A seguito della riforma del processo civile di cui al d.lgs. 149/2022, l’art. 475 c.p.c. non prevede più che, per iniziare l’esecuzione forzata, occorra far apporre sulla sentenza la formula esecutiva, ma prescrive semplicemente che la sentenza sia rilasciata in copia conforme all’originale (fattispecie in tema di ottemperanza alla sentenza del Giudice Ordinario che accerta e dichiara il diritto della parte ricorrente a percepire la retribuzione professionale docente).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 711 del 23 luglio 2025


In materia di ottemperanza, il compito del Commissario ad acta – che deve ritenersi intrinsecamente obbligatorio - non è quello di esercitare poteri amministrativi funzionalizzati alla cura dell'interesse pubblico, bensì quello di dare attuazione alla pronuncia del giudice, anche eventualmente attraverso l'esercizio di poteri amministrativi non esercitati, dei quali il comando contenuto in sentenza costituisce il fondamento genetico e l'approdo funzionale.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 397 del 5 maggio 2025



In materia di ottemperanza, con riferimento alla richiesta di fissazione di astreintes, il ritardo maturato nella corresponsione delle somme dovute giustifica la condanna dell’Amministrazione resistente ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a. La quantificazione di tale penalità non deve essere immediatamente punitiva, perché è preferibile bilanciare la funzione sanzionatoria con quella sollecitatoria. L’ottemperanza ha infatti maggiori probabilità di essere raggiunta spontaneamente se viene introdotto un incentivo a evitare una penalizzazione economica certa. A tale scopo, è necessario creare la certezza del diritto sul costo dell’inerzia, e assegnare un termine di adempimento con effetto liberatorio, applicando però retroattivamente la sanzione economica qualora il termine di adempimento venga superato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 398 del 6 maggio 2025


Il TAR Brescia ricorda che il compito del Commissario ad acta – che deve ritenersi intrinsecamente obbligatorio - non è quello di esercitare poteri amministrativi funzionalizzati alla cura dell'interesse pubblico, bensì quello di dare attuazione alla pronuncia del giudice, anche eventualmente attraverso l'esercizio di poteri amministrativi non esercitati, dei quali il comando contenuto in sentenza costituisce il fondamento genetico e l'approdo funzionale, per cui il commissario ad acta può essere chiamato ad adottare atti dalla natura giuridica e dai contenuti più vari.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 881 del 4 novembre 2024


Il TAR Brescia, in materia di ottemperanza della p.a. a un giudicato inerente a una sentenza del Giudice ordinario, ha respinto l’eccezione della p.a. fondata sulla contingente assenza di disponibilità di bilancio, quale causa di non imputabilità dell’inadempimento, oppure quale circostanza legittimante la riduzione della prestazione dovuta nei limiti delle risorse disponibili. Tesi non condivisa poiché non idonea a integrare una causa estintiva del credito o una legittima causa di impedimento all’esecuzione del giudicato. Infatti, sia nel diritto interno, sia nel diritto internazionale, la mancanza di disponibilità finanziarie su un apposito capitolo di bilancio non è un’esimente per non onorare i debiti dell’amministrazione accertati mediante sentenza. Sussiste, pertanto, l’obbligo della p.a. di reperire le risorse necessarie ad adempiere e di adottare tutti i provvedimenti conseguenti funzionali al materiale pagamento delle somme riconosciute.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 756 del 23 settembre 2024.


Precisa il TAR Milano che l’azione per l’ottemperanza del giudicato di cui agli articoli 112 e seguenti del c.p.a. non può essere promossa per l’esecuzione di sentenze che hanno interamente rigettato la pretesa di parte attrice; infatti, le sentenze di rigetto hanno il carattere di sentenze di mero accertamento, sicché ciò che rileva non è l’esecuzione della sentenza, quanto piuttosto del provvedimento la cui legittimità è stata confermata davanti al giudice amministrativo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 464 del 25 febbraio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa, in sede di ottemperanza, che:
<<in applicazione del principio del c.d. one shot temperato, vigente nel nostro ordinamento, l’Amministrazione, a seguito di un annullamento di un proprio atto, anche a mezzo di pronuncia di natura cautelare (cfr. T.A.R. Veneto, 8 aprile 2021, n. 450), è tenuta a riesaminare l’affare nella sua interezza, con definitiva preclusione per l’avvenire di decisioni sfavorevoli per il privato, ancorché riguardanti aspetti o profili della questione non valutati in precedenza (Consiglio di Stato, IV, 15 maggio 2020, n. 3095), come ribadito anche in sede positiva, con la modifica dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, da parte dell’art. 12 del decreto legge n. 76 del 2020, convertito in legge n. 120 del 2020 (“in caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato, nell’esercitare nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato”) [da ultimo, Consiglio di Stato, III, 2 febbraio 2021, n. 946; T.A.R. Sicilia, Catania, IV, 8 marzo 2021, n. 713]>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1322 del 28 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ritiene inammissibile un ricorso proposto per ottenere da una Amministrazione dello Stato l’ottemperanza a una sentenza del Tribunale civile contenente la condanna al pagamento di somme per mancata notifica all’Amministrazione della sentenza nel suo domicilio reale, notifica dalla quale decorre il termine dilatorio, previsto dall'art. 14 del d.l. n. 669/1996 convertito dalla l. n. 30/1997, di 120 giorni per il pagamento, allo spirare del quale può essere ritualmente proposto il giudizio di ottemperanza.

Precisa al riguardo il TAR:
  • ai sensi dell’art. 14 del d.l. n. 669/1996 le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo; prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto;
  • la disposizione richiamata, che ha la finalità di concedere alle Amministrazioni un adeguato intervallo, tra la richiesta di pagamento mediante la notificazione di un titolo e l'avvio della relativa procedura coattiva, pur riferendosi espressamente alla "esecuzione forzata", è applicabile anche al giudizio di ottemperanza, attesa la sostanziale identità di ratio con l'esecuzione forzata regolata dal c.p.c., trattandosi di istituti che, ancorché per vie e con risultati diversi, hanno ambedue ad oggetto l'adempimento di obbligazione pecuniaria derivante dall'ordine del giudice;
  • la notificazione del titolo esecutivo, prodromica alla successiva esecuzione, deve essere effettuata nel domicilio reale dell'Amministrazione debitrice e non presso la sede dell'Avvocatura dello Stato; solo dalla notifica effettuata presso la sede dell'ente intimato decorre il termine dilatorio di 120 giorni per il pagamento, di cui all'art. 14 del d.l. 31 dicembre 1996 n. 669, convertito dalla l. 28 febbraio 1997 n. 30, allo spirare del quale può essere ritualmente proposto il giudizio di ottemperanza;
  • la notifica del titolo, per essere utile ed effettiva, deve connettersi alla conoscenza della pretesa esecutiva da parte dell'amministrazione, non altrimenti sostituibile dalla notifica all'organo incaricato ex lege del patrocinio nel giudizio esecutivo che eventualmente il creditore insoddisfatto intenda intentare nel prosieguo.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1417 del 23 giugno 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato delinea i limiti del giudizio di ottemperanza proposto per ottenere chiarimenti dal giudice in ordine alle modalità di ottemperanza del giudicato e precisa:

  • la c.d. “ottemperanza di chiarimenti”, ex art. 112, comma 5, c.p.a, costituisce un mero incidente sulle modalità di esecuzione del giudicato – utilizzabile quando vi sia una situazione di incertezza da dirimere che impedisce la sollecita esecuzione del titolo esecutivo – e non un’azione o una domanda in senso tecnico, per cui essa non può trasformarsi in un’azione di accertamento della legittimità o liceità della futura azione amministrativa, né in un’impugnazione mascherata, che porti di fatto a stravolgere il contenuto della pronuncia, la quale non può più venire riformata né integrata dal giudice dell’ottemperanza ove la pretesa avanzata sia de plano ricavabile dal tenore testuale della sentenza da eseguire;
  • i quesiti interpretativi da sottoporre al giudice dell’ottemperanza devono attenere alle modalità dell’ottemperanza e devono avere i requisiti della concretezza e della rilevanza, non potendosi sottoporre al giudice questioni astratte di interpretazione del giudicato, ma solo questioni specifiche che siano effettivamente insorte durante la fase di esecuzione dello stesso;
  • lo strumento in esame non può trasformarsi in un pretesto per investire il giudice dell’esecuzione, in assenza del presupposti suindicati, di questioni che devono trovare la loro corretta risoluzione nella sede dell’esecuzione del decisum, nell’ambito del rapporto tra parti e amministrazione, salvo che successivamente si contesti l’aderenza al giudicato dei provvedimenti così assunti.

La sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato n. 1674 del 10 aprile 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente link.


Secondo il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, il giudizio di ottemperanza ha la finalità di dare esecuzione alle statuizioni contenute nella sentenza resa all'esito del giudizio di cognizione e il suo perimetro, soggettivo e oggettivo, non può essere più ampio di quello del giudizio di cognizione (cfr. art. 112 e seguenti c.p.a.); il ricorso per ottemperanza non può, pertanto, essere proposto da soggetti che non sono stati parte del processo di cognizione e, conseguentemente, non si può utilmente impiegare lo strumento dell’ottemperanza per ottenere una estensione soggettiva del giudicato.

Il testo della sentenza n. 1163 del 21 marzo 2016 della Sezione Sesta del Consiglio di Stato è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


Il Consiglio di Stato precisa che il reclamo disciplinato dall'art. 114, comma 6, del codice del processo amministrativo avverso gli atti del commissario ad acta può ritenersi esperibile a condizione che il commissario ad acta abbia esercitato in concreto un effettivo potere decisionale.
Quando invece il commissario ad acta abbia esercitato un ruolo solo istruttorio e preparatorio rispetto a un’esecuzione del giudicato destinata a sostanziarsi in successivi provvedimenti discrezionali di competenza delle autorità amministrative, le contestazioni delle parti interessate devono in tal caso essere proposte, secondo le regole generali, in sede di impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento.

Il testo della sentenza della Sezione Quinta del Consiglio di Stato n. 628 del 15 febbraio 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.