La circostanza che il provvedimento di approvazione della realizzazione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti determini automaticamente una variazione allo strumento urbanistico comunale non può certo significare che tale variante abbia carattere definitivo e non sia piuttosto da considerare operante sino alla cessazione degli effetti dell’autorizzazione cui è collegata. Nessun conflitto si profila, quindi, tra la vigenza di un’autorizzazione ex art. 208 del D. Lgs. n. 152 del 2006 per lo svolgimento di attività di trattamento dei rifiuti in un determinato sito e la legittima scelta comunale di imporre alle medesime aree, in sede di approvazione dello strumento urbanistico, una destinazione agricola e di tutela naturalistica, in quanto in tal modo si possono perseguire esigenze di ordinato governo del territorio, legate alla necessità di impedire ulteriori edificazioni, ovvero di garantire l’equilibrio delle condizioni di vivibilità del contesto e la salvaguardia dei valori naturalistici e ambientali necessari a preservare tale equilibrio, ferma restando l’efficacia dell’autorizzazione per il tempo nella stessa indicato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 358 del 3 febbraio 2025


Il TAR Milano ricorda che la circostanza che il provvedimento di approvazione della realizzazione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti determini automaticamente una variazione allo strumento urbanistico comunale non può certo significare che tale variante abbia carattere definitivo e non sia piuttosto da considerare operante sino alla cessazione degli effetti dell’autorizzazione cui è collegata. Sul punto la normativa non prende specifica posizione, limitandosi a stabilire che l’approvazione del progetto di un impianto di trattamento dei rifiuti costituisce variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori. Tuttavia si rinvengono nel sistema una serie di indici che inducono a qualificare come temporanea e provvisoria la variazione dello strumento urbanistico, ancorandone la durata a quella del presupposto provvedimento autorizzatorio, alla cui scadenza deve ritenersi automaticamente ripristinata la previgente destinazione urbanistica dell’area con tutte le connesse conseguenze. Un primo aspetto di rilievo è costituito dalla stretta correlazione tra il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione e messa in funzione dell’impianto di smaltimento dei rifiuti e il connesso effetto di variante allo strumento urbanistico che ciò determina, necessariamente funzionale a rendere attuabile l’intervento. L’interesse (pubblico) all’introduzione, in deroga alla regola generale, di una destinazione d’uso funzionale allo svolgimento di una attività considerata di preminente rilievo generale sussiste nella misura in cui tale attività risulta da attuare oppure in essere, mentre laddove la stessa nel frattempo sia venuta meno non risulta più persistere alcuna ragione per derogare all’assetto urbanistico preesistente. Di conseguenza, l’eventuale riconoscimento di una ultrattività alla destinazione impressa in sede di approvazione del progetto relativo all’impianto di smaltimento si giustificherebbe soltanto in ragione di una preesistenza fattuale, non filtrata attraverso alcuna valutazione in ordine alla permanenza di un interesse pubblico a tale mantenimento. Ulteriormente, la richiamata ultrattività della destinazione altererebbe anche l’ordine legale delle competenze in materia di destinazione d’uso dei suoli, visto che il Comune verrebbe definitivamente spogliato, in assenza di una espressa previsione di legge, della sua potestà urbanistica, attribuendo una portata estensiva alla normativa derogatoria (ossia all’art. 208, comma 6, del D. Lgs. n. 152 del 2006), che invece deve essere interpretata in maniera molto puntuale, ammettendosi la deroga alla richiamata competenza comunale soltanto nella perduranza dei presupposti, anche temporali, individuati dal legislatore.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3767 del 23 dicembre 2024


Il TAR Milano, in ordine all’interesse ad agire, osserva che, seppure in materia ambientale un orientamento interpretativo sostiene che la vicinitas sia sufficiente a comprovare tanto la legittimazione, quanto l’interesse ad agire, senza che sia necessario per il ricorrente allegare e provare l’esistenza di uno specifico pregiudizio, nondimeno il Tribunale ritiene coerente la differente impostazione che conserva la distinzione e l’autonomia tra le due diverse condizioni dell’azione; la vicinitas, pur valorizzabile ai fini della legittimazione, non dimostra di per sé l’interesse ad agire, che postula almeno l’allegazione dello specifico pregiudizio che al ricorrente deriva dal provvedimento impugnato; lo stabile collegamento opera come criterio di legittimazione a “maglie allargate”, ma la natura soggettiva del processo amministrativo impone di selezionare gli interessi giuridicamente rilevanti, onde evitare che, in assenza della previsione legislativa di un’azione popolare, nel giudizio trovino tutela posizioni di mero fatto, sganciate dal conseguimento da parte del ricorrente di una concreta utilità in connessione con un determinato bene della vita; nel caso in esame (impugnazione di una modifica sostanziale di AIA per attività di ricezione, stoccaggio, smaltimento e recupero di rifiuti), nonostante la vicinitas, resta ferma la necessità di verificare il pregiudizio in astratto derivante dall’atto impugnato, pregiudizio la cui allegazione compete alla parte ricorrente e può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso; va verificato che la situazione giuridica soggettiva affermata possa aver subito una lesione, ma non anche che abbia subito una lesione, poiché questo secondo accertamento attiene al merito della lite.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 3035 del 14 dicembre 2023


Il TAR Milano osserva che la Regione è perfettamente legittimata a introdurre il c.d. Fattore di Pressione (e cioè il criterio in base al quale al superamento di un quantitativo massimo di rifiuti già conferiti in discarica in un determinato territorio, non è più possibile autorizzare nuove discariche o ampliamenti di discariche esistenti) non solo perché esso coinvolge anche la materia della tutela della salute (che appartiene alla competenza concorrente ex art. 117, comma 3, Cost.), ma anche perché, non avendo il legislatore nazionale ancora attuato l’art. 195, comma 1, lett. p), del d.lgs. n. 152/2006, la disciplina regionale censurata non può di certo prevedere un livello di tutela inferiore rispetto a quello nazionale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2567 del 6 novembre 2023


Il TAR Milano respinge un motivo di ricorso con il quale un Comune contesta la legittimità di una autorizzazione ex art. 208 d.lgs. 152/2006 per l’edificazione e la gestione di un impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi, in quanto la Provincia non avrebbe motivato la scelta posta in essere in dissenso rispetto al parere comunale espresso in sede di Conferenza di Servizi, con il quale si è evidenziava la contrarietà alle disposizioni del PGT; osserva, al riguardo, il TAR che la dedotta incompatibilità dell’autorizzazione rilasciata dalla Provincia con il PGT non costituisce in alcun modo un elemento viziante dell’atto gravato, in quanto è lo stesso art. 208 d.lgs. 152/2006 a stabilire che tale atto autorizzatorio viene rilasciato, ove necessario, anche in variante allo strumento urbanistico comunale


Il TAR Brescia precisa che la valutazione di compatibilità ambientale che sta alla base dell’intero procedimento di autorizzazione di una discarica di rifiuti definisce i limiti e i parametri tecnici nel rispetto dei quali l’impianto viene ritenuto idoneo a non arrecare danno all’ambiente circostante; tra questi, assumono un rilievo prioritario quelli afferenti alla capacità produttiva dell’impianto, intesa come capacità volumetrica dell’invaso destinato ad ospitare i rifiuti, e all’altezza massima raggiungibile dal corpo rifiuti in vista della successiva rinaturalizzazione del sito alla chiusura dell’impianto. Tali parametri sono fissati in termini numerici, dal momento che deve trattarsi di soglie certe, non opinabili né rimesse a future quantificazioni; e ciò sia al fine di consentire i periodici controlli sulla corretta gestione dell’impianto da parte degli enti competenti, sia al fine di stabilire quando l’impianto abbia raggiunto la quantità massima di conferimenti ritenuti compatibili con l’ambiente e con lo specifico contesto territoriale in cui l’impianto è inserito.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 326 del 11 aprile 2023


La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 20 maggio 2022, n. 9 (Legge di semplificazione 2022).
La Corte era stata investita della questione dal Presidente del Consiglio dei ministri che ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge reg. Lombardia n. 9 del 2022, nella parte in cui, con la lettera a) del comma 1, ha sostituito il secondo periodo del comma 12 dell’art. 21 della legge reg. Lombardia n. 26 del 2003.
Il citato comma 12, dopo aver previsto, al primo periodo, che le «discariche per la messa in sicurezza permanente e gli impianti di trattamento dei rifiuti realizzati nell’area oggetto di bonifica e destinati esclusivamente alle operazioni di bonifica dei relativi siti contaminati» non sono soggetti ai comuni criteri di localizzazione delle discariche di rifiuti stabiliti a livello regionale, disponeva, al secondo periodo: «[t]ale messa in sicurezza permanente deve essere realizzata secondo i criteri e le modalità previste dal D.Lgs. 36/2003».
A seguito della novella legislativa impugnata, quest’ultima disposizione risulta così riformulata: «[t]ale messa in sicurezza permanente deve essere realizzata in coerenza con gli obiettivi di tutela ambientale, fissati dal D.Lgs. 36/2003».
Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la nuova formulazione della disposizione regionale, nella sua maggiore genericità, non assicura più l’applicazione automatica dei criteri e delle modalità previsti dal citato d.lgs. n. 36 del 2003, ponendosi così in contrasto con l’art. 3 dello stesso decreto, che definisce l’ambito applicativo della relativa disciplina in termini comprensivi degli interventi oggetto della normativa regionale; la disposizione impugnata viola, di conseguenza, l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», entro la quale si colloca la disciplina dei rifiuti e della bonifica dei siti contaminati.
La Corte ha ritenuta fondata la questione sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri con riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e, per l'effetto, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 20 maggio 2022, n. 9.

Corte costituzionale n. 50 del 24 marzo 2023


Il TAR Milano precisa che la circostanza che il provvedimento di approvazione della realizzazione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti determini automaticamente una variazione allo strumento urbanistico comunale non può certo significare che tale variante abbia carattere definitivo e non sia piuttosto da considerare operante sino alla cessazione degli effetti dell’autorizzazione cui è collegata. Sul punto la normativa – sia quella vigente ratione temporis (art. 27, comma 5, del D. Lgs. n. 22 del 1997) che quella attuale (art. 208, comma 6, del D. Lgs. n. 152 del 2006) – non prende specifica posizione, limitandosi a stabilire che l’approvazione del progetto di un impianto di trattamento dei rifiuti costituisce variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.
Tuttavia si rinvengono nel sistema una serie di indici che inducono a qualificare come temporanea e provvisoria la variazione dello strumento urbanistico, ancorandone la durata a quella del presupposto provvedimento autorizzatorio, alla cui scadenza deve ritenersi automaticamente ripristinata la previgente destinazione urbanistica dell’area con tutte le connesse conseguenze.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 155 del 24 gennaio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano, dopo aver riportato i diversi orientamenti sull’effetto di variante della pianificazione urbanistica locale previsto dall’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 in caso di approvazione di nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti, aderisce all’orientamento secondo il quale l’effetto variante sarebbe “automatico”, a prescindere dall’assenso o dal dissenso del Comune interessato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1533 del 23 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano aderisce alla giurisprudenza amministrativa più recente che ha chiarito che in materia ambientale, il parametro della vicinitas – inteso come vicinanza al sito prescelto per l'ubicazione di una discarica avente potenzialità inquinanti e fondante l’accesso alla tutela giurisdizionale – non deve essere accompagnato, a pena di inammissibilità dell’azione, dalla prova del pregiudizio patito.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1533 del 23 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il Consiglio di Stato, in ordine all’effetto modificativo ex art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 delle previsioni urbanistiche relative all’aree in relazione alle quali viene autorizzata la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero rifiuti, precisa che la ratio della disposizione in esame - che è quella di dotare la nazione di una adeguata rete di impianti di smaltimento dei rifiuti superando le fisiologiche lungaggini insite nell’acquisizione di atti di assenso da parte dei molteplici livelli di governo territoriale (anche di natura espropriativa) - non consente di alterare la gerarchia dei valori che si compongono nella gestione del territorio e che vedono collocati al più basso gradino di una scala ideale, dal punto di vista spaziale e funzionale “quelli compendiati dalla pianificazione urbanistica comunale”; la legge statale ha individuato il punto di equilibrio fra i contrapposti interessi coniugando il massimo della semplificazione burocratica facente capo ai tre livelli di governo territoriale (regione, provincia e comune) relativamente agli atti e provvedimenti individuali, con la compromissione dei poteri pianificatori al minore livello possibile (che è quello urbanistico comunale); l’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 introduce quindi una norma eccezionale che deroga, per superiori esigenze pubbliche, il normale quadro degli assetti procedimentali e sostanziali in materia di costruzione e gestione di impianti di smaltimento di rifiuti (anche pericolosi); da qui l’indefettibile necessità, ex art. 14, disp. prel. c.c., di una esegesi rigorosa della norma medesima che sia, ad un tempo, conforme agli obbiettivi (nazionali ed europei) di razionale gestione del ciclo dei rifiuti a tutela della salute pubblica, ma al contempo rispettosa degli ulteriori valori legati alla tutela del paesaggio, dell’ecosistema e comunque espressione di interessi fondamentali che necessitino, per la loro cura, di un livello dimensionale e funzionale superiore rispetto a quello assicurato dalla pianificazione urbanistica comunale (nel caso di specie, le previsioni contenute nel Piano di gestione dei rifiuti speciali e nel Piano Urbanistico Territoriale Tematico "Paesaggio" della Regione Puglia).

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 5065 del 28 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.