Garanzie partecipative prima dell’esercizio dei poteri di controllo e inibitori sulla SCIA
Attività sollecitatoria del terzo che si assume leso dall’attività edilizia oggetto di SCIA
Potere inibitorio a fronte di SCIA relativa a intervento per il quale è necessario il permesso di costruire
<<Ciò per la considerazione che il nostro ordinamento non ammette, a regime, una sanatoria diversa da quella contemplata dall’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, che prevede anzitutto che la richiesta di permesso sia specificamente indirizzata alla sanatoria di opere già eseguite e che, dal punto di vista procedimentale, pone la regola secondo cui la richiesta in sanatoria si intende rifiutata se il Comune non provvede espressamente entro 60 giorni.Il ricorrente, nella ricostruzione proposta, pretende invece di aver sanato delle opere abusive per il tramite di una Scia (quella del 2020), senza che la stessa soddisfacesse i requisiti di cui all’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 – che devono intendersi come tassativi poiché la sanatoria è istituto di carattere eccezionale – e, anzi, ricollegando al silenzio un significato, positivo, opposto rispetto a quello, invece di diniego, che la norma riconnette in caso di presentazione di richiesta di sanatoria (cfr., in termini, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 29 settembre 2022, n. 2126).In altre parole, il ricorrente non può derogare all’eccezionale regime previsto dall’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 per l’accertamento di conformità di opere abusive per il sol fatto di scegliere un regime – quello della Scia – non deputato a ciò. Diversamente opinando, si arriverebbe alla conclusione – assolutamente estranea al sistema – che sussista per il privato la facoltà di introdurre inammissibilmente una forma atipica di sanatoria (che si realizza appunto per silenzio assenso) e a fronte della quale l’amministrazione non avrebbe nemmeno il potere di provvedere, espressamente o per silenzio, secondo l’unica regola stabilita dall’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, ma per la quale essa dovrebbe invece attivare i poteri inibitori dettati dall’art. 19 l. n. 241/1990 per il regime autorizzatorio di un altro tipo di opere.>>
Proroga dei termini di inizio e di conclusione dei lavori in caso di DIA o SCIA
<<Il dato testuale e l’interpretazione dominante della giurisprudenza amministrativa escludono che l’art. 15, espressamente dettato per il permesso di costruire, possa trovare applicazione anche con riguardo ai termini di conclusione dei lavori oggetto di SCIA.Osta a tale applicazione, innanzi tutto, il chiaro dato normativo: l’art. 23 comma 2 stabilisce che in caso di mancata ultimazione dei lavori il completamento dell’intervento è subordinato ad una nuova SCIA da presentarsi da parte del privato («La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova segnalazione.»).Analoga norma è contenuta nell’art. 42 comma 6 della legge regionale (LR) della Lombardia sul governo del territorio n. 12/2005, secondo cui: «I lavori oggetto della segnalazione certificata di inizio attività devono essere iniziati entro un anno dalla data di efficacia della segnalazione stessa ed ultimati entro tre anni dall’inizio dei lavori. La realizzazione della parte di intervento non ultimata nel predetto termine è subordinata a nuova segnalazione».Anche la giurisprudenza della scrivente Sezione, confermata dal Consiglio di Stato, ha concluso per l’inapplicabilità dell’art. 15 alle SCIA (ovvero alle DIA).Sul punto sia consentito il rinvio, quali precedenti conformi ex art. 74 del c.p.a., alla sentenza di questa Sezione II n. 1764/2015, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza della Sezione IV n. 572/2017 ed all’ulteriore pronuncia di questa Sezione II n. 619/2013, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza della Sezione IV n. 5969/2013.>>
DIA in carenza di un atto di pertinenzialità richiesto dal regolamento edilizio
<<In effetti, esaminando la concreta fattispecie oggetto di giudizio, emerge che la d.i.a. del … non è mai divenuta efficace, in assenza del vincolo unilaterale di pertinenzialità che si era impegnata a produrre la dante causa del ricorrente. Tale vincolo risultava necessario al fine di rendere conforme alla vigente regolamentazione urbanistica ed edilizia l’intervento correlato alla realizzazione di locali pertinenziali, posto che diversamente gli stessi sarebbero stati computati nella s.l.p. e avrebbero determinato il superamento della superficie ammessa, con il correlato dovere in capo al Comune di inibire l’intervento …A conforto di tale soluzione milita la circostanza che, a differenza del caso riguardante l’adozione di un provvedimento amministrativo, qual è il permesso di costruire, il cui contenuto e gli effetti sono totalmente riferibili all’Amministrazione procedente, pur in presenza di un procedimento avviato o mediato da un’istanza del privato, in caso di utilizzo del modulo procedimentale riconducile alla d.i.a. (oggi s.c.i.a.) ci si trova al cospetto di un’attività e di un atto soggettivamente e oggettivamente privati (cfr. art. 19, comma 6 ter, della legge n. 241 del 1990; Corte costituzionale, sentenza n. 45 del 13 marzo 2019; Consiglio di Stato, II, 12 marzo 2020, n. 1795; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 26 giugno 2020, n. 1205) che, pur abilitando all’esecuzione di determinate categorie di interventi edilizi, richiedono comunque la necessaria sussistenza di tutti gli altri presupposti stabiliti dalla normativa, soprattutto quelli posti a presidio del rispetto della disciplina urbanistica, in carenza dei quali la segnalazione non può esplicare alcun effetto>>.
La variante in corso d’opera è ammissibile se e in quanto i lavori non siano ancora terminati.
<<8. Le misure di salvaguardia hanno la specifica funzione di evitare che, nelle more del procedimento di approvazione degli strumenti di pianificazione, le richieste dei privati, fondate su una pianificazione ritenuta non più attuale, finiscano per alterare la situazione di fatto e, quindi, per pregiudicare definitivamente gli obiettivi generali cui invece è finalizzata la programmazione urbanistica in itinere.Esse scattano automaticamente dalla data di adozione del nuovo piano urbanistico – peraltro senza necessità che questo sia stato pubblicato e reso esecutivo (Cons. Stato, Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1558; Id., 30 novembre 2020, n. 7516) – e si applicano a tutti i titoli edilizi non perfezionatisi, ivi inclusi quelli che si formano sulla scorta delle sole dichiarazioni dei privati, ossia la D.I.A. e – ora – la S.C.I.A.Sul punto, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che le finalità proprie delle misure di salvaguardia «sussistono in modo del tutto identico anche nelle ipotesi normativamente previste di richieste di interventi edilizi realizzabili senza alcun titolo abilitativo, come avviene nel caso della DIA, con la conseguenza che anche detti interventi debbono in ogni caso essere conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici adottati» (Cons., Stato, sez. IV, 9 ottobre 2012, n. 5257; T.A.R. Bologna , Sez. I, 19 aprile 2017, n. 298; Cons. Stato, Sez. IV, 30 novembre 2020, n. 7516).9. A quanto sopra consegue che non si può escludere l’assoggettamento dell’opera alle misure di salvaguardia né per il sol fatto che queste siano state oggetto di S.C.I.A. né per la circostanza che i lavori fossero già stati iniziati. Ciò che rileva, in termini di operatività temporale delle misure di salvaguardia è unicamente il mancato perfezionamento del titolo edilizio alla data di adozione del P.G.T., dunque, con riferimento alla S.C.I.A., il mancato decorso del termine di trenta giorni dalla sua presentazione, a prescindere dall’intervenuto inizio dei lavori, il quale non ha alcuna capacità di consolidare la segnalazione>>.
Condizioni per azionare il potere repressivo trascorsi i trenta giorni dalla presentazione della SCIA
Il TAR Milano in materia di dia ribadisce quanto osservato in una fattispecie analoga (sentenza 10 maggio 2018, n. 1242): «il titolo edilizio si perfeziona indipendentemente dalla corresponsione degli oneri di urbanizzazione, come si ricava anche dal tenore dell’art. 42, comma 3, della legge regionale n. 12 del 2005 (‘la quota relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune entro trenta giorni successivi alla presentazione della denuncia di inizio attività, fatta salva la facoltà di rateizzazione’). A tal fine, si deve richiamare l’art. 42 del D.P.R. n. 380 del 2001 che prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria rapportata all’entità del contributo in caso di mancato pagamento o per il suo ritardo, con la possibilità per i Comuni di tutelarsi mediante la riscossione coattiva (anche se con riferimento al permesso di costruire, cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 14 novembre 2017, n. 2173). Ciò risulta avallato, oltre che dal dato normativo – art. 44, comma 13, della legge regionale n. 12 del 2005 [‘L’ammontare dell’eventuale maggior somma va sempre riferito ai valori stabiliti dal comune alla data (…) di presentazione della denuncia di inizio attività’] –, altresì dalla giurisprudenza maggioritaria, secondo la quale il momento su cui appuntare l’affidamento della parte istante è quello della presentazione della denuncia, che coincide con il momento perfezionativo per consolidazione postuma e non in quello in cui la stessa acquisterebbe efficacia, trovandosi al cospetto non di un provvedimento amministrativo tacito o implicito, ma semplicemente di un atto del privato, cui va applicata la disciplina legislativa vigente al momento della presentazione della denuncia alla Pubblica Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, IV, 13 maggio 2013, n. 2593; 4 settembre 2012, n. 4669; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 15 marzo 2018, n. 730; 4 marzo 2016, n. 434)».
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1561 del 11 agosto 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.
«È noto che in presenza di uno strumento urbanistico adottato (cioè deliberato per la prima volta dal Consiglio comunale) scattano le misure di salvaguardia di cui all’articolo 12, comma 3, del Testo Unico per l’edilizia approvato con d.P.R. n. 380/2001 (prima articolo unico della legge 3 novembre 1952, n. 1902), in forza delle quali il Comune deve sospendere ogni determinazione sulle domande di permesso di costruire che siano in contrasto con lo strumento urbanistico adottato.