Nel processo amministrativo l'integrazione in sede giudiziale della motivazione dell'atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento - nella misura in cui i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti e univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta - oppure attraverso l'emanazione di un autonomo provvedimento di convalida (art. 21-nonies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990). È invece inammissibile un'integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi. La motivazione costituisce, infatti, il contenuto insostituibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività vincolata e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, nemmeno mediante il ragionamento ipotetico che fa salvo, ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, il provvedimento affetto dai cosiddetti vizi non invalidanti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1649 del 13 maggio 2025


La valutazione in ordine alla dichiarazione di equivalenza delle tutele in forza del diverso CCNL prescelto dall’operatore economico (oggi disciplinata dall'art. 11 d.lgs. n. 36/2023) deve necessariamente avere ad oggetto sia le tutele economiche sia quelle normative in quanto complesso inscindibile, con la precisazione che la stazione appaltante può ritenere sussistente l’equivalenza in caso di scostamenti marginali in un numero limitato di parametri; se, da un lato, mediante l’istituto in esame il legislatore ha inteso riconoscere agli operatori economici una maggiore flessibilità nella propria organizzazione aziendale, quale corollario della libertà di iniziativa economica privata scolpita all’art. 41 Cost. (con la conseguenza che la norma in esame non può essere interpretata in senso eccessivamente restrittivo, in quanto occorre evitare di introdurre freni non necessari alla concorrenza e al principio di massima partecipazione), dall’altro, tale facoltà deve contemperarsi con la ineludibile tutela dei lavoratori, la quale postula un’attenta disamina da parte della stazione appaltante circa l’equivalenza delle tutele (economiche e normative) riconosciute in forza del diverso CCNL prescelto dall’operatore economico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1635 del 12 maggio 2025


La responsabilità della curatela fallimentare in ordine a alla rimozione dei rifiuti ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/06 – ricollegata dalla Adunanza Plenaria non alla posizione del curatore quale avente causa del fallito ma alla sua qualifica di detentore dell’immobile inquinato – non può essere affermata laddove i rifiuti risultino dalla pregressa attività della società fallita ma siano collocati in un’area di proprietà di un soggetto terzo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1642 del 13 maggio 2025


Il più mite trattamento sanzionatorio introdotto all’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 è diretto a sanzionare esclusivamente la specifica condotta consistente nella realizzazione di un’opera del tutto conforme ad un titolo edilizio annullato. Solo in questo caso si versa, invero, in quella situazione di buona fede che giustifica l’applicazione di misure sanzionatorie più favorevoli. Al contrario, quando l’opera si discosta in tutto o in parte dal titolo edilizio annullato, non vi è una situazione di buona fede da tutelare e non vi è quindi ragione per applicare la norma di favore contenuta nell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001. Per le parti eseguite in difformità vanno dunque applicate le altre disposizioni sanzionatorie introdotte dallo stesso d.P.R. n. 380 del 2001, fra cui quella prevista dall’art. 34 che riguarda gli interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo edilizio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1574 dell’8 maggio 2025


L’espressione indeterminata racchiusa nella clausola di stile secondo cui l’impugnazione concerne altresì “ogni altro atto comunque presupposto, conseguente o connesso” (o altra espressione simile) è per sua natura priva di attitudine a manifestare quale debba essere, secondo l’interessato, l’oggetto del giudizio e dell’annullamento da parte del giudice, perché solo un’inequivoca indicazione consente al giudice stesso di identificare l’oggetto della domanda e ai contraddittori di esercitare il loro diritto di difesa.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 399 del 6 maggio 2025


Ai sensi dell’art. 120, comma 2, c.p.a., per i bandi e gli avvisi “autonomamente lesivi” il termine di trenta giorni per impugnare “decorre dalla pubblicazione di cui agli articoli 84 e 85 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022”. La pubblicazione del bando costituisce presunzione iuris et de iure della conoscenza del bando e quindi della conoscenza della portata lesiva delle prescrizioni limitative della partecipazione. L’art. 85, comma 4, ultimo periodo, d.lgs. n. 36/2023, prevede che “Gli effetti giuridici degli atti oggetto di pubblicazione [tra cui, i bandi di gara] decorrono dalla data di pubblicazione nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici” istituita presso l’ANAC. Tale previsione, atteso il suo carattere generale, riguarda anche i bandi di gara relativi agli appalti sotto soglia comunitaria, come emerge anche dalle delibere n. 261/2023 e n. 263/2023 dell’ANAC.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1545 del 5 maggio 2025


È illegittimo l’ordine rivolto a un Fallimento che non ha mai avuto la disponibilità del compendio immobiliare in cui sono stati realizzati gli abusi edilizi e alla data di adozione dell’ordinanza impugnata aveva già reciso ogni rapporto con la detentrice dell’immobile, avendo altresì sciolto il contratto di leasing con la proprietaria del predetto bene; la demolizione di un abuso edilizio deve infatti essere ingiunta all’attuale proprietario dell’immobile, che risponde non a titolo di responsabilità effettiva, bensì per il suo rapporto materiale con il manufatto, essendo la sanzione ripristinatoria finalizzata a rimuovere una situazione di fatto obiettivamente antigiuridica, nonché a restaurare l’ordine urbanistico violato. Tale conclusione trova conferma, a contrario, nel diverso regime applicabile allorquando tra la commissione dell’abuso e l’irrogazione delle misure sanzionatorie e repressive il proprietario dell’immobile abusivo è stato dichiarato fallito, poiché l’ordine di demolizione può essere legittimamente rivolto anche alla curatela fallimentare che è nelle condizioni di eseguirla, in quanto, anche se non ha realizzato l’abuso, è tuttavia la detentrice dell’immobile, di cui ha la materiale disponibilità, ed è nelle condizioni di poter restaurare il corretto assetto urbanistico del territorio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1533 del 2 maggio 2025


L'obbligo giuridico di provvedere è rinvenibile anche al di là di una espressa disposizione normativa che tipizzi il potere del privato di presentare un'istanza e, dunque, anche in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento, ovvero tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell'amministrazione, cosicché non assume nemmeno più valenza giustificativa dell'inerzia serbata dalla PA il fatto che l'istanza non soddisfi i requisiti minimi di contenuto e di forma un tempo necessari per poterla ritenere ricevibile e ammissibile e, pertanto, per far scattare l'obbligo di pronuncia nel merito da parte della PA (fattispecie relativa all’inerzia serbata dal Comune intimato a seguito dell’istanza proposta dai ricorrenti per permesso di costruire in sanatoria a seguito del decreto c.d. “Salva Casa”.).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1501 del 30 aprile 2025





La piscina è una struttura di tipo edilizio che incide con opere invasive sul sito in cui viene realizzata, perciò configura una nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001 e non una pertinenza urbanistica del fabbricato residenziale; la piscina, infatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, poiché, sul piano funzionale, non è necessariamente complementare all'uso delle abitazioni e non costituisce sempre una mera attrezzatura per lo svago alla stessa stregua di un dondolo o di uno scivolo installati nei giardini.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1351 del 15 aprile 2025


L'omessa notifica degli atti sanzionatori in materia edilizia a tutti i comproprietari, lungi dal costituirne un vizio di legittimità, determina solo l'inefficacia del provvedimento limitatamente ai soggetti, in ipotesi, comproprietari per i quali è mancata la notifica, i quali potranno impugnare il provvedimento sanzionatorio, facendo valere le proprie ragioni entro il termine decorrente dalla piena conoscenza dell'ingiunzione. In applicazione di detto principio affinché un bene immobile abusivo possa formare legittimamente oggetto dell'ulteriore sanzione costituita dall'acquisizione gratuita al patrimonio comunale ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, occorre che il presupposto ordine di demolizione sia stato notificato a tutti i proprietari, al pari anche del provvedimento acquisitivo; ciò perché risponde ad ovvi principi di tutela del diritto di difesa e di partecipazione procedimentale il non riconoscere idoneità fondativa dell'irrogazione della sanzione dell'acquisizione al patrimonio comunale all'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione da parte dei proprietari che di quest'ultima non abbiano ricevuto regolare notifica, e perché, con la sanzione dell'acquisizione, si viene a pregiudicare definitivamente il soggetto già titolare del diritto di proprietà sui beni confiscati, per cui necessariamente tale provvedimento ablatorio, a contenuto sanzionatorio, deve essere notificato al proprietario inciso e, se i proprietari siano più di uno, esso deve essere notificato a tutti, atteso che non sarebbe possibile una spoliazione solo pro quota.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1254 del 9 aprile 2025


Al pari delle altre ipotesi di revisione prezzi, anche quella eccezionale prevista all’art. 26 del d.l. n. 50/2022 convertito dalla legge n. 91/2022 richiede necessariamente la presentazione di un’istanza da parte dell’interessato che dia avvio al procedimento volto ad accertare la sussistenza o meno dei presupposti previsti dalla norma per il riconoscimento della revisione dei prezzi. Il termine ultimo per la presentazione dell’istanza di revisione prezzi, nella disciplina di cui all’art. 26 del d.l .n. 50/22, convertito dalla legge n. 91/2022, coincide con l’emanazione del certificato di regolare esecuzione e non con l’approvazione dello stesso da parte della stazione appaltante, adempimento quest’ultimo che è posto nell’interesse dell’amministrazione e non dell’appaltatore che ha già sottoscritto il certificato senza proporre alcuna domanda. Questa conclusione oltre ad essere rispettosa del dettato normativo si pone in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza circa la necessità che la domanda di revisione dei prezzi – pur non soggetta alla disciplina delle riserve - debba essere presentata prima della firma del certificato di collaudo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1025 del 24 marzo 2025