Al pari delle altre ipotesi di revisione prezzi, anche quella eccezionale prevista all’art. 26 del d.l. n. 50/2022 convertito dalla legge n. 91/2022 richiede necessariamente la presentazione di un’istanza da parte dell’interessato che dia avvio al procedimento volto ad accertare la sussistenza o meno dei presupposti previsti dalla norma per il riconoscimento della revisione dei prezzi. Il termine ultimo per la presentazione dell’istanza di revisione prezzi, nella disciplina di cui all’art. 26 del d.l .n. 50/22, convertito dalla legge n. 91/2022, coincide con l’emanazione del certificato di regolare esecuzione e non con l’approvazione dello stesso da parte della stazione appaltante, adempimento quest’ultimo che è posto nell’interesse dell’amministrazione e non dell’appaltatore che ha già sottoscritto il certificato senza proporre alcuna domanda. Questa conclusione oltre ad essere rispettosa del dettato normativo si pone in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza circa la necessità che la domanda di revisione dei prezzi – pur non soggetta alla disciplina delle riserve - debba essere presentata prima della firma del certificato di collaudo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1025 del 24 marzo 2025





Il disposto dell’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016 costituiva un punto di compromesso adottato dal codice del 2016 tra la regola della tendenziale immodificabilità del contratto e la necessità, sempre più pressante e complessa, di presidiare la fase di esecuzione del contratto mediante la gestione delle sopravvenienze. Gli unici presupposti fissati espressamente dal legislatore nel comma 2 riguardano i limiti oggettivi entro cui la modifica poteva essere autorizzata e la necessità di conservare, all’esito delle modifiche, la natura complessiva del contratto o dell’accordo quadro. Il tenore letterale della previsione non evidenzia limiti di applicabilità, se non quelli espressamente previsti e compatibili con l’istanza di revisione presentata. La previsione normativa non riconduce, in via immediata e diretta, i presupposti rilevanti al verificarsi di evenienze straordinarie ed imprevedibili, che determinino una variazione eccezionale del costo della fornitura. In assenza di una previsione negoziale, chiara ed espressa, che predetermini i presupposti sostanziali idonei a far sorgere il “diritto alla revisione” e difettando una previsione normativa (come sancito a suo tempo per l’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006) che integri, ai sensi dell’art. 1339 cc, la Convenzione, la modifica contrattuale potrà avvenire, nei limiti oggettivi indicati dalla legge, sul semplice ma indefettibile presupposto di un accordo tra le parti. A tale risultato si giunge necessariamente attraverso l’intermediazione provvedimentale della stazione appaltante, cui spetta lo ius variandi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 59 del 13 gennaio 2025


A fronte di una istanza di revisione del corrispettivo patrimoniale dovuto all’amministrazione a titolo di canone concessorio, il TAR Milano osserva che, in presenza di una formale domanda di parte, l'amministrazione è tenuta a concludere il procedimento, anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte. Tale obbligo di provvedere deve corrispondere a una situazione soggettiva protetta, rinvenibile anche al di là di un’espressa disposizione normativa che preveda la facoltà del privato di presentare un’istanza e, dunque, in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento ovvero le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3068 del 18 dicembre 2023


Il TAR Milano osserva che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il diritto di chiedere la revisione dei prezzi soggiace alla prescrizione quinquennale di cui all’articolo 2948, n. 4, del codice civile: tale assunto discende dalla considerazione della revisione dei prezzi come una mera integrazione quantitativa del compenso spettante al prestatore del servizio, per cui il suo esercizio si prescrive con il decorso del termine quinquennale previsto per il pagamento dei singoli ratei. (TAR Trento, 19 luglio 2022, n. 140; Consiglio di Stato, sezione III, 22 ottobre 2013, n. 5128; sezione III 2011, n. 4362).
La funzione integrativa del prezzo spiegata dal compenso revisionale non comporta tuttavia l’automatica applicazione del termine prescrizionale del diritto al compenso periodico, di cui all’articolo 2948, n. 4, del codice civile.
Secondo un altrettanto consolidato orientamento giurisprudenziale, l’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, fa salva l’autonomia contrattuale delle parti di sottoporre ad un termine decadenziale l’operatività della clausola revisionale e, in considerazione della procedimentalizzazione della sua applicazione, esclude ogni automatismo nell’adeguamento del prezzo (TAR Lombardia, sezione IV, 19 gennaio 2022, n. 117).
Sicché, deve ritenersi legittima la previsione pattizia della clausola di decadenza dall’esercizio del diritto alla revisione dei prezzi, purché non sia irragionevole e sia rispettosa del canone della buona fede contrattuale (TAR Puglia, Lecce, sezione I, 22 luglio 2014, n. 1929; Consiglio di Stato, sezione V, 10 settembre 2012, n. 4783).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 824 del 3 aprile 2023.


Il Tar Milano, a fronte di una clausola convenzionale stipulatala da un soggetto aggregatore che esclude la revisione dei prezzi contrattuali osserva che la clausola convenzione, nella parte in cui esclude ogni revisione del corrispettivo, è nullo per contrarietà alla disciplina di legge imperativa (art. 106 comma 1 lettera a) del codice dei contratti pubblici) che fa salvi, per i contratti stipulati dai soggetti aggregatori (quale è Aria Spa) l’applicazione dell’art. 1 comma 511 della legge n. 208/2015.
Tale ultima norma ammette una revisione del corrispettivo qualora si sia verificata una variazione del valore dei beni, che abbia cagionato una variazione del prezzo non inferiore al dieci per cento e tale da alterare significativamente l’originario equilibrio contrattuale, come accertato dall’autorità indipendente preposta alla regolazione dello specifico settore oggetto del contratto oppure, in mancanza, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm). Il citato comma 511 prevede quindi un particolare procedimento di revisione, che impone l’intervento di una autorità indipendente o dell’Agcm, anche per l’accertamento dell’aumento dei prezzi dei beni superiori alla soglia del 10%.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2808 del 21 dicembre 2022.


Il TAR Milano osserva che:
<<7.7. Va poi considerato come non vi sia alcuna regola o principio che possa supportare la pretesa ad ottenere una commessa alterando prima della stipula le condizioni economiche a cui lo stesso operatore si vincola nella formulazione dell’offerta. Le mutate condizioni del mercato che rendano non remunerativa l’offerta possono legittimare un ritiro dell’operatore dalla gara o, come nel caso di specie, la non accettazione della stipula ma non supportare la pretesa ad ottenere la commessa a prezzi differenti e senza riapertura di un nuovo dialogo competitivo. Né risultano evocabili gli istituti posti a governo delle sopravvenienze contrattuali che, per l’appunto, riguardano la fase di esecuzione del contratto e le alterazioni che possono generarsi nel corso della durata del negozio ma non si riferiscono, invece, ad una fase antecedente alla stipula ove l’eventuale insostenibilità si traduce nella possibilità di non sottoscrivere il contratto. Lo evidenzia il T.A.R. per la Lombardia – sede di Brescia, notando come l’istanza di revisione del prezzo formulata dall’impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto risulti non supportata da alcuna previsione legale in quanto effettuata in un momento in cui, non essendo ancora in essere alcun rapporto contrattuale, non è giuridicamente ipotizzabile né ammissibile alcuna ipotesi di revisione del prezzo, che per sua natura presuppone un contratto (ad esecuzione continuata e periodica) già in corso; “e così come nel corso del rapporto contrattuale l’impresa appaltatrice è tutelata, in caso di un esorbitante aumento dei costi del servizio, dall’istituto della revisione del prezzo (ove previsto dagli atti di gara) ovvero dalla possibilità di esperire i rimedi civilistici di risoluzione del vincolo sinallagmatico, nel diverso caso in cui l’evento imprevisto e imprevedibile si verifichi prima della stipulazione del contratto, l’impresa aggiudicataria è tutelata con la possibilità di rifiutare la sottoscrizione del contratto, una volta cessata la vincolatività della propria offerta” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Brescia, Sez. I, 10.3.2022, n. 232).>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1343 del 10 giugno 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano osserva che la revisione prezzi deve consistere in un rimedio temperato di riequilibrio del sinallagma funzionale, in modo da assolvere all’esigenza di assicurare continuità al rapporto contrattuale in corso di svolgimento, soprattutto nell’ottica del perseguimento del pubblico interesse, senza che si giunga ad una rideterminazione del prezzo originario del servizio o della fornitura (C.d.S., Sez. V, n. 935/2010).
Nella disciplina di diritto positivo dell’istituto non è affatto stabilito che la revisione prezzi abbia come obiettivo l’azzeramento del rischio di impresa connesso alla sopportazione in capo all’appaltatore dell’alea contrattuale normale riconducibile a sopravvenienze, quali l’oscillazione generale e diffusa dei prezzi.
Al contrario, è necessario che ricorrano circostanze eccezionali e imprevedibili, la cui esistenza non può essere ricondotta ad aumenti del costo di fattori della produzione prevedibili - anche dal punto di vista della loro consistenza valoriale – nell’ambito del normale andamento dei mercati relativi, dovendo invece a tal fine farsi riferimento ad eventi, appunto eccezionali e imprevedibili, tali da alterare significativamente le originarie previsioni contrattuali (cfr. in tal senso T.A.R. Napoli, Sez. I, n. 2306/2014; T.A.R. Milano, Sez. I, n. 435/2021). Ciò anche al fine di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca, nel corso del tempo, aumenti incontrollati tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. C.d.S., Sez. V, n. 2052/2014; id., Sez. III, n. 1074/2015; id., Sez. V, n. 4079/2009; id., Sez. III, n. 4827/2018).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 176 del 26 gennaio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano rammenta che <<l’istituto della revisione dei prezzi ha la finalità di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse (incidente sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta), e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994; Cons. di Stato, Sez. III, 20 agosto 2018, n. 4985); dall’altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 aprile 2014 n. 2052; Sez. III 4 marzo 2015 n. 1074; Sez. V 19 giugno 2009 n. 4079). Al contempo essa è posta a tutela dell’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi sopraggiunte durante l’arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standards qualitativi delle prestazioni (cfr. Cons. di Stato, Sez. III, 5 marzo 2018, n. 1337; Consiglio di Stato, Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1074; in termini: Consiglio di Stato, Sez. III, 19 luglio 2011, n. 4362; Consiglio di Stato, Sez. V, 14 maggio 2010 n. 3019; Consiglio di Stato, Sez. V, 26 agosto 2010 n. 5954; Consiglio di Stato, Sez. V, 6 settembre 2007, n. 4679).
5.1. Il riferimento normativo alla clausola revisionale, avente carattere di norma imperativa cui si applicano gli artt. 1339 e 1419 c.c., non attribuisce alle parti ampi margini di libertà negoziale, ma impone di tradurre sul piano contrattuale l'obbligo legale, definendo anche i criteri e gli essenziali momenti procedimentali per il corretto adeguamento del corrispettivo (Tar Lecce sez. I 11 dicembre 2013 n. 2423; Cons. Stato sez. III 9 maggio 2012 n. 2648; Cons. Stato, Sez. III, 1° febbraio 2012, n. 504; T.A.R. Bari sez. II 11 luglio 2013 n. 1141).
5.2. Va osservato che l'istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un'attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, al quale è sotteso l'esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale nei confronti del privato contraente. Di conseguenza, la posizione di quest'ultimo si articola nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all'an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo solo con riguardo a questioni involgenti l'entità della pretesa stessa, una volta risolto in senso positivo il riconoscimento della spettanza del compenso revisionale (ex multis Cons. Stato, sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207; sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465; sez. V, 3 agosto 2012, n. 4444; Corte di Cassazione, SS.UU., 30 ottobre 2014, n. 23067; 15 marzo 2011, n. 6016; 12 gennaio 2011, n. 511; 12 luglio 2010, n. 16285).
5.3. L’istruttoria condotta nell’ambito del procedimento con riferimento all’an della revisione è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso al risparmio di spesa, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n.6275 e 24 gennaio 2013 n. 465).
5.4. In definitiva può ritenersi che la previsione di cui all’art. 115 D.lgs. n. 163/2006 ponga ex lege un rimedio manutentivo dell’equilibrio economico del contratto, per la gestione di sopravvenienze giuridicamente rilevanti intervenute nel corso dell'esecuzione del rapporto contrattuale (cfr. Corte Cost. n. 447/2006)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 435 del 18 febbraio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il Consiglio di Stato fa il punto sulla revisione prezzi negli appalti pubblici e precisa:
Può quindi affermarsi che (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. III, 9 gennaio 2017, n. 25):
- l’art. 6, comma 4, della L. n. 537 del 1993, come novellato dall’art. 44 della L. n. 724 del 1994, prevede che tutti i contratti pubblici ad esecuzione periodica o continuativa devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo pattuito;
- tale disposizione costituisce norma imperativa non suscettibile di essere derogata in via pattizia, ed è integratrice della volontà negoziale difforme secondo il meccanismo dell'inserzione automatica;
- la finalità dell’istituto è da un lato quella di salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Cons. Stato: Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2295; Sez. V, 20 agosto 2008, n. 3994), dall’altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. Cons. Stato: Sez. V, 23 aprile 2014, n. 2052; Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1074);
- l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’Amministrazione, non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti;
- in tal senso si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013, n. 465), rilevando che la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuazione della revisione in base ai risultati dell’istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso al risparmio di spesa, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato;
- in ordine alla fissazione dell'adeguamento spettante, è da escludere che la pretesa vantata dal privato fornitore abbia la consistenza di un diritto soggettivo perfetto suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo; infatti, le citate disposizioni prescrivono che la determinazione sia effettuata dalla stazione appaltante all'esito di un'istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi;
- l'istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un'attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, modello che sottende l'esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale dell'amministrazione nei confronti del privato contraente, potendo quest'ultimo collocarsi su un piano di equiordinazione con l'amministrazione solo con riguardo a questioni involgenti l'entità della pretesa;
- di conseguenza, la posizione del privato contraente si articolerà nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all’an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo con riguardo al quantum, ma solo una volta che sarà intervenuto il riconoscimento della spettanza di un compenso revisionale; peraltro tale costruzione, ormai del tutto ininfluente ai fini del riparto di giurisdizione, mantiene inalterata la sua rilevanza con riferimento alle posizioni giuridiche soggettive del contraente dell’Amministrazione, proprio per effetto dell'art. 133, lett. e), punto 2), c.p.a., che assoggetta l'intera disciplina della revisione prezzi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;
- la qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, comporta che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell'interesse legittimo. Ne deriva che sarà sempre necessaria l'attivazione – su istanza di parte – di un procedimento amministrativo nel quale l’Amministrazione dovrà svolgere l'attività istruttoria volta all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell’adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l’importo. In caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell’appaltatore, quest’ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall’Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l’accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all'amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465);
- i risultati del procedimento di revisione prezzi sono dunque espressione di facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015, n. 5375; 24 gennaio 2013, n. 465)
3. È opportuno, fin da ora, osservare che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la revisione dei prezzi come sopra prevista trova applicazione solo alle proroghe contrattuali, ma non agli atti successivi al contratto originario, con cui, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, sia stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1° giugno 2010, n. 3474; Sez. III, 23 marzo 2012, n. 1687 e 11 luglio 2014, n. 3585).
Il presupposto per l’applicazione dell’istituto della revisione risiede, pertanto, nella sussistenza di una mera proroga del contratto: ciò in quanto le manifestazioni negoziali di procedere al rinnovo del contratto, anche se di contenuto analogo alle condizioni precedenti, danno luogo a nuovi e distinti rapporti giuridici, in discontinuità con l’originario contratto, che non può essere assunto a parametro di raffronto per la maggiorazione dei corrispettivi a mezzo del procedimento di revisione (Cons. Stato, Sez. V, 8 agosto 2018 n. 4869; Sez. III, 9 maggio 2012 n. 2682)

In ordine poi alla differenza tra rinnovo e proroga contrattuale il Consiglio di Stato precisa che:
Per qualificare la tipologia contrattuale (rinnovo, piuttosto che proroga) che viene in rilievo nella materia de qua, non è rilevante il nomen juris formalmente attribuito dalle parti, bensì l’esistenza in concreto:
- per il rinnovo, di una nuova negoziazione;
- e per la proroga, del solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario;
con la precisazione, peraltro, che la nuova negoziazione può anche concludersi con la conferma delle precedenti condizioni (Cons. Stato: Sez. V, 31 dicembre 2003, n. 9302; Sez. VI, 22 marzo 2002, n. 1767).
In definitiva, la rinnovazione si contraddistingue per la rinegoziazione del complesso delle condizioni (Cons. Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2295); di talché, per il periodo in cui l’espletamento del servizio è proseguito in virtù di apposita clausola di rinnovo del rapporto contrattuale, si determina uno iato con il contratto originario ed il nuovo periodo contrattuale si configura, pertanto, come autonomo rispetto al precedente (con la conseguenza che non può, quindi, trovare applicazione il meccanismo di revisione dei prezzi, perché incompatibile con la rinnovata volontà negoziale della ditta di rendere il servizio al medesimo costo in precedenza concordato e con accettazione della congruità del corrispettivo: cfr. Cons. Stato, Sez. III, 18 dicembre 2015, n. 5779)”.

Consiglio di Stato, Sez. II, n. 2860 del 6 maggio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano chiarisce che la revisione dei prezzi si applica solo alle proroghe contrattuali e non anche agli atti successivi al contratto originario con cui, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, siano stati costituiti tra le parti nuovi e autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 764 dell’8 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che con la previsione dell’obbligo di revisione del prezzo di un appalto di durata su base periodica il legislatore ha inteso munire i contratti di forniture e servizi di un meccanismo che, a cadenze determinate, comporti la definizione di un nuovo corrispettivo per le prestazioni oggetto del contratto, conseguente alla dinamica dei prezzi registrata in un dato arco temporale, con beneficio per entrambi i contraenti, in quanto incidente sull’equilibrio contrattuale; da un lato, l’appaltatore vede ridotta, anche se non eliminata, l’alea propria dei contratti di durata, dall’altro, la stazione appaltante vede diminuito il pericolo di un peggioramento della qualità o quantità di una prestazione, divenuta per l’appaltatore eccessivamente onerosa o, comunque, non remunerativa; il riferimento normativo alla clausola revisionale, avente carattere di norma imperativa e al quale si applicano gli artt. 1339 e 1419 c.c., non attribuisce alle parti ampi margini di libertà negoziale, ma impone di tradurre sul piano contrattuale l'obbligo legale, definendo anche i criteri e gli essenziali momenti procedimentali per il corretto adeguamento del corrispettivo; in definitiva, può ritenersi che la previsione di cui all’art. 115 del codice dei contratti ponga ex lege un rimedio manutentivo, in funzione del mantenimento dell’equilibrio economico del contratto, per la gestione di sopravvenienze giuridicamente rilevanti intervenute nel corso dell'esecuzione del rapporto contrattuale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 595 del 28 febbraio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.