L’atto di disdetta di un rapporto di concessione è un atto paritetico e non provvedimentale in quanto la struttura, la funzione e gli effetti della clausola di disdetta afferente ad una convenzione costitutiva della concessione, volta ad evitare la rinnovazione tacita del rapporto, corrispondono, senza apprezzabili differenze morfologiche, alla fisionomia tipica delle clausole dei comuni contratti di durata, non presentando, quindi, l’atto di disdetta, alcun tratto tipico dei provvedimenti amministrativi. Infatti, la comunicazione della volontà di non proseguire il rapporto non è affatto caratterizzata dalla valutazione necessaria dell’interesse pubblico, ben potendo essere determinata, in concreto, da altre ragioni, non rappresentando, quindi, l’interesse pubblico il presupposto della disdetta, ma, semplicemente, uno dei motivi, della determinazione assunta dal concedente. La disdetta è riferita alla normale scadenza del rapporto, allo scopo di impedire la rinnovazione tacita del servizio svolto dal precedente gestore, inserendosi nel fisiologico sviluppo paritetico del rapporto, indipendentemente dalle ragioni addotte dall’amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 192 del 20 gennaio 2025


Il TAR Milano - preso atto che a seguito della sentenza del TAR Lazio n. 6068 del 27 marzo 2024 e della sentenza della Corte costituzionale n. 137 del 19 luglio 2024, è venuta a cessare la moratoria delle nuove autorizzazioni per lo svolgimento del servizio di trasporto con NCC, sicché nulla osta a che l'amministrazione proceda, previa indizione di adeguate procedure selettive, al rilascio dei titoli in favore delle imprese interessate, sussistendo, anzi, l'obbligo giuridico di provvedere su eventuali richieste in tal senso - ordina ad un comune, entro sessanta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione della sentenza, di verificare la permanenza di autorizzazioni per il servizio di NCC tramite natanti ancora da assegnare e, in caso positivo, di indire una procedura aperta per il loro rilascio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 3776 del 23 dicembre 2024


Il TAR Milano esamina un motivo di ricorso con il quale la ricorrente deduce la violazione dell’art. 208, c. 13, lett. c), d.lgs. n. 152/2006, che a suo dire, ai fini della revoca, richiederebbe in ogni caso la verifica di una situazione di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente che la violazione della precedente diffida ha prodotto, non essendo invece sufficiente il mero inadempimento alle prescrizioni imposte dalla stessa, essendo quindi necessario il ricorrere di due differenti e cumulativi presupposti, il primo dei quali è costituito dall’inadempimento alle prescrizioni imposte da una specifica diffida, e il secondo integrato dalla violazione di ulteriori disposizioni che mettano in pericolo la salute pubblica e l’ambiente. Secondo il TAR, il motivo è infondato atteso che, in base al tenore letterale della stessa norma asseritamente violata, l’autorità competente provvede alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida, non potendosi affermare che la revoca sia consentita soltanto in presenza di comprovate situazioni di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente, trattandosi di previsione distinta e alternativa.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2029 del 28 giugno 2024


A fronte di una istanza di revisione del corrispettivo patrimoniale dovuto all’amministrazione a titolo di canone concessorio, il TAR Milano osserva che, in presenza di una formale domanda di parte, l'amministrazione è tenuta a concludere il procedimento, anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte. Tale obbligo di provvedere deve corrispondere a una situazione soggettiva protetta, rinvenibile anche al di là di un’espressa disposizione normativa che preveda la facoltà del privato di presentare un’istanza e, dunque, in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento ovvero le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3068 del 18 dicembre 2023


Il TAR Milano ricorda che la sottrazione del bene pubblico all’uso collettivo (come una strada) in favore all’uso privato, mediante il provvedimento di concessione del bene, deve essere giustificata dal perseguimento di un preminente interesse pubblico per l’ente e comunque non deve confliggere con altri interessi meritevoli di tutela. Il provvedimento di autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico ha natura discrezionale in quanto l’amministrazione è tenuta a verificare che la concessione avviene nel perseguimento di un preminente pubblico interesse e che non si risolve nella lesione di altri pubblici interessi, al di là della comparazione tra l’interesse pubblico perseguito e quello privato. Ne deriva che è legittimo negare il provvedimento di occupazione di suolo pubblico se il suo rilascio compromette l’interesse pubblico alla vivibilità dei cittadini o alla circolazione stradale. Spetta quindi all’amministrazione contemperare i diversi interessi pubblici e privati che emergano nel provvedimento di occupazione del suolo pubblico. Nel caso di specie l’amministrazione ha ritenuto, nel bilanciamento fra i contrapposti interessi coinvolti nel procedimento, di dare prevalenza all’interesse alla vivibilità delle residenze poste al piano terra di un Condominio prospiciente la strada oggetto dell’istanza di occupazione da parte di società esercente l’attività di ristorazione, nonché a quello di non ostacolare il libero accesso dei mezzi di soccorso o l’accesso ai box condominiali, atteso che l’occupazione dello spazio pubblico con tavoli e sedie richiesta per l’attività di ristorazione rispetto alle finestre del Condominio poste al piano terra avrebbe comportato turbamento dell’ambiente residenziale e quindi alla vivibilità delle abitazioni; avrebbe ridotto lo spazio di manovra per accedere ai boxes del Condominio richiedendo per le auto ingombranti la necessità di effettuare più manovre; avrebbe reso difficoltoso ad un mezzo di soccorso il raggiungimento dell’accesso al Condominio e l’inversione di marcia, trattandosi di strada a fondo cieco.

TAR Lombardia, Milano, sez. I, 12 giugno 2023 n. 1457


Secondo il TAR Milano:
<<- in definitiva, l’art. 181, comma 4 bis, del d.l. 19/05/2020 n. 34, disponendo un rinnovo automatico delle concessioni di parcheggio sino al 31.12.2023, si pone in insanabile contrasto con l’art. 12 della direttiva 2006/136 - come interpretato dalla Corte di giustizia nella sentenza 14 luglio 2016, causa C-458/14 e C-67/15 - e tale contrasto deve essere risolto mediante la disapplicazione della norma nazionale, in coerenza con il noto principio di primazia del diritto eurounitario, di cui va assicurato l’effetto utile e quindi, nel caso concreto, l’attivazione di una procedura di selezione tra i candidati potenziali (cfr. Corte Costituzionale, n. 389 del 1989;Consiglio di Stato sez. V 6 aprile 1991, n. 452).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1235 del 30 maggio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano chiarisce che l’ordinamento comunitario è indifferente al nomen assegnato dall’ordinamento nazionale o dalle parti alla singola fattispecie e ciò impone di applicare i principi comunitari alle concessioni di beni pubblici di rilevanza economica, trattandosi di un modello di organizzazione e gestione del bene pubblico che comporta un’occasione di guadagno per i soggetti operanti sul mercato; si tratta in particolare dei principi di libertà di stabilimento (art. 49 TFUE ex articolo 43 del TCE), libertà di prestazione dei servizi (art. 56 TFUE ex articolo 49 del TCE), parità di trattamento e divieto di discriminazione in base alla nazionalità (artt. 49 e 56 TFUE), trasparenza e non discriminazione (art. 106 TFUE ex articolo 86 del TCE).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 2770 del 10 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che per l'esecuzione di opere su suolo di proprietà pubblica non è sufficiente il provvedimento di concessione per l'occupazione, occorrendo altresì l'ulteriore e autonomo titolo edilizio, operante su di un piano diverso, e rispondente a diversi presupposti, sia rispetto all'atto che accorda l'utilizzo a fini privati di una determinata porzione di terreno di proprietà pubblica, sia ad altri atti autorizzativi eventualmente necessari, quali l'autorizzazione commerciale per la vendita di determinati prodotti (fattispecie relativa alla installazione di un chiosco che, in base a quanto disposto nel regolamento comunale per la disciplina del commercio sulle aree pubbliche, dà luogo ad un manufatto chiuso, di dimensioni contenute, generalmente prefabbricato, e strutturalmente durevole, posato su suolo pubblico, o su aree private soggette a servitù di uso pubblico, non rimuovibile al termine della giornata lavorativa).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1485 del 12 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.