Il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 14, comma 4, della L.R. n. 12 del 2005 per l’approvazione del piano attuativo non ha carattere perentorio, in mancanza di una espressa qualificazione normativa in termini di perentorietà, sicché il suo decorso non determina né la decadenza dell’amministrazione dal potere di provvedere né la formazione di provvedimenti taciti di assenso o di diniego. Peraltro, il carattere meramente ordinatorio e acceleratorio del termine non comporta che la sua violazione possa ritenersi giuridicamente neutra o irrilevante; trattandosi di un termine legale di conclusione del procedimento, evidentemente finalizzato a prevenire ingiustificate inerzie della P.A. e a garantire tempi tendenzialmente certi di conclusione del procedimento, la sua inosservanza cristallizza di per sé un inadempimento dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 2, comma 1, L. 241/90; peraltro, l’obbligo di “concludere il procedimento” di approvazione del Piano attuativo non significa obbligo di “approvare” il piano attuativo, venendo in considerazione un atto per nulla vincolato nel proprio contenuto, ma espressione, al contrario, dell’ampia discrezionalità dell’amministrazione comunale nella gestione del proprio territorio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 675 del 16 luglio 2025


La previsione dell’art. 41, quinquies, comma 6, della L. n. 1150/1942 richiede la previa approvazione di apposito piano attuativo per la realizzazione di edifici aventi altezza superiore a 25 metri; tuttavia, l’esigenza della pianificazione attuativa, quale presupposto per rilascio del permesso di costruire relativo a fabbricati, si rende necessaria quando si tratta di asservire per la prima volta un’area non ancora urbanizzata, o per raccordarne l’edificazione al tessuto insediativo esistente, valutando la realizzazione o potenziamento di opere, urbanizzazioni e servizi necessari collettivi. La necessità della pianificazione attuativa è da escludersi in presenza di una zona già completamente urbanizzata, quando la situazione di fatto evidenzi una completa edificazione dell’area, tale da renderla incompatibile con un piano attuativo. Al Comune spetta un amplissimo margine di discrezionalità nella valutazione della congruità del grado di urbanizzazione. Il sindacato giurisdizionale sotto tale profilo risulta relegato al riscontro della palese illogicità e irragionevolezza delle determinazioni assunte o al rilievo di errori di fatto idonei a inficiare le determinazioni assunte.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2747 del 22 luglio 2025  (per una lettura diversa della disposizione dell'art. 41 quinquies, comma 6, della L. n. 1150/1942 cfr. Cassazione penale, Sez. III, n. 26620 del 21 luglio 2025)


L’art. 30, comma 3 bis, del D.L. n. 69/2013 – a mente del quale “il termine di validità nonché i termini di inizio e fine lavori nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui all'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero degli accordi similari comunque nominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012, sono prorogati di tre anni” – va interpretato nel senso che l'estensione di tre anni della proroga a tutti i termini previsti nell'ambito della singola convenzione urbanistica opera con esclusivo riferimento alle convenzioni ancora efficaci al momento di entrata in vigore della legge di conversione e non anche con riferimento ad accordi pur stipulati entro il 31 dicembre 2012 ma non più efficaci

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1161 del 4 aprile 2025


L'approvazione del piano attuativo di iniziativa privata non è atto dovuto, ancorché il medesimo risulti conforme al piano regolatore generale, ma costituisce sempre espressione di potere discrezionale dell'autorità chiamata a valutare l'opportunità di dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale, essendovi fra quest'ultimo e gli strumenti attuativi un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di formale coincidenza ed essendovi una pluralità di modi con i quali dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale. Il Comune non si limita, dunque, a svolgere un semplice riscontro della conformità del piano allo strumento generale, ma esercita pur sempre poteri di pianificazione del territorio comunale e pertanto può negare l’approvazione del piano attuativo facendo riferimento a ragioni interne al medesimo quali possono essere i temi dell’organizzazione urbanistica, viabilistica o architettonica dell’intervento ovvero esterne, quali la necessità di valutarne la conformità anche a strumenti sovraordinati, ai quali evidentemente si intende adeguarsi, evitando da subito di avallare scelte in contrasto.

TAR Lombardia, Milano, IV, n. 357 del 3 febbraio 2025


Il TAR Milano osserva che l'art. 14 della L.R. Lombardia n. 12 del 2005 delinea il procedimento che conduce all'approvazione del piano attuativo, distinguendo, all'interno di esso, un autonomo sub-procedimento istruttorio, il cui esito positivo condiziona l'avvio della successiva fase di adozione del piano; il comma 1 individua una fase sub procedimentale autonoma di natura istruttoria, che può porre fine al procedimento, decretandone l'arresto. In particolare, la norma in esame (nella formulazione ratione temporis vigente, la quale prevedeva la competenza all’adozione dei piani attuativi in capo al Consiglio Comunale) circoscrive il potere del responsabile del procedimento di concludere il procedimento all'ipotesi in cui la fase istruttoria abbia un esito negativo poiché l'istante non ha prodotto la documentazione richiesta ovvero le modifiche progettuali ritenute necessarie per l'adeguamento dello stesso alle prescrizioni normative vigenti. Al di fuori di tale fattispecie, sussiste la competenza del Consiglio Comunale ad assumere ogni determinazione in ordine a istanze di piani attuativi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2570 del 7 ottobre 2024


Il TAR Milano osserva che il termine indicato nell’art. 14 comma 1 della LR n. 12 del 2005, norma che prevede un termine di trenta giorni per la richiesta, da parte degli uffici, di integrazioni documentali e modifiche progettuali alla proposta di piano attuativo presentata dall’operatore, ha carattere meramente ordinatorio e non perentorio, per cui l’inosservanza del medesimo non assurge a vizio di legittimità del provvedimento adottato tardivamente. A tale conclusione si perviene, innanzi tutto, dalla pacifica considerazione che i termini di conclusione dei procedimenti amministrativi sono di regola ordinatori, mentre la perentorietà è possibile nei soli casi previsti dalla legge. Nell’ipotesi dell’art. 14 della LR n. 12 del 2005 sull’approvazione dei piani attuativi, inoltre, lo stesso articolo, ai commi 6 e seguenti, riconnette al mancato rispetto del termine per l’approvazione l’esercizio di poteri sostitutivi con l’intervento, in luogo del Comune, della Regione o della Provincia, con le modalità indicate proprio nei commi 6 e seguenti dell’art. 14 stesso. Appare evidente che la previsione di poteri sostitutivi in caso di inosservanza dei termini del procedimento esclude che l’adozione di un provvedimento tardivo sia di per sé illegittima.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1688 del 3 giugno 2024


Il TAR esamina un motivo di ricorso che si rivolge contro una disciplina urbanistica che prevede la necessità di presentare, prima del deposito della proposta di piano attuativo, un masterplan che coordini l’assetto urbanistico del piano attuativo con altro piano attuativo confinante. Secondo la ricorrente questa disposizione sarebbe illegittima in quanto prevedrebbe la formazione di un atto atipico (il masterplan appunto) non contemplato da alcuna disposizione normativa, e ciò in ritenuta violazione del principio di tipicità e nominatività degli atti amministrativi. Rileva inoltre la parte che, qualora si ritenesse che tale atto non sia giuridicamente vincolante, esso sarebbe del tutto inutile con conseguente illogicità della previsione che lo contempla. Ritiene il Collegio che questa censura sia infondata in quanto, in questo specifico caso, il masterplan non sostituisce né si aggiunge agli atti di disciplina del territorio previsti dalla legge avendo esso unicamente funzione dimostrativa del coordinamento degli atti di pianificazione attuativa riguardanti i due ambiti di trasformazione, la cui disciplina trova e troverà comunque esclusiva fonte in atti tipici quali il documento di piano e, appunto, i futuri piani attuativi. Nel caso specifico, inoltre, il masterplan deve essere prodotto dai lottizzanti senza necessità di coinvolgimento di altri soggetti pubblici o privati. Si versa quindi in fattispecie diversa da quella esaminata in precedenti sentenze emesse dal T.A.R. (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 26 aprile 2017, n. 946; id. 22 luglio 2014, n. 1972) laddove al masterplan era stata assegnata funzione di vero e proprio strumento di pianificazione che sia affiancava a quelli tipici. La mancanza di effetti giuridici vincolanti non costituisce poi indice di inutilità dell’atto avendo esso funzione dimostrativa.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1538 del 20 maggio 2024


Il TAR Brescia precisa che la base normativa della monetizzazione è contenuta nell’art. 46 comma 1-a della LR 12/2005 che consente all’amministrazione di sostituire la cessione delle aree con “una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree”. L’art. 51 comma 5 della LR 12/2005 precisa che la quantificazione dell’utilità economica può avvenire in via astratta e generale nel Piano dei Servizi, al quale è demandato il compito di stabilire “i criteri e le modalità” della monetizzazione. Risulta, quindi, legittima la previsione di importi unitari omogenei per ciascuna tipologia di destinazione d’uso, indipendentemente dalle caratteristiche dei luoghi dove si collocano le nuove edificazioni o dove si trovano le aree che dovrebbero essere cedute. Chiarito che la monetizzazione è una scelta discrezionale dell’amministrazione, la fissazione in via preventiva di parametri svincolati dal caso concreto assicura la certezza del diritto per i privati a cui viene chiesta la prestazione patrimoniale. Allo stesso tempo, viene tutelata l’amministrazione, la quale potrà effettuare una valutazione comparativa, preferendo la cessione qualora la somma ricavabile dalla monetizzazione non fosse più in linea con i valori di mercato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 349 del 26 aprile 2024



Il TAR Milano ricorda che in presenza di vizi accertati di un atto amministrativo presupposto deve distinguersi tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, nel senso che nel primo caso l’annullamento dell’atto presupposto si estende automaticamente a quello consequenziale, anche quando questo non sia stato impugnato (o annullato d’ufficio), mentre nel secondo l’atto conseguenziale è affetto solo da illegittimità derivata e, pertanto, resta efficace ove non impugnato nel termine di rito (o non annullato d’ufficio). L’effetto caducante, che per la sua forza dirompente ha natura eccezionale, ricorre nella sola evenienza in cui il provvedimento successivo venga a porsi nell’ambito della medesima sequenza procedimentale dell’atto anteriore, quale sua inevitabile conseguenza e senza ulteriori valutazioni della pubblica amministrazione. Facendo applicazione dei suddetti principi generali alla materia dell’urbanistica e dell’edilizia, può ritenersi, secondo il TAR, che il permesso di costruire si collochi entro un procedimento amministrativo differente, seppur collegato, rispetto a quello di approvazione del piano particolareggiato presupposto e che, quindi, non possa qualificarsi rispetto a quest’ultimo alla stregua di un atto meramente consequenziale, come tale suscettibile di perdere ipso iure validità o efficacia in seguito all’annullamento del primo. In definitiva, non è configurabile un’automatica caducazione del permesso di costruire, quale conseguenza dell’annullamento del piano sulla cui base è stato rilasciato, trattandosi di atti collocati in sequenze procedimentali differenti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 91 del 15 gennaio 2024


Il TAR Brescia ha precisato che, benché nel procedimento di approvazione di un piano particolareggiato la Soprintendenza non esprima un parere vincolante, in mancanza di una espressa previsione di vincolatività nella norma statale di riferimento (art. 16 commi 3 e 4 L. n. 1150/1942), è ragionevole che l’amministrazione comunale tenga conto di un eventuale parere negativo della Soprintendenza valutando i possibili sviluppi del procedimento amministrativo e, quindi, la concreta realizzabilità dell’intervento edilizio in relazione alla posizione contraria manifestata dall’Autorità preposta alla tutela del vincolo. In tale prospettiva, dal momento che ai fini della concreta realizzabilità dell’intervento è necessario che l’interessato ottenga l’autorizzazione paesaggistica, sulla quale la Soprintendenza esprime un parere obbligatorio e vincolante ex art. 146 comma 5 d. lgs. n. 42/2004, e senza la quale il Comune non può procedere al rilascio dei titoli edilizi, è ragionevole che l’amministrazione comunale giudichi inutile l’approvazione di un piano attuativo che, sebbene conforme allo strumento urbanistico, sia stato giudicato dalla Soprintendenza incompatibile con il vincolo paesaggistico, in tal modo lasciando chiaramente prefigurare un parere altrettanto negativo – e in tal caso ostativo - in ordine al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, essenziale ai fini della concreta realizzabilità dell’intervento.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 872 del 29 novembre 2023


Precisa il TAR Brescia che, con riguardo ai piani attuativi, la Soprintendenza esprime un parere all’interno della procedura di consultazione prevista dall’art. 16, commi 3 e 4, della legge 1150/1942. Si tratta di un parere non vincolante (“eventuali osservazioni”). Con l’evoluzione della disciplina sulla pianificazione urbanistica questa norma è divenuta residuale e in sostanza impone un parere della Soprintendenza anche quando non sia obbligatoria una procedura di VAS per l’approvazione dei piani attuativi. Se però la Soprintendenza si è già pronunciata sullo strumento urbanistico generale in una procedura di VAS, rimane il divieto di duplicazione delle valutazioni e dunque il nuovo parere potrà riguardare solo aspetti nuovi o di maggiore dettaglio. Invece, in relazione ai permessi di costruire per singoli interventi edilizi, la Soprintendenza si esprime attraverso un parere vincolante ai fini del rilascio dell’autorizzazione paesistica, ai sensi dell’art. 146, comma 5, del Dlgs. 42/2004. Qui le valutazioni paesistiche prevalgono su quelle di altre autorità e potrebbero impedire la realizzazione dell’opera voluta dai privati. Tuttavia, si tratta di valutazioni con un ambito di discrezionalità circoscritto agli aspetti puntuali dell’edificazione, in quanto non possono mettere in discussione la pianificazione urbanistica sostenuta da una VAS favorevole e, tantomeno, modificare i giudizi precedentemente esposti dalla Soprintendenza nella procedura di VAS, o rimediare al silenzio mantenuto nel corso di tale procedura. La Soprintendenza non ha, quindi, il potere di azzerare discrezionalmente i diritti edificatori (opzione zero), ma deve limitarsi a censurare le soluzioni progettuali che comportino rischi per il bene paesistico tutelato.


Il TAR Milano, a fronte di un rigetto di una proposta del piano attuativo conforme alla strumentazione urbanistica vigente, da parte della Giunta, che ha richiamato le ragioni di opportunità espresse dal Consiglio Comunale e le ragioni tecniche, indicate dal Responsabile Servizio Territorio e Ambiente, osserva che:
<<4.1 La giurisprudenza ha riconosciuto nell’ambito del procedimento di formazione di un piano attuativo una ampia discrezionalità sul quando e sul quomodo.
Non è tuttavia consentito all’Amministrazione effettuare valutazioni che contrastino con quelle già formalizzate con il piano regolatore, in quanto il piano attuativo rientra nel secondo livello della pianificazione urbanistica e quindi presuppone l'esistenza di un vigente piano regolatore generale, in tal modo assumendo una natura meramente attuativa dello stesso; ne consegue che l'amministrazione rispetto all’approvazione di un piano attuativo conserva una certa discrezionalità esclusivamente nelle modalità attuative dell'edificazione, non nell' an di essa, in quanto tale ultimo apprezzamento rimane vincolato alla scelta operata ab origine dal piano regolatore di ricorrere ad un piano attuativo per una determinata area (ex multis e da ultimo Consiglio di Stato sez. IV, 28/06/2021, n.4908).
4.2 Nel caso in esame la ricorrente ha presentato un piano conforme alla destinazione dell’area, rispetto al quale il Consiglio Comunale è intervenuto non nell'esercizio di un potere di indirizzo politico ma con una direttiva inequivoca per precludere alla Giunta la prosecuzione dell'iter di approvazione del piano attuativo conforme alla strumentazione urbanistica vigente.
La Giunta, recependo l’indicazione del Consiglio ha affermato di non dover “adottare il Piano Attuativo, in quanto azione dovuta e preordinata alla successiva futura approvazione, ma, anche qualora la proposta di Piano risultasse conforme al PGT, deve considerare l’Adozione, come espressione di un potere discrezionale dell'organo deputato a valutare l'opportunità di dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale e, comunque, a definire le modalità con le quali tali previsioni debbano attuarsi; ciò in quanto tra il PGT ed i suoi strumenti attuativi sussiste un rapporto di necessaria compatibilità ma non di formale coincidenza”.
Dopo quindi questa affermazione di principio, non ha approvato il Piano, senza tuttavia indicare la ragione per cui la realizzazione dell'intervento si porrebbe ipoteticamente in contrasto con la destinazione del PGT e la disciplina della scheda d’ambito.
Anche se, come richiamato nel punto precedente, in materia di strumenti attuativi l'amministrazione dispone di ampia discrezionalità, questa deve essere comunque esercitata nel rispetto della vigente strumentazione urbanistica, oltre che dei canoni, di coerenza, logicità e proporzionalità, cosa che nella specie non è avvenuta (come si vedrà anche nel punto successivo rispetto alle ragioni tecniche di rigetto).
Nel recepire la decisione del Consiglio Comunale la Giunta ha posto alla base del provvedimento una motivazione di mera opportunità, frutto di evidente sviamento dalla funzione tipica cui doveva essere preordinata l'attività di valutazione ed esame della proposta.>>
TAR Lombardia, Milano, II, n.1627 del 28 giugno 2023


Il TAR Milano respinge un motivo di ricorso che afferma che la previsione del piano attuativo sarebbe illegittima poiché l’area sarebbe già sufficientemente urbanizzata e non necessiterebbe di nuovi standard, ricordando che, secondo la giurisprudenza amministrativa (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. IV, 11 novembre 2022, n. 9916), «in materia edilizia costituisce […] ius receptum che sono eccezionali e di stretta interpretazione i casi in cui il piano regolatore generale consenta il rilascio del permesso di costruire diretto, senza previa approvazione dello strumento attuativo. Pure in presenza di una zona già urbanizzata, la necessità dello strumento attuativo è esclusa solo nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo, ma non anche nell'ipotesi in cui, per effetto di una edificazione disomogenea, ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (ad esempio, integrando l'urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standard minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l'armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all'edificazione - cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV nn. 2397 e 825 del 2018)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 760 del 28 marzo 2023.


Il TAR Milano nel ricordare il diffuso orientamento giurisprudenziale secondo cui le osservazioni presentate dai privati ai piani urbanistici adottati hanno normalmente il carattere di un mero apporto collaborativo, sicché il rigetto delle osservazioni stesse non richiede una particolare o specifica motivazione da parte dell’Amministrazione, precisa, tuttavia, che la controdeduzione all’osservazione deve essere coerente rispetto a quest’ultima, dovendo in ogni caso essere esaminati tutti gli elementi addotti dal privato, non potendo il mancato accoglimento risolversi in una formula di mero stile.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 163 del 17 gennaio 2023


Il TAR Brescia precisa che un piano attuativo d’ufficio con funzione di schema urbanistico strategico deve avere un contenuto chiaro e indicare esattamente gli effetti conformativi esercitati sulla proprietà privata, nonché l’estensione temporale di tali effetti, oltre alla disciplina applicabile successivamente.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 870 del 14 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Brescia ritiene che il tempestivo inizio dei lavori in base al permesso di costruire che riguarda le opere da eseguire per prime in base al disegno di una convenzione urbanistica è utile anche per evitare la decadenza dei titoli collegati.
Osserva al riguardo che:
<<g) in primo luogo le convenzioni urbanistiche sono basate su un accordo che presuppone l’equilibrio tra l’utilità dei privati (edificazioni) e l’interesse pubblico (opere di urbanizzazione). I due elementi sono collegati fin dall’inizio, e rimangono collegati per tutta la durata del rapporto, in quanto, indipendentemente dal numero di titoli edilizi generati dalla convenzione urbanistica, l’attività edificatoria conserva carattere unitario. Una conferma si può rinvenire nell’art. 28-bis comma 4 del DPR 380/2001, che consente l’attuazione dei permessi di costruire convenzionati per stralci funzionali. In una convenzione urbanistica i singoli permessi di costruire hanno la stessa funzione degli stralci funzionali. Si può quindi ritenere che il tempestivo inizio dei lavori in base a uno dei titoli edilizi sia utile anche per evitare la decadenza dei titoli collegati;
(h) più precisamente, è utile a questo fine il permesso di costruire che riguarda le opere da eseguire per prime in base al disegno della convenzione urbanistica. Si tratta normalmente, ed è così anche nel caso in esame, delle opere di interesse pubblico, che garantiscono l’adeguato inserimento e la corretta utilizzazione delle edificazioni private. L’art. 3 comma 3 della convenzione urbanistica collega espressamente il termine di inizio lavori alle sole opere di urbanizzazione primaria, stabilendo per le stesse una corsia privilegiata rispetto alle edificazioni private. Questa soluzione è coerente con la previsione dell’art. 28-bis comma 5 del DPR 380/2001, che consente la modulazione del termine di validità del permesso di costruire convenzionato, quando sia attuato per stralci funzionali. È quindi evidente che il rispetto del termine di inizio lavori per le opere di urbanizzazione previste dalla convenzione urbanistica ha un effetto di trascinamento per il resto dell’attività edificatoria; >>.
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 871 del 14 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano richiama i principi che regolano i rapporti tra la pianificazione attuativa e la disciplina urbanistica sopravvenuta e precisa che la pianificazione attuativa:
<<nel suo periodo di validità (di regola decennale) è insensibile alle modifiche dello strumento pianificatorio generale, proprio a garanzia dell’assetto di interessi che le parti, pubblica e privata, hanno concordato in relazione all’uso di quella parte del territorio attraverso la stipula della convenzione attuativa. Difatti, tra le poche limitazioni al generale potere pianificatorio comunale – di regola, ampiamente discrezionale e molto lato nella sua estensione (cfr. Consiglio di Stato, IV, 2 luglio 2021, n. 5073; 28 giugno 2021, n. 4891; II, 8 gennaio 2020, n. 153) – vi è quello del rispetto dei Piani attuativi convenzionanti e in corso di validità [Consiglio di Stato, IV, 31 dicembre 2019, n. 8916; per T.A.R. Lombardia, Milano, II, 23 dicembre 2019, n. 2734, “sussiste un onere di più dettagliata motivazione delle scelte urbanistiche per la P.A. allorquando la nuova destinazione va ad incidere su un atto pianificatorio, anche parziale, in precedenza assunto formalmente dall’Amministrazione, quale un piano di lottizzazione debitamente approvato e convenzionato (sui casi di rafforzamento dell’onere motivazionale dei piani urbanistici, cfr. Consiglio di Stato, Ad. plen., 22 dicembre 1999, n. 24; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 30 settembre 2016, n. 1766; altresì, 24 gennaio 2017, n. 160)”]. Ne discende che una disciplina urbanistica sopravvenuta non può essere applicata ad un Piano attuativo il cui presupposto debba essere rinvenuto in un Piano previgente, pena lo stravolgimento dell’assetto urbanistico di un determinato ambito, che poi a cascata provocherà effetti negativi su tutta la restante parte del territorio comunale>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2115 del 4 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia osserva che rientra nell’ampia discrezionalità dell’amministrazione comunale la valutazione dell’opportunità di approvare lo strumento urbanistico attuativo, a maggior ragione nel caso in cui lo stesso non risulti conforme al PGT e ne implichi una modifica; a fronte di tale potere, nella fase che precede l’approvazione, in capo al privato proponente non si è ancora consolidata un’aspettativa qualificata tale da imporre all’amministrazione comunale una specifica e rafforzata motivazione delle determinazioni assunte sulla prosecuzione del procedimento; da tali considerazioni consegue, inoltre, che la scelta comunale in merito all’approvazione del piano attuativo è soggetta al sindacato di legittimità nei soli limiti della verifica della non manifesta irragionevolezza, illogicità o arbitrarietà della stessa.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 603 del 28 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che <<non è ipotizzabile alcuna ultrattività delle previsioni del piano attuativo, in quanto la prosecuzione degli effetti oltre il detto termine decennale confligge con la finalità sottesa alla sua fissazione, coincidente con l’esigenza di assicurare effettività e attualità alle previsioni urbanistiche (Cons. Stato, Sez. IV 29 novembre 2010, n. 8384; Id., 13 aprile 2005, n. 1543). Risulta dunque irrilevante, ai fini delle conseguenze connesse alla scadenza del termine decennale di efficacia, la circostanza che l’impossibilità della mancata attuazione del piano sia dovuta alla pubblica amministrazione o al privato lottizzante (T.A.R. Milano, Sez. II, 12 novembre 2019, n. 2392; Id., Sez. IV, 17 agosto 2018, n. 2001; Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2011, n. 4761). Correlativamente «anche le cause di forza maggiore, indipendenti dalla volontà della società ricorrente, non comportano in via automatica la sospensione del termine di durata, essendo, comunque, sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve seguire un provvedimento da parte della stessa amministrazione che accerti la sussistenza di una causa di forza maggiore ai fini dell’impossibilità del rispetto del termine» (T.A.R. Cagliari, Sez. II, 18 gennaio 2018, n. 24)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 819 del 29 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano richiama i principi ribaditi dalla giurisprudenza amministrativa (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 3 gennaio 2017, n. 4) in tema di pianificazione urbanistica di attuazione e in tema di competenza degli organi in relazione alla adozione degli atti ad essa riconducibili e in particolare l’orientamento secondo il quale “il piano di lottizzazione (o altro strumento di pianificazione attuativa) e lo schema di convenzione ad esso allegato costituiscono atti distinti ma giuridicamente connessi, la cui approvazione non può che avvenire contestualmente da parte dell'unico organo al quale, nell'ambito dell'ente locale, è attribuito l'indirizzo politico-amministrativo in relazione alla pianificazione del territorio, e cioè da parte del Consiglio comunale’ (Cons. Stato, sez. IV, 29 settembre 2016 n. 4027); ‘mentre piano urbanistico attuativo e schema di convenzione formano oggetto di un unico atto di approvazione (di competenza del Consiglio comunale), la convenzione propriamente detta (cioè il contratto ad oggetto pubblico successivamente stipulato) costituisce certamente … un atto negoziale autonomo (nel senso di essere giuridicamente distinto dal provvedimento - atto unilaterale di approvazione), la cui sottoscrizione deve essere effettuata dal dirigente del Comune, ex art. 107, co. 3, lett. c) T.U. enti locali’, il quale, se non ha ‘un potere di modifica e/o integrazione delle clausole, che inciderebbe sul contenuto stesso della potestà pianificatoria precedentemente esercitata dal Consiglio comunale’, tuttavia ‘laddove ritenga che le clausole contrattuali in sé considerate, ovvero lo stesso piano urbanistico attuativo contrastino con disposizioni di legge, ben può rimettere le sue osservazioni all'organo competente, onde sollecitarne una ulteriore valutazione ed, eventualmente, l'esercizio del potere di annullamento in autotutela, ai sensi dell'art. 21-nonies l. n. 241/1990" (sent. n. 4027/2016 cit.)”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 612 del 5 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.