In caso di presentazione di una variante al titolo edilizio che abbia ad oggetto un’opera specifica o che incida su una porzione specifica e autonoma dell’opera assentita, deve ritenersi che il costo di costruzione debba essere calcolato, sulla base delle tariffe vigenti al momento del rilascio della variante stessa, limitatamente all’opera assentita con la variante o alla porzione interessata, escludendo le opere già considerate al momento del rilascio del titolo edilizio originario. Laddove però la variante incida sull’opera nel suo complesso, deve invece ritenersi corretto che il costo di costruzione venga ricalcolato, sulla base delle tariffe vigenti al momento del rilascio del titolo in variante, sull’intera opera, fermo restando che da tale importo debba essere sottratto quanto era già stato corrisposto in occasione del rilascio del titolo abilitativo originario.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1548 del 5 maggio 2025


Il TAR Brescia a fronte di un ripensamento, contestato dal ricorrente, da parte di un Comune circa l’equilibrio economico di convenzione urbanistica e in particolare circa l'impropria compensazione delle opere di urbanizzazione con il contributo sul costo di costruzione, osserva: 
<<(a) l’argomento fondato sulla violazione dell’affidamento appare condivisibile, con le precisazioni che saranno sviluppate qui di seguito;
(b) le convenzioni urbanistiche, in quanto appartenenti alla categoria degli accordi sostitutivi ex art. 11 della legge 241/1990, definiscono un equilibrio discrezionale tra l’interesse pubblico e l’interesse privato, che ai sensi dell’art. 1372 c.c. ha il medesimo valore vincolante per la parte pubblica e per la parte privata. In mancanza di un’espressa clausola di rinegoziazione, nessuna delle parti può sottrarsi all’obbligo di dare adempimento al contratto, o chiedere controprestazioni superiori a quelle pattuite. L’amministrazione dispone del diritto di recesso per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ex art. 11 comma 4 della legge 241/1990, subordinatamente alla liquidazione di un indennizzo, ma non può modificare unilateralmente le clausole che a posteriori risultino poco convenienti;
(c) il punto è quindi l’esatta individuazione in via interpretativa dell’equilibrio tra le utilità pubbliche e le utilità private descritte nell’accordo sostitutivo. L’equilibrio non può essere modificato per decisione dell’amministrazione, ma può essere ristabilito correggendo l’interpretazione che aumenta senza giustificazione la spesa a carico delle finanze pubbliche. Sotto questo profilo, subisce una limitazione applicativa la regola ex art. 1362 comma 2 c.c. circa la rilevanza del comportamento delle parti posteriormente alla conclusione del contratto. Il recupero delle somme dovute dai privati consente infatti intimazioni di pagamento emesse anche a distanza di anni dalla stipula dell’accordo sostitutivo;
(d) l’affidamento della parte privata non può estendersi alle clausole contra legem, in quanto la discrezionalità dell’amministrazione non rende disponibili gli elementi di interesse pubblico che la legge qualifichi espressamente come indisponibili. Tuttavia, la caducazione di una clausola nulla per violazione di legge non fa diventare irrilevanti le prestazioni già eseguite dalla parte privata, se oggettivamente vantaggiose per la collettività. In questo caso, si verifica una fattispecie di arricchimento senza causa, e dunque l’amministrazione è tenuta a liquidare un indennizzo;
(e) peraltro, la compensazione delle opere di urbanizzazione con il contributo sul costo di costruzione non costituisce una clausola contra legem;
(f) la tradizionale distinzione tra oneri di urbanizzazione, standard qualitativi e contributo sul costo di costruzione è utile solo per associare un’autonoma base imponibile a ciascuna delle tariffe imposte ai privati, evitando una moltiplicazione opaca e irragionevole dei pesi sull’attività edificatoria. Se dunque gli oneri di urbanizzazione sono giustificati in quanto necessari a sostenere gli investimenti pubblici di infrastrutturazione del territorio, e gli standard qualitativi sono applicati normalmente alle edificazioni di maggiore impatto con finalità perequative, il contributo sul costo di costruzione può essere visto come un’imposta patrimoniale sulla ricchezza impiegata nell’attività di edificazione. Sono tutte forme di prelievo tributario, ma caratterizzate da una distanza progressivamente maggiore rispetto alla concreta attività di edificazione, ossia da un collegamento progressivamente decrescente con il concreto interesse del soggetto che risulterà proprietario di quanto edificato;
(g) lo stesso criterio può essere utilizzato per stabilire la legittimità della compensazione con i costi di esecuzione diretta delle opere. Per gli oneri di urbanizzazione non vi sono problemi, in quanto il meccanismo è codificato nell’art. 16 comma 2 del DPR 380/2001 e nell’art. 45 della LR 12/2005. Il legislatore presume che gli oneri di urbanizzazione siano sempre necessari per creare un contesto adeguato ai nuovi edifici, o per adeguare il contesto esistente. Più complesso è stabilire quando una richiesta di opere di urbanizzazione formulata dall’amministrazione quale condizione per approvare il piano attuativo sia ancora collegata alle esigenze della specifica attività edificatoria, e quando sia invece finalizzata a risolvere, con l’occasione della nuova edificazione, criticità urbanistiche preesistenti. Una volta individuata correttamente la seconda fattispecie, sulla base di una valutazione caso per caso, non vi sono poi ostacoli alla compensazione del contributo sul costo di costruzione, perché qui l’utilità delle opere appartiene chiaramente alla collettività nel suo insieme;
(h) un’ipotesi particolare di applicazione del suddetto criterio è stata codificata, successivamente ai fatti di causa, nell’art. 46 comma 1-bis della LR 12/2005. Tale norma consente la compensazione del contributo sul costo di costruzione quando siano realizzate attrezzature pubbliche e di interesse pubblico non correlate alle dotazioni minime previste dal piano dei servizi, e aggiuntive rispetto al fabbisogno generato dalle edificazioni previste;
(i) ricapitolando, la convenzione urbanistica deve essere inserita in via interpretativa entro lo schema sopra descritto, il quale, una volta esaurita la quota relativa agli oneri di urbanizzazione, ammette la compensazione del contributo sul costo di costruzione solo per le spese riguardanti opere di cui la collettività fruisca in misura chiaramente e significativamente maggiore rispetto ai soggetti che abitano o lavorano nel comparto. Il potere del Comune di ottenere il versamento del contributo sul costo di costruzione (in aggiunta alla quota già incamerata) è limitato alle opere che non superano questa soglia, e sono necessarie sostanzialmente per garantire i servizi indispensabili al comparto;
(j) incidentalmente, si osserva che questa seconda categoria di opere sarebbe comunque esclusa dall’indennizzo a carico del Comune per arricchimento senza causa, essendovi una concorrente e prevalente utilità per il soggetto attuatore della lottizzazione;>>

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 795 del 16 agosto 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti sono certamente applicabili alle convenzioni urbanistiche, quali accordi tra privati e Amministrazione, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990, sottoposti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; all’interno delle convenzioni di urbanizzazione risulta prevalente il profilo della libera negoziazione, quindi, sebbene sia innegabile che la convenzione urbanistica, a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento dichiaratamente contrattuale, rappresenti un istituto di complessa ricostruzione, non può negarsi che in questo si assista all’incontro di volontà delle parti contraenti nell’esercizio dell’autonomia negoziale retta dal codice civile.
Aggiunge il TAR che la necessità di salvaguardare l’equilibrio del rapporti contrattuali anche in fase di esecuzione, in ossequio ai canoni di affidamento e buona fede e nel rispetto del rapporto di sinallagmaticità, impone di assumere come lesiva della posizione giuridica del ricorrente e dei suoi interessi la determinazione comunale che ha preteso di ricalcolare il costo di costruzione, interpretando diversamente la pertinente normativa regionale e comunale, trattandosi di una indebita variazione unilaterale delle obbligazioni assunte contrattualmente; del resto, anche laddove il riequilibrio delle previsioni della convenzione si renda necessario al fine di assicurare il rispetto delle disposizioni normative sopravvenute, ciò non può avvenire sulla base di un intervento unilaterale e autoritativo dell’Amministrazione, bensì soltanto in esito alla rinegoziazione tra le parti, secondo buona fede, delle prestazioni oggetto delle obbligazioni che non possano più essere adempiute nel modo originariamente convenuto.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1166 del 23 giugno 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il Consiglio di Stato, riformando una sentenza del TAR Milano, afferma che le convenzioni urbanistiche possono consentire lo scomputo degli oneri di urbanizzazione, ma non del costo di costruzione.
In argomento, si veda ora in Lombardia la recente L.R. 26 novembre 2019 n. 18, il cui art. 4, comma 1, lettera g), ha aggiunto al comma 1 dell’art. 46 della L.R.  n. 12 del 2003 il seguente comma:
«1 bis. Nel caso in cui la realizzazione di attrezzature pubbliche e di interesse pubblico e generale prevista in convenzione non sia correlata alla necessità di garantire il reperimento della dotazione di cui all’articolo 9 e l’approntamento delle opere e delle infrastrutture sia totalmente aggiuntivo rispetto al fabbisogno generato dalle funzioni in previsione, è ammessa la possibilità di dedurre gli importi di dette opere o attrezzature a compensazione del contributo afferente il costo di costruzione di cui all’articolo 48.».

Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 8919 del 31 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.