Il TAR Milano osserva che la valutazione degli interventi oggetto di istanza di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 deve essere complessiva e globale, non potendosi ammettere la parcellizzazione degli abusi ai fini della loro regolarizzazione poiché la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l’effettiva portata dell’operazione. Deve, quindi, escludersi l’ammissibilità di sanatorie parziali o condizionate di opere abusive che abbiano dato luogo a un intervento unitario, giacché l’art. 36 cit. ha riguardo, appunto, all’intervento abusivo nella sua interezza e non alla singola opera abusiva. In tale evenienza, pertanto, l’interessato è tenuto a scegliere tra l’integrale ripristino dello stato dei luoghi, mediante la demolizione e rimozione di tutte le opere accertate come abusive dall’amministrazione competente, ovvero la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità riferita alla totalità dell’intervento abuso.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2758 del 17 ottobre 2024


Il TAR Brescia aderisce alla recente giurisprudenza amministrativa, anche dello stesso Tribunale, secondo la quale la presentazione dell’istanza di sanatoria non comporta l’inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, ma la mera sospensione dei suoi effetti, sicché, respinta la sanatoria, la demolizione temporaneamente inefficace in pendenza del procedimento di sanatoria, riprende vigore.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 615 del 8 luglio 2024


Il TAR Milano osserva che l’art. 36, comma 1, del DPR 380/2001 consente l’accertamento di conformità “fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative”; in ordine all’interpretazione della norma si sono formati orientamenti giurisprudenziali contrastanti e sulla questione è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 16/2023, le cui considerazioni sono condivise dal Tribunale. Quest’ultima impostazione ermeneutica ha chiarito che, ove non venga dimostrata l’impossibilità di eseguire l’ordinanza di demolizione nei termini, al privato è preclusa la presentazione oltre il termine di 90 giorni dell’istanza di sanatoria e ciò in considerazione del fatto che alla scadenza del termine di 90 giorni, l’Amministrazione è ipso iure proprietaria del bene abusivo. Non può invece ritenersi che l’istanza ex art. 36. comma 1, possa essere presentata fino all’irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 4 bis dell’art. 31, facendo leva sul riferimento generico contenuto nell’art. 36 alla locuzione “fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative”. Infatti, la situazione del proprietario, che lascia trascorrere inutilmente il termine per demolire, è quella del soggetto non più legittimato a presentare l’istanza di accertamento di conformità, avendo perduto ogni titolo di legittimazione rispetto al bene.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2223 del 17 luglio 2024


Il TAR Milano ricorda che i provvedimenti che sanzionano l'attività edilizia abusiva - ivi compresi i dinieghi di sanatoria - sono atti vincolati che non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né ancora alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare, e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi; sicché è legittima e doverosa l'adozione del provvedimento di diniego del condono anche quando sia trascorso un lungo periodo di tempo dalla presentazione dell'istanza, senza necessità di una specifica motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse, ulteriori rispetto a quelle inerenti al ripristino della legittimità violata; la circostanza che il diniego del Comune sia stato emesso a distanza di ben quindici anni dalla presentazione dell’istanza di condono, non permette perciò di radicare alcun affidamento tutelabile, né per quanto riguarda l’estensione delle categorie della sanatoria, né relativamente alla persistenza del potere di intimare la rimessione in pristino.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1663 del 31 maggio 2024


Il TAR Milano richiama la giurisprudenza secondo la quale la valutazione degli interventi oggetto di istanza di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 deve essere complessiva e globale, non potendosi ammettere la parcellizzazione degli abusi ai fini della loro regolarizzazione poiché la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l'effettiva portata dell'operazione; deve, quindi, escludersi l’ammissibilità di sanatorie parziali o condizionate di opere abusive che abbiano dato luogo a un intervento unitario, giacché l’art. 36 cit. ha riguardo, appunto, all’intervento abusivo nella sua interezza e non alla singola opera abusiva. Dall’altro, non è consentito il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione. La sanatoria “condizionata”, o “con prescrizioni”, contraddice infatti sul piano logico la previsione di legge nella misura in cui contiene in sé la negazione della “doppia conformità”, e ad analoghe conclusioni deve pervenirsi qualora gli interventi volti a conformare gli abusi alla disciplina urbanistico-edilizia vengano apportati preliminarmente su iniziativa dello stesso richiedente il titolo in sanatoria, tanto più che le opere realizzate su manufatti abusivi partecipano della medesima natura di questi ultimi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 629 del 5 marzo 2024


Il TAR Brescia avverte che la natura vincolata del procedimento ex art. 36 DPR 380/2001 non lascia spazio all’accertamento di presupposti di fatto non esistenti, ipotetici, prospettati. L’intera sequenza procedimentale norma – fatto – potere – effetto ne uscirebbe stravolta poiché il provvedimento conclusivo sarebbe adottato sulla base di una conformità non esistente se non attraverso l’esecuzione di modifiche di rilievo sostanziale sul piano fattuale e successive alla stessa presentazione dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria. In tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, 23 novembre 2022 n. 10317, secondo cui “deve escludersi che il titolo in sanatoria possa contenere alcuna prescrizione, in particolare sub specie di previsione di interventi modificativi dello stato di fatto rilevato al momento dell'accertamento degli abusi, poiché un simile titolo “condizionato” postulerebbe, in contrasto con l'art. 36 d.P.R. n. 380/2001, non già la “doppia conformità” delle opere abusive, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì eventualmente solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 980 del 30 dicembre 2023.


Il TAR Milano osserva che la c.d. sanatoria di cui all’art. 36 del TUE esclude la possibilità per l’autore dell’abuso di eseguire ulteriori opere per conformare l’abuso alla legge; di conseguenza, se l’autore di un abuso accertato non può eseguire opere successive per conformare lo stesso alla legge, parimenti il provvedimento demolitorio non può imporre l’esecuzione di nuovi e gravosi interventi edilizi, ma solo la rimozione dell’esistente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2374 del 18 ottobre 2023


Il TAR Milano rammenta che la sanatoria parziale non è ammessa, in quanto, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale delle opere medesime, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere in modo adeguato l’impatto effettivo degli interventi compiuti; i molteplici interventi eseguiti non vanno considerati cioè in maniera “frazionata”; essi, al contrario, debbono essere vagliati in un quadro di insieme e non segmentato



Il TAR Milano precisa che non può ammettersi la legittimità di una richiesta di permesso di costruire in sanatoria per il tramite della quale la parte pretenda di raggiungere lo stato di conformità dei luoghi realizzando ulteriori opere edilizie, poiché il presupposto dell’accertamento di conformità è che la situazione di fatto attualmente abusiva sia già conforme alla disciplina urbanistica dell’epoca di realizzazione e di quella della domanda, mentre non è ammesso che divenga conforme attraverso ulteriori opere edili.


Il TAR Brescia ricorda che per le opere abusive che presentino la doppia conformità è sempre possibile la sanatoria tramite fiscalizzazione dell’abuso, indipendentemente dal titolo mancante (a seconda dei casi, v. art. 6-bis comma 5, art. 36, e art. 37 comma 4 del DPR 380/2001), mentre per le opere in contrasto con la pianificazione urbanistica non è possibile alcuna sanatoria (ad eccezione dell’ipotesi di difformità parziale ex art. 34 comma 2 del DPR 380/2001).
Questo vale anche per gli interventi che ricadono nell’attività edilizia libera ex art. 6 del DPR 380/2001, sia per ragioni sistematiche (la parziale liberalizzazione dell’attività edilizia è uno strumento di semplificazione, ma non attribuisce diritti edificatori in contrasto con la pianificazione urbanistica), sia perché la predetta norma esordisce con un’apposita clausola di salvaguardia (“Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali”).
Inoltre, il TAR precisa che se non possono essere sanate, le opere abusive devono essere demolite. Se la demolizione non viene eseguita dall’interessato, deve subentrare una risposta dell’amministrazione che garantisca l’interesse pubblico all’effettivo ripristino dello stato dei luoghi. Il meccanismo stabilito dall’art. 31 commi 3, 4 e 4-bis del DPR 380/2001 a tutela del permesso di costruire trova quindi necessaria applicazione con riguardo a tutte le opere prive di conformità urbanistica, sulla base del comune denominatore costituito dall’esigenza di ripristinare la situazione anteriore all’abuso. Un’interpretazione diversa, che per il caso di omessa demolizione limitasse la perdita della proprietà e la sanzione pecuniaria ai soli interventi realizzabili con permesso di costruire, avrebbe quale conseguenza irragionevole la legittimazione di fatto di tutti i microabusi, ossia l’inefficacia delle prescrizioni della pianificazione urbanistica che vietano o limitano le edificazioni minori in alcune zone del territorio comunale. Sotto questo profilo, la demolizione d’ufficio non è evidentemente un rimedio altrettanto efficace, né applicabile su ampia scala.

TAR Lombardia, Brescia, n. 546 del 26 giugno 2023


Il TAR Brescia ricorda che la presentazione da parte del proprietario di una SCIA in sanatoria non rende l’impugnazione dell’ordinanza di demolizione improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse; infatti, in pendenza del procedimento di sanatoria, l’efficacia dell’ordinanza di demolizione resta sospesa, salvo riespandersi in caso di diniego di accertamento di conformità.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 497 del 7 giugno 2023


Il TAR Milano precisa che la prova dell'anteriorità dell'intervento al 1° settembre 1967, in quanto strumentale ad avvalersi di una normativa eccezionale di favore, deve essere rigorosa, tanto più quando – come nella fattispecie – dalla sua mancanza non deriva l'insanabilità assoluta delle opere, bensì il solo sgravio economico degli oneri concessori (così TAR Milano, IV, 23 febbraio 2022 n. 446); in tale contesto, solo la deduzione, da parte dell’interessato, di concreti elementi a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce il suddetto onere in capo all´amministrazione (cfr. T.A.R. Napoli sez. III, 17 luglio 2019 n. 3936; T. A. R. Salerno, Sez. II, 11 ottobre 2019 n. 1727; C.G.A.R.S. 03 luglio 2019 n. 642; T.A.R. Napoli sez. III, 20 aprile 2016 n. 1957; id., sez. VI, 17 settembre 2015 n. 4565; Tar Firenze, sez. III, 14 maggio 2014 n. 795; Cons. St., sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 45; id, sez. V, 9 novembre 2009, n. 6984; T.A.R. Palermo, Sez. III, 14 febbraio 2014 n. 528, con riferimento alla data rilevante ai fini del pagamento degli oneri di urbanizzazione).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1306 del 30 maggio 2023.


Il TAR Milano ricorda che, per consolidata giurisprudenza, colui che non ha tempestivamente impugnato il rigetto dell’istanza di sanatoria dell'opera abusivamente realizzata decade dalla possibilità di rimettere in discussione le ragioni del diniego in sede di impugnazione dell'ordine di demolizione, che in esso rinviene il suo presupposto (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 maggio 2021, n. 3565).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 971 del 19 aprile 2023.


Il Tar Milano afferma che per quanto una parte della giurisprudenza (Cfr. Tar Calabria, Catanzaro, Sez. II, 2 novembre 2022, n. 1899) ammetta la possibilità per i terzi di impugnare i titoli in sanatoria dalla data di effettiva conoscenza dell’avvenuto rilascio del titolo, il concetto di “piena conoscenza” di cui all’art. 41, co. 2, c.p.a. – momento dal quale decorre il termine di decadenza per l’impugnazione – non si può dilatare sino a vanificare il principio di certezza dei rapporti giuridici e di stabilità dei provvedimenti amministrativi ammettendo la tempestività di un’impugnazione a moltissimi anni dal rilascio del titolo senza nemmeno una plausibile allegazione delle circostanze che ne hanno impedito la conoscenza tempestiva (cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 30 marzo 2023, n. 804).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 970 del 19 aprile 2023.


Il TAR Milano rigetta la tesi di parte ricorrente secondo la quale sarebbe ammissibile la “Scia in sanatoria” sulla base del seguente percorso motivazionale:
<<Ciò per la considerazione che il nostro ordinamento non ammette, a regime, una sanatoria diversa da quella contemplata dall’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, che prevede anzitutto che la richiesta di permesso sia specificamente indirizzata alla sanatoria di opere già eseguite e che, dal punto di vista procedimentale, pone la regola secondo cui la richiesta in sanatoria si intende rifiutata se il Comune non provvede espressamente entro 60 giorni.
Il ricorrente, nella ricostruzione proposta, pretende invece di aver sanato delle opere abusive per il tramite di una Scia (quella del 2020), senza che la stessa soddisfacesse i requisiti di cui all’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 – che devono intendersi come tassativi poiché la sanatoria è istituto di carattere eccezionale – e, anzi, ricollegando al silenzio un significato, positivo, opposto rispetto a quello, invece di diniego, che la norma riconnette in caso di presentazione di richiesta di sanatoria (cfr., in termini, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 29 settembre 2022, n. 2126).
In altre parole, il ricorrente non può derogare all’eccezionale regime previsto dall’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 per l’accertamento di conformità di opere abusive per il sol fatto di scegliere un regime – quello della Scia – non deputato a ciò. Diversamente opinando, si arriverebbe alla conclusione – assolutamente estranea al sistema – che sussista per il privato la facoltà di introdurre inammissibilmente una forma atipica di sanatoria (che si realizza appunto per silenzio assenso) e a fronte della quale l’amministrazione non avrebbe nemmeno il potere di provvedere, espressamente o per silenzio, secondo l’unica regola stabilita dall’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, ma per la quale essa dovrebbe invece attivare i poteri inibitori dettati dall’art. 19 l. n. 241/1990 per il regime autorizzatorio di un altro tipo di opere.>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2744 del 13 dicembre 2022.


Il TAR Milano precisa che non può ammettersi la legittimità di una richiesta di permesso di costruire in sanatoria per il tramite della quale la parte pretenda di raggiungere lo stato di conformità dei luoghi realizzando ulteriori opere edilizie, poiché il presupposto dell’accertamento di conformità è che la situazione di fatto attualmente abusiva sia già conforme alla disciplina urbanistica dell’epoca di realizzazione e di quella della domanda, mentre non è ammesso che divenga conforme attraverso ulteriori opere edili.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2126 del 29 settembre 2022.


Il TAR Milano precisa che la previsione di cui all’art. 36 t.u.e. consente di presentare istanza di accertamento di conformità al proprietario e al responsabile dell’abuso; i soggetti legittimati sono, quindi, due: il proprietario (o i proprietari in caso di comunione del diritto reale) dell'immobile e il responsabile dell'abuso (o i responsabili ove siano più d’uno) che potrebbe non avere una relazione giuridica qualificata con il bene ma è, comunque, titolare dell’interesse alla rimozione degli effetti negativi derivanti dalla realizzazione di opere abusive.
In ordine al rapporto tra i due soggetti, il TAR Milano ricorda che il Consiglio di Stato evidenzia, in relazione alla diversa previsione dell’art. 31 della L. n. 47/1985, come non sia comunque consentito il rilascio della conseguente concessione edilizia in sanatoria senza che sia acquisito in modo univoco il consenso comunque manifestato dal proprietario (Consiglio di Stato, Sez. VI, 22.5.2018, n. 3049). Con specifico riferimento alle situazioni di comproprietà il Consiglio di Stato sottolinea come “il soggetto legittimato alla richiesta del titolo abilitativo deve essere colui che abbia la totale disponibilità del bene, pertanto l’intera proprietà dello stesso e non solo una parte o quota di esso”; non può, quindi, riconoscersi legittimazione “al semplice proprietario pro quota ovvero al comproprietario di un immobile, e ciò per l’evidente ragione che diversamente considerando il contegno tenuto da quest’ultimo potrebbe pregiudicare i diritti e gli interessi qualificati dei soggetti con cui condivida la propria posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento”; pertanto, “in caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, di conseguenza, la domanda di rilascio di titolo edilizio - sia esso o meno titolo in sanatoria di interventi già realizzati - dovrà necessariamente provenire congiuntamente da tutti i soggetti vantanti un diritto di proprietà sull’immobile, potendosi ritenere d’altra parte legittimato alla presentazione della domanda il singolo comproprietario solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l’esistenza di una sorta di c.d. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 settembre 2016, n. 3823)” (Consiglio di Stato, Sez. II, 12.3.2020, n. 1766).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2919 del 24 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano aderisce alla più recente giurisprudenza secondo la quale «La presentazione di un’istanza di accertamento di conformità, quando è già stato instaurato un procedimento sanzionatorio, concretizzatosi nell’adozione di un’ingiunzione a demolire, ne comporta la perdita di efficacia solo temporaneamente, ossia per il tempo strettamente necessario alla definizione, anche solo tacita, della sanatoria. Di conseguenza, in caso di mancato accoglimento dell’istanza di accertamento di conformità, il provvedimento sanzionatorio riacquista efficacia senza la necessità, per l’Amministrazione, di riadottare l’atto demolitorio […]» (Consiglio di Stato, II, 6 maggio 2021 n. 3545).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2152 del 6 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ritiene illegittimo un diniego di sanatoria che ha introdotto nuove ragioni di diniego rispetto ai motivi contenuti nel preavviso di diniego e, quindi, senza che di tali motivi ostativi sia stato reso edotto il destinatario del provvedimento, in violazione dell’art. 10-bis della L. n. 241/1990; la norma è infatti finalizzata a una partecipazione piena e collaborativa del privato al procedimento, esigenza che nel caso di specie è stata frustrata, non consentendo al proprietario del bene di interloquire sull’effettivo utilizzo del medesimo (sull’applicabilità dell’istituto del preavviso di rigetto anche ai procedimenti di sanatoria e condono, vedi T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 3 dicembre 2019, n. 2566).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2089 del 29 settembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri