L'intervento pubblico per l’esecuzione di un intervento di bonifica (finanziato con fondi derivanti dal PNRR) su sito “orfano” prescinde dall'accertamento dell'elemento soggettivo dell'inadempimento rilevato, venendo in considerazione una situazione di mera inerzia oggettiva, rispetto alla quale chi individua il sito non ha nessuna necessità di indagare un'eventuale condotta di colpevolezza del proprietario per lo stato di "abbandono": non vi è dunque esigenza di individuare né la responsabilità della contaminazione, né l'eventuale sussistenza di ostacoli di fatto o di diritto che abbiano impedito il pregresso intervento da parte del proprietario.

TAR Lombardia, Milano, III, n. 2096 del 10 giugno 2025


L’individuazione del responsabile dell’inquinamento può basarsi anche su elementi indiziari quali, a mero titolo esemplificativo, la tipica riconducibilità dell’inquinamento rilevato all’attività industriale condotta sul fondo o la vicinanza dell’impianto dell’operatore all’inquinamento accertato, giacché la relativa prova può essere fornita in via diretta o indiretta, potendo cioè, in quest’ultimo caso, l’amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale avvalersi anche di presunzioni semplici di cui all’art. 2727 cod. civ. Laddove, quindi, l’ente pubblico competente abbia fornito elementi indiziari sufficienti a dimostrare, sebbene in via presuntiva, l’ascrivibilità dell’inquinamento a un soggetto, spetta a quest’ultimo l’onere di fornire una prova liberatoria, per la quale non è sufficiente ventilare genericamente il dubbio di una possibile responsabilità di terzi o di un’incidenza di eventi esterni alla propria attività, bensì è necessario provare la reale dinamica degli avvenimenti e indicare lo specifico fattore cui debba addebitarsi la causazione dell’inquinamento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1439 del 24 aprile 2025


L’obbligo di bonifica non può essere esteso a qualsivoglia sostanza contaminante, essendo infatti illegittimo un provvedimento che imponga un ripristino ambientale previa attività di ricerca di ipotetici fattori inquinanti che non siano stati previamente identificati, essendo in tal modo elusa la finalità dell'art. 244 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 che mira ad accollare al responsabile dell'inquinamento la bonifica e il ripristino ambientale, con eliminazione degli elementi inquinanti che siano stati, però, già riscontrati da un ente pubblico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 856 del 10 marzo 2025


Il TAR Milano ricorda che il proprietario non responsabile dell'inquinamento è tenuto, ai sensi dell'art. 245, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 ad adottare le misure di prevenzione di cui all'art. 240, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 152 del 2006 (ovvero "le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia") e le misure di messa in sicurezza d'emergenza, non anche la messa in sicurezza definitiva né gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3225 del 18 novembre 2024


Il TAR Milano respinge un motivo di ricorso centrato sull’illegittima applicazione retroattiva dell’art. 244 del d.l.gs 2006 n. 152, che trasformerebbe la bonifica in una sanzione, in quanto: a) la tesi dell’applicazione retroattiva della disciplina in esame non è coerente con la struttura della fattispecie normativa, che configura una prestazione personale imposta, secondo il paradigma dell’art. 23 Cost.; b) non sussiste alcuna retroazione di istituti giuridici introdotti in epoca successiva alla realizzazione dell’inquinamento, ma solo l’applicazione attuale di istituti previsti dalla legge nel momento in cui si accerta una situazione di inquinamento in atto; c) è inconferente, oltre che infondata, l’osservazione secondo cui il rimedio della bonifica non sarebbe applicabile prima degli anni ‘70 del secolo scorso per l’impossibilità prima di tale periodo di qualificare la condotta del privato come contra ius; d) invero, il presupposto dell’ordine di bonifica non è la qualificazione della condotta di inquinamento in termini di fatto antigiuridico fonte di responsabilità risarcitoria da soddisfare mediante la reintegrazione in forma specifica, ma unicamente l’esistenza attuale della situazione patologica e la sua derivazione causale da una condotta del soggetto indicato come responsabile; e) la bonifica non è una sanzione, perché non si tratta di una misura “punitiva”, ma di uno strumento teso a porre rimedio, in forza di una specifica previsione legislativa, ad effetti patologici che permangono nonostante il decorso del tempo; rimedio posto a carico dell’autore dell’inquinamento, sulla base dell’accertamento del nesso causale tra la condotta e la contaminazione, in coerenza con il principio “chi inquina paga”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2500 del 27 settembre 2024


Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza del TAR Milano, III, n. 2562/2019, osserva che il D.M. n. 471/1999 - avente ad oggetto il “Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modificazioni e integrazioni” - è un corpo normativo che presuppone l’accertamento dell’inquinamento e il responsabile di esso, e detta criteri e modalità a) per predisporre i piani di caratterizzazione e b) per effettuare interventi di messa in sicurezza in emergenza e la bonifica definitiva di siti inquinati. Non si tratta, quindi, di procedure finalizzate a stabilire se e chi abbia prodotto un fenomeno di inquinamento; correlativamente, presupponendo il decreto in esame il già avvenuto accertamento dell’inquinamento e l’individuazione del responsabile, le procedure in esso previste sono particolarmente capillari in funzione del fatto che tendono al ripristino ambientale, per quanto possibile con totale bonifica del sito inquinato, mediante rimozione degli agenti inquinanti o riduzione di essi in un limite di accettabilità - obiettivo questo che evidentemente richiede una indagine sulla matrice ambientale particolarmente diffusa e, appunto, capillare. Tenendo conto della particolare funzione delle norme contenute nel D.M. n. 471/1999, il Collegio non ritiene che il relativo contenuto possa automaticamente applicarsi alle procedure di accertamento dell’inquinamento e delle relative responsabilità, e in questo senso non lo si può ritenere vincolante nel corso delle procedure da ultimo menzionate. Non si può quindi ritenere viziata l’indagine svolta dalla P.A. solo per il fatto che sono stati collocati un numero di piezometri inferiori rispetto alle indicazioni contenute nel D.M. n. 471/1999.

Consiglio di Stato, VII, n. 7420 del 4 settembre 2024


Il TAR Milano esamina un ricorso avverso un provvedimento provinciale che ha ritenuto l’esistenza di un nesso eziologico fra l’attività svolta dalla società ricorrente e i superamenti delle CSC nella matrice acque sotterranee, ordinando a quest’ultima quale soggetto responsabile della potenziale contaminazione, di provvedere ai sensi e nei termini del titolo V parte IV D.lgs. 152/2006, sino alla conclusione del procedimento e al rilascio del provvedimento finale da parte dell’autorità competente. Il TAR respinge il ricorso e osserva che nel caso in cui l'amministrazione abbia fornito elementi indiziari sufficienti a dimostrare, sebbene in via presuntiva, l’ascrivibilità dell'inquinamento ad un soggetto, spetta a quest'ultimo l'onere di fornire una prova liberatoria, per la quale non è sufficiente ventilare genericamente il dubbio di una possibile responsabilità di terzi o di un'incidenza di eventi esterni alla propria attività, essendo necessario provare, con pari analiticità, la reale dinamica degli avvenimenti, e indicare lo specifico fattore cui debba addebitarsi la causazione dell'inquinamento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2322 del 26 luglio 2024


Il TAR Milano ricorda che il provvedimento che abbia ordinato al proprietario o al gestore di un terreno di provvedere alla rimozione e allo smaltimento di rifiuti abbandonati e alla bonifica dell’area è illegittimo nel caso in cui non sia stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento essendo necessario, in tale situazione, la partecipazione dell’interessato in contraddittorio anche ai fini della corretta imputabilità dello sversamento dei detti rifiuti; difatti, l’accertamento in contraddittorio della condizione dei luoghi è imposto dall’Allegato 9, parte B, del D.P.R. n. 120 del 2017, dove si specifica che le attività di campionamento per i controlli e le ispezioni sulla corretta attuazione del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo sono eseguiti in contraddittorio con la parte privata, aggiungendosi tale obbligo al generale dovere di comunicare l’avvio del procedimento, poiché è necessario che al soggetto nei cui confronti l’ordine di bonifica deve essere rivolto sia data la possibilità di partecipare attivamente alla stessa istruttoria amministrativa e ai sopralluoghi volti ad accertare la prospettata situazione di inquinamento, oltre che, più in generale, lo stato dei luoghi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1856 del 18 giugno 2024


Il TAR Brescia ricorda che l'art. 244, comma 1, d.lgs. n. 152/06 sancisce che le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti e che la provincia, ricevuta la suddetta comunicazione, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere per l'attivazione delle procedure previste per  la bonifca dei siti contaminati. Secondo il TAR, è chiaro dal tenore letterale della norma, alla luce del principio di prevenzione che governa la materia ambientale, che basta l’accertato superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione per l’adozione dell’ordinanza.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 488 del 31 maggio 2024


Il TAR Brescia, in materia di danno ambientale, ribadisce i principi giurisprudenziali secondo cui la responsabilità per i danni all'ambiente rientra nel paradigma della responsabilità extracontrattuale soggettiva (c.d. responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.), con esclusione di una qualsivoglia forma di responsabilità oggettiva. Nello specifico, il D.Lgs. n. 152 del 2006 riconosce alla P.A. il potere di ordinare al privato di eseguire la bonifica attraverso l'emanazione dell'ordinanza ex art. 244, comma 2, che, tuttavia, può essere emanata solo nei confronti del responsabile della contaminazione; pertanto, ai sensi dell'art. 242 D. Lgs. n. 152 del 2006, gravano sul solo responsabile dell'inquinamento gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale a seguito della constatazione di uno stato di contaminazione, non essendo configurabile una responsabilità in via automatica, in maniera oggettiva, per posizione o per fatto altrui, e, quindi, l'obbligo di bonificare per il solo fatto di rivestire una data qualità, ove non si dimostri l'apporto causale colpevole del soggetto al danno ambientale riscontrato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 354 del 29 aprile 2024


In materia di bonifica di siti inquinati, il TAR Brescia respinge un'eccezione di carenza di legittimazione passiva; eccezione secondo la quale ogni attività svolta dall’ex amministratore di una società sarebbe imputabile esclusivamente alle persone giuridiche per conto delle quali egli agiva (principio di immedesimazione organica). Secondo il TAR occorre dissentire da una simile impostazione e alle conseguenze agevolmente intuibili, derivanti dall’estrema facilità di cancellazioni "di comodo" dal registro delle imprese, con conseguente irresponsabilità per eventuali illeciti posti in essere nell'interesse o a vantaggio degli enti; inoltre, a non convincere è la giustificazione su cui poggia il riferito ragionamento, cioè il parallelo tra l’estinzione dell'ente e la morte della persona fisica. Aggiunge il TAR che sulla questione è intervenuta una recente pronuncia della Cass. pen. (Sez. IV,17 marzo 2022, n. 9006) che ha affermato che “la cancellazione della società può certamente porre un problema di soddisfacimento del relativo credito ma non pone un problema di accertamento della responsabilità dell'ente per fatti anteriori alla sua cancellazione, responsabilità che nessuna norma autorizza a ritenere destinata a scomparire per effetto della cancellazione dell'ente stesso”. La stessa sentenza ha inoltre sottolineato, da un lato, che quando il legislatore ha voluto introdurre cause di estinzione della responsabilità da reato degli enti lo ha fatto in maniera esplicita; dall’altro, che avendo le Sezioni unite penali (SS.UU., n. 11170 del 25/09/2014) affermato il principio di diritto secondo cui “il fallimento della persona giuridica non determina l’estinzione dell’illecito previsto dal d.lgs. n. 231 del 2001”, sarebbe incomprensibile la ratio di un diverso trattamento della cancellazione della società tale da far venir meno l’illecito amministrativo contestato all’ente, rispetto al caso di dichiarazione di fallimento, allorché è expressis verbis prevista la esclusione dell'effetto estintivo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 781 del 25 ottobre 2023



Secondo il TAR Brescia, ai fini della verifica della sussistenza del nesso di causalità tra attività industriale svolta nell'area e il suo inquinamento, occorre utilizzare le indicazioni della Corte di Giustizia UE, che escludono l’applicabilità di una impostazione penalistica, incentrata sul superamento della soglia oltre il "ragionevole dubbio", trovando invece applicazione il canone civilistico del "più probabile che non". Aggiunge che l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa afferma che l’autorità competente deve disporre di indizi plausibili in grado di dar fondamento alla sua presunzione, quali la vicinanza dell’impianto dell’operatore all'inquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell'esercizio della sua attività. Quando disponga di indizi di tal genere, l'autorità competente è allora in condizione di dimostrare un nesso di causalità tra le attività degli operatori e l’inquinamento diffuso rilevato. La prova può, quindi, essere data in via diretta o indiretta, ossia, in quest’ultimo caso, l’amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale può avvalersi anche di presunzioni semplici di cui all’art. 2727 c.c., prendendo in considerazione elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile, secondo l'id quod plerumque accidit, che sia verificato un inquinamento e che questo sia attribuibile a determinati autori.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 781 del 25 ottobre 2023



Il TAR Brescia ricorda che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, sono illegittimi gli ordini di smaltimento dei rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione della sua mera qualità e in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell’Amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di un’esauriente motivazione, dell’imputabilità soggettiva della condotta. In tale quadro normativo, tutto incentrato sulla tipicità dell’illecito ambientale, non vi è spazio per una responsabilità oggettiva, nel senso che per essere ritenuti responsabili della violazione dalla quale è scaturita la situazione di inquinamento, occorre quantomeno la colpa. E tale regola di imputabilità a titolo di dolo o colpa non ammette eccezioni, anche in relazione ad una eventuale responsabilità solidale del proprietario dell’area ove si è verificato l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 818 del 6 novembre 2023


Sul BURL di oggi, Supplemento n. 41 del 13 ottobre 2023, è stata pubblicata la legge regionale 10 ottobre 2023, n. 3 "Conferimento ai comuni di funzioni in materia di bonifica di siti contaminati".
Con la legge n. 3 del 2023, la Regione conferisce ai comuni le funzioni amministrative relative alle procedure di bonifica e di messa in sicurezza, nonché alle misure di riparazione e di ripristino ambientale di siti contaminati che ricadono nell’ambito del territorio di un solo comune e disciplina i poteri regionali di indirizzo, coordinamento e controllo sulle funzioni conferite, nonché il supporto tecnico-amministrativo e l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte della medesima Regione, secondo quanto previsto dall’articolo 22 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104 convertito dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136.



Il TAR Milano respinge la tesi dei ricorrenti secondo la quale, all’esito di una bonifica condotta a seguito di analisi di rischio specifica e parametrata alle CSR (concentrazioni soglia di rischio) e non alle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione), sarebbe possibile qualificare le terre e rocce da scavo come sottoprodotto, con conseguente utilizzabilità in siti diversi da quello di produzione, purché risultino rispettati i valori di CSC del sito di destinazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2262 del 10 ottobre 2023


Il TAR Brescia ricorda che ai fini dell'accertamento della sussistenza del nesso di causalità tra attività industriale svolta nell'area e inquinamento della stessa, occorre utilizzare il canone civilistico del "più probabile che non", con la conseguenza che l'individuazione del responsabile può basarsi anche su presunzioni semplici, ex art. 2727 c.c.; ne consegue che, qualora l'Amministrazione fornisca elementi indiziari sufficienti a dimostrare, sebbene in via presuntiva, l’ascrivibilità dell'inquinamento a un soggetto, spetta a quest'ultimo l'onere di fornire una prova liberatoria, per la quale non è sufficiente ventilare genericamente il dubbio di una possibile responsabilità di terzi o di un'incidenza di eventi esterni alla propria attività, bensì è necessario provare la reale dinamica degli avvenimenti e indicare lo specifico fattore cui debba addebitarsi la causazione dell'inquinamento.


Il TAR Milano premette che presupposto imprescindibile affinché il proprietario di un terreno possa essere chiamato a rispondere dell’evento inquinante tipico, in solido con chi lo ha cagionato, è, se non il dolo, quantomeno la sua colpa, ossia l’essere stato negligente, imprudente e non sufficientemente attento, in proporzione alle sue capacità e concrete possibilità, nell’evitare l’immissione di rifiuti in situ; ciò premesso, nel caso di specie, il Collegio ritiene che in linea teorica potrebbe venire in evidenza una ipotesi di responsabilità colposa a carico del proprietario del terreno, il quale è soggetto operante professionalmente proprio nel settore industriale del trasporto, trattamento, bonifica e recupero di terreni e altre sostanze o materiali inquinati; tuttavia, ciò che manca nell’atto impugnato è la rigorosa declinazione di elementi indiziari tali, da far emergere anche in concreto detto profilo di colpa; in conclusione, se la carriera professionale e le conoscenze, capacità e competenze del proprietario del terreno nel loro insieme, costituiscono un buon fondamento teorico di un’ipotesi di sua responsabilità colposa per il deposito di rifiuti che si è verificato nel suo terreno, è comunque necessario e imprescindibile che essa venga dimostrata dall’amministrazione in sede di motivazione del provvedimento impugnato.



Il TAR Milano esclude una responsabilità “da posizione” del ricorrente, in quanto proprietario di un sito contaminato, visto che, secondo una condivisa giurisprudenza, non è configurabile una responsabilità in capo al proprietario dell’area inquinata per il solo fatto di rivestire tale qualità, ma occorre dimostrare che egli abbia provocato, o contribuito a provocare, il danno ambientale, dovendo accertare l’autorità competente il nesso causale tra l’azione d’uno o più agenti individuabili ed il danno ambientale concreto e quantificabile (Consiglio di Stato, V, 7 marzo 2022, n. 1630; II, 2 luglio 2020, n. 4248); ricorda poi che anche le Sezioni Unite della Cassazione hanno escluso la possibilità di addossare al proprietario del sito inquinato, che non abbia direttamente causato l’inquinamento, l’obbligo di eseguire la bonifica dello stesso, fatto salvo quanto previsto dall’art. 253 del D. Lgs. n. 152 del 2006 in tema di oneri reali e privilegi speciali immobiliari, dovendosi scongiurare la configurazione di «una nozione così lata di responsabilità incolpevole e di posizione da svuotare il margine identitario del più sicuro raccordo tra azione contaminante e riparazione alla base del principio per cui ‘solo chi inquina paga’» (Cass. civ., SS.UU., 1° febbraio 2023, n. 3077).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1982 del 31 luglio 2023.


La Corte costituzionale osserva che nel disegno del legislatore statale contenuto nel codice dell’ambiente si riserva alla regione la funzione amministrativa nella materia della bonifica dei siti inquinati (artt. 198 e 242 del d.lgs. n. 152 del 2006), materia per costante, risalente giurisprudenza costituzionale ricompresa in quella dell’ambiente e quindi riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Aggiunge che l’art. 198, comma 4, cod. ambiente attribuisce ai comuni il potere di «esprimere il proprio parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni» definendo in chiave ancillare la competenza propria di detti enti, di cui resta escluso ogni concorrente potere di esercizio sulla funzione amministrativa, secondo previsione di legge.
La potestà legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. esprime, secondo la Corte, ineludibili esigenze di protezione di un bene, quale l’ambiente, unitario e di valore primario, che sarebbero vanificate ove si attribuisse alla regione la facoltà di rimetterne indiscriminatamente la cura a un ente territoriale di dimensioni minori, in deroga alla valutazione di adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l’individuazione del livello regionale; ad una siffatta iniziativa si accompagnerebbe una modifica, attraverso un atto legislativo regionale, dell’assetto di competenze inderogabilmente stabilito dalla legge nazionale all’esito di una ragionevole valutazione di congruità del livello regionale come il più adeguato alla cura della materia.
Per tali ragioni, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 L.R. Lombardia n. 30 del 2006 nella parte in cui attribuisce alle amministrazioni comunali le funzioni amministrative in materia di bonifica, di messa in sicurezza e le misure di riparazione e di ripristino ambientale dei siti inquinati che ricadono interamente nell’ambito del territorio di un solo comune.

Corte costituzionale n. 160 del 24 luglio 2023.


Il TAR Milano precisa che l'assunzione volontaria dell'obbligo di bonifica da parte del proprietario dell'area non esclude il potere/dovere dell'amministrazione di individuare il responsabile dell'inquinamento ai sensi dell'art. 244, co. 2, d.lgs. 152/2006 né elide il dovere di quest'ultimo di porre rimedio all'inquinamento stesso (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1 aprile 2020, n. 2195; Id., Sez. VI, 4 agosto 2021, n. 5742; nel medesimo senso si sono espressi anche: T.A.R. Milano, Sez. IV, 15 aprile 2015, n. 940; Id., 2 luglio 2015, n. 1529; T.A.R. Brescia, Sez. I, 21 ottobre 2022, n. 984).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1879 del 18 luglio 2023