L’assenza di un dovere di confutazione analitica e puntuale delle singole osservazioni consente all’Amministrazione comunale di procedere, discrezionalmente, al loro accorpamento per gruppi omogenei (non tuttavia in un unico blocco), in modo da agevolare il lavoro degli Uffici e di razionalizzare l’iter di approvazione dello strumento pianificatorio, anche al fine di evitare disparità di trattamento tra situazioni omogenee.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1101 del 31 marzo 2025


La destinazione impressa dal P.G.T. come “aree di salvaguardia dell’abitato” impedisce di procedere all’installazione dell’impianto fotovoltaico a terra attraverso l’utilizzazione della Procedura abilitativa semplificata (P.A.S.), ma richiede il ricorso al procedimento di autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 387 del 2003 di competenza provinciale. Le previsioni del P.G.T. vigente non possono essere “superate” dalla circostanza che i Piani di livello superiore, ossia il P.T.R. e il P.T.C.P., classificano le aree come agricole, visto che le parti dei richiamati Piani di livello superiore anche laddove hanno efficacia prescrittiva e prevalente (come il P.T.C.P. in relazione agli Ambiti agricoli strategici) devono comunque essere recepite formalmente dal P.G.T. comunale, come specificato dall’art. 10, comma 1, lett. e, della l.r. n. 12 del 2005. Del resto, se pure la previsione del P.G.T. fosse illegittima per contrasto con il Piano superiore non ne sarebbe consentita la disapplicazione, ma solo l’annullamento a seguito di pronuncia resa in sede giurisdizionale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 349 del 31 gennaio 2025


Dalla lettura dell’art. 103, comma 1, lett. b, della l.r. n. 12 del 2005 - che sancisce la cessazione dell'applicazione nella Regione della disciplina di dettaglio prevista dagli articoli 9, comma 5, e 19, commi 2, 3 e 4, del d.P.R. n. 327 del 2001 - emerge l’esplicita scelta del legislatore regionale di assoggettare l’iter per apportare una variante agli strumenti urbanistici alla procedura ordinaria di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 327 del 2001, precludendo perciò il ricorso a quella semplificata di cui al successivo art. 19, comma 2: difatti, l’art. 7, comma 1, della l.r. n. 3 del 2009 stabilisce che in tutti i casi nei quali l’opera pubblica o di pubblica utilità da realizzare non risulti conforme alle previsioni degli strumenti di pianificazione comunale, in quanto non prevista, la variante agli strumenti stessi può essere apportata con le procedure ordinarie o con le procedure di cui all’articolo 10, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001. Di conseguenza, l’approvazione dei progetti di opere pubbliche in variante al P.G.T. può avvenire esclusivamente attraverso la procedura ordinaria di cui all’art. 10, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001, ovvero mediante una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 621 del 24 febbraio 2025


In sede di pianificazione urbanistica l’amministrazione non è vincolata alla particolare “vocazione” dell’area, per cui la classificazione di un terreno in zona "E1" non presuppone che lo stesso sia concretamente utilizzato per colture tipiche o che possieda già tutte le caratteristiche previste dalla legge, tenuto conto che la destinazione di una zona a verde agricolo, può essere imposta per soddisfare altre esigenze connesse con la disciplina urbanistica del territorio, quali la necessità di impedire un’ulteriore edificazione e mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi, anche ai fini di tutela ambientale.

TAR Lombardia, Brescia, sez. II, n. 76 del 4 febbraio 2025


Il TAR Milano ritiene legittima una deliberazione consiliare che esclude gli immobili ricadenti nel “tessuto storico” e negli “aggregati storici” dal riconoscimento degli incentivi previsti dall’art. 40-bis della l.r. n. 12 del 2005, in quanto l’esclusione si fonda oltre che su motivazioni di carattere urbanistico, storico e sociale, anche su aspetti legati alla tutela paesaggistica, stante la classe di sensibilità attribuita al comparto. Inoltre, non si tratta di una esclusione generalizzata delle parti di territorio ricadenti nel tessuto urbano consolidato o comunque urbanizzato, sia perché il tessuto storico, sebbene di entità non del tutto trascurabile, è comunque di ampiezza limitata rispetto all’intero territorio comunale, sia perché per esclusione generalizzata deve intendersi l’esclusione operata con criteri di carattere generale, astratti e del tutto slegati dalla effettiva conformazione del contesto preso a riferimento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 389 del 5 febbraio 2025


La circostanza che il provvedimento di approvazione della realizzazione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti determini automaticamente una variazione allo strumento urbanistico comunale non può certo significare che tale variante abbia carattere definitivo e non sia piuttosto da considerare operante sino alla cessazione degli effetti dell’autorizzazione cui è collegata. Nessun conflitto si profila, quindi, tra la vigenza di un’autorizzazione ex art. 208 del D. Lgs. n. 152 del 2006 per lo svolgimento di attività di trattamento dei rifiuti in un determinato sito e la legittima scelta comunale di imporre alle medesime aree, in sede di approvazione dello strumento urbanistico, una destinazione agricola e di tutela naturalistica, in quanto in tal modo si possono perseguire esigenze di ordinato governo del territorio, legate alla necessità di impedire ulteriori edificazioni, ovvero di garantire l’equilibrio delle condizioni di vivibilità del contesto e la salvaguardia dei valori naturalistici e ambientali necessari a preservare tale equilibrio, ferma restando l’efficacia dell’autorizzazione per il tempo nella stessa indicato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 358 del 3 febbraio 2025


Le norme tecniche di attuazione di uno strumento urbanistico sono atti a contenuto generale, recanti prescrizioni a carattere normativo e programmatico, destinate a regolare la futura attività edilizia e, in quanto tali, non sono di per sé immediatamente lesive di posizioni giuridiche soggettive di singoli, per cui la loro impugnazione può avvenire soltanto unitamente all'impugnazione del provvedimento che ne costituisca la concreta applicazione. Le NTA, in quanto subordinate e meramente esecutive rispetto allo strumento urbanistico cui danno attuazione, da un lato, non possono contenere prescrizioni in contrasto con quest’ultimo e, dall’altro, ne seguono necessariamente le sorti. Ciò significa che, così come le prescrizioni contenute nel piano adottato ben possono subire modifiche in sede di successiva approvazione, altrettanto deve dirsi per le norme tecniche di attuazione dello stesso

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 196 del 21 gennaio 2025


In tema di pianificazione urbanistica la nozione di lotto intercluso – a differenza di quanto avviene con riguardo agli aspetti di natura edilizia – può assumere rilievo soltanto allorquando non si rinviene spazio giuridico per un’ulteriore pianificazione, mentre non è applicabile nei casi di zone solo parzialmente urbanizzate, esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici, nelle quali la pianificazione può ancora conseguire l’effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3263 del 20 novembre 2024


Le regole urbanistiche dettate dai nuovi strumenti di pianificazione valgono solo per il futuro e non rendono perciò illecita la presenza di manufatti già costruiti a cui sia già stata assegnata una funzione non in linea con quella prevista dalla nuova disciplina di zona; i manufatti già esistenti possono quindi permanere e conservare la loro funzione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 155 del 15 gennaio 2025


Dal tenore della l.r. n. 31 del 2014, novellata dalla l.r. n. 16 del 2017, e soprattutto dai principi enucleati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 2019 si ricava che è facoltà dei Comuni procedere alla modifica dello strumento urbanistico e prevedere attraverso di esso la riduzione del consumo di suolo senza necessità di attendere gli adempimenti posti in capo alla Regione e alla Provincia e specificamente correlati all’individuazione della soglia regionale di riduzione del consumo di suolo e dei relativi criteri, indirizzi e linee tecniche (art. 5 l.r. n. 31 del 2014, nella versione vigente ratione temporis).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 188 del 20 gennaio 2025


La destinazione di una zona a verde agricolo non deve necessariamente rispondere a finalità di tutela degli interessi dell'agricoltura, ma può essere imposta per soddisfare altre esigenze connesse con la disciplina urbanistica del territorio, quali la necessità di impedire un'ulteriore edificazione e mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi, anche ai fini di tutela ambientale; in altri termini, la destinazione a zona agricola non impone in positivo un obbligo specifico di utilizzazione effettiva in tal senso, ma ha, in negativo, lo scopo di evitare insediamenti residenziali e produttivi; in un territorio considerato quale complesso di ecosistemi interagenti la zona agricola possiede pertanto una valenza conservativa dei vincoli naturalistici, costituendo il polmone dell'insediamento urbano e assumendo per tale via anche una funzione decongestionante e di contenimento dell'espansione dell'aggregato urbano.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3430 del 29 novembre 2024


Al fine di rispettare le previsioni urbanistiche è necessario procedere a una interpretazione che conduca a riconoscere alle stesse un effetto utile e ne consenta una concreta applicazione, nel rispetto della c.d. interpretazione conservativa che, in ossequio al principio di conservazione degli atti giuridici (riferibile anche ai provvedimenti amministrativi), nel dubbio impone di seguire l’interpretazione che consente di mantenerne gli effetti anziché quella che ne determini la privazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3357 del 25 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda che con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali: a) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona; b) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate; v) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare; d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo»

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3010 del 4 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda che la circostanza che il provvedimento di approvazione della realizzazione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti determini automaticamente una variazione allo strumento urbanistico comunale non può certo significare che tale variante abbia carattere definitivo e non sia piuttosto da considerare operante sino alla cessazione degli effetti dell’autorizzazione cui è collegata. Sul punto la normativa non prende specifica posizione, limitandosi a stabilire che l’approvazione del progetto di un impianto di trattamento dei rifiuti costituisce variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori. Tuttavia si rinvengono nel sistema una serie di indici che inducono a qualificare come temporanea e provvisoria la variazione dello strumento urbanistico, ancorandone la durata a quella del presupposto provvedimento autorizzatorio, alla cui scadenza deve ritenersi automaticamente ripristinata la previgente destinazione urbanistica dell’area con tutte le connesse conseguenze. Un primo aspetto di rilievo è costituito dalla stretta correlazione tra il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione e messa in funzione dell’impianto di smaltimento dei rifiuti e il connesso effetto di variante allo strumento urbanistico che ciò determina, necessariamente funzionale a rendere attuabile l’intervento. L’interesse (pubblico) all’introduzione, in deroga alla regola generale, di una destinazione d’uso funzionale allo svolgimento di una attività considerata di preminente rilievo generale sussiste nella misura in cui tale attività risulta da attuare oppure in essere, mentre laddove la stessa nel frattempo sia venuta meno non risulta più persistere alcuna ragione per derogare all’assetto urbanistico preesistente. Di conseguenza, l’eventuale riconoscimento di una ultrattività alla destinazione impressa in sede di approvazione del progetto relativo all’impianto di smaltimento si giustificherebbe soltanto in ragione di una preesistenza fattuale, non filtrata attraverso alcuna valutazione in ordine alla permanenza di un interesse pubblico a tale mantenimento. Ulteriormente, la richiamata ultrattività della destinazione altererebbe anche l’ordine legale delle competenze in materia di destinazione d’uso dei suoli, visto che il Comune verrebbe definitivamente spogliato, in assenza di una espressa previsione di legge, della sua potestà urbanistica, attribuendo una portata estensiva alla normativa derogatoria (ossia all’art. 208, comma 6, del D. Lgs. n. 152 del 2006), che invece deve essere interpretata in maniera molto puntuale, ammettendosi la deroga alla richiamata competenza comunale soltanto nella perduranza dei presupposti, anche temporali, individuati dal legislatore.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3767 del 23 dicembre 2024


Il TAR Milano osserva che non rientra nelle competenze dell’amministrazione comunale la facoltà di stabilire limiti alla superficie utilizzabile per l’ubicazione degli impianti fotovoltaici, tramite l’indicazione di una misura edificabile massima o sub specie di percentuale sulla superficie del fondo destinato all’insediamento dell’impianto. Non può essere dunque l’amministrazione comunale a disciplinare direttamente tali aspetti con proprio regolamento, atteso che la relativa competenza è divisa tra la fonte statale e quella regionale, senza margine per un intervento diretto e sostitutivo dell’ente locale. Del resto, ciò comporterebbe la creazione di una disciplina frammentaria adottata in assenza dei “principi e criteri omogenei” che il legislatore ha ritenuto necessario previamente stabilire con decretazione affidata ai Ministeri, al fine di garantire certezza della disciplina applicabile e adeguato sviluppo della rete di fonti energetiche rinnovabili sull’intero territorio nazionale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3464 del 4 dicembre 2024


Il TAR Milano precisa che la disciplina di cui agli artt. 4 e 5 del DPR 20 ottobre 1998 n. 447, volta a favorire e a semplificare la realizzazione di impianti produttivi di beni e servizi, costituisce una procedura di tipo derogatorio che non vale ad espropriare l'Ente locale degli ordinari poteri di assumere le definitive determinazioni al riguardo; la proposta di variante positivamente assunta dalla conferenza dei servizi non è vincolante per il Consiglio comunale; in particolare, in tale contesto logico-procedimentale, la proposta della citata conferenza assume in pratica il ruolo di un atto d'impulso, strumentale alla prosecuzione del procedimento, in cui il Consiglio comunale può e deve autonomamente valutare se aderire o meno alla proposta in questione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3229 del 18 novembre 2024


Il TAR Milano ritiene illegittimo il diniego all’installazione di una stazione radio base per rete di telefonia mobile motivato sul fatto che le NTA del piano delle regole del vigente PGT stabilisce che l’installazione di impianti tecnologici è vietata nella zona classificata come “Tessuto Urbano Consolidato di Completamento” e in quanto lo stesso Comune ha individuato a tale scopo le zone definite come “Ambiti per i servizi e gli impianti tecnologici". Ritiene il Collegio che queste disposizioni, proprio in quanto riferite a tutti gli impianti tecnologici, si rivolgano anche agli impianti di radiotelefonia. Esse, lungi dal limitarsi ad individuare criteri preferenziali, introducono veri e propri divieti installazione su intere aree del territorio comunale. Risulta, pertanto, evidente il contrasto di queste stesse diposizioni con le norme ed i principi giurisprudenziali in materia che vietano ai comuni la possibilità di imporre divieti generalizzati e di individuare zone specifiche entro le quali confinare i suddetti impianti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2534 del 1 ottobre 2024


Il TAR Brescia ritiene illegittima una previsione pianificatoria contenuta nello strumento urbanistico comunale o nel regolamento di igiene, la quale introduca un divieto assoluto e generalizzato di insediamento di industrie insalubri di I classe in aree classificate come “produttive” e destinate per loro natura all’insediamento di impianti industriali o ad essi assimilati; ciò in quanto la valutazione dell'attività produttiva sotto il profilo sanitario non può essere compiuta aprioristicamente vietando in modo generalizzato determinati insediamenti, ma deve essere compiuta sul caso specifico da parte dell'autorità sanitaria e delle altre autorità preposte alla tutela ambientale, accertando la presenza delle condizioni indispensabili affinché essa si svolga senza pregiudizio per la salute pubblica Il Collegio ricorda che l'installazione nell'abitato (o in prossimità di questo) di una industria insalubre non è di per sé vietato in assoluto, dal momento che lo stesso art. 216 del T.U.L.S. n.1265 del 1934 lo consente in determinate circostanze e in particolari condizioni, se accompagnato dall'introduzione di particolari metodi produttivi o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di compromissione della salute del vicinato. Ciò in quanto l’art. 216 comma 5 del RD 1265/1934 consente che una lavorazione insalubre di prima classe venga esercitata in un contesto abitato, se con “l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele” è possibile evitare rischi per la salute dei residenti. Reciprocamente, quindi, le zone edificabili possono essere avvicinate alle attività insalubri, salva la necessità di valutare, poi, in relazione ai singoli progetti, le soluzioni più adatte a evitare interferenze.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 702 del 6 agosto 2024


Secondo il TAR Milano, di norma, non sussistono controinteressati all'impugnazione degli strumenti di programmazione urbanistica, con l'eccezione dell'ipotesi in cui sia fatta oggetto di impugnazione una variante al piano regolatore che abbia un oggetto del tutto specifico e circoscritto, nonché nei casi in cui, pur essendo impugnato uno strumento urbanistico, vi sia l'evidenza di posizioni specifiche di soggetti interessati al mantenimento dell'atto che determinano la loro qualità di controinteressati.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2332 del 29 luglio 2024





Il TAR Milano ricorda, in materia di scelte operate dal PGT, che la Corte costituzionale ha precisato che la pianificazione territoriale è diretta, “al di là di letture minimalistiche”, “non solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli, ma anche allo sviluppo complessivo e armonico del territorio, nonché a realizzare finalità economico-sociali della comunità locale, in attuazione di valori costituzionalmente tutelati; la Corte costituzionale ricorda, quindi, come la pianificazione serva a realizzare lo sviluppo complessivo e armonico nel rispetto dei valori costituzionali tra i quali vi sono certamente, in linea generale, le esigenze di tutela di valori ambientali e anche di contrasto ai cambiamenti climatici, come esposto, del resto, dalla giurisprudenza del TAR Milano; difatti, secondo la più recente evoluzione giurisprudenziale, all’interno della pianificazione urbanistica devono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2057 del 2 luglio 2024