Ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di un permesso di costruire da parte di terzi, l’effetto lesivo si atteggia diversamente a seconda che si contesti l’illegittimità del titolo per il solo fatto che esso sia stato rilasciato (ad esempio, per contrasto con l’inedificabilità assoluta dell’area) ovvero che si contesti il contenuto specifico del permesso, ad esempio per eccesso di volumetria o per violazione delle distanze minime tra fabbricati. Da ciò deriva che il momento dal quale decorrono i termini decadenziali di proposizione del ricorso, nell’ambito dell’attività edilizia, è infatti individuato: nell’inizio dei lavori, nel caso si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area; ovvero, laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza etc.), nel completamento dei lavori o comunque in rapporto al grado di sviluppo degli stessi, ferma restando: a) la possibilità da parte di chi solleva l’eccezione di tardività di provare, anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente; b) l’onere di chi intende contestare adeguatamente un titolo edilizio di esercitare sollecitamente l’accesso documentale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2850 del 18 agosto 2025


Con riferimento al termine per impugnare l'aggiudicazione, il principio già affermato dalla giurisprudenza nel vigore del d.lgs. 50/2016 è applicabile anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 36/2023: pertanto, al fine di beneficiare di una dilazione fino a un massimo di quindici giorni del termine per impugnare, il partecipante alla gara deve presentare l’istanza di accesso entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 731 del 2 agosto 2025



Far decorrere un termine perentorio dalla mera indicazione degli estremi del titolo edilizio sul cartello di cantiere, senza che i soggetti terzi abbiano piena consapevolezza della portata lesiva delle opere, non appare rispettoso del diritto di difesa, come garantito sia dalla Costituzione (art. 24), sia dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (artt. 6 e 13), i cui principi fanno ormai parte del diritto dell’Unione Europea, dopo le novità introdotte dal Trattato di Lisbona del 13.12.2007 (cfr. legge di autorizzazione alla ratifica del Trattato, n. 130 del 2.8.2008)

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2747 del 22 luglio 2025


Non deve essere immediatamente impugnato un bando di gara (o gli atti equipollenti di avvio di una procedura comparativa) che non contenga clausole impeditive della partecipazione alla selezione, sorgendo tale onere soltanto alla conclusione della procedura in capo ai concorrenti non aggiudicatari. L’impugnazione immediata del bando, o di alcune sue clausole, rappresenta pertanto l’eccezione, visto che al momento dell’avvio della procedura, di regola, la lesione per il soggetto concorrente è potenziale, assumendo la stessa i caratteri della concretezza e dell’attualità, di norma, soltanto a conclusione della gara o all’atto dell’esclusione dal prosieguo della selezione. Pur essendo stata fornita dalla giurisprudenza una nozione alquanto ampia di clausola di natura escludente, nondimeno ne è stata ribadita la portata tassativa, al fine di non snaturare i presupposti necessari per poter avviare un’azione giudiziale, caratterizzata, in linea generale, dalla personalità e dal principio dispositivo, nonché dall’attualità e dalla concretezza dell’interesse azionato. Da ciò discende l’ulteriore corollario che la partecipazione alla procedura (o anche la presentazione della domanda) non costituisce affatto acquiescenza alle regole previste dall’Amministrazione procedente e non impedisce la proposizione di un eventuale gravame rivolto avverso gli atti della procedura all’esito del suo espletamento, visto che proprio la partecipazione alla gara costituisce il presupposto (indefettibile) per procedere alla contestazione dei suoi esiti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2498 del 1 luglio 2025


Ai sensi dell’art. 120, comma 2, c.p.a., per i bandi e gli avvisi “autonomamente lesivi” il termine di trenta giorni per impugnare “decorre dalla pubblicazione di cui agli articoli 84 e 85 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022”. La pubblicazione del bando costituisce presunzione iuris et de iure della conoscenza del bando e quindi della conoscenza della portata lesiva delle prescrizioni limitative della partecipazione. L’art. 85, comma 4, ultimo periodo, d.lgs. n. 36/2023, prevede che “Gli effetti giuridici degli atti oggetto di pubblicazione [tra cui, i bandi di gara] decorrono dalla data di pubblicazione nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici” istituita presso l’ANAC. Tale previsione, atteso il suo carattere generale, riguarda anche i bandi di gara relativi agli appalti sotto soglia comunitaria, come emerge anche dalle delibere n. 261/2023 e n. 263/2023 dell’ANAC.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1545 del 5 maggio 2025


Con riferimento al novellato art. 120 c.p.a., il legislatore ha cercato di far coincidere la conoscenza del provvedimento con la conoscibilità dei vizi e, quindi, con la trasmissione degli atti, e ciò al fine di contemperare due esigenze in conflitto: ovverosia, da un lato, evitare il fenomeno dei c.d. ricorsi “al buio” (proposti cioè senza conoscere ancora tutti gli atti della procedura) e, dall’altro, contenere rigorosamente i termini per la proposizione del gravame entro i limiti di legge, con individuazione di un “termine certo”, a soddisfazione dell’esigenza di stabilità dell’atto amministrativo e di certezza dei rapporti giuridici. In questa prospettiva la regola è, quindi, quella dell’impugnazione entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione; la possibilità di sommare a detto termine quello ulteriore di quindici giorni presuppone, quale condizione imprescindibile, la tempestività dell’istanza ostensiva.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 247 del 27 marzo 2025


L’art. 52 c.p.a., al comma 3 prevede che “3. Se il giorno di scadenza è festivo il termine fissato dalla legge o dal giudice per l'adempimento è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo” prosegue al comma 5 stabilendo che “5. La proroga di cui al comma 3 si applica anche ai termini che scadono nella giornata del sabato”. La predetta disposizione riprende quanto già statuito all’art. 155 commi 3 e 5 cod. proc. civ. Su tali presupposti, la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio costituisce “atto processuale” e, in quanto tale, il termine relativo al compimento dello stesso, che scada nella giornata del sabato, rientra nella proroga di diritto prevista nel comma 5 dell’art. 155 cod. proc. civ.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 548 del 20 febbraio 2025


Il TAR Milano osserva che il legislatore, pur consapevole della possibile applicabilità dell’istituto della “scissione” degli effetti della notificazione tra il notificante e il destinatario (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 477 del 2002) alla fase introduttiva del ricorso giurisdizionale amministrativo, avendo ammesso la facoltà di effettuare il deposito dell’atto introduttivo, anche se non ancora pervenuto al destinatario, sin dal momento in cui la notificazione del ricorso si perfeziona per il notificante (comma 2, dell’art. 45 c.p.a), ha ritenuto di ancorare la decorrenza del termine per depositare il ricorso al momento del perfezionamento della notificazione anche per il destinatario, allo scopo di evitare il rischio che l’integrità del contradittorio resti esposta all’alea del mancato completamento del richiamato procedimento, visto che la scissione soggettiva non opera se la notificazione non si perfeziona e decadono anche gli effetti provvisori prodotti, mentre, se la notifica si perfeziona gli effetti di essa retroagiscono per il notificante al momento in cui ha consegnato l’atto all’Ufficiale giudiziario (ovvero all’ufficio postale). Quindi risulta certamente tempestivo, avuto riguardo alla chiara previsione della legge processuale, il deposito del ricorso effettuato entro il termine dimezzato di quindici giorni – ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 45, comma 1, 119, comma 2, e 120, comma 8, c.p.a. – dal perfezionamento dell’ultima notifica anche per il destinatario.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3519 del 9 dicembre 2024


Il TAR Milano osserva che nel caso in cui la Stazione appaltante, in violazione del disposto di cui all’art. 36, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 36 del 2023, ometta, integralmente o parzialmente, di mettere a disposizione dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri quattro concorrenti e la restante documentazione di gara, deve applicarsi l’ordinario procedimento di accesso agli atti, disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, e la disciplina processuale ricavabile dall’art. 116 cod. proc. amm. (senza deroghe), non essendo applicabili le previsioni contente nel rito super speciale di cui all’art. 36, commi 4 e 7, del D.Lgs. n. 36/2023. L’accertata applicabilità dell’ordinario procedimento di accesso agli atti alle fattispecie in precedenza individuate rende, per il TAR, mutuabile l’orientamento giurisprudenziale, formatosi nella vigenza del Codice dei contratti pubblici adottato nel 2016 (d.lgs. n. 50/2016), secondo il quale, nell’ambito delle procedure a evidenza pubblica, ove la richiesta di accesso agli atti venga proposta entro un lasso temporale di quindici giorni, il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione di cui all’art. 120 cod. proc. amm. si deve incrementare di un numero di giorni (massimo quindici) pari a quello necessario per avere piena conoscenza dell’atto e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2520 del 30 settembre 2024


Il TAR Milano osserva che la conoscenza effettiva del contenuto di un titolo edilizio non può essere integrata da comunicazioni da cui risulta soltanto l’esistenza del titolo e non anche le prescrizioni allo stesso riferite, poiché la mera conoscenza degli estremi formali di un titolo edilizio rilasciato a terzi non costituisce presupposto valido per la decorrenza del termine di impugnazione in sede giurisdizionale, occorrendo invece che l’interessato abbia la piena conoscenza degli elementi essenziali del titolo anzidetto (in particolare, dei suoi allegati tecnici, ovvero del contenuto specifico del progetto edilizio), dalla quale soltanto discende l’effettiva consapevolezza della lesione eventualmente subita. Del resto, in un’ottica più generale è stato affermato che la possibilità di contestare in sede giurisdizionale una determinazione amministrativa non può prescindere da una completa ed effettiva conoscenza del contenuto del provvedimento, da cui discende altresì la conseguenza che il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti. Ciò appare coerente con l’obiettivo di disincentivare la prassi dei ricorsi “al buio”, ovvero “in abstracto”, nella terminologia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, considerato che un siffatto rimedio sarebbe di per sé destinato ad essere dichiarato inammissibile, per violazione della regola sulla specificazione dei motivi di ricorso, contenuta nell’art. 40, comma 1, lettera d), del c.p.a.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1295 del 29 aprile 2024


Il TAR Milano ricorda che nello spettro morfologico delle clausole escludenti enucleate dalla giurisprudenza dell’Adunanza plenaria, con conseguente onere di impugnazione immediata del bando di gara, sono figurate a pieno titolo, inter alia, clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile, disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta e condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 376 del 15 febbraio 2024


Il TAR Milano ricorda che, secondo pacifico principio giurisprudenziale, la piena conoscenza, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione di un titolo edilizio, deve essere individuata con riguardo alla data di inizio dei lavori, nel caso in cui si sostenga l'insussistenza dei presupposti per avviare l'attività edilizia sull'area interessata; si ha, invece, riguardo alla data di completamento degli stessi ovvero a quella in cui si renda comunque palese, in relazione al grado di avanzamento degli stessi, l'esatta dimensione, la consistenza e la finalità del manufatto in costruzione, nel caso in cui si contestino le modalità di esercizio dell'attività edilizia.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 314 del 7 febbraio 2024


Il TAR Milano respinge un’eccezione di irricevibilità per aver notificato il ricorso oltre il termine di 60 giorni dall’adozione della determina impugnata regolarmente pubblicata all’albo pretorio del Comune, anche telematicamente e osserva che, ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p.a., il termine per impugnare decorre, “per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione” (solo) “se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge”. Nel caso di specie viene impugnato un atto comunale avente natura gestionale, nello specifico una determinazione del Responsabile del Servizio Tecnico che esula dai casi per i quali il Testo unico Enti locali prevede la pubblicazione. Il Testo unico in parola, infatti, impone la pubblicazione per i soli atti rientranti nella categoria delle “deliberazioni” (di Consiglio comunale e di Giunta, nel caso dei Comuni) e non per tutti gli atti (inclusi decreti, ordinanze, determinazioni), disponendo all’art. 124, comma 1, che “Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante pubblicazione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge”. Nella fattispecie, pertanto, non pare sussistere una delle ipotesi nelle quali il termine per proporre ricorso debba farsi decorrere dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2236 del 6 ottobre 2023


Il Tar Milano afferma che per quanto una parte della giurisprudenza (Cfr. Tar Calabria, Catanzaro, Sez. II, 2 novembre 2022, n. 1899) ammetta la possibilità per i terzi di impugnare i titoli in sanatoria dalla data di effettiva conoscenza dell’avvenuto rilascio del titolo, il concetto di “piena conoscenza” di cui all’art. 41, co. 2, c.p.a. – momento dal quale decorre il termine di decadenza per l’impugnazione – non si può dilatare sino a vanificare il principio di certezza dei rapporti giuridici e di stabilità dei provvedimenti amministrativi ammettendo la tempestività di un’impugnazione a moltissimi anni dal rilascio del titolo senza nemmeno una plausibile allegazione delle circostanze che ne hanno impedito la conoscenza tempestiva (cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 30 marzo 2023, n. 804).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 970 del 19 aprile 2023.


Il TAR Milano osserva che per giurisprudenza consolidata, la piena conoscenza - antecedente (alla) o sostitutiva (della) mancata pubblicazione - fa comunque decorrere il termine perentorio di impugnazione sancito dall’art. 29 c.p.a.; in particolare, la piena conoscenza coincide con la percezione dell’esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidenti la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere percepibile l’attualità dell’interesse ad agire contro di esso (Cons. Stato, sez. V, n. 1156 del 2009, sez. IV, n. 5870 del 2022).
L'indagine sulla "piena conoscenza" ai fini del decorso del termine decadenziale di impugnazione non deve essere unicamente fondata su elementi formali, sempre che essa sia seria circostanziata e rigorosa, e ben può la prova essere data anche mediante il ricorso a presunzioni semplici (cfr. Cons. Stato sez. IV, n. 6086 del 2022; n. 3825 del 2016; n. 1761 del 2022; 21 marzo 2016, n. 1135; 22.11.2019, n. 7966; 23.5.2018, n. 3075; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 14/12/2021, n.3741, secondo cui la piena conoscenza si realizza anche a prescindere dal rispetto degli adempimenti formali concernenti la comunicazione tutte le volte in cui il destinatario abbia avuto in ogni caso piena contezza dell'esistenza dell'atto e del contenuto lesivo).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2334 del 25 ottobre 2022.


L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha formulato il seguente principio di diritto:
Qualora il termine lungo di impugnazione abbia cominciato a decorrere prima del periodo feriale, al termine di impugnazione, calcolato a mesi, ai sensi degli articoli 155, secondo comma, c.p.c. e 2963, quarto comma, c.c. (per cui il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale coincidente con la data di pubblicazione della sentenza), va alla fine aggiunto, realizzandosi così un prolungamento di tale termine nella misura corrispondente, il periodo di 31 giorni di sospensione previsto dalla l. n. 742 del 1969, come ribadito dall’art. 54, comma 2, del c.p.a., computato ex numeratione dierum ai sensi dell’art. 155, primo comma, c.p.c.
Consiglio di Stato, Ad. Pl., n. 11 del 3 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, dopo aver ricordato che l’art. 41, comma 2, c.p.a. individua il dies a quo del termine decadenziale per la proposizione della domanda caducatoria nel momento della “notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale” nel “giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge”, precisa:
<<2.1.1. Costituisce, all’uopo, dato ricevuto quello in forza del quale (CdS, IV, 3875/2018; Id., id., 5675/17; Id., id., 5654/17) la “piena conoscenza” non deve essere intesa quale “conoscenza piena ed integrale” del provvedimento stesso - ovvero di eventuali atti endo-procedimentali, la cui illegittimità sia idonea a viziare, in via derivata, il provvedimento finale - essendo di contro sufficiente la percezione, ovvero la ragionevole ed esigibile percepibilità della esistenza di un provvedimento amministrativo, nonché della sua attitudine lesiva della sfera giuridica dell’interessato.
2.1.2. Solo in tal guisa, invero:
- si attualizza e concretizza l’interesse ad agire, che sostanzia una delle condizioni dell’azione;
- diviene, indi, normativamente esigibile la reazione giurisdizionale da parte del soggetto “attinto” dall’agere amministrativo.
2.1.3. La “piena conoscenza”, indi, va riferita al fatto della esistenza di un provvedimento, e della sua idoneità lesiva; è tale consapevolezza che solo vale a rendere effettivo l’interesse ad agire, o legitimatio ad processum, che postula:
- la lesione, concreta e attuale, di quell’interesse sostanziale, differenziato e qualificato, che in abstracto conferisce la legittimazione ad agire, ovvero la legitimatio ad causam, id est l’altra condizione dell’azione;
- la effettiva utilitas ritraibile dalla tutela giurisdizionale, che deve costituire, dunque, il necessitato mezzo per la rimozione della lesione e il soddisfacimento dell’interesse (sostanziale), stante il generale divieto di azioni emulative ovvero di abuso del processo; di qui l’indissolubile legame tra l’interesse del domandante (art. 100 c.p.c.) e la concreta utilità del “servizio giurisdizionale”, che al soddisfacimento di quell’interesse è teleologicamente preordinato. La pronunzia deve assicurare un vantaggio, di talchè “l’interesse ad agire è dato dal rapporto tra la situazione antigiuridica che viene denunziata e il provvedimento che si domanda per porvi rimedio mediante l’applicazione del diritto, e questo rapporto deve consistere nella utilità del provvedimento, come mezzo per acquisire all’interesse leso la protezione accordata dal diritto” (Cass. III, 12241/98).
2.1.4. Al fine della individuazione del dies a quo del termine decadenziale per l’esperimento dell’azione di annullamento, indi, è necessario che rientri nel “fuoco” della conoscenza, ovvero della conoscibilità:
- la attualità del nocumento, id est la sussistenza di un vulnus concreto alla sfera giuridica del soggetto che “accede” alla tutela giudiziale, ovvero la piena efficacia e idoneità lesiva di un atto, anche non noto nei suoi estremi o nel suo preciso contenuto;
- la concretezza della lesione sofferta, intesa come sua effettività ed apprezzabilità.
2.1.5. È solo in tale momento, invero, che:
- diviene percepibile la lesione diretta della sfera giuridica personale e, indi, la utilitas ritraibile dalla tutela giurisdizionale;
- al soggetto “attinto” potrà essere normativamente richiesta, a pena di decadenza, la immediata reazione in sede giurisdizionale.
2.1.6. Orbene, allorquando si invoca la “anticipata conoscenza” dell’atto impugnato da parte del ricorrente, ovvero si invoca la preesistenza di altri atti (conosciuti o conoscibili) da cui sia discesa ab initio ed ex ante la lesione della sfera giuridica di esso ricorrente, grava giustappunto in capo alla parte eccipiente –che tale anticipata conoscenza ovvero tale preesistenza alleghi- fornire un adeguato supporto probatorio al proprio assunto (tra le tante, CdS, II, 2 febbraio 2022, n. 721).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1945 del 26 agosto 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda che con sentenza del 2 luglio 2020, n. 12, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha affermato il principio di diritto per cui il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione, normalmente decorrente dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, subisce una dilazione temporale ove sia stata proposta istanza di accesso agli atti di gara ed i motivi di ricorso derivino dalla “conoscenza dei documenti che completino l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta”.
Aggiunge il TAR che tale conclusione rappresenta il punto di equilibrio tra il principio della piena conoscenza o della conoscibilità degli atti di gara ed il principio antagonista di celerità dei procedimenti per gli affidamenti degli appalti pubblici, entrambi compendiati nell’articolo 120, comma 5, del codice del processo amministrativo; la dilazione temporale del termine di impugnazione dell’aggiudicazione deve pertanto essere individuata - ai sensi dell’articolo 76, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, subentrato all’abrogato articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 - in quindici giorni, tale essendo il termine massimo previsto dalla norma per la comunicazione delle ulteriori informazioni sull’aggiudicazione, fornite dalla stazione appaltante su richiesta scritta dell’interessato (Consiglio di Stato, Sezione V, 20 settembre 2019, n. 6251); solo ove la stazione appaltante rifiuti di fornire tali informazioni o assuma un atteggiamento ostinatamente dilatorio ed ostativo all’immediata conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario o delle giustificazioni rese nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione inizia a decorrere dall’effettiva conoscenza degli stessi (Consiglio di Stato, Sezione III, 6 marzo 2019, n. 1540).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2854 del 20 dicembre 2021.
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Il TAR Milano, con riguardo al dies a quo per impugnare l’aggiudicazione qualora la stazione appaltante non abbia compiuto una comunicazione satisfattiva e completa delle informazioni della gara e dell’aggiudicazione, osserva:
<<l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12/2020, nel fornire un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 120, comma 5, c.p.a. (da ultimo avallata dalla Corte Costituzionale con la sentenza 28 ottobre 2021, n. 204), ha precisato che “la proposizione dell’istanza di accesso comporta la ‘dilazione temporale’ [del termine medesimo di proposizione del ricorso] quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario” senza fare alcun riferimento a meccanismi di sottrazione e aggiunta di giorni in relazione al tempo eventualmente impiegato dall’impresa ai fini della predisposizione dell’istanza di accesso. Nell’ottica della Plenaria, il dies a quo per articolare motivi di impugnazione prima non conoscibili inizia a decorrere necessariamente dall’esaudimento della pretesa ostensiva, in linea con i principi più volte ribaditi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea circa la decorrenza del termine dalla presunta conoscenza o conoscibilità della violazione (cfr. CGUE 8 maggio 2014, C-161/13, 12 marzo 2014, C583/13, 14 febbraio 2019, C-54/18).
L’Adunanza Plenaria, interpretando l’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 (che invero si riferisce al termine per la stazione appaltante per l’ostensione dei documenti), indica poi in quindici giorni il termine entro il quale l’interessato ha l’onere di proporre istanza di accesso se si voglia giovare della dilazione temporale del termine di proposizione del ricorso.
In altre parole, qualora – come nel caso di specie – la stazione appaltante non abbia compiuto una comunicazione satisfattiva e completa delle informazioni della gara e dell’aggiudicazione e l’offerente abbia proposto una tempestiva istanza di accesso agli atti al fine di ottenere la piena conoscenza delle informazioni potenzialmente lesive, il termine per la proposizione del ricorso avverso le violazioni (conoscibili solo per mezzo di tali atti) decorre dall’ostensione dei medesimi atti>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2530 del 12 novembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano osserva che, in virtù del dictum della Adunanza Plenaria del 2 luglio 2020, n. 12, il termine di impugnazione dell’aggiudicazione decorre, in via di principio, dalla pubblicazione integrale degli atti di gara ex art. 29 D.Lgs. 50/2016 e non piuttosto dalla comunicazione ex art. 76 D.Lgs. 50/2016; può computarsi dalla comunicazione di cui al cit. art. 76 solo ove in tale sede l’impresa interessata abbia ottenuto informazioni aggiuntive, dalle quali sia scaturita la conoscenza di ulteriori e nuovi profili di vizio da censurare.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2407 del 29 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.