Il TAR Milano rammenta che quanto alla facoltà di rideterminare l’importo degli oneri di urbanizzazione da parte dell’amministrazione procedente, la giurisprudenza è ormai consolidata, quanto meno dalla decisione dell’Adunanza Plenaria 30 agosto 2018 n. 12, nel ritenere che il provvedimento de quo non ha natura discrezionale, in quanto, benché il contributo configuri una prestazione imposta di natura patrimoniale, la quantificazione della relativa misura non costituisce spendita di potere autoritativo, ma esercizio di un diritto di credito sulla base di parametri predeterminati, nell'ambito di un rapporto di natura paritetica. Non ha, quindi, pregio il riferimento all'istituto dell'autotutela o al divieto di retroattività degli atti amministrativi, proprio perché il rapporto obbligatorio fra privato e Amministrazione, avente ad oggetto la corresponsione del contributo, ha natura paritetica e non coinvolge l'esercizio di poteri autoritativi. La rideterminazione degli oneri, quindi, non solo può essere operata anche a distanza di tempo dal rilascio del titolo e dalla relativa quantificazione degli stessi, se l'Ente si avvede dell'erroneità del calcolo, ma essa può essere svolta tanto in bonam quanto in malam partem, in modo da ovviare o ad un indebito oggettivo, inammissibile nei rapporti di diritto amministrativo, ovvero per apprestare la doverosa tutela alle finanze locali.


Il TAR Milano, con riferimento a un’ingiunzione di pagamento per oneri relativi a un intervento edilizio, osserva che l'art. 3 del r.d. n. 639 del 1910, come riformulato dal d.lgs. n. 150 del 2011, prevede bensì la giurisdizione dell'A.G.O. per l'opposizione avverso l'ingiunzione, ma essa deve intendersi circoscritta ai giudizi volti a contestare l'esperibilità dell'azione di recupero del credito ovvero la legittimità dei singoli atti del relativo procedimento di riscossione; laddove, invece, la contestazione cada sull'an e/o sul quantum della pretesa del Comune, essa è devoluta alla cognizione del giudice amministrativo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1985 del 9 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda che gli impegni assunti in sede convenzionale - al contrario di quanto si verifica in caso rilascio del singolo titolo edilizio, in cui gli oneri di urbanizzazione e di costruzione a carico del destinatario sono collegati alla specifica trasformazione del territorio oggetto del titolo, con la conseguenza che ove, in tutto o in parte, l'edificazione non ha luogo, può venire in essere un pagamento indebito fonte di un obbligo restitutorio - non vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni assunti (Cons. Stato, IV, 15 febbraio 2019, n. 1069).
La causa della convenzione urbanistica, e cioè l'interesse che l'operazione contrattuale è diretta a soddisfare, quindi, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione (Con. Stato, Sez. V, 26 novembre 2013, n. 5603).
Pertanto il principio generale, secondo cui l'obbligo di contribuzione è indissolubilmente correlato all'effettivo esercizio dello ius aedificandi, non vale rispetto ai casi in cui la partecipazione agli oneri di urbanizzazione costituisce oggetto di un'obbligazione non già imposta ex lege, ma assunta contrattualmente nell'ambito di un rapporto di natura pubblicistica correlato alla pianificazione territoriale (Cons. Stato, sentenza n. 6339 del 12 novembre 2018).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1985 del 9 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia a fronte di un ripensamento, contestato dal ricorrente, da parte di un Comune circa l’equilibrio economico di convenzione urbanistica e in particolare circa l'impropria compensazione delle opere di urbanizzazione con il contributo sul costo di costruzione, osserva: 
<<(a) l’argomento fondato sulla violazione dell’affidamento appare condivisibile, con le precisazioni che saranno sviluppate qui di seguito;
(b) le convenzioni urbanistiche, in quanto appartenenti alla categoria degli accordi sostitutivi ex art. 11 della legge 241/1990, definiscono un equilibrio discrezionale tra l’interesse pubblico e l’interesse privato, che ai sensi dell’art. 1372 c.c. ha il medesimo valore vincolante per la parte pubblica e per la parte privata. In mancanza di un’espressa clausola di rinegoziazione, nessuna delle parti può sottrarsi all’obbligo di dare adempimento al contratto, o chiedere controprestazioni superiori a quelle pattuite. L’amministrazione dispone del diritto di recesso per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ex art. 11 comma 4 della legge 241/1990, subordinatamente alla liquidazione di un indennizzo, ma non può modificare unilateralmente le clausole che a posteriori risultino poco convenienti;
(c) il punto è quindi l’esatta individuazione in via interpretativa dell’equilibrio tra le utilità pubbliche e le utilità private descritte nell’accordo sostitutivo. L’equilibrio non può essere modificato per decisione dell’amministrazione, ma può essere ristabilito correggendo l’interpretazione che aumenta senza giustificazione la spesa a carico delle finanze pubbliche. Sotto questo profilo, subisce una limitazione applicativa la regola ex art. 1362 comma 2 c.c. circa la rilevanza del comportamento delle parti posteriormente alla conclusione del contratto. Il recupero delle somme dovute dai privati consente infatti intimazioni di pagamento emesse anche a distanza di anni dalla stipula dell’accordo sostitutivo;
(d) l’affidamento della parte privata non può estendersi alle clausole contra legem, in quanto la discrezionalità dell’amministrazione non rende disponibili gli elementi di interesse pubblico che la legge qualifichi espressamente come indisponibili. Tuttavia, la caducazione di una clausola nulla per violazione di legge non fa diventare irrilevanti le prestazioni già eseguite dalla parte privata, se oggettivamente vantaggiose per la collettività. In questo caso, si verifica una fattispecie di arricchimento senza causa, e dunque l’amministrazione è tenuta a liquidare un indennizzo;
(e) peraltro, la compensazione delle opere di urbanizzazione con il contributo sul costo di costruzione non costituisce una clausola contra legem;
(f) la tradizionale distinzione tra oneri di urbanizzazione, standard qualitativi e contributo sul costo di costruzione è utile solo per associare un’autonoma base imponibile a ciascuna delle tariffe imposte ai privati, evitando una moltiplicazione opaca e irragionevole dei pesi sull’attività edificatoria. Se dunque gli oneri di urbanizzazione sono giustificati in quanto necessari a sostenere gli investimenti pubblici di infrastrutturazione del territorio, e gli standard qualitativi sono applicati normalmente alle edificazioni di maggiore impatto con finalità perequative, il contributo sul costo di costruzione può essere visto come un’imposta patrimoniale sulla ricchezza impiegata nell’attività di edificazione. Sono tutte forme di prelievo tributario, ma caratterizzate da una distanza progressivamente maggiore rispetto alla concreta attività di edificazione, ossia da un collegamento progressivamente decrescente con il concreto interesse del soggetto che risulterà proprietario di quanto edificato;
(g) lo stesso criterio può essere utilizzato per stabilire la legittimità della compensazione con i costi di esecuzione diretta delle opere. Per gli oneri di urbanizzazione non vi sono problemi, in quanto il meccanismo è codificato nell’art. 16 comma 2 del DPR 380/2001 e nell’art. 45 della LR 12/2005. Il legislatore presume che gli oneri di urbanizzazione siano sempre necessari per creare un contesto adeguato ai nuovi edifici, o per adeguare il contesto esistente. Più complesso è stabilire quando una richiesta di opere di urbanizzazione formulata dall’amministrazione quale condizione per approvare il piano attuativo sia ancora collegata alle esigenze della specifica attività edificatoria, e quando sia invece finalizzata a risolvere, con l’occasione della nuova edificazione, criticità urbanistiche preesistenti. Una volta individuata correttamente la seconda fattispecie, sulla base di una valutazione caso per caso, non vi sono poi ostacoli alla compensazione del contributo sul costo di costruzione, perché qui l’utilità delle opere appartiene chiaramente alla collettività nel suo insieme;
(h) un’ipotesi particolare di applicazione del suddetto criterio è stata codificata, successivamente ai fatti di causa, nell’art. 46 comma 1-bis della LR 12/2005. Tale norma consente la compensazione del contributo sul costo di costruzione quando siano realizzate attrezzature pubbliche e di interesse pubblico non correlate alle dotazioni minime previste dal piano dei servizi, e aggiuntive rispetto al fabbisogno generato dalle edificazioni previste;
(i) ricapitolando, la convenzione urbanistica deve essere inserita in via interpretativa entro lo schema sopra descritto, il quale, una volta esaurita la quota relativa agli oneri di urbanizzazione, ammette la compensazione del contributo sul costo di costruzione solo per le spese riguardanti opere di cui la collettività fruisca in misura chiaramente e significativamente maggiore rispetto ai soggetti che abitano o lavorano nel comparto. Il potere del Comune di ottenere il versamento del contributo sul costo di costruzione (in aggiunta alla quota già incamerata) è limitato alle opere che non superano questa soglia, e sono necessarie sostanzialmente per garantire i servizi indispensabili al comparto;
(j) incidentalmente, si osserva che questa seconda categoria di opere sarebbe comunque esclusa dall’indennizzo a carico del Comune per arricchimento senza causa, essendovi una concorrente e prevalente utilità per il soggetto attuatore della lottizzazione;>>

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 795 del 16 agosto 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda che:
<<7. La giurisprudenza, richiamata anche dalla ricorrente, è costante nell’affermare che gli impegni assunti in sede convenzionale - al contrario di quanto si verifica in caso rilascio del singolo titolo edilizio, in cui gli oneri di urbanizzazione e di costruzione a carico del destinatario sono collegati alla specifica trasformazione del territorio oggetto del titolo, con la conseguenza che ove, in tutto o in parte, l'edificazione non ha luogo, può venire in essere un pagamento indebito fonte di un obbligo restitutorio - non vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni assunti (Cons. Stato, IV, 15 febbraio 2019, n. 1069).
La causa della convenzione urbanistica, e cioè l'interesse che l'operazione contrattuale è diretta a soddisfare, quindi, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione (Con. Stato, Sez. V, 26 novembre 2013, n. 5603).
Inoltre, occorre sottolineare che non è affatto escluso dal sistema che un operatore, nella convenzione urbanistica, possa assumere oneri anche maggiori di quelli astrattamente previsti dalla legge, trattandosi di una libera scelta imprenditoriale (o, anche, di una libera scelta volta al benessere della collettività locale), rientrante nella ordinaria autonomia privata, non contrastante di per sé con norme imperative.
È stato quindi affermato che il principio generale, secondo cui l'obbligo di contribuzione è indissolubilmente correlato all'effettivo esercizio dello ius aedificandi, non vale rispetto ai casi in cui la partecipazione agli oneri di urbanizzazione costituisce oggetto di un'obbligazione non già imposta ex lege, ma assunta contrattualmente nell'ambito di un rapporto di natura pubblicistica correlato alla pianificazione territoriale (Cons. Stato, sentenza n. 6339 del 12 novembre 2018).>>.
Nella fattispecie, a fronte di un impegno dei proprietari a cedere gratuitamente l’area in favore dell’amministrazione, a titolo di urbanizzazione secondaria, e a conferirne al Comune il possesso anticipato, per consentire l’immediata utilizzazione della stessa, il TAR osserva che:
<<poiché, per espressa volontà delle parti, l’obbligo avente ad oggetto la cessione gratuita dell’area in questione non è stato condizionato alla futura attività edificatoria, in applicazione dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, deve di conseguenza ritenersi che esso non venga meno in conseguenza dello scadere del termine previsto dal piano particolareggiato per la realizzazione dei lavori di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia della villa.>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 649 del 21 marzo 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano richiama e fa proprio l’orientamento secondo il quale in caso di intervento edilizio comportante il mutamento di destinazione d'uso, al fine della determinazione degli spazi a standard deve rivalutarsi la complessiva situazione esistente, e conseguentemente è ammissibile il reperimento della sola quota differenziale degli spazi a standard ove già sussista la quota richiesta per il precedente uso, mentre, solo in assenza di questa, le aree devono essere reperite per l'intero (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 febbraio 2021, n. 1586).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 572 del 10 marzo 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Brescia precisa che le convenzioni urbanistiche (alle quali è assimilabile l’atto unilaterale d’obbligo che accede a un titolo abilitativo) sono la sede naturale per introdurre criteri diversi di compensazione tra gli oneri concessori e le opere di interesse pubblico eseguite direttamente a spese dei privati; per quanto riguarda questi ultimi, le posizioni giuridiche relative agli oneri concessori sono considerate disponibili, e dunque non vi sono ostacoli alla definizione di un sinallagma che preveda anche l’accettazione di condizioni meno vantaggiose rispetto a quelle risultanti dalla normativa regionale o comunale, purché sia salvaguardata l’utilità economica finale dell’intervento edilizio.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 624 del 3 luglio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia precisa che mentre il costo di costruzione rappresenta una compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare, gli oneri di urbanizzazione svolgono la funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona a causa della consentita attività edificatoria; essi sono pertanto dovuti nel caso di trasformazioni edilizie che, indipendentemente dall’esecuzione di opere, si rivelino produttive di vantaggi economici per il proprietario, determinando un aumento del carico urbanistico; tale incremento può derivare anche da una mera modifica della destinazione d’uso di un immobile, mentre può non configurarsi nell’ipotesi di intervento edilizio con opere.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 574 del 17 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato, in ordine alla questione dell’individuazione dei soggetti obbligati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione previste da una convenzione di lottizzazione, sulla base della giurisprudenza sviluppatasi in materia, osserva che:
a) al fine di individuare quali sono i legittimati passivi in caso di inadempimento è necessario, in via preliminare, definire la natura giuridica delle obbligazioni derivanti dalla convenzione stipulata con l'ente locale;
b) le convenzioni urbanistiche hanno lo scopo di garantire che all'edificazione del territorio corrisponda non solo l'approvvigionamento delle dotazioni minime di infrastrutture pubbliche, ma anche il suo equilibrato inserimento in rapporto al contesto di zona che, nell'insieme, garantiscano la normale qualità del vivere in un aggregato urbano discrezionalmente, e razionalmente, individuato dall'autorità preposta alla gestione del territorio;
c) è in quest’ottica che devono essere letti ed interpretati gli obblighi dedotti nelle convenzioni urbanistiche e, per tale motivo, la Corte di cassazione ha sempre affermato che l'obbligazione assunta di provvedere alla realizzazione delle opere di urbanizzazione da colui che stipula una convenzione edilizia è di natura propter rem;
d) la natura reale dell'obbligazione comporta dunque che all’adempimento della stessa saranno tenuti non solo i soggetti che stipulano la convenzione, ma anche quelli che richiedono la concessione, quelli che realizzano l'edificazione e i loro aventi causa;
e) in senso conforme è la giurisprudenza amministrativa, secondo la quale l'assunzione, all'atto della stipulazione di una convenzione di lottizzazione, dell'impegno - per sé, per i propri eredi e per gli altri aventi causa - di realizzare una serie di opere di urbanizzazione del territorio e di costituire su una parte di quelle aree una servitù di uso pubblico, dà luogo ad una obbligazione propter rem, che grava quindi sia sul proprietario del terreno che abbia stipulato la convenzione di lottizzazione, sia su coloro che abbiano richiesto il rilascio della concessione edilizia nell'ambito della lottizzazione, sia infine sui successivi proprietari della medesima res, per cui l'avente causa del lottizzante assume tutti gli oneri a carico di quest'ultimo in sede di convenzione di lottizzazione, compresi quelli di urbanizzazione ancora dovuti, risultando inopponibile all’Amministrazione qualsiasi previsione contrattuale dal contenuto opposto e qualsiasi vicenda di natura civilistica riguardanti i beni in questione;
f) invero, il meccanismo dell'ambulatorietà passiva dell'obbligazione, proprio della natura propter rem, non trasforma ex se gli aventi causa dei lottizzanti in “parti” a pieno titolo del rapporto convenzionale, ma li rende semplicemente corresponsabili nell'esecuzione degli impegni presi.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 199 del 9 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte di Cassazione, con riferimento agli obblighi di fatturazione in presenza di una convenzione di lottizzazione che prevede la realizzazione di opere a scomputo oneri, enuncia il seguente principio «nella ipotesi di convenzione di lottizzazione, nella quale la realizzazione di un 'opera pubblica a scomputo degli oneri di urbanizzazione è assoggettata ad Iva qualora l'opera non rientri tra quelle destinate ad esigenze di urbanizzazione primaria e secondaria, l'obbligo di fatturazione non insorge alla data di sottoscrizione della convenzione urbanistica, ma al compimento delle opere concordate con l'ente territoriale, ed al loro collaudo».

La sentenza della Corte di Cassazione, Quinta Sezione Civile, n. 16533 del 22 giugno 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Cassazione, Sezione SentenzeWeb.


La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, con deliberazione n. 154/2018 depositata il 14 maggio 2018, discostandosi da un precedente parere, aderisce all’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa che ammette la scomputabilità indistinta degli oneri di urbanizzazione indipendentemente dalla natura delle opere di urbanizzazione (primaria o secondaria) realizzate dall’operatore economico. 
La Corte, dopo aver passato in rassegna la normativa relativa alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e la funzione che le stesse assolvono, si sofferma in particolare sul contributo dovuto da chi deve costruire, evidenziando che il legislatore non ha mai operato nessuna distinzione in merito.
Infatti, la Corte ricorda che:
- «La distinzione tra le opere di urbanizzazione primaria e secondaria (e dei connessi oneri), che i comuni ogni cinque anni aggiornano, secondo quanto dispone il comma 5 dell'articolo 16 del TU, sulla base dei "riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale", assume sia nella legislazione risalente, sia nelle più recenti innovazioni, una connotazione che non presenta distinzioni sotto il profilo del trattamento finanziario. In altre parole, la struttura dell'opera da realizzare implica interventi di urbanizzazione di diversa natura, cui è associato un onere a carico dell'operatore, periodicamente rivisto dai comuni in base al loro costo»;
- «L'uniformità sotto il profilo finanziario degli oneri di urbanizzazione condurrebbe il ragionamento sistematico a propendere per l'ammissibilità dello scomputo in maniera indistinta degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, qualora il titolare del permesso di costruire abbia realizzato direttamente opere di urbanizzazioni primarie d'importo maggiore rispetto a quanto dovuto in base ai parametri tabellari».
Una volta introitati gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, il Comune può, infatti, realizzare indifferentemente opere sia di urbanizzazione primaria che secondaria, senza che sia vincolato a destinare in maniera distinta le somme ad opere di diversa natura in ragione del titolo di riscossione degli oneri.
La Corte prende le mosse da una prospettiva di ordine finanziario per approdare ad una proposizione di scomputabilità indifferenziata degli oneri, dal momento che la norma non prevede nessuna distinzione e richiama nel parere (forse) l’ultima decisione della giurisprudenza amministrativa sull’argomento del TAR Campania, sez. Salerno, n. 179 del 31 gennaio 2017, secondo cui: «Ebbene, va evidenziato, come dedotto in ricorso, che secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione di discostarsi in questa sede, "può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall'importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi,non ravvisandosi ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale: difatti lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria,atteso che la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 1. 28 gennaio 1977 n. 10) delle due categorie di opere vieta all'interprete di introdurre una siffatta distinzione"( cfr. T.A.R. Toscana Firenze, sez. III, 11 agosto 2004, n. 3181; Consiglio di Stato, sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4015; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I 02 febbraio 2012 n. 279».
Anche la più recente sentenza del Consiglio di Stato sull’argomento replica l’orientamento più volte espresso, in forza del quale la legge «non consente alcuna distinzione tra opere di urbanizzarne primaria e secondaria, di guisa che il concessionario ha diritto a che le eccedenze delle opere realizzate per un tipo di urbanizzazione rispetto all’importo del contributo dovuto per quel tipo di opere siano portate in detrazione anche dall’ammontare del contributo dovuto per le opere dell’altro tipo» (Cons. Stato, sez. V, n. 5800 del 21 dicembre 2015).
La distinzione prevista, invece, dalla L.R. n. 12/2005 che impediva la scomputabilità indifferenziata degli oneri, in quanto l’art. 46 sanciva che lo scomputo avvenisse “distintamente” per le opere di urbanizzazione realizzate dall’operatore, è stata soppressa dalla L.R. n. 7/2010.
Con la soppressione dell’avverbio “distintamente” non vi è, pertanto, più nessuna ragione per non consentire lo scomputo indifferenziato degli oneri, in quanto appare evidente che la ratiodella modifica legislativa regionale è stata quella di rendere scomputabile l’importo sostenuto dall’operatore per la realizzazione di qualsiasi tipologia di opere di urbanizzazione e rendere così la disposizione regionale sul punto conforme a quella statale.
Virginia Manzi

La deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, n. 154 resa nell’adunanza del 8 maggio 2018 e depositata il 14 maggio 2018, è consultabile sul sito istituzionale della Corte dei conti al seguente indirizzo.


Il TAR Milano osserva che, come prevede ora l'art. 45 della l.r. n. 12/2005 (e l'art. 16 del d.p.r. n. 380/01), lo scomputo del valore delle opere di urbanizzazione non configura un diritto dell'operatore, ma una mera possibilità, per la quale occorre sempre il consenso e l'autorizzazione dell'amministrazione; l’ammissione allo scomputo costituisce, infatti, l’oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell'Amministrazione che può optare per un diverso assetto di rapporti da essa reputato maggiormente servente l'interesse pubblico e la collettività di riferimento.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 954 del 10 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.