In talune situazioni specifiche il principio della tutela dell'affidamento impone che la nuova pianificazione dia conto del modo in cui è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e sono state operate le scelte di governo del territorio da parte dell’amministrazione. Ora, se è pur vero che tra le situazioni caratterizzate da un affidamento “qualificato” viene comunemente ricompreso il superamento degli standard minimi di cui al D.M. 2 aprile 1968, la giurisprudenza ha tuttavia sempre precisato che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree. In sostanza, per la valutazione dell’an e del quantum del sovradimensionamento degli standard il calcolo va effettuato sull’intero territorio e non con riferimento ad una zona o ad un quartiere e la motivazione, che si rende necessaria in caso di sovradimensionamento, va riferita alle previsioni urbanistiche complessive, in quanto in sede di nuova pianificazione il territorio viene considerato globalmente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2066 del 9 giugno 2025


La monetizzazione non costituisce un obbligo per il Comune o un diritto per il privato richiedente, ma l’oggetto di una potestà dell’amministrazione, il cui esercizio è legato alla mancanza di interesse pubblico all’acquisizione delle aree a standard. La monetizzazione è non solo un beneficio di carattere eccezionale, ma anche espressione di valutazioni ampiamente discrezionali dell’ente locale cui è rimesso il compito di stabilire se ne ricorrano le condizioni e i presupposti di fattibilità, alla luce della tutela dell’interesse pubblico cui l’azione amministrativa deve ispirarsi. Ne consegue che la scelta fra la cessione delle aree necessarie per la realizzazione delle opere di urbanizzazione ovvero la loro monetizzazione, rientra nella sfera di discrezionalità tecnico-amministrativa dell’ente locale, come tale non censurabile in sede giurisdizionale se non per manifesta irragionevolezza.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1435 del 23 aprile 2025


La Corte costituzionale interpreta l’art. 103, comma 1-bis, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, con cui è stato attribuito ai comuni lombardi il potere di derogare alle prescrizioni sugli standard urbanistici di cui al d.m. n. 1444 del 1968 e precisa:
<<Quest’ultimo stabilisce infatti, come ricordato, che i comuni lombardi sono autorizzati a derogare alle disposizioni del d.m. n. 1444 del 1968 «[a]i fini dell’adeguamento, ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 3, degli strumenti urbanistici vigenti». Tali ultime previsioni si riferiscono ai termini a disposizione dei comuni per avviare il procedimento di adeguamento dei piani regolatori generali alla nuova conformazione dei piani di governo del territorio.
L’art. 26, comma 2, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 disponeva che i comuni deliberassero l’avvio del procedimento di adeguamento dei piani regolatori generali vigenti entro un anno dall’entrata in vigore della medesima legge e procedessero «all’approvazione di tutti gli atti di PGT secondo i principi, i contenuti ed il procedimento» ivi stabiliti.
Il comma 3 del medesimo articolo, nella formulazione originaria, tramite il rinvio al precedente art. 25, comma 2, disciplinava i tempi di adeguamento dello strumento urbanistico generale nel caso in cui questo fosse stato approvato prima dell’entrata in vigore della legge reg. Lombardia n. 51 del 1975.
Dopo le novità apportate dall’art. 1, comma 1, lettera f), della legge della Regione Lombardia 10 marzo 2009, n. 5 (Disposizioni in materia di territorio e opere pubbliche – Collegato ordinamentale), l’art. 26, comma 3, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 regola oggi l’avvio del procedimento di approvazione del piano di governo del territorio, che deve essere stato deliberato dai comuni entro il 15 settembre 2009.
Alla luce di ciò, si deve ritenere che la deroga consentita dal citato art. 103, comma 1-bis (introdotto con la legge reg. Lombardia n. 4 del 2008) ha avuto un ambito di applicazione limitato sia dal punto di vista funzionale che temporale, avendo operato unicamente nella fase in cui i comuni hanno adeguato i loro piani regolatori generali (PRG) in vista dell’adozione dei piani di governo del territorio (PGT).>>
Corte costituzionale n. 85 del 4 maggio 2023.


Il TAR Milano richiama e fa proprio l’orientamento secondo il quale in caso di intervento edilizio comportante il mutamento di destinazione d'uso, al fine della determinazione degli spazi a standard deve rivalutarsi la complessiva situazione esistente, e conseguentemente è ammissibile il reperimento della sola quota differenziale degli spazi a standard ove già sussista la quota richiesta per il precedente uso, mentre, solo in assenza di questa, le aree devono essere reperite per l'intero (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 febbraio 2021, n. 1586).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 572 del 10 marzo 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano, accertato che in un PGT vi è stato un sovradimensionamento degli standard urbanistici valuta se la scelta sia supportata da una sufficiente e idonea motivazione che deve illustrare le ragioni per le quali si è deciso di prevedere una dotazione di standard superiore a quella minima fissata dalla legge, con la precisazione che comunque non si richiede una motivazione puntuale per le singole aree.
Osserva al riguardo che:
<<Negli atti di pianificazione si rinvengono obiettivi molto ambiziosi dal punto di vista della riqualificazione del territorio: il progetto del “parco urbano lineare”, in cui è inclusa anche l’area della ricorrente, con la funzione di “connessione ecologica”; il “verde da vivere”, cioè un sistema di spazi aperti, pubblici o privati, collegati da percorsi ciclopedonali; il “parco margine e il parco cintura verde”.
Si tratta di obiettivi e di progetti che esprimono una attenzione e una sensibilità all’ambiente e alla qualità della vita, ma alquanto generici, in quanto riferibili a qualsiasi contesto urbano, che di per sé non giustificano l’ampio superamento degli standard. Al di là della formula molto suggestiva “dallo standard quantitativo allo standard qualitativo” e di tutti gli obiettivi indicati, manca una specifica motivazione circa la scelta dell'aumento degli standard rispetto al limite di legge, puntualmente legata al contesto territoriale di Omissis e riferita in modo dettagliato alle caratteristiche locali.
L’obbligo di motivazione rafforzata non può essere assolto con il richiamo a slogan o a formule generiche e connotate da una certa astrattezza: non è sufficiente progettare una città ideale, prevedendo ampi parchi, zone a verde, strutture e impianti per la collettività, senza considerare il sacrificio imposto ai proprietari delle aree interessate dagli standard urbanistici e senza quindi tenere conto delle varie soluzioni possibili in ragione delle peculiarità del territorio interessato.
Nel caso in esame, dagli atti emerge che il Comune non ha esaurientemente indicato le ragioni che hanno determinato il superamento, in modo significativo, della soglia individuata a livello normativo (18 mq/abitante): dette ragioni non emergono dalla Relazione allegata al Piano dei Servizi, che – come si è visto – non offre adeguati elementi chiarificatori sulla scelta di una dotazione maggiore, limitandosi ad affermare che “… Gli spazi aperti verdi, i giardini pubblici, i parchi privati, le aree per lo sport e il tempo libero sono gli elementi che, assieme agli edifici di pregio attorno ai quali sono stati realizzati, caratterizzano la cosiddetta “Città Giardino” …” e fornendo, per il resto, indicazioni decisamente astratte e perciò riferibili ad una serie indeterminata di situazioni analoghe.
Tale modus procedendi si pone in contrasto con l'obbligo gravante sul Comune di motivare in maniera idonea e congrua in ordine alle logiche che inducono ad una dotazione di standard urbanistici decisamente superiore a quella minima fissata dalla legge, in caso contrario risultando illegittima una simile scelta.
Né l'obbligo motivazionale può ritenersi assolto con la previsione della tutela e della valorizzazione del verde pubblico attraverso la creazione di parchi o percorsi pedonali e ciclopedonali. La prospettazione delle future opere pubbliche può costituire una giustificazione per l'imposizione o la reiterazione di un vincolo espropriativo, ma non ha alcuno specifico rilievo rispetto alla scelta di aumento degli standard, che invece presupporrebbe un'approfondita analisi della necessità dei servizi, rapportata alla situazione demografica e socio-economica della popolazione locale.>>.
Il TAR ritiene quindi non giustificato nella fattispecie il sovradimensionamento degli standard.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 245 del 2 febbraio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano osserva che la monetizzazione sostitutiva della cessione delle aree a standard riguarda il reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle dotazioni territoriali, destinate ai servizi pubblici e di uso pubblico, all’interno della specifica zona d’intervento; a differenza del contributo di costruzione, il quale opera sul piano del rapporto paritetico tra l’Amministrazione e il contribuente ed è dovuto per i costi generali del Comune, la monetizzazione degli standard urbanistici attiene alla disciplina del territorio e riguarda i costi specifici del singolo intervento, per cui è dovuta dal privato non in virtù del mero rilascio del titolo edilizio ma in considerazione del maggior carico urbanistico della zona che il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile ha concretamente comportato; la monetizzazione delle aree a standard può dunque ritenersi legittima solo ove il mutamento di destinazione si sia realizzato e comporti un aggravio effettivo del carico urbanistico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1803 del 22 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Seguendo la sua giurisprudenza, il TAR Milano precisa che il sovradimensionamento di servizi non motivato costituisce vizio che porta all'annullamento degli atti di pianificazione solo quando incide in maniera concreta sulla posizione giuridica del proprietario pregiudicandone gli interessi (in tal senso: TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, 30.07.2018 n. 1863, sez. IV, 30.04.2021, n. 1079)

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1696 del 12 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Brescia, in materia di monetizzazione precisa che:
<<La ratio della disciplina in materia di monetizzazione, come sottolineato dal Consiglio di Stato proprio con riferimento alla legislazione della Regione Lombardia, è infatti che “la regola è costituita dalla cessione gratuita delle aree, che consente di reperire le aree a standard in loco e quindi di assicurare uno sviluppo urbanistico equilibrato, costituendo la c.d. monetizzazione una eccezione e non risolvendosi la medesima in "...una vicenda di carattere unicamente patrimoniale e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente pubblico e il privato che realizzerà l’opera...", poiché non può ammettersi separazione tra "...i commoda (sotto forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli incommoda (il peggioramento della qualità di vita (dei residenti della zona)...", ciò che fonda il riconoscimento della legittimazione processuale di questi ultimi a dolersi della violazione della misura degli standard (in tal senso, tra le più recenti vedi Cons. Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2013, n. 644)”. Pertanto la monetizzazione non può essere automaticamente imposta al privato che invece preferisca cedere le aree a standard, senza alcun limite, “posto che l'art. 46 precisa in modo del tutto chiaro i suoi presupposti, dovendo essa trovare giustificazione obiettiva, ovvero dovendo l'Amministrazione dar conto delle sue ragioni (nel senso che essa non risulti possibile -ad esempio per penuria degli spazi fisici- o non sia ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento), a cospetto delle quali l'interessato potrà tutelarsi in sede giurisdizionale, contestandole.” (Cons. Stato, Sez. IV, 14 aprile 2014, n. 1820)>>.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 430 del 11 maggio 2021.
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Il TAR Milano afferma che il sovradimensionamento degli standard minimi, se sufficientemente contenuto, non necessita di una apposita giustificazione urbanistica, rientrando nell'ambito della discrezionalità della Amministrazione la possibilità di scostamento dagli stessi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1103 del 3 maggio 2021.
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Il TAR Milano precisa che <<Secondo l’orientamento prevalente, seguito anche da questa Sezione, nel caso di sovradimensionamento delle aree destinate ad ospitare attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, quantificandole in misura maggiore rispetto ai parametri minimi fissati dall'art. 3 del d.m. n. 1444 del 1968 e dall'art. 9, comma 3, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, i proprietari delle relative aree hanno un interesse ad impugnare gli atti di pianificazione. L'art. 9, comma 3, della legge regionale n. 12 del 2005 fissa il quantitativo minimo in 18 mq per abitante; l’eventuale maggior dotazione deve essere supportata da una specifica motivazione, con l'avvertenza che la motivazione rafforzata va riferita alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree, e deve chiarire perché il Comune abbia inteso superare i limiti minimi previsti dalla legge, atteso che la scelta urbanistica incide fortemente sulle facoltà di godimento connesse al diritto di proprietà ricadente sulle aree destinate a standard ed è pertanto necessario, se si decide di sovradimensionare gli standard, che siano esternate le ragioni che spingono ad un sacrificio degli interessi privati superiore rispetto a quello minimo imposto, in via generale, dall’ordinamento (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 3 luglio 2020, n. 1279; id., 15 luglio 2016, n. 1429)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 618 del 9 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che grava sul Comune l’onere di motivare in maniera idonea e congrua in ordine alle ragioni che impongono l’aumento degli standard rispetto alle previsioni normative, in caso contrario risultando illegittima una tale scelta (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 19 ottobre 2020, n. 1957; id., 3 luglio 2020, n. 1279; id., 20 aprile 2020, n. 654; id., 13 febbraio 2020, n. 305; Sez. IV, 30 luglio 2018, n. 1863). Difatti, “la motivazione rafforzata deve investire il complesso delle previsioni urbanistiche di sovradimensionamento e deve, quindi, chiarire perché il Comune abbia inteso superare i limiti minimi previsti dalla legge” (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 19 ottobre 2020, n. 1957; id., 15 luglio 2016, n. 1429; id., 12 novembre 2019, n. 2380); sempre per il TAR nella specifica fattispecie non è poi dirimente – né esclude la necessaria motivazione circa la scelta di sovradimensionamento – la considerazione che anche nel previgente strumento urbanistico gli standard fossero sovradimensionati: da un lato, il provvedimento impugnato consiste in un diverso e nuovo strumento urbanistico, basato su scelte diverse e autonomamente valutabili, dall’altro lato, il Comune si era comunque limitato ad enunciare genericamente una pre-esistente sovradotazione, senza effettuare un raffronto tra i due strumenti né illustrare i termini quantitativi delle scelte alla base dei due piani.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 226 del 25 gennaio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano dichiara illegittima una previsione di un PGT che stabilisce uno standard pari a 85 mq/abitante, superiore a quello indicato dall’art. 9, comma 3, della l.r. n. 12 del 2005 e anche più elevato di quello già stabilito dal previgente strumento urbanistico, nonostante il territorio comunale fosse già dotato di molte aree a servizi e una buona parte degli stessi non fosse stata ancora attuata.
Precisa il TAR che ciò appare coerente con la giurisprudenza secondo la quale il comune è tenuto a motivare in maniera idonea e congrua sulle ragioni che impongono l’aumento degli standard rispetto alle previsioni normative, in caso contrario risultando illegittima una tale scelta; difatti, la motivazione rafforzata deve investire il complesso delle previsioni urbanistiche di sovradimensionamento e deve, quindi, chiarire perché il comune abbia inteso superare i limiti minimi previsti dalla legge.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 305 del 13 febbraio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ribadisce che la destinazione a dotazioni standard di un'area privata incide fortemente sugli interessi del proprietario; è, pertanto, necessario che l'ente indichi sempre con precisione quali attrezzature debbano essere ivi realizzate, in modo da consentire l'apprezzamento, da un lato, della serietà della decisione e, da altro lato, della consistenza degli interessi pubblici che si intendono soddisfare a scapito dell'interesse privato; la motivazione rafforzata deve investire il complesso delle previsioni urbanistiche di sovradimensionamento e deve, quindi, chiarire perché il Comune abbia inteso superare i limiti minimi previsti dalla legge.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2380 del 12 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che il contributo di concessione va determinato con riferimento alla disciplina, legislativa e regolamentare, vigente al momento del rilascio del titolo edilizio, che segna il perfezionamento della fattispecie concessoria (o autorizzatoria, a seconda della tipologia di titolo edilizio); la rideterminazione del contributo di costruzione può effettuarsi solo in caso di errore di calcolo rispetto al contributo dovuto in base alla situazione di fatto e alla disciplina vigente al tempo del rilascio del titolo; principio valevole anche in caso di monetizzazione di standard, in quanto la fonte dell’obbligazione è comunque costituita dal provvedimento assentivo dell’intervento, sia esso un atto espresso del Comune o un atto privato rispetto al quale l’Amministrazione non esercita alcun potere inibitorio.
Aggiunge il TAR che a non diversa conclusione può condurre la ritenuta applicazione delle nuove disposizioni del P.G.T. operante in regime di salvaguardia; infatti, occorre considerare che la normativa relativa alle misure di salvaguardia ha lo scopo di evitare la realizzazione di interventi che nelle more dell'approvazione degli strumenti urbanistici adottati possono compromettere l'assetto del territorio programmato dal Comune, vanificandone la sua concreta attuazione e, proprio per ovviare a tali inconvenienti, la legge ha stabilito che a decorrere dalla data della deliberazione di adozione dei piani regolatori generali e fino all'emanazione del decreto di approvazione il dirigente dell'ufficio comunale sia obbligato a sospendere ogni determinazione in ordine ai progetti che risultino in contrasto con le relative previsioni; le misure di salvaguardia sono, quindi, unicamente finalizzate ad evitare l’immediata realizzazione di interventi che ledano le scelte programmatorie del Comune quali risultanti dall’adozione del nuovo piano, ma non si traducono in una applicazione anticipata delle previsioni contenute in quest’ultimo; in particolare, ove l’intervento risulti in sé legittimo e, come tale, si sottragga alla preclusione temporanea di cui all’articolo 12, comma 3, del D.P.R. 380/2001, non può neppure configurarsi la ratio sottesa alle misure di salvaguardia al solo fine di dare attuazione anticipata alle diverse regole in tema di determinazione degli standards e quantificazione del contributo di costruzione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2085 del 1 ottobre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano chiarisce che la monetizzazione sostitutiva della realizzazione di opere a standard, come la monetizzazione della cessione delle aree a standard, costituisce il contenuto di un potere discrezionale del Comune il quale deve in primo luogo soddisfare l’interesse pubblico a rendere effettivamente edificabile l’area su cui sorgerà l’intervento edilizio, dotandola dei manufatti e dei servizi indispensabili per l’agibilità e la fruibilità del fabbricato secondo la destinazione d’uso; per tali ragioni non sussiste l’obbligo del Comune di aderire alla proposta del privato di corresponsione degli oneri di urbanizzazione, rimanendo l’Amministrazione titolare di una facoltà di scelta tra la monetizzazione e la cessione delle aree.
Ne consegue, sempre per il TAR, che qualora la monetizzazione sia stata concessa e non sia stata ritirata dall’amministrazione o annullata dal giudice essa osta all’accoglimento di richieste che si pongano in contrasto con essa; a ciò si aggiunge che qualora la proposta di monetizzazione delle opere provenga dal privato spetta, comunque, all'amministrazione, in base all'obbligazione unilateralmente assunta dalla parte, accettare o meno la proposta e subordinarla a condizioni o prescrizioni specifiche; con la conseguenza che la parte promittente non può mutare unilateralmente, in un momento successivo, le condizioni sulle quali è intervenuto il consenso comunale, altrimenti venendosi ad alterare ingiustificatamente, mediante l'iniziativa unilaterale del medesimo obbligato principale, le basi stesse del consenso espresso nella convenzione o in un successivo atto di accettazione della monetizzazione che integri la suddetta convenzione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 882 del 18 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.




Il TAR Milano precisa che le misure di salvaguardia sono unicamente finalizzate ad evitare l’immediata realizzazione di interventi che ledano le scelte programmatorie del Comune, quali risultanti dall’adozione del nuovo piano, ma non si traducono in una applicazione anticipata delle previsioni contenute in quest’ultimo; in particolare, ove l’intervento risulti in sé legittimo e, come tale, si sottragga alla preclusione temporanea di cui all’articolo 12, comma 3, del D.P.R. 380/2001, non può neppure configurarsi la ratio sottesa alle misure di salvaguardia, al solo fine di dare attuazione anticipata alle diverse regole in tema di determinazione degli standard e quantificazione del contributo di costruzione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2039 del 31 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che, in sede di predisposizione di un PGT, rispetto alla previsione di una rilevante superficie destinata a standard, notevolmente superiore ai parametri di legge, il Comune deve idoneamente e congruamente motivare sulle ragioni di tale rilevante necessità; il TAR ricorda che è stato, in proposito, osservato che la destinazione a dotazioni standard di un'area privata incide fortemente sugli interessi del proprietario; è, pertanto, necessario che l'ente indichi sempre con precisione quali attrezzature debbano essere ivi realizzate, in modo da consentire l'apprezzamento, da un lato, della serietà della decisione e, da altro lato, della consistenza degli interessi pubblici che si intendono soddisfare a scapito dell'interesse privato; la motivazione rafforzata deve investire il complesso delle previsioni urbanistiche di sovradimensionamento e deve, quindi, chiarire perché il Comune abbia inteso superare i limiti minimi previsti dalla legge (cfr. TAR Lombardia, sez. II, 15 luglio 2016, nn. 1429 e 1430; 30 settembre 2016, n. 1766); inoltre, secondo le previsioni dell’art. 9, comma 10, della l.r. n. 12/2005, i servizi e le attrezzature private di interesse pubblico sono qualificati come servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, conseguendone, dunque, che le relative aree devono essere considerate a standard (TAR Lombardia, sez. II, 21 dicembre 2012, n. 3186).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1863 del 30 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia precisa che la realizzazione di edifici commerciali richiede il reperimento di aree a standard in misura adeguata alla nuova destinazione d’uso e, in base all’art. 51, commi 2 e 4, della L.R. n. 12/2005, è necessaria una quantità di aree pari alla sola differenza tra la destinazione originaria e quella sopravvenuta; le aree a standard già cedute in base a precedenti operazioni edilizie si consolidano e sono, quindi, computabili nel nuovo livello di standard richiesto, una volta che la s.l.p. insediata sia riconvertita nella nuova destinazione d’uso.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 753 del 18 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che la funzione delle aree standard è quella di soddisfare i rapporti indicati dall’art. 3, comma 1, del d.m. n. 1444 del 1968, nonché dall’art. 9, comma 3, della legge regionale n. 12 del 2005, norme che fanno riferimento, in sostanza, alla dotazione minima di aree destinate alle opere di urbanizzazione secondaria, ai parcheggi e al verde attrezzato, e che hanno come scopo – non quello di rendere utilizzabili le nuove opere realizzate – quanto piuttosto quello di garantire una adeguata qualità di vita alla popolazione insediata sul territorio; ne consegue che la superficie dello standard deve essere calcolata in eccedenza rispetto a quella delle aree minime necessarie per rendere fruibili i nuovi insediamenti (quali, ad esempio, le aree destinate alla viabilità e alle reti energetiche); e non è un caso che né l’art. 3 del d.m. n. 1444 del 1968 né l’art. 9 della legge regionale n. 12 del 2005 facciano riferimento a quest’ultima categoria di funzioni. Per queste ragioni il TAR ritiene corretta la scelta operata in una convezione urbanistica di escludere dal computo delle aree a standard da cedere al Comune l’area di sedime di una strada comunale, opera necessaria a rendere concretamente fruibile la struttura da realizzare.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 458 del 15 febbraio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.