Il TAR Milano precisa che se è vero che la disciplina applicabile alle istanze per la collocazione di una infrastruttura per telecomunicazioni si caratterizza per la particolare celerità delle procedure, tali da non richiedere nemmeno l'allegazione del titolo di legittimazione all'istanza di autorizzazione, è anche vero che è necessario che tale titolo esista, posto che la legittimazione a effettuare l’intervento su immobile di proprietà altrui costituisce comunque uno dei requisiti di legge necessari per l’adozione del provvedimento abilitativo.

TAR Lombardia, Milano, II n. 3461 del 3 dicembre 2024


Nell’ipotesi di non corretta spendita dei poteri rappresentativi nella presentazione dell’offerta negli appalti pubblici, può trovare applicazione l’istituto della ratifica ex art. 1399 c.c. nei confronti della procura speciale, atteso che tale tipologia di vizi, in forza dei principi generali, non dà luogo a un’invalidità del negozio deducibile dalla controparte, ma la mera inefficacia del medesimo nei confronti della società falsamente rappresentata, la quale soltanto è legittimata a eccepirla

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 329 del 30 gennaio 2025


Il TAR Brescia ricostruisce il quadro interpretativo in materia di titoli edilizi in relazione a beni di natura condominiale, ricordando che la giurisprudenza prevalente ha affermato che: 1) i lavori edilizi, da eseguirsi su parti indicate come comuni del fabbricato e comportanti opere non connesse all'uso normale della cosa comune, devono essere preceduti dal previo assenso dei comproprietari, situazione questa che impone al Comune di accertare l'esistenza del consenso alla realizzazione da parte di tutti i condomini e, quindi, un preciso obbligo di istruttoria; 2) in sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio sussiste l’obbligo per l’amministrazione comunale di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti: a) siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili; b) non siano contestati; ciò in quanto il controllo da parte dell’ente locale si deve tradurre in una semplice presa d’atto dei limiti senza necessità di procedere ad un’accurata ed approfondita disamina dei rapporti dominicali, rimessi ai poteri di accertamento dell’autorità giudiziaria ordinaria; 3) se, dunque, l’amministrazione normalmente non è tenuta a svolgere indagini particolari in presenza di una richiesta edificatoria presentata da un condomino, al contrario, qualora uno o più condomini si attivino per denunciare il proprio dissenso rispetto al rilascio del titolo edilizio o sia evidente la compromissione del compendio condominiale, il Comune dovrà verificare se, a base dell’istanza edificatoria, sia riconducibile l’effettiva sussistenza della disponibilità del bene oggetto dell’intervento edilizio, circoscrivendo invero l’art. 11 del d.P.R. n. 380/2001 la legittimazione attiva all’ottenimento del titolo abilitativo al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo; 4) pertanto, qualora i lavori edilizi siano in grado di incidere su parti comuni del fabbricato e si tratti di opere non connesse all’uso normale della cosa comune (ex art. 1102 c.c.), essi abbisognano, in sede di rilascio del titolo autorizzativo, del previo assenso del condominio anche in relazione agli aspetti pubblicistici.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 919 del 15 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda che in tema di verifica dei titoli di proprietà privata dei soggetti richiedenti un titolo edilizio, l’Amministrazione comunale è certamente chiamata allo svolgimento di un’attività istruttoria per accertare la sussistenza del titolo legittimante, anche se all’Ente pubblico spetta soltanto la verifica, in capo al richiedente, di un titolo sostanziale idoneo a costituire la posizione legittimante, senza alcuna ulteriore e minuziosa indagine che si estenda fino alla ricerca di eventuali fattori limitativi, preclusivi o estintivi del titolo di disponibilità dell’immobile, allegato da chi presenta istanza edilizia; il che spiega perché il permesso di costruire e in genere i titoli edilizi sono sempre rilasciati con la formula “fatti salvi i diritti dei terzi”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 991 del 2 aprile 2024


Il TAR Milano precisa che è illegittima l’ordinanza comunale impositiva nei confronti degli eredi dell’obbligo di provvedere all’esecuzione di tutti i lavori atti alla messa in sicurezza di un fabbricato, nel caso in cui l’Ente procedente non abbia fornito la prova dell’avvenuta accettazione di eredità attraverso la presa di possesso dell’immobile, essendo a tal fine privi di rilevanza tutti quegli atti che non denotino in maniera univoca un’effettiva assunzione della qualità di erede. Aggiunge il TAR che se dovesse sussistere un pericolo per la pubblica incolumità – da accertare rigorosamente con accurata istruttoria, prima dell’emanazione del relativo provvedimento, al fine di individuare i soggetti tenuti a eseguire le misure di messa in sicurezza – è possibile attivare la procedura di cui all’art. 481 cod. civ. che stabilisce che “chiunque vi ha interesse può chiedere che l’autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3129 del 20 dicembre 2023


Il TAR Brescia condivide l’orientamento del Consiglio di Stato (cfr. Sez. IV 11.4.2007 n. 1654) secondo cui, ove i lavori edilizi interessino anche parti comuni del fabbricato e si tratti di opere non connesse all’uso normale della cosa comune, essi abbisognano del previo assenso dei comproprietari anche in relazione agli aspetti pubblicistici dell’attività edificatoria.


TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 793 del 11 agosto 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che:
<<le controversie concernenti la sussistenza di presupposti legittimanti la richiesta di un titolo edilizio (o i procedimenti assimilati) sono assoggettate al regime della c.d. “doppia tutela”, per cui il soggetto, che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia, è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell’autore dell’attività edilizia illecita (con giurisdizione del giudice ordinario) e, dall’altro, dell’interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell’Amministrazione, con cui tale attività sia stata autorizzata, consentita e permessa, da far valere di fronte al giudice amministrativo (con riguardo alle questioni in materia di distanze, Consiglio di Stato, IV, 14 gennaio 2016, n. 81; 3 agosto 2016, n. 3511; 31 marzo 2015, n. 1692; T.A.R. Lombardia, Milano II, 26 luglio 2017, n. 1680; 5 dicembre 2016, n. 2301). Tuttavia, nella giurisdizione amministrativa i rapporti privatistici che possono avere rilevanza ai fini della legittimazione a richiedere il titolo edilizio vengono presi in esame solo quando siano per sé evidenti, o quando gli interessati abbiano di loro iniziativa rappresentato agli Uffici comunali eventuali contese in grado di incidere sulla legittimazione a chiedere il ridetto titolo edilizio (T.A.R. Lombardia, Brescia, I, 26 marzo 2019, n. 276); difatti, l’art. 11 del D.P.R. n. 380 del 2001, esigendo dal Comune la verifica dell’esistenza in capo al richiedente un permesso edilizio di un idoneo titolo di godimento sull’immobile, non impone di risolvere eventuali conflitti di interesse tra le parti private in ordine all’assetto proprietario o in ragione della presenza di altri diritti reali o personali di godimento, ma ha la finalità di consentire di accertare soltanto il requisito della legittimazione soggettiva di colui che richiede il permesso o che presenta l’istanza (nel caso di d.i.a., s.c.i.a. o c.i.l.a.). In tal senso, l’Amministrazione è tenuta a svolgere un livello di istruttoria che comprende l’acquisizione di tutti gli elementi sufficienti a dimostrare la sussistenza di un qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza e il bene giuridico oggetto dell’autorizzazione, senza che l’esame del titolo di godimento operato dalla P.A. costituisca un’illegittima intrusione in ambito privatistico, essendo finalizzato soltanto ad assicurare un ordinato svolgimento delle attività sottoposte al controllo autorizzatorio (Consiglio di Stato, II, 14 luglio 2020, n. 4575; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 4 settembre 2020, n. 1643; 23 dicembre 2019, n. 2729).
Nondimeno, si deve escludere, anche al fine di non aggravare il procedimento, che l’Amministrazione sia tenuta a svolgere complessi e laboriosi accertamenti, essendo necessaria soltanto una verifica minima e di immediata realizzazione, pena un’insufficiente istruttoria (ex multis, Consiglio di Stato, V, 17 giugno 2014, n. 3096; IV, 6 marzo 2012, n. 1270; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 17 dicembre 2021, n. 2837; 26 giugno 2019, n. 1486; 8 aprile 2019, n. 767; 21 gennaio 2019, n. 112; 13 settembre 2018, n. 2065; 31 gennaio 2017, n. 235; T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 5 novembre 2015, n. 5137).
Inoltre, come chiarito da recente giurisprudenza, il potere di controllo dell’Amministrazione in sede di rilascio dei titoli edilizi (al pari di quello esercitato in sede inibitoria) deve essere collegato al riscontro di profili di illegittimità per contrasto con leggi, regolamenti, piani, programmi e regolamenti edilizi, mentre non può essere esercitato a tutela di diritti di terzi non riconducibili a quelli connessi con interessi di natura pubblicistica; tra questi ultimi non rientrano, ad esempio, aspetti afferenti alla legittimazione attiva del richiedente il titolo edilizio in presenza di beni comuni di cui è contestato l’utilizzo (cfr. Consiglio di Stato, IV, 24 febbraio 2022, n. 1302).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1669 del 12 luglio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano osserva:
<<2.3. Va anzitutto osservato che le controversie concernenti la sussistenza dei presupposti legittimanti la richiesta di un titolo edilizio (o i procedimenti assimilati) sono assoggettate al regime della c.d. “doppia tutela”, per cui il soggetto, che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia, è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell’autore dell’attività edilizia illecita (con giurisdizione del giudice ordinario) e, dall’altro, dell’interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell’amministrazione, con cui tale attività sia stata autorizzata, consentita e permessa, da far valere di fronte al giudice amministrativo (cfr. Consiglio di Stato, IV, 14 gennaio 2016, n. 81; 3 agosto 2016, n. 3511; 31 marzo 2015, n. 1692; T.A.R. Lombardia, Milano II, 17 dicembre 2021, n. 2837; 26 luglio 2017, n. 1680; 5 dicembre 2016, n. 2301).
In particolare, il potere di controllo dell’amministrazione in sede di rilascio dei titoli edilizi (al pari di quello esercitato in sede inibitoria) deve essere collegato al riscontro di profili di illegittimità per contrasto con leggi, regolamenti, piani, programmi e regolamenti edilizi, mentre non può essere esercitato a tutela di diritti di terzi non riconducibili a quelli connessi con interessi di natura pubblicistica; tra questi ultimi rientrano, ad esempio, il rispetto delle distanze dai confini di proprietà o del distacco dagli edifici oppure i casi conclamati di inesistenza di un titolo giuridico che fondi la legittimazione attiva del richiedente il titolo edilizio (cfr. Consiglio di Stato, IV, 24 febbraio 2022, n. 1302; T.A.R. Lombardia, Milano, 14 aprile 2022, n. 854).
omissis
Invece, l’amministrazione, quando venga a conoscenza di contestazioni sul diritto del richiedente il titolo abilitativo, deve compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, senza però sostituirsi a valutazioni squisitamente civilistiche (che appartengono alla competenza del giudice ordinario), arrestandosi dal procedere solo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi prima facie attendibili (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 aprile 2018, n. 2397; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 20 gennaio 2020, n. 117; id., 23 dicembre 2019, n. 2728).>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1129 del 16 maggio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che la previsione di cui all’art. 36 t.u.e. consente di presentare istanza di accertamento di conformità al proprietario e al responsabile dell’abuso; i soggetti legittimati sono, quindi, due: il proprietario (o i proprietari in caso di comunione del diritto reale) dell'immobile e il responsabile dell'abuso (o i responsabili ove siano più d’uno) che potrebbe non avere una relazione giuridica qualificata con il bene ma è, comunque, titolare dell’interesse alla rimozione degli effetti negativi derivanti dalla realizzazione di opere abusive.
In ordine al rapporto tra i due soggetti, il TAR Milano ricorda che il Consiglio di Stato evidenzia, in relazione alla diversa previsione dell’art. 31 della L. n. 47/1985, come non sia comunque consentito il rilascio della conseguente concessione edilizia in sanatoria senza che sia acquisito in modo univoco il consenso comunque manifestato dal proprietario (Consiglio di Stato, Sez. VI, 22.5.2018, n. 3049). Con specifico riferimento alle situazioni di comproprietà il Consiglio di Stato sottolinea come “il soggetto legittimato alla richiesta del titolo abilitativo deve essere colui che abbia la totale disponibilità del bene, pertanto l’intera proprietà dello stesso e non solo una parte o quota di esso”; non può, quindi, riconoscersi legittimazione “al semplice proprietario pro quota ovvero al comproprietario di un immobile, e ciò per l’evidente ragione che diversamente considerando il contegno tenuto da quest’ultimo potrebbe pregiudicare i diritti e gli interessi qualificati dei soggetti con cui condivida la propria posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento”; pertanto, “in caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, di conseguenza, la domanda di rilascio di titolo edilizio - sia esso o meno titolo in sanatoria di interventi già realizzati - dovrà necessariamente provenire congiuntamente da tutti i soggetti vantanti un diritto di proprietà sull’immobile, potendosi ritenere d’altra parte legittimato alla presentazione della domanda il singolo comproprietario solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l’esistenza di una sorta di c.d. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 settembre 2016, n. 3823)” (Consiglio di Stato, Sez. II, 12.3.2020, n. 1766).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2919 del 24 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia ricorda che, secondo il consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, il Comune deve accertare che chi richiede il provvedimento ampliativo abbia titolo per disporre del bene e, qualora venga a conoscenza dell'esistenza di contestazioni sul diritto del richiedente il titolo abilitativo, debba compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, senza però sostituirsi a valutazioni squisitamente civilistiche (che appartengono alla competenza dell'A.G.O.), arrestandosi dal procedere solo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi prima facie attendibili.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 648 del 9 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano afferma che la domanda volta al rilascio del permesso di costruire (inclusa quello in sanatoria) può essere presentata anche da persona diversa dal proprietario, purché il richiedente abbia titolo a disporre del suolo e vi sia la materiale disponibilità dell'area da parte dell'istante, anche se persona diversa dal proprietario, per cui è legittimato anche un soggetto, come il conduttore, che si trovi rispetto al bene immobile in un rapporto qualificato; deve quindi escludersi che il titolare di un diritto di servitù non abbia la legittimazione a chiedere il rilascio di un permesso di costruire per lavori da eseguire sul fondo servente, ponendosi esclusivamente un problema di limiti, cioè del rispetto dell’art. 1069 c.c. secondo il quale il proprietario del fondo dominante può effettuare sul fondo servente le sole opere necessarie per conservare la servitù.
Aggiunge poi il TAR che, per quanto riguarda poi i controlli che competono all’amministrazione in sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio, sussiste l’obbligo per il Comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili e/o non contestati, di modo che il controllo da parte dell’Ente locale si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi senza necessità di procedere ad un’accurata e approfondita disanima dei rapporti civilistici, sicché l’amministrazione normalmente non è tenuta a svolgere indagini particolari in presenza di una richiesta edificatoria, salvo che sia manifestamente riconoscibile l’effettiva insussistenza della piena disponibilità del bene oggetto dell’intervento edificatorio in relazione al tipo di intervento richiesto; l’accertamento demandato all’Ente locale va compiuto con “serietà e rigore” e la più recente giurisprudenza, superando l'indirizzo più risalente, è oggi allineata nel senso che l'Amministrazione, quando venga a conoscenza dell'esistenza di contestazioni sul diritto del richiedente il titolo abilitativo, debba compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, senza però sostituirsi a valutazioni squisitamente civilistiche (che appartengono alla competenza dell’A.G.O.), arrestandosi dal procedere solo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi prima facie attendibili.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2728 del 23 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano precisa che le parti comuni dell’edificio non sono di proprietà dell’ente condominio, ma dei singoli condomini; a tanto consegue che la misura volta a colpire l’abuso realizzato sulle parti comuni deve essere indirizzata esclusivamente nei confronti dei singoli condomini, in quanto unici (com)proprietari delle stesse.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1764 del 29 luglio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che l’art. 11 del DPR 380/01 stabilisce che il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo; tale legittimazione, che vale anche per gli altri titoli edilizi previsti dalla normativa nazionale e regionale, non trova limite nel fatto che le opere edilizie siano finalizzate alla gestione di un servizio che la legge riserva solo a determinati soggetti in quanto lo jus aedificandi non si confonde con lo jus utendi, fruendi et abutendi del bene realizzato.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 519 dell’11 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia, con riferimento ai poteri di controllo sulla legittimazione alla richiesta del titolo abilitativo chiarisce che:
- in base all’art. 11 comma 1 del DPR 380/2001, il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo, e tale ultima espressione va intesa nel senso più ampio di una legittima disponibilità dell’area, in base ad una relazione qualificata con il bene, sia essa di natura reale, o anche solo obbligatoria, purché, in questo caso, con il consenso del proprietario;
- il controllo sulla legittimazione all’istanza del titolo abilitativo va esercitato con serietà e rigore, dovendo pertanto l’autorità pubblica accertare che l’istante sia il proprietario dell'immobile oggetto dell'intervento costruttivo o che, comunque, abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l'attività edificatoria;
- l’onere del Comune è dunque quello ricercare la sussistenza di un titolo (di proprietà, di altri diritti reali, etc.) che fonda una relazione giuridicamente qualificata tra soggetto e bene oggetto dell’intervento, e che possa renderlo destinatario di un provvedimento amministrativo autorizzatorio, senza che l’Ente locale debba comprovare – prima del rilascio – la “pienezza” (nel senso di assenza di limitazioni) del titolo medesimo, dato che ciò comporterebbe l’attribuzione all’amministrazione di un potere di accertamento della sussistenza (o meno) di diritti reali e del loro “contenuto”, ad essa non assegnato dall’ordinamento;
- in sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio sussiste l’obbligo per il Comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili e/o non contestati, di modo che il controllo da parte dell’Ente locale si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi senza necessità di procedere ad un’accurata e approfondita disanima dei rapporti civilistici, sicché l’amministrazione normalmente non è tenuta a svolgere indagini particolari in presenza di una richiesta edificatoria, salvo che sia manifestamente riconoscibile l’effettiva insussistenza della piena disponibilità del bene oggetto dell’intervento edificatorio in relazione al tipo di intervento richiesto;
- l’accertamento demandato all’Ente locale va compiuto con serietà e rigore, e la più recente giurisprudenza, superando l'indirizzo più risalente, è oggi allineata nel senso che l'Amministrazione, quando venga a conoscenza dell'esistenza di contestazioni sul diritto del richiedente il titolo abilitativo, debba compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, senza però sostituirsi a valutazioni squisitamente civilistiche (che appartengono alla competenza dell’A.G.O.), arrestandosi dal procedere solo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi prima facie attendibili.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 70 del 21 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato aderisce all’orientamento secondo cui la verifica del comune in ordine al rispetto della disciplina privatistica deve essere circoscritta a quei limiti agevolmente conoscibili ovvero effettivamente conosciuti e non contestati; infatti, non è concretamente esigibile un approfondimento da parte del comune di ogni singolo aspetto privatistico relativo ai rapporti tra condomini e di vicinato astrattamente idoneo a riflettersi sulla legittimazione del richiedente il titolo edilizio (nella fattispecie è stato rilevato che il mancato rispetto della distanza dalla proprietà confinante ledeva anche un limite legale, da ritenersi, pertanto, un limite “agevolemente conoscibile” e dunque verificabile anche in sede amministrativa, da cui la legittimità del rilievo concernente il mancato assenso della proprietà confinante).

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 6860 del 3 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Brescia, con riferimento alle limitazioni negoziali del diritto di costruire, aderisce alla più recente giurisprudenza che è oggi allineata nel senso che l'Amministrazione, quando venga a conoscenza dell'esistenza di contestazioni sul diritto del richiedente il titolo abilitativo, debba compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, senza però sostituirsi a valutazioni squisitamente civilistiche (che appartengono alla competenza dell’A.G.O.), arrestandosi dal procedere solo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi prima facie attendibili.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 924 del 28 settembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.