Il silenzio assenso, di cui all'art. 20 del d.P.R. n. 380/2001, costituisce uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione, con la conseguenza che la formazione del titolo abilitativo per silentium non si perfeziona con il mero decorrere del tempo, ma richiede la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge per l'attribuzione del bene della vita richiesto, di modo che esso non si configura, ad esempio, in difetto di completezza della documentazione occorrente. Perché si formi il provvedimento tacito su un’istanza di rilascio di permesso di costruire, la domanda deve essere, dunque, corredata da tutta la documentazione necessaria al corretto espletamento dell'attività istruttoria da parte dell'amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1443 del 28 aprile 2025


Il TAR Brescia, osservato che, secondo la più recente giurisprudenza il dispositivo tecnico denominato ‘silenzio-assenso' risponde a una valutazione legale tipica in forza della quale l'inerzia ‘equivale' a provvedimento di accoglimento e gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell'atto amministrativo. Con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche quando l'attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l'adozione non sia conforme alle norme. Reputare, invece, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità: tale trattamento differenziato, per l'altro, neppure discenderebbe da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento, bensì opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della P.A. (fattispecie relativa al procedimento di cui all’art. 44 comma 10 del d.lgs. n. 259/2003 per le istanze di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 703 del 6 agosto 2024


Il TAR Milano ricorda, con riguardo alla questione del silenzio-assenso sulle domande di condono edilizio presentate ai sensi delle leggi nn. 47 del 1985 e 724 del 1994, quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza in materia, secondo cui la domanda di condono deve essere corredata dalla necessaria documentazione indicata dalla legge essendo la produzione di tale documentazione indispensabile proprio al fine del riscontro dei requisiti soggettivi e oggettivi. Infatti, sul piano oggettivo, la formazione del silenzio-assenso richiede quale presupposto essenziale, oltre al completo pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, che siano stati integralmente dimostrati gli ulteriori requisiti sostanziali relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all'ubicazione, alla consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica dell'amministrazione comunale e, del pari, sotto il profilo soggettivo, deve essere dimostrata la legittimazione attiva del richiedente il condono.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2299 del 23 luglio 2024


Il TAR Milano osserva che, dal combinato disposto dei commi terzo e sesto dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001, si ricava che il termine per la conclusione del procedimento instaurato a seguito di presentazione di domanda di rilascio di permesso di costruire è pari a 90 giorni, di cui sessanta assegnati al responsabile del procedimento per la formulazione della sua proposta e 30 assegnati all’organo competente per l’adozione dell’atto finale, aumentati a 40 giorni nel caso in cui sia stato emanato il preavviso di rigetto. In base ai commi 4 e 5 dello stesso art. 20, il termine assegnato al responsabile del procedimento può essere sospeso, ove questi inviti formalmente l’istante ad apportare modifiche al progetto, oppure interrotto per una sola volta per la motivata richiesta di integrazioni a completamento della documentazione presentata. Il termine di 60 giorni, dunque, è riferibile soltanto alla fase dell’istruttoria e della correlata formulazione della proposta di provvedimento, cui fa seguito l’ulteriore termine previsto per la fase decisoria in capo all’organo competente, nell’ottica, tuttavia, di un procedimento unitario seppure bifasico che ha durata massima di 90 giorni, aumentabili a 100 nel caso in cui intervenga il preavviso di rigetto. Il decorso del primo termine, pertanto, non determina la formazione per silentium del titolo, avendo ancora l’amministrazione un ulteriore periodo di tempo per la valutazione dell’accoglibilità o meno della proposta formulata in fase istruttoria.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1291 del 29 aprile 2024


Il TAR Milano osserva che la formazione del titolo per silentium (nella fattispecie condono edilizio) non può certo avvenire in presenza di un vincolo di inedificabilità che riguarda la zona di interesse, e ciò sulla base del principio per cui non può ottenersi per via tacita ciò che non potrebbe conseguirsi mediante l’ordinario svolgersi del procedimento amministrativo; con la conseguenza che il titolo tacito potrà formarsi solo ove la relativa istanza abbia tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi per poter essere accolta in via ordinaria.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1344 del 3 maggio 2024


Il TAR Milano aderisce al recente orientamento giurisprudenziale secondo cui la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica non costituisce condizione necessaria ai fini della formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire. Sostiene questa giurisprudenza che la conformità dell’intervento alla normativa urbanistico edilizia costituisce requisito di validità del titolo tacito formatosi con il silenzio-assenso e non requisito di perfezionamento della fattispecie: il titolo edilizio si forma quindi per il solo decorso del tempo salva la possibilità per l’amministrazione, qualora accerti che l’intervento non sia conforme, di intervenire esercitando il potere di autotutela.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 518 del 27 febbraio 2024


Il TAR Milano, richiamato il comma 8 dell’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001, ai sensi del quale <<Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell'ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all'assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali…>>, ritiene preferibile, in quanto più aderente al dato normativo, la tesi proposta dalla più recente giurisprudenza che esclude che la conformità alla normativa urbanistico edilizia sia elemento necessario per la formazione del silenzio-assenso; sostiene questa giurisprudenza che la conformità dell’intervento alla normativa urbanistico edilizia costituisce requisito di validità del titolo tacito formatosi con il silenzio-assenso e non requisito di perfezionamento della fattispecie: il titolo edilizio si forma quindi per il solo decorso del tempo salva la possibilità per l’amministrazione, qualora accerti che l’intervento non sia conforme, di intervenire esercitando il potere di autotutela. Ricorda quindi il TAR che, secondo invece la prevalente giurisprudenza, il mero decorso del termine non è di per sé sufficiente alla formazione del silenzio-assenso, essendo a tal fine anche necessario che l’intervento edilizio sia conforme agli strumenti urbanistici ed alle altre disposizioni di legge.


Il TAR Brescia ricorda che il silenzio assenso, di cui all’art. 20 del d.P.R. n. 380/2001, costituisce uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione, con la conseguenza che la formazione del titolo abilitativo per silentium non si perfeziona con il mero decorrere del tempo, ma richiede la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge per l’attribuzione del bene della vita richiesto, di modo che esso non si configura, ad esempio, in difetto di completezza della documentazione occorrente (così, ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, sentenza n. 8943/2022).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 476 del 29 maggio 2023


Il TAR Milano esclude l’operatività del silenzio-assenso, di cui all’art. 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’art. 3 della legge 7 agosto 2015, n. 124, rispetto al procedimento di autorizzazione paesaggistica, di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, nei rapporti tra la regione, o l’ente da essa delegato, e la soprintendenza (cfr., tra le tante, Cons. Stato, VI, 21-04-2023, n. 4057; id., 17-11-2022, n. 10109; id., 19-08-2022, n. 7293; id., 24-05-2022, n. 4098; id., II, 21-04-2023, n. 4032; nonché, il parere n. 1640/2016, reso dal Consiglio di Stato su richiesta dell’Ufficio legislativo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione proprio in ordine ad alcuni problemi applicativi dell’art. 17-bis della L.n. 241/1990). Il TAR rileva che la giurisprudenza ha, tra l’altro, posto in rilievo l’incompatibilità, sul piano strutturale, dei procedimenti ad istanza di parte nei quali è destinato ad essere rilasciato il parere di compatibilità paesaggistica su un intervento in area vincolata, rispetto all’ipotesi tipica del silenzio tra pubbliche amministrazioni (cfr., da ultimo, Cons. Stato, VII, 4-01-2023, n. 168).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1078 dell'8 maggio 2023.


Il TAR Brescia, con riferimento a un preavviso di rigetto ad opera della Soprintendenza adottato successivamente al decorso del termine di 45 giorni previsto dall’art. 146, comma 8, D.Lgs. n. 42/2004, verifica se sia o meno applicabile l’art. 17 bis legge n. 241/1990.

Osserva quindi al riguardo che:
<<La questione è già stata chiarita dal Consiglio di Stato nelle seguenti pronunce: Cons. Stato, Sez. IV, 19 aprile 2021, n. 3145; 15 aprile 2021, n. 3114; 29 marzo 2021, n. 2640; 27 luglio 2020, n. 4765.
Nell’ultima delle sentenze citate, in particolare, si è affermato, relativamente all’art. 17 bis legge n. 241/1990, che “7.1. In sostanza, la disposizione in esame si pone nell'ambito dei 'rapporti orizzontali' tra amministrazioni e non con riferimento, a differenza di quello che accade rispetto al silenzio-assenso di cui all'articolo 20, ad un coinvolgimento diretto dei diritti del privato. 7.2. Pur essendo un istituto di carattere generale, non può dunque trovare applicazione nei procedimenti nei quali il rapporto intersoggettivo tra pubbliche amministrazioni si inserisce in un procedimento ad istanza di parte. 8. Le suddette conclusioni sono esplicitamente confermate nel richiamato parere del Consiglio di Stato n. 1640 del 23 giugno 2016: "Con riferimento ai procedimenti ad iniziativa di parte che si svolgono presso un'amministrazione competente a ricevere la domanda del privato, ma rispetto ai quali la competenza sostanziale è di altra amministrazione, gli argomenti sostenuti nella richiesta di quesito a favore della tesi ampliativa non appaiono convincenti. L'art. 17-bis si applica ai procedimenti con fase decisoria pluristrutturata. La disposizione richiede, quindi, che le due Amministrazioni (quella titolare del procedimento e quella interpellata) condividano la funzione decisoria, nel senso che entrambe devono essere titolari di una funzione decisoria sostanziale. Nei casi in cui un'Amministrazione ha un ruolo meramente formale (raccoglie e trasmette l'istanza all'Amministrazione unica decidente), la decisione risulta monostrutturata. In questo caso, infatti, come osserva la richiesta di parere, non essendoci un'amministrazione co-decidente, il vero beneficiario del silenzio assenso sarebbe il privato, avendosi, quindi, un'ipotesi silenzio assenso nei rapporti (non endoprocedimentali, ma) con i privati. Peraltro, considerato che il silenzio assenso nei rapporti con i privati è ormai la regola, tranne i casi espressamente sottratti in base al comma 4 dell'art. 20, la tesi sostenuta nella richiesta di quesito avrebbe come effetto pratico soltanto quello di determinare un 'implicito' silenzio assenso in quei casi in cui l'art. 20 lo esclude espressamente. Si avrebbe così, in via interpretativa, la tacita abrogazione di norme espresse (escludenti il silenzio assenso), per di più poste a tutela di interessi pubblici primari. L'argomento, invocato nella richiesta di parere, della equivalenza, tra l'art. 17-bis e l'art. 20, nella tutela riservata agli interessi pubblici primari non è convincente, perché, mentre l'art. 20, comma 4, prevede, ove vengano in rilievo interessi primari, l'esclusione del silenzio assenso, l'art. 17-bis si limita a prevedere un allungamento dei termini (o, meglio a far salvi i termini di settore), ferma restando, però, allo scadere del termine speciale o allungato, l'operatività del silenzio-assenso. Deve, quindi, escludersi che il nuovo silenzio-assenso tra pubbliche amministrazioni possa operare nei casi in cui l'atto di assenso sia chiesto da un'altra pubblica amministrazione non nel proprio interesse, ma nell'interesse del privato (destinatario finale dell'atto) che abbia presentato la relativa domanda tramite lo sportello unico. Non incide sull'applicabilità del nuovo istituto la circostanza, del tutto irrilevante, che l'istanza il privato la presenti direttamente o per il tramite di un'Amministrazione che si limita ad un ruolo di mera intermediazione, senza essere coinvolta, in qualità di autorità co-decidente, nel relativo procedimento". 9. Nel caso di specie, non vi è dubbio che al di là della effettiva natura pluristrutturata della procedura relativa alla autorizzazione paesaggistica, lo stesso procedimento sia stato attivato ad istanza di una parte privata”.>>.
Il Collegio, condividendo le argomentazioni innanzi richiamate, conclude, pertanto, nel senso della non applicabilità al caso di specie dell’art. 17 bis l. 241/1990.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 269 del 21 marzo 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano osserva che «secondo un consolidato principio giurisprudenziale (mutuabile in questa parte), per la formazione del silenzio assenso sulla domanda di permesso di costruire, si impone che l’istanza sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità, “giacché in assenza della documentazione prescritta dalle norme o di uno dei presupposti per la realizzazione dell’intervento edilizio, alcun titolo tacito può formarsi, considerato che l’eventuale inerzia dell’Amministrazione non può far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di un provvedimento espresso, trattandosi non di una deroga al regime autorizzatorio, ma di modalità semplificata di conseguimento dell’autorizzazione” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, sez. II, 2 luglio 2018, n. 1640; Id., Sez. I, 3 aprile 2018, n. 882; T.A.R. per la Puglia – sede di Bari, Sez. III, 12 maggio 2017, n. 492)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 957 del 29 maggio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano precisa che «Secondo la prevalente giurisprudenza, la formazione tacita dei provvedimenti amministrativi per silenzio assenso presuppone, quale sua condizione imprescindibile, non solo il decorso del tempo dalla presentazione della domanda senza che sia presa in esame e sia intervenuta risposta dall’Amministrazione, ma anche la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge, ossia degli elementi costitutivi della fattispecie di cui si deduce l’avvenuto perfezionamento, con la conseguenza che il silenzio assenso non si forma nel caso in cui la fattispecie rappresentata non sia conforme a quella normativamente prevista, e ciò in quanto esso costituisce uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione, per cui non si perfeziona con il mero decorrere del tempo ma richiede che concorra tutto quanto prescritto dalla legge per l’attribuzione del bene della vita perseguito (v. Consiglio di Stato, Sez. IV, 7/01/2019 n. 113). In tal senso si è espressa anche questa Sezione (v., tra le altre, sent. n. 882 del 03/04/2018), affermando che “la formazione del silenzio assenso sulla domanda di permesso di costruire postula che l'istanza sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità, giacché in assenza della documentazione prescritta dalle norme o di uno dei presupposti per la realizzazione dell'intervento edilizio, alcun titolo tacito può formarsi, considerato che l'eventuale inerzia dell'Amministrazione non può far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di un provvedimento espresso, trattandosi non di una deroga al regime autorizzatorio, ma di modalità semplificata di conseguimento dell'autorizzazione (T.A.R. Puglia, Bari, III, 12 maggio 2017, n. 492; 14 gennaio 2016, n. 37). Ciò appare in perfetta aderenza al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale il silenzio assenso non si forma in presenza di lacune documentali essenziali o incompletezze della pratica sottoposta all'esame dell'Amministrazione (ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 8 marzo 2017, n. 556; 12 ottobre 2016, n. 1855)”».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 634 del 15 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano richiama e fa proprio l’orientamento secondo cui non è ravvisabile alcun obbligo per l'Amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile ab extra l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità di atti amministrativi mediante l'istituto del silenzio-rifiuto, costituendo l'esercizio del potere di autotutela facoltà ampiamente discrezionale dell'Amministrazione che non ha alcun dovere giuridico di esercitarla; conseguentemente la P.A. non ha alcun obbligo di provvedere su istanze che sollecitino l'esercizio del potere di autotutela e sulle stesse non si forma il silenzio e la relativa azione, volta a dichiararne l'illegittimità, è da ritenersi inammissibile.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1251 del 10 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano afferma che la formazione del silenzio assenso sulla domanda di permesso di costruire, ai sensi dell’art. 20, comma 8, del DPR n. 380/2001, non è condizionata alla completezza della documentazione presentata, salvo i casi in cui la carenza impedisca all’amministrazione di avere una rappresentazione attendibile dei fatti, in quanto l’art. 20, comma 5, della legge n. 241/90 stabilisce che alla formazione del silenzio assenso si applicano l’articolo 2, comma 7, che disciplina la richiesta di integrazione documentale; formatosi il silenzio assenso, il successivo intervento dell’amministrazione deve rispettare i limiti previsti per l’esercizio dell’autotutela, ai sensi degli articoli 21quinquies e 21 nonies della legge n. 241/90.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 762 del 20 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


L’Adunanza Plenaria enuncia il seguente principio di diritto in tema di nulla osta dell’Ente Parco e silenzio assenso: «il silenzio assenso previsto dall’art. 13, commi 1 e 4, della legge n. 394 del 1991 non è stato implicitamente abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 80 del 2005, che, nell'innovare l'art. 20 della legge n. 241 del 1990, ha escluso che l'istituto generale del silenzio-assenso possa trovare applicazione in materia di tutela ambientale e paesaggistica».
La questione sottoposta dall'ordinanza di rimessione consisteva nel verificare se l’art. 20, comma 4, legge 7 agosto 1990 n. 241, come sostituito dall'art. 3, comma 6-ter, d.l. 14 marzo 2005 n. 35, come convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, nel disporre che «Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, […]» abroghi o meno la previsione dell’art. 13 (Nulla osta), comma 1 (e 4) legge 6 dicembre 1991 n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), secondo cui decorso inutilmente il termine di sessanta giorni dalla richiesta di nulla osta per concessioni o autorizzazioni relative a interventi il nulla osta si intende rilasciato.

La sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 del 27 luglio 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


Il Consiglio di Stato, in occasione del primo dei quesiti riguardanti l’attuazione della riforma di cui alla legge n. 124 del 2015, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio legislativo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, ha reso il parere in ordine all’articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall'articolo 3 della legge 7 agosto 2015, n. 124.
Il quesito della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha per oggetto l’ambito di applicazione soggettivo del nuovo istituto, l’ambito di applicazione oggettivo, i rapporti con la conferenza di servizi, le modalità di formazione del silenzio-assenso e l’esercizio del potere di autotutela dopo la formazione del silenzio-assenso (prima e dopo l’adozione del provvedimento finale).

Il parere del Consiglio di Stato n. 1640 del 13 luglio 2016 (adunanza della commissione speciale del 23 giugno 2016) è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


Il Consiglio di Stato, esaminando la disciplina in materia di nulla osta dell'Ente parco, preso atto che:
  • l’art 13, comma 1, della legge n. 394 del 1991 stabilisce che il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco, da rendersi entro il termine di sessanta giorni dalla richiesta, decorso il quale il nulla osta si intende rilasciato;
  • l’art. 20, comma 1, della legge n. 241 del 1990 prevede che nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'art. 2, commi 2 o 3, della stessa legge n. 241 del 1990, il provvedimento di diniego ovvero non procede con la convocazione della conferenza di servizi ai sensi del comma 2 dello stesso art. 20;
  • l'art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990 stabilisce tuttavia che la disciplina di cui allo stesso articolo non si applica agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico e l'ambiente;
  • fra le suddette disposizioni (art. 13 legge n. 394 del 1991 e art. 20 legge n. 241 del 1990) intercorre un’antinomia, per sciogliere la quale le Sezioni del Consiglio di Stato hanno fatto ricorso a criteri differenti, pervenendo in tal modo a soluzioni opposte;

ha disposto il deferimento della questione all'Adunanza Plenaria.

Il testo dell’ordinanza della Sezione Quarta del Consiglio di Stato n. 538 del 9 febbraio 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.