione, ma implica la concessione dello spazio pubblico attraverso il quale effettuare la pubblicità. Quindi deve farsi applicazione della normativa europea (comunque recepita in Italia), secondo la quale, in presenza di “scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili”, ovvero laddove ci si trovi al cospetto di un accesso limitato a un determinato ambito – da intendersi non solo da un punto di vista naturalistico o materiale – da parte dei soggetti in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa, è necessario dar corso a un confronto di natura comparativa tra i potenziali aspiranti (art. 12.1 della Direttiva 2006/123/CE). Il concetto di scarsità deve essere «interpretato in termini relativi e non assoluti, tenendo conto non solo della “quantità” del bene disponibile, ma anche dei suoi aspetti qualitativi e, di conseguenza, della domanda che è in grado di generare da parte di altri potenziali concorrenti, oltre che dei fruitori finali del servizio che tramite esso viene immesso sul mercato» (Consiglio di Stato, Ad. plen., 9 novembre 2021, n. 17).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2344 del 26 ottobre 2022.