Il TAR Milano esamina un motivo di ricorso con il quale la ricorrente deduce la violazione dell’art. 208, c. 13, lett. c), d.lgs. n. 152/2006, che a suo dire, ai fini della revoca, richiederebbe in ogni caso la verifica di una situazione di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente che la violazione della precedente diffida ha prodotto, non essendo invece sufficiente il mero inadempimento alle prescrizioni imposte dalla stessa, essendo quindi necessario il ricorrere di due differenti e cumulativi presupposti, il primo dei quali è costituito dall’inadempimento alle prescrizioni imposte da una specifica diffida, e il secondo integrato dalla violazione di ulteriori disposizioni che mettano in pericolo la salute pubblica e l’ambiente. Secondo il TAR, il motivo è infondato atteso che, in base al tenore letterale della stessa norma asseritamente violata, l’autorità competente provvede alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida, non potendosi affermare che la revoca sia consentita soltanto in presenza di comprovate situazioni di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente, trattandosi di previsione distinta e alternativa.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2029 del 28 giugno 2024


Il TAR Milano ricorda che l’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990 consente la revoca del provvedimento amministrativo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento stesso oppure nell’ipotesi di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario; l’Amministrazione che procede alla revoca deve, nel rispetto dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 sull’obbligo di motivazione, indicare i motivi – vale a dire le ragioni giuridiche e fattuali – che l’hanno indotta a disporre la revoca del provvedimento. L’apprezzamento rimesso all’Amministrazione, avuto riguardo alla natura discrezionale del potere esercitato e agli effetti ad esso connaturati, nonché ai relativi presupposti di esercizio, postula dunque una valutazione comparativa degli interessi (pubblici e privati) in rilievo – incluso l’interesse in capo ai destinatari del provvedimento oggetto di ritiro, anche alla luce del tempo trascorso dall’adozione del revocando provvedimento – a supporto della ravvisata prevalenza, all’esito della compiuta valutazione, dell’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento, con la conseguente necessità di una specifica e puntuale motivazione al riguardo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1747 del 10 giugno 2024


Il TAR Milano ricorda che, in tema di esercizio del potere di revoca, si impone la valutazione dei presupposti del potere-dovere della pubblica amministrazione di valutazione globale del rapporto che lega l'atto agli interessi pubblici che vi confluiscono e la verifica del mutamento della situazione di fatto che caratterizza la fattispecie reale, da cui consegue anche la diversa valutazione dell'interesse pubblico originario, previa motivata comparazione di tutti gli elementi coinvolti. Il carattere relazionale del potere di autotutela si espone ad una valutazione comparativa di confronto tra l'interesse primario e le situazioni soggettive dei privati. La fenomenologia dell'autotutela si giustifica su ragioni di opportunità alla luce di sopravvenienze fattuali, tuttavia, esse di per sé non possono fondare un legittimo esercizio del potere di revoca, se non si traducono ad ogni modo in una valutazione di pubblico interesse, che rilevi come il provvedimento revocato non sia più attualmente idoneo allo scopo originario, tanto più che l'interesse pubblico sempre meno tiene conto nella sua dimensione astratta, sganciata dalla realtà empirica. Naturalmente è la motivazione del provvedimento a svelare l'analisi dei fatti compiuta dall'amministrazione al momento dell'adozione dell'atto, secondo quanto previsto dall'art. 3 della l. n. 241 del 1990.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1211 del 22 aprile 2024


Il TAR Milano osserva che la legittimità della revoca del rapporto concessorio debba essere apprezzata nei termini imposti, in prospettiva revisionale dei rapporti di durata, dall’art. 21 quinquies della l. n. 241/1990 (integrato dal principio di leale cooperazione: cfr. art. 1, comma 2 bis), il quale aggancia il rilievo (potenzialmente ostativo o preclusivo) dell’affidamento del concessionario alla alternativa circostanza: a) che, sotto il profilo assiologico, non emergano né si evidenzino, a sostegno della revoca, motivi sopravvenuti in grado di sintetizzare e valorizzare il pubblico interesse alla immutazione degli assetti; b) che, sotto il profilo fattuale, il mutamento della situazione, assunto a fondamento della determinazione rimotiva, non appaia già prevedibile al momento della iniziale instaurazione del rapporto; c) che la decisione sopravvenuta non appaia, come tale, imprevedibile nel quadro della concreta dinamica evolutiva dei rapporti tra le parti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 385 del 15 febbraio 2024



Il TAR Milano precisa che allorquando si dovesse ritenere non più rispondente all’interesse pubblico un piano attuativo conforme alla disciplina urbanistica generale, risulterebbe necessario, dapprima, procedere all’approvazione di una variante al predetto strumento generale e, solo successivamente, ricorrendone i presupposti, si potrebbe procedere alla revoca dell’atto di approvazione del piano attuativo ritenuto non più conforme all’interesse pubblico, da intendersi come l’interesse espresso – attraverso le regole ivi fissate – dall’atto di pianificazione generale vigente; in tema di rapporti tra i vari livelli di pianificazione risulta evidente che la prevalenza del piano gerarchicamente sovraordinato impedisce agli organi comunali di effettuare, in via estemporanea, valutazioni che contrastino con quelle già formalizzate nel predetto piano, dovendosi dapprima attivare il procedimento per la sua modifica, secondo le scansioni stabilite dalla legge; pertanto, la valutazione di congruità di un piano attuativo – o la sua modifica, fino alla sua abrogazione – deve porsi in collegamento attuativo e nel rispetto funzionale delle previsioni dello strumento urbanistico di valenza generale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2734 del 23 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri



Il Consiglio di Stato precisa che dall’atto con cui il Comune dichiara di adottare il nuovo progetto di variante urbanistica senza, tuttavia, né rispettare le previsioni della legge da un punto di vista sia procedimentale sia contenutistico, né in alcun modo manifestare espressamente l’intenzione di revocare precedenti decisioni, non può trarsi l’implicita volontà di privare di efficacia pregresse deliberazioni formalmente assunte.
Invero, la revoca della deliberazione di adozione della variante generale consegue, per il Consiglio di Stato, esclusivamente:
- o alla legittima adozione di una nuova variante generale, giacché la disciplina della stessa materia (la pianificazione del territorio comunale) non può che trovare un’unica sedes materiae;
- o all’espressa e formale manifestazione della volontà consiliare, esternata con una apposita deliberazione di voler privare di efficacia la precedente deliberazione di adozione della variante generale.
Osserva, in proposito, il Consiglio di Stato che mentre con la prima evenienza il Comune sostanzialmente determina l’inizio di un nuovo procedimento pianificatorio, nella seconda, al contrario, il Comune chiude il procedimento a suo tempo iniziato con la deliberazione revocata.

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 7051 del 17 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il Consiglio di Stato precisa che, in ragione della natura giuridica di atto provvisorio ad effetti instabili, tipica dell'aggiudicazione provvisoria, e della non tutelabilità processuale di quest'ultima ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990, rientra nel potere discrezionale dell'amministrazione disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, laddove sussistano concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara; aggiunge il Consiglio di Stato che nelle gare pubbliche la decisione della Pubblica amministrazione di procedere alla revoca dell'aggiudicazione provvisoria non è da classificare come attività di secondo grado (diversamente dal ritiro dell'aggiudicazione definitiva), atteso che, nei confronti di tale determinazione, l'aggiudicatario provvisorio vanta solo un'aspettativa non qualificata o di mero fatto alla conclusione del procedimento: pertanto, l'assenza di una posizione di affidamento in capo all'aggiudicatario provvisorio, meritevole di tutela qualificata, attenua l'onere motivazionale facente carico alla Pubblica amministrazione, in occasione del ritiro dell'aggiudicazione provvisoria, anche con riferimento alla indicazione dell'interesse pubblico giustificativo dell'atto di ritiro; è poi evidente che, rimanendo immutata la consistenza della posizione soggettiva con la quale interferisce l’esercizio del potere di ritiro della P.A., alle medesime conclusioni deve giungersi nel caso in cui il potere di revoca abbia ad oggetto l’intera procedura di gara.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 5597 del 6 agosto 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che la nomina degli Assessori, prevista dal comma secondo dell'art. 46 del TUEL, si basa su un vincolo di fiducia tra il Sindaco e la Giunta, non richiedendosi alcuna motivazione in ordine alle ragioni della scelta compiuta, ma soltanto la comunicazione al Consiglio nella prima seduta successiva all'elezione; conseguentemente, analoga natura va riconosciuta al contrarius actus della revoca, ex art. 46 c. 4 cit., che si fonda proprio sul venir meno dell'intuitu personae, come atto simmetricamente negativo alla nomina; in conclusione, poiché la nomina e la revoca degli assessori comunali dipendono esclusivamente dall'esistenza di un rapporto fiduciario con il Sindaco, detti provvedimenti possono sorreggersi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico amministrativa, tra cui l'affievolirsi del rapporto fiduciario, senza che occorra invece specificare i singoli comportamenti addebitati all'interessato.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 453 del 4 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.