L'accertamento del mancato versamento, o l’illegittimità della quantificazione, delle somme richieste a titolo di monetizzazione, in luogo della cessione degli standard urbanistici, è espressione di potestà autoritativa. Si tratta di elemento condizionante la legittimità del titolo. Trattandosi di un presupposto di legittimità direttamente afferente ad una SCIA, il mancato versamento della monetizzazione sostitutiva della cessione degli standard deve essere rilevato mediante l’esercizio di poteri autoritativi, entro il termine di cui all’art. 19 comma 6 bis della L.241/1990, o mediante l’esercizio del potere di autotutela, nei termini e alle condizioni di cui all’art. 21 nonies della legge n. 241/1990.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2562 del 7 luglio 2025


La monetizzazione non ha la medesima natura giuridica del contributo di costruzione, essa non è infatti una prestazione patrimoniale imposta ai sensi dell’art. 23 Cost.; mentre il pagamento degli oneri di urbanizzazione si risolve in un contributo per la realizzazione delle opere stesse, senza che insorga un vincolo di scopo in relazione alla zona in cui è inserita l'area interessata all'imminente trasformazione edilizia, la monetizzazione sostitutiva della cessione degli standard afferisce al reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria all'interno della specifica zona di intervento. La monetizzazione nasce come beneficio di carattere eccezionale – ammesso da previsioni di legge, di norma a livello regionale ed espressione di una valutazione discrezionale dell’amministrazione comunale - concepito come misura di favore di cui può giovarsi il richiedente un titolo edilizio che, in base allo strumento urbanistico, deve, per l’appunto, cedere o reperire nella zona in cui intende realizzare l’intervento costruttivo (o anche solo un mero cambio di destinazione d’uso senza opere) aree per la realizzazione di opere pubbliche (di regola parcheggi e verde pubblico), nel rispetto delle misure e secondo i criteri dettati dal d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, in attuazione degli artt. 41- quinquies e sexies legge urbanistica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2046 del 6 giugno 2025



La monetizzazione non costituisce un obbligo per il Comune o un diritto per il privato richiedente, ma l’oggetto di una potestà dell’amministrazione, il cui esercizio è legato alla mancanza di interesse pubblico all’acquisizione delle aree a standard. La monetizzazione è non solo un beneficio di carattere eccezionale, ma anche espressione di valutazioni ampiamente discrezionali dell’ente locale cui è rimesso il compito di stabilire se ne ricorrano le condizioni e i presupposti di fattibilità, alla luce della tutela dell’interesse pubblico cui l’azione amministrativa deve ispirarsi. Ne consegue che la scelta fra la cessione delle aree necessarie per la realizzazione delle opere di urbanizzazione ovvero la loro monetizzazione, rientra nella sfera di discrezionalità tecnico-amministrativa dell’ente locale, come tale non censurabile in sede giurisdizionale se non per manifesta irragionevolezza.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1435 del 23 aprile 2025


Il TAR Milano si conforma ai principi espressi dal Consiglio di Stato che, nel distinguere tra contributo di costruzione e clausola di monetizzazione di standard, rimarca che quest’ultima ha una diretta e immediata incidenza urbanistica e, avendo tale natura, segue la disciplina dello strumento urbanistico, anche in relazione all’applicazione delle misure di salvaguardia

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1289 del 11 aprile 2025


Il TAR Brescia precisa che la base normativa della monetizzazione è contenuta nell’art. 46 comma 1-a della LR 12/2005 che consente all’amministrazione di sostituire la cessione delle aree con “una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree”. L’art. 51 comma 5 della LR 12/2005 precisa che la quantificazione dell’utilità economica può avvenire in via astratta e generale nel Piano dei Servizi, al quale è demandato il compito di stabilire “i criteri e le modalità” della monetizzazione. Risulta, quindi, legittima la previsione di importi unitari omogenei per ciascuna tipologia di destinazione d’uso, indipendentemente dalle caratteristiche dei luoghi dove si collocano le nuove edificazioni o dove si trovano le aree che dovrebbero essere cedute. Chiarito che la monetizzazione è una scelta discrezionale dell’amministrazione, la fissazione in via preventiva di parametri svincolati dal caso concreto assicura la certezza del diritto per i privati a cui viene chiesta la prestazione patrimoniale. Allo stesso tempo, viene tutelata l’amministrazione, la quale potrà effettuare una valutazione comparativa, preferendo la cessione qualora la somma ricavabile dalla monetizzazione non fosse più in linea con i valori di mercato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 349 del 26 aprile 2024



Il TAR Milano condivide il principio secondo il quale le somme elargite in funzione della realizzazione di un’attività edilizia, essendo strettamente connesse al concreto esercizio della facoltà di costruire, non sono dovute in caso di rinuncia o di mancato utilizzo del titolo edificatorio; tale principio è applicabile anche alle prestazioni imposte assimilabili al contributo di costruzione, come la monetizzazione sostitutiva della cessione delle aree a standard. Aggiunge il TAR che la non corrispettività in senso stretto degli oneri assunti dal privato lottizzante in esecuzione di un Piano attuativo rispetto alle facoltà edificatorie allo stesso riconosciute – applicabile, di regola, in presenza della stipula di una convenzione urbanistica – rinviene un’eccezione allorquando il contenuto della pattuizione accessiva al predetto Piano attuativo individui una corrispondenza biunivoca tra l’obbligazione assunta dal privato e lo specifico intervento edilizio assentito, ovvero nel caso in cui si può ragionevolmente escludere che la comune intenzione delle parti, ricavabile dalla lettera della convenzione, fosse quella di considerare gli interventi urbanizzativi e la monetizzazione in maniera onnicomprensiva e forfettaria. Seppure in presenza della formale stipula di una convenzione, infatti, laddove la monetizzazione sia correlata (e prevista) soltanto in rapporto allo specifico titolo edilizio, con cui è verificabile la sussistenza di uno stretto collegamento, non vi sono ragioni per non applicare la regola originaria per cui, se lo ius aedificandi non è esercitato, quanto è stato versato per ottenerlo diviene oggettivamente indebito e va restituito.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1048 del 9 aprile 2024


Il TAR Brescia precisa che quando la fonte dell’obbligazione pecuniaria non è il singolo titolo edilizio, il cui contenuto, con riguardo agli oneri concessori è predeterminato, bensì la convenzione urbanistica, il cui contenuto è frutto di una negoziazione tra le parti, è irrilevante che non sia realizzato il progetto edificatorio per il quale il privato ha effettuato il pagamento a titolo di monetizzazione e di cui ora chiede la restituzione. La controprestazione pecuniaria a carico della ditta lottizzante è comunque dovuta, salvo che la convenzione urbanistica non sia risolta o rescissa, o annullata o dichiarate nulla (si vedano della Sezione le sentenze n. 942/2021 e n. 1108/2021, nonché i precedenti ivi citati).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 544 del 31 maggio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano osserva che la monetizzazione sostitutiva della cessione delle aree a standard riguarda il reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle dotazioni territoriali, destinate ai servizi pubblici e di uso pubblico, all’interno della specifica zona d’intervento; a differenza del contributo di costruzione, il quale opera sul piano del rapporto paritetico tra l’Amministrazione e il contribuente ed è dovuto per i costi generali del Comune, la monetizzazione degli standard urbanistici attiene alla disciplina del territorio e riguarda i costi specifici del singolo intervento, per cui è dovuta dal privato non in virtù del mero rilascio del titolo edilizio ma in considerazione del maggior carico urbanistico della zona che il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile ha concretamente comportato; la monetizzazione delle aree a standard può dunque ritenersi legittima solo ove il mutamento di destinazione si sia realizzato e comporti un aggravio effettivo del carico urbanistico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1803 del 22 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, in materia di monetizzazione precisa che:
<<La ratio della disciplina in materia di monetizzazione, come sottolineato dal Consiglio di Stato proprio con riferimento alla legislazione della Regione Lombardia, è infatti che “la regola è costituita dalla cessione gratuita delle aree, che consente di reperire le aree a standard in loco e quindi di assicurare uno sviluppo urbanistico equilibrato, costituendo la c.d. monetizzazione una eccezione e non risolvendosi la medesima in "...una vicenda di carattere unicamente patrimoniale e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente pubblico e il privato che realizzerà l’opera...", poiché non può ammettersi separazione tra "...i commoda (sotto forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli incommoda (il peggioramento della qualità di vita (dei residenti della zona)...", ciò che fonda il riconoscimento della legittimazione processuale di questi ultimi a dolersi della violazione della misura degli standard (in tal senso, tra le più recenti vedi Cons. Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2013, n. 644)”. Pertanto la monetizzazione non può essere automaticamente imposta al privato che invece preferisca cedere le aree a standard, senza alcun limite, “posto che l'art. 46 precisa in modo del tutto chiaro i suoi presupposti, dovendo essa trovare giustificazione obiettiva, ovvero dovendo l'Amministrazione dar conto delle sue ragioni (nel senso che essa non risulti possibile -ad esempio per penuria degli spazi fisici- o non sia ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento), a cospetto delle quali l'interessato potrà tutelarsi in sede giurisdizionale, contestandole.” (Cons. Stato, Sez. IV, 14 aprile 2014, n. 1820)>>.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 430 del 11 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano aderisce ai principi espressi dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 1436 del 27 febbraio 2020 che, nel distinguere tra contributo di costruzione e clausola di monetizzazione di standard, rimarca che quest’ultima ha una diretta e immediata incidenza urbanistica e, avendo tale natura, segue la disciplina dello strumento urbanistico, anche in relazione all’applicazione delle misure di salvaguardia.
Precisa il TAR che «Deve essere infatti evidenziato che la stessa è definita dallo strumento urbanistico generale e trattasi, in sostanza, di una previsione di dotazione di standard che viene tradotta in equivalente monetario, essendo a priori noto che la dotazione non potrà essere soddisfatta. Natura diversa ha invece il contributo di costruzione che, essendo definito sulla base di parametri regolamentari estranei al PGT, è insensibile rispetto alle variazioni dello strumento urbanistico medesimo».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1389 del 20 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano precisa che il contributo di concessione va determinato con riferimento alla disciplina, legislativa e regolamentare, vigente al momento del rilascio del titolo edilizio, che segna il perfezionamento della fattispecie concessoria (o autorizzatoria, a seconda della tipologia di titolo edilizio); la rideterminazione del contributo di costruzione può effettuarsi solo in caso di errore di calcolo rispetto al contributo dovuto in base alla situazione di fatto e alla disciplina vigente al tempo del rilascio del titolo; principio valevole anche in caso di monetizzazione di standard, in quanto la fonte dell’obbligazione è comunque costituita dal provvedimento assentivo dell’intervento, sia esso un atto espresso del Comune o un atto privato rispetto al quale l’Amministrazione non esercita alcun potere inibitorio.
Aggiunge il TAR che a non diversa conclusione può condurre la ritenuta applicazione delle nuove disposizioni del P.G.T. operante in regime di salvaguardia; infatti, occorre considerare che la normativa relativa alle misure di salvaguardia ha lo scopo di evitare la realizzazione di interventi che nelle more dell'approvazione degli strumenti urbanistici adottati possono compromettere l'assetto del territorio programmato dal Comune, vanificandone la sua concreta attuazione e, proprio per ovviare a tali inconvenienti, la legge ha stabilito che a decorrere dalla data della deliberazione di adozione dei piani regolatori generali e fino all'emanazione del decreto di approvazione il dirigente dell'ufficio comunale sia obbligato a sospendere ogni determinazione in ordine ai progetti che risultino in contrasto con le relative previsioni; le misure di salvaguardia sono, quindi, unicamente finalizzate ad evitare l’immediata realizzazione di interventi che ledano le scelte programmatorie del Comune quali risultanti dall’adozione del nuovo piano, ma non si traducono in una applicazione anticipata delle previsioni contenute in quest’ultimo; in particolare, ove l’intervento risulti in sé legittimo e, come tale, si sottragga alla preclusione temporanea di cui all’articolo 12, comma 3, del D.P.R. 380/2001, non può neppure configurarsi la ratio sottesa alle misure di salvaguardia al solo fine di dare attuazione anticipata alle diverse regole in tema di determinazione degli standards e quantificazione del contributo di costruzione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2085 del 1 ottobre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano chiarisce che la monetizzazione sostitutiva della realizzazione di opere a standard, come la monetizzazione della cessione delle aree a standard, costituisce il contenuto di un potere discrezionale del Comune il quale deve in primo luogo soddisfare l’interesse pubblico a rendere effettivamente edificabile l’area su cui sorgerà l’intervento edilizio, dotandola dei manufatti e dei servizi indispensabili per l’agibilità e la fruibilità del fabbricato secondo la destinazione d’uso; per tali ragioni non sussiste l’obbligo del Comune di aderire alla proposta del privato di corresponsione degli oneri di urbanizzazione, rimanendo l’Amministrazione titolare di una facoltà di scelta tra la monetizzazione e la cessione delle aree.
Ne consegue, sempre per il TAR, che qualora la monetizzazione sia stata concessa e non sia stata ritirata dall’amministrazione o annullata dal giudice essa osta all’accoglimento di richieste che si pongano in contrasto con essa; a ciò si aggiunge che qualora la proposta di monetizzazione delle opere provenga dal privato spetta, comunque, all'amministrazione, in base all'obbligazione unilateralmente assunta dalla parte, accettare o meno la proposta e subordinarla a condizioni o prescrizioni specifiche; con la conseguenza che la parte promittente non può mutare unilateralmente, in un momento successivo, le condizioni sulle quali è intervenuto il consenso comunale, altrimenti venendosi ad alterare ingiustificatamente, mediante l'iniziativa unilaterale del medesimo obbligato principale, le basi stesse del consenso espresso nella convenzione o in un successivo atto di accettazione della monetizzazione che integri la suddetta convenzione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 882 del 18 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.