Il TAR Milano, con ordinanza assunta in sede cautelare, ha confermato l’orientamento secondo cui la Scia non è prevista per ottenere la concessione di suolo pubblico che, come noto, è materia soggetta ad attività provvedimentale della P.A., che non dipende esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti previsti dalla legge; il Collegio ha richiamato precedenti pronunce, secondo cui la concessione di suolo pubblico è tuttora soggetta al regime del rilascio del provvedimento espresso, e non può essere ritenuta assentibile mediante una sorta di SCIA o DIA (T.A.R. Campania. Napoli, Sez. III, 1.9.2017, n. 4220).

TAR Lombardia, Milano, sez. I, ordinanza n. 575 del 26 giugno 2023


Il TAR Milano ricorda che la giurisprudenza ha affrontato il tema dell’applicabilità della disciplina dell’anomalia delle offerte nell’ambito concessorio, connotato dall’assenza di un corrispettivo stricto sensu in favore dell’affidatario, e precisa:
<<7.1. Si fronteggiano due posizioni: da un lato pronunce, maturate specialmente nella vigenza del decreto legislativo n. 163 del 2006, che escludono la diretta applicabilità di tale regime alla figura concessoria (cfr. Cons. Stato, V, 1 dicembre 2014, n. 5915; 24 marzo 2011, n. 1784) salvo ammettere una verifica in fase di gara circa la ragionevolezza dell’offerta in termini di suo preventivo apprezzamento di attendibilità, funzionale all’adempimento (Cons. Stato, n. 5915 del 2014, cit.); dall’altro decisioni che invece riconoscono l’applicabilità dell’istituto alle concessioni, pur indicando gli elementi di specialità che la valutazione assume rispetto a tali fattispecie, in quanto “nella concessione si controlla l’attendibilità di una previsione economico-finanziaria con pieno o preponderante accollo del rischio economico del peculiare mercato del servizio da parte del concessionario, onde siffatta verifica, pur sempre rigorosa, è sull’attendibilità d’una ragionevole e ponderata previsione economica […], che lascia un margine d’incertezza a chi confeziona l’offerta ed un alto margine di opinabilità tecnico-discrezionale a chi la riscontra, opinabilità non sindacabile in sede di legittimità se non per evidenti errori di fatto e macroscopica irragionevolezza” (Cons. Stato, VI, 7 maggio 2020, n. 2885; nello stesso senso, al punto di equiparare nella sostanza il giudizio di anomalia per gli appalti e le concessioni, cfr. Cons. Stato, III, 5 dicembre 2019, n. 8340).
7.2. Il Collegio aderisce al secondo orientamento, ritenendo che seppure l’art. 164, comma 2, del D.lgs. n. 50 del 2016 non richiami specificamente il regime dell’anomalia, la relativa verifica vada nondimeno considerata applicabile anche alle offerte inerenti alle concessioni: si tratta infatti di una valutazione espressione di principi generali in materia di affidamento di commesse pubbliche quali quelli della qualità e affidabilità delle prestazioni, nonché della libera concorrenza (cfr. l’art. 30 d.lgs. n. 50 del 2016), e che implica un apprezzamento secondo canoni di ragionevolezza e attendibilità delle offerte ben possibile - anzi doveroso - da parte dell’amministrazione anche in ipotesi di concessioni, in coerenza con i generali principi dell’efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa.
E' stato condivisibilmente osservato che il ritenere applicabile alle concessioni l’istituto della verifica di congruità non impedisce di tener conto, nell’esprimere la valutazione da compiere, della peculiarità della fattispecie concessoria, e dunque di declinare in termini “dinamici” la verifica di anomalia - considerato che anche la voce dei ricavi risulta ex ante indefinita - che assume perciò connotazioni ancor più discrezionali e in qualche misura flessibili (in quanto condizionata da una rilevante componente previsionale), se non caratterizzata da margini d’incertezza (cfr. Cons. Stato, sez. V 24 maggio 2022 n. 4108).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 8 settembre 2022 n. 1980.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


La Corte di Giustizia UE, con riferimento alle cause di esclusione da una procedura di gara per l'affidamento di un contratto di concessione per precedenti condanne, così statuisce:
«1) L’articolo 38, paragrafo 9, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che non accorda a un operatore economico condannato definitivamente per uno dei reati di cui all’articolo 38, paragrafo 4, di tale direttiva e soggetto, per tale ragione, a un divieto automatico di partecipare alle procedure di aggiudicazione dei contratti di concessione, la possibilità di fornire la prova di aver adottato misure correttive idonee a dimostrare il ripristino della sua affidabilità.
2) L’articolo 38, paragrafi 9 e 10, della direttiva 2014/23 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che l’esame dell’adeguatezza delle misure correttive adottate da un operatore economico sia affidato alle autorità giudiziarie, purché il regime nazionale istituito a tal fine rispetti tutti i requisiti posti dall’articolo 38, paragrafo 9, di tale direttiva e la procedura applicabile sia compatibile con i termini imposti dalla procedura di aggiudicazione dei contratti di concessione. Inoltre, l’articolo 38, paragrafo 9, della direttiva 2014/23 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che consente alle autorità giudiziarie di non applicare a una persona un divieto automatico di partecipare alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione a seguito di una condanna penale, di revocare un siffatto divieto o di escludere qualsiasi menzione della condanna nel casellario giudiziario, purché tali procedure giudiziarie soddisfino effettivamente le condizioni poste e l’obiettivo perseguito da tale regime e, in particolare, consentano, qualora un operatore economico desideri partecipare a una procedura di aggiudicazione dei contratti di concessione, di revocare, in tempo utile, il divieto a cui è soggetto, basandosi soltanto sull’adeguatezza delle misure correttive invocate dal suddetto operatore e valutate dall’autorità giudiziaria competente conformemente ai requisiti previsti da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare».

Corte di Giustizia UE, Sez. IX, dell'11 giugno 2020 (causa C-472/19).
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Giustizia.