Le stazioni radio base sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica, coerentemente con il principio della necessaria capillarità degli impianti che compongono le reti pubbliche di comunicazione. Pertanto, le norme e le prescrizioni della pianificazione locale che individuano aree di installazione devono essere interpretate nel senso che l'indicazione dei siti idonei non è tassativa, e che, laddove il gestore proponga siti diversi, l'ufficio competente deve comunque svolgere un'istruttoria tecnica per verificarne la compatibilità con gli interessi primari che il piano urbanistico è preposto ex lege a tutelare.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 426 del 16 maggio 2025


L’art. 87-bis del d.lgs. 259/2003 -  che disciplina il procedimento semplificato finalizzato al conseguimento del titolo necessario per la realizzazione di interventi di adeguamento tecnologico su impianti di radiotelefonia esistenti -  stabilisce che è sufficiente la presentazione al comune di una segnalazione certificata di inizio attività la quale perde efficacia solo nel caso in cui, entro il termine di trenta giorni dalla presentazione stessa, intervenga un provvedimento di diniego comunale o dell’organo preposto alle funzioni di controllo e di vigilanza in materia sanitaria e ambientale. Deve quindi ritenersi che, una volta decorso il termine di 30 giorni, le amministrazioni interessate possano intervenire esclusivamente esercitando il potere previsto dall’art. 19, comma 4, della legge n. 241 del 1990 e, quindi,  inibire gli effetti della SCIA ma solo in presenza delle condizioni previste dal successivo art. 21-nonies e cioè solo nel caso in cui si debba tutelare un superiore interesse pubblico, diverso da quello al mero rispristino della legalità violata, di cui occorre dare conto nella motivazione del provvedimento.

TAR Lombardia, Milano, III, n. 2420 del 26 giugno 2025


Il TAR Milano precisa che se è vero che la disciplina applicabile alle istanze per la collocazione di una infrastruttura per telecomunicazioni si caratterizza per la particolare celerità delle procedure, tali da non richiedere nemmeno l'allegazione del titolo di legittimazione all'istanza di autorizzazione, è anche vero che è necessario che tale titolo esista, posto che la legittimazione a effettuare l’intervento su immobile di proprietà altrui costituisce comunque uno dei requisiti di legge necessari per l’adozione del provvedimento abilitativo.

TAR Lombardia, Milano, II n. 3461 del 3 dicembre 2024


il Comune non può, mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adottare misure che nella sostanza costituiscano una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, poiché tali disposizioni sono funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l'art. 4, l. n. 36 del 2000 riserva allo Stato. Pertanto, le norme e le prescrizioni di pianificazione locale che individuano aree di installazione devono essere interpretate nel senso che l'indicazione dei siti idonei non è tassativa e che, laddove il gestore proponga siti diversi, l'ufficio competente deve comunque svolgere un'istruttoria tecnica per verificare la compatibilità di tali siti con gli interessi primari che il piano urbanistico è preposto ex lege a tutelare.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 28 ottobre 2024, n. 851


Il TAR Milano ritiene illegittimo il diniego all’installazione di una stazione radio base per rete di telefonia mobile motivato sul fatto che le NTA del piano delle regole del vigente PGT stabilisce che l’installazione di impianti tecnologici è vietata nella zona classificata come “Tessuto Urbano Consolidato di Completamento” e in quanto lo stesso Comune ha individuato a tale scopo le zone definite come “Ambiti per i servizi e gli impianti tecnologici". Ritiene il Collegio che queste disposizioni, proprio in quanto riferite a tutti gli impianti tecnologici, si rivolgano anche agli impianti di radiotelefonia. Esse, lungi dal limitarsi ad individuare criteri preferenziali, introducono veri e propri divieti installazione su intere aree del territorio comunale. Risulta, pertanto, evidente il contrasto di queste stesse diposizioni con le norme ed i principi giurisprudenziali in materia che vietano ai comuni la possibilità di imporre divieti generalizzati e di individuare zone specifiche entro le quali confinare i suddetti impianti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2534 del 1 ottobre 2024


Il TAR Brescia osserva che ogni progetto di stazione radio base deve essere valutato per l’impatto marginale sul paesaggio o su un singolo bene culturale collocato nel contesto, verificando se il sacrificio che inevitabilmente viene inflitto all’elemento di pregio rimanga entro i limiti della tollerabilità; con riguardo a un vincolo paesistico riferito a uno scenario aperto, la stazione radio base rileva essenzialmente per l’altezza del palo o del traliccio, la quale presenta dei vincoli tecnici, in quanto deve essere adeguata all’area da servire. È evidente che se si considerasse ostativa la percezione del palo o del traliccio da parte di un osservatore collocato a notevole distanza verrebbe introdotta una sorta di opzione zero, in quanto un’infrastruttura di 36 metri, come quella oggetto del giudizio, non potrebbe mai essere cancellata dal campo visivo; una tutela così ampia sarebbe però eccessiva, perché gli impianti di telecomunicazione sono ormai una componente necessaria del paesaggio, e dunque non sono più percepibili come un disturbo alla fruizione estetica, essendovi la consapevolezza collettiva che per ragioni funzionali e di sicurezza nessuna parte del territorio può essere sottratta alle connessioni di rete. La vigilanza dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesistico si sposta quindi inevitabilmente sulla quantificazione dell’ingombro visivo e sulle modalità di realizzazione, ai fini del contenimento ma non della cancellazione dell’effetto sul paesaggio; osservando da questa prospettiva il problema dell’altezza, un sintomo di sproporzione potrebbe emergere solo se si potesse dimostrare che la progettazione dell’impianto si discosta dalle soluzioni tecniche normalmente praticate dagli operatori del settore, o prevede strutture aggiuntive che incrementano senza necessità lo spazio occupato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 674 del 29 luglio 2024


Il TAR Brescia, osservato che, secondo la più recente giurisprudenza il dispositivo tecnico denominato ‘silenzio-assenso' risponde a una valutazione legale tipica in forza della quale l'inerzia ‘equivale' a provvedimento di accoglimento e gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell'atto amministrativo. Con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche quando l'attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l'adozione non sia conforme alle norme. Reputare, invece, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità: tale trattamento differenziato, per l'altro, neppure discenderebbe da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento, bensì opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della P.A. (fattispecie relativa al procedimento di cui all’art. 44 comma 10 del d.lgs. n. 259/2003 per le istanze di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 703 del 6 agosto 2024


Secondo il TAR Milano è illegittima la disposizione del Piano Territoriale di Coordinamento di un Parco Regionale che ha stabilito che nel territorio di sua competenza, assoggettato perciò a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 42 del 2004, le stazioni radio base possono essere collocate solo in specifiche aree individuate da apposito regolamento; tale disposizione introduce un evidente divieto generalizzato che esime il Parco dal dovere di compiere valutazioni concrete finalizzate a stabilire volta per volta se l’impianto oggetto della specifica istanza sia o meno compatibile con l’interesse sotteso al vincolo che esso è chiamato a tutelare.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 497 del 23 febbraio 2024


Il TAR Milano annulla una prescrizione delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Particolareggiato di Attuazione di un Parco che stabilisce che, in caso sia proposta istanza di installazione di una stazione radio base da localizzarsi al di fuori del perimetro del bosco ovvero che non comporti la trasformazione del bosco stesso, l’operatore richiedente è tenuto ad attuare un piano di miglioria forestale da eseguire su una superficie di raggio pari ad una volta e mezza l’altezza dell’impianto; ovvero, in caso di indisponibilità dell’area necessaria, ad erogare una somma corrispondente alla triplicazione del Valore Agricolo Medio, oltre al costo di miglioria forestale e alla sua manutenzione per il quinquennio successivo. Al riguardo il TAR osserva che, non solo nessuna norma di rango primario consente ai comuni di imporre le sopra descritte prestazioni agli operatori che propongono istanza di autorizzazione per la realizzazione di stazioni radio base, ma addirittura l’art. 54, primo comma, del d.lgs. n. 259 del 2003 vieta espressamente la possibilità di imporre ai suddetti operatori qualsiasi onere diverso da quelli previsti dallo stesso decreto ovvero da quelli eventualmente dovuti per l’occupazione di aree pubbliche.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 325 del 9 febbraio 2024


Il TAR Milano ritiene che il principio secondo il quale le infrastrutture per impianti radiotelefonici, essendo equiparate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica non possa valere per i vincoli urbanistici impressi su specifiche aree. Mentre la destinazione urbanistica della zona omogena, data la vastità della medesima, non viene compromessa dall’insediamento in essa di alcune infrastrutture per impianti radiotelefonici, può invece risultare compromessa, in caso di insediamento di tali opere, la funzione assegnata alla singola area dal vincolo urbanistico: si pensi al caso di infrastruttura per impianti radiotelefonici costruita su area assoggettata a vicolo espropriativo che renda impossibile la realizzazione dell’opera pubblica programmata. Non è, quindi, possibile ritenere che l’art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 259 del 2003 consenta di insediare infrastrutture per impianti radiotelefonici in aree interessate da uno specifico vincolo quando tale insediamento abbia l’effetto di rendere impossibile l’assolvimento della funzione con esso assegnata.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 310 del 6 febbraio 2024


Il TAR Milano esamina un ricorso contro una nota con cui un Comune lombardo dichiara l’inefficacia della comunicazione inviata ex art. 87 ter, del d.lgs. 259/03 relativa alla modifica di stazione radio base esistente in quanto la potenza complessiva dell’impianto al connettore di antenna risulta pari a 534,07 W, potenza che si porrebbe in contrasto con la DGR della Regione Lombardia n. VII/7351 dell’11.12.2001 dalla quale si evince che entro il limite di 100 metri dal perimetro di proprietà di asili, scuole, ospedali, case di cura e residenze per anziani non è possibile installare impianti con potenza al connettore di antenna superiore a 300 W.
Il punto in contestazione riguarda l’interpretazione della disposizione normativa regionale richiamata e in particolare se il limite di 300 Watt deve riferirsi alla potenza di ogni singola antenna, come sostenuto dalla ricorrente, ovvero alla sommatoria della potenza complessiva di tutte le antenne che compongono un impianto, come sostenuto dal Comune.
Il TAR ritiene condivisibile la tesi interpretativa avanzata dalla ricorrente che, ad avviso del TAR, trova diretto collegamento con il dato normativo applicabile alla fattispecie e segnatamente con l'art. 4, comma 7, della L.R. della Regione Lombardia n. 11/2001, ai sensi del quale: «7. Viste le caratteristiche tecniche delle reti per la telefonia mobile e la natura di pubblico servizio dell'attività svolta, che motivano una diffusione capillare delle stazioni impiegate a tale scopo, gli impianti radiobase per la telefonia mobile di potenza totale ai connettori di antenna non superiore a 300 W non richiedono una specifica regolamentazione urbanistica».
Precisa, quindi, il TAR:
<<In accordo con i limiti che si impongono al legislatore regionale in tema di installazione di impianti di telecomunicazione, e alla luce della competenza del legislatore statale ad assumere le scelte di principio che concernono la tutela della salute dalle relative emissioni, la norma appena citata si fa carico di esigenze prettamente urbanistiche, vale a dire attinenti al governo del territorio, in ciò seguita dalla DGR del 2001.
Da tale premessa si evince che un’interpretazione volta, invece, a imporre un limite di potenza commisurato non all’impatto urbanistico del singolo impianto, ma alla sommatoria delle emissioni di tutti gli impianti connessi, tradirebbe la ratio della norma, torcendola verso finalità di tutela della salute, alle quali, invece, già risponde l’intervento dell’ARPA. Del resto, dalla lettera delle norme già si evince che si fa riferimento ai connettori di antenna lasciando presumere una pluralità che non depone per la considerazione della potenza dell’impianto nel suo complesso>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 463 del 22 febbraio 2023.


Il TAR Brescia, con riferimento alla installazione di una stazione radio base in corrispondenza di luoghi sensibili, osserva;
<<(a) per quanto riguarda le distanze minime dai luoghi sensibili, l’art. 4 comma 8 della LR 11/2001, come conformato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 7 novembre 2003 n. 331, prevede il divieto di installazione di impianti di telecomunicazione esclusivamente “in corrispondenza” dei luoghi sensibili. La suddetta pronuncia ha inoltre stabilito che il potere di fissare soglie di protezione dalle esposizioni a campi elettromagnetici appartiene allo Stato, mentre la previsione di distanze minime, se introdotta dai Comuni nell’ambito della potestà urbanistica, è applicabile solo a condizione che sia possibile collocare gli impianti in una postazione alternativa;
(b) i contorni della competenza comunale sono stati precisati dall’art. 8 comma 6 della legge 36/2001, che, nella versione attuale, consente ai Comuni di disciplinare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, e di minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a luoghi sensibili individuati in modo specifico, ma vieta limitazioni alla localizzazione delle stazioni radio base in aree generalizzate del territorio. La medesima norma vieta inoltre di incidere, anche in via indiretta o mediante ordinanze contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, sui valori di attenzione, e sugli obiettivi di qualità, tutte materie che rimangono riservate allo Stato;
(c) in questo quadro, la previsione di ampie fasce di interdizione attorno ai luoghi sensibili costituisce una forma di divieto generalizzato. Qualora la motivazione di tali fasce si basi su un’autonoma valutazione dell’inquinamento elettromagnetico, condotta dai Comuni attraverso propri consulenti, si realizza anche una sovrapposizione rispetto alle competenze dell’ARPA. In realtà, se gli uffici comunali hanno dei dubbi sull’effetto aggregato delle antenne di una pluralità di operatori, l’interlocutore necessario è l’ARPA, a cui dovranno essere indirizzate eventuali richieste di approfondimento. Lo stesso vale per il calcolo dell’intensità dell’effetto ombrello dovuto alla ricaduta delle onde elettromagnetiche nelle immediate vicinanze dei siti di installazione degli impianti;
(d) tornando al significato da attribuire all’art. 4 comma 8 della LR 11/2001, occorre sottolineare che la nozione di corrispondenza non è equivalente a quella di vicinanza. La prima implica un diretto contatto con i luoghi sensibili, o con le opere di delimitazione degli stessi. La seconda è più generica, e può variare dalla prossimità (coincidente nella sostanza con la nozione di corrispondenza) fino a qualsiasi distanza soggettivamente percepita come non sufficientemente ampia rispetto agli impianti. Occorre poi sottolineare che quando l’amministrazione cerca di codificare la vicinanza attraverso indicazioni metriche precise si espone al rischio di lasciare prive di copertura intere porzioni del territorio comunale, introducendo di fatto una serie di divieti generalizzati. Per questa ragione il potere comunale di stabilire delle distanze minime dai luoghi sensibili, ammissibile ai sensi dell’art. 8 comma 6 della legge 36/2001 in connessione con il perseguimento di obiettivi urbanistici, è esercitabile solo qualora sia garantita agli operatori un’alternativa equivalente sotto il profilo tecnico, e praticabile a prezzi di mercato;>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 1381 del 28 dicembre 2022.


Secondo il TAR Milano, l’amministrazione comunale non può legittimamente porre quale condizione ostativa all’installazione di una stazione radio base la previa presentazione di piani di sviluppo da parte di tutti gli operatori di telefonia.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 600 del 14 marzo 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, a fronte di un provvedimento comunale che differisce l’inizio dei lavori di posizionamento di una stazione radio base in modo da adeguare le previsioni progettuali alle prescrizioni ritenute necessarie a giudizio della Commissione del Paesaggio, osserva che:
<<Come chiarito nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 14 febbraio 2014, n. 723, “la materia dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche forma oggetto di dettagliata disciplina in ambito comunitario, secondo principi di semplificazione, celerità e trasparenza, ora codificati dal legislatore nel d. lgs. 259/2003, sicché ogni normativa, nazionale o regionale, che aggravi ingiustificatamente il procedimento di rilascio del titolo autorizzatorio, al di là dei requisiti e dei limiti previsti in via esclusiva dal Codice delle comunicazioni elettroniche, deve essere disapplicata, in forza di quanto stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 170/1984, in quanto contrastante con i fondamentali principi del diritto europeo in subiecta materia e ora recepiti, quale fonte primaria e pressoché esclusiva, appunto dal d. lgs. 259/2003”.
Quindi, si legge nella sentenza del TAR del Lazio Roma, Sez. II-quater, 8 luglio 2020, n. 7857, “la stessa Corte Costituzionale ha affermato, che le esigenze di celerità e la conseguente riduzione dei termini per l'autorizzazione all'installazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica costituiscono, per finalità di tutela di istanze unitarie, "principi fondamentali" operanti nelle materie di competenza ripartita ("ordinamento della comunicazione", "governo del territorio", "tutela della salute": sentenza n. 336 del 2005), che, unitamente ad altri ambiti materiali di esclusiva spettanza statale, rappresentano i titoli di legittimazione ad intervenire nel settore in esame”.
Pertanto, la giurisprudenza ha precisato che “per opinione consolidata in tale ipotesi l'Amministrazione non può esigere documenti diversi da quelli di cui all'allegato 13, modello B, del D.lgs. n. 259/2003 attese le finalità acceleratorie e semplificatorie del procedimento di cui agli artt. 87 e 87 bis D.lgs. n. 259/2003; tale modello corrisponde all'esigenza di far confluire in un procedimento unitario le valutazioni sia radioprotezionistiche che di compatibilità urbanistica ed edilizia dell'intervento, anche al fine di riduzione dei tempi per la conclusione dei procedimenti amministrativi; tale istanza non può dunque essere oggetto di aggravamento procedimentale da parte del Comune, tramite richiesta di ulteriore documentazione non prevista dalla normativa” (Tar Napoli, n. 2542/17; nello stesso senso, Tar L’Aquila n. 713 del 2016; Tar Napoli, n. 2077 del 2019)>>.
Il TAR Brescia ritiene quindi illegittimo il provvedimento impugnato che introduce un passaggio procedimentale non regolamentato, aggravando il procedimento e subordinando la realizzazione a possibili prescrizioni che non trovano giustificazione in assenza di una previsione normativa.


TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 687 del 26 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, esaminando un ricorso avverso un provvedimento di rigetto dell’istanza ex art. 87 del d.lgs. 1 agosto 2003 n. 259 per la realizzazione di una stazione radio base, afferma che devono essere disapplicate le norme di regolamento che estendono i meccanismi della tutela paesistica al di fuori delle aree espressamente sottoposte al vincolo paesaggistico; nello specifico, si tratta dei parametri fissati dalla DGR 8 novembre 2002 n. 7/11045, che attua le linee-guida per l'esame paesistico dei progetti secondo quanto previsto dall'art. 30 delle NTA del Piano Territoriale Paesistico Regionale.
Secondo il TAR la finalità di assicurare il corretto inserimento paesistico di tutte le nuove costruzioni sull’intero territorio comunale è di per sé certamente legittima, ma non può alterare la gerarchia degli interessi pubblici codificata nell’art. 86 commi 3 e 4 del Dlgs. 259/2003; solo i vincoli paesistici, o paesistico-ambientali, sono dunque in grado di incidere sulla localizzazione degli impianti di telecomunicazione; dove i suddetti vincoli non siano presenti, il potere degli uffici comunali si concentra nella facoltà di imporre prescrizioni mitigative.
Aggiunge il TAR che un rilievo sovraordinato deve invece essere riconosciuto anche al vincolo idraulico ex art. 96 del RD 25 luglio 1904 n. 523, in quanto comportante inedificabilità assoluta; le stazioni radio base non sono nuove costruzioni in senso urbanistico, ma la loro consistenza materiale può alterare il regolare deflusso delle acque e originare criticità idrogeologiche; su questi problemi devono essere effettuate apposite valutazioni nel corso della procedura di autorizzazione, senza tuttavia attribuire carattere immediatamente preclusivo a tale circostanza, in quanto è necessario valutare preliminarmente se vi è un rischio di interferenza tra le strutture della stazione radio base e il reticolo idrico.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 768 del 23 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano, è legittimo il diniego di autorizzazione all’installazione di una stazione radio-base fondato sul rilievo che l’area di installazione prevista nel progetto si trova a distanza di 5 metri dal confine di un’area destinata a parco pubblico.
Precisa il TAR che il diniego opposto dal Comune alla installazione della stazione radio base deve ritenersi conforme alla disposizione di cui all’art. 4, comma 8, della l.r. n. 11/2001 (nella formulazione risultante a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 331/2003), alla cui stregua è comunque vietata l’installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione in corrispondenza di asili, edifici scolastici, nonché strutture di accoglienza socio-assistenziali, ospedali, carceri, oratori, parco giochi, orfanotrofi e strutture similari, e relative pertinenze; l’impianto di cui è causa, infatti, dovendo essere installato a soli 5 metri dal confine del parco, verrebbe a collocarsi nelle immediate adiacenze dello stesso, ossia “in corrispondenza” di esso, secondo un’interpretazione di tale ultima espressione che tenga conto, necessariamente, della ratio della norma de qua (che verrebbe inevitabilmente frustrata qualora si consentisse l’installazione di impianti SRB nelle immediate adiacenze esterne ai siti sensibili) oltre che del tenore letterale della stessa (attraverso la valorizzazione sia del significato dell’espressione “in corrispondenza” sia del riferimento alle “relative pertinenze”).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 2489 del 27 dicembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.