È onere dei destinatari dell’ingiunzione dimostrare la risalenza del fabbricato non incombendo sul comune alcun onere istruttorio in tale senso, in quanto solo il privato può fornire (atteso che ordinariamente ne dispone e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione degli interventi, anche per dimostrare la consistenza originaria dell'immobile abusivo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1906 del 3 giugno 2025


La qualificazione degli interventi edilizi, anche ai fini dell’applicazione di una norma agevolativa nella fissazione del contributo di costruzione o della monetizzazione, non può che avvenire avendo riguardo alla totalità di un intervento, impedendo così suddivisioni meramente artificiose e mosse da una finalità sostanzialmente elusiva.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 987 del 20 marzo 2025


I provvedimenti sanzionatori in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia hanno natura vincolata sicché la loro illegittimità, sulla scorta di una lettura sostanzialistica delle norme sulla partecipazione, non può fondarsi sul mancato apporto partecipativo del privato denunziante, che sarebbe del tutto inutile non potendo diversamente orientare l’esercizio del potere.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 130 del 17 febbraio 2025




L’art. 146, comma 6, del D.Lgs. n. 42 del 2004 stabilisce che la Regione può delegare agli Enti locali minori la competenza in materia di paesaggio, purché tali Enti “dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia”; ne consegue che l’eventuale mancata differenziazione non potrebbe determinare l’illegittimità dei provvedimenti assunti dal Comune in materia edilizia, trattandosi di competenza propria e originaria del predetto Ente locale, non surrogabile da altro livello di governo territoriale, ma al limite potrebbe produrre effetti vizianti sul procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, trattandosi di competenza regionale, soltanto delegata al Comune.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 284 del 28 gennaio 2025





L'autore dell’abuso è titolare in proprio della facoltà di chiedere la sanatoria dell’immobile, come espressamente riconosciuto dall’art. 36, comma 1, del D.P.R. 380/2001. Sul piano sostanziale le posizioni del proprietario dell’immobile e dell’autore dell’abuso sono disaccoppiate, e dunque sul piano processuale quest’ultimo è titolare di un autonomo interesse a ricorrere, che ben può permanere anche a fronte alla volontà di non opporsi all’ordine di ripristino manifestata dagli altri destinatari. Tale interesse si radica in beni della vita appartenenti esclusivamente all’autore dell’abuso, e tipicamente nell’esigenza di prevenire richieste risarcitorie. L’azione giudiziaria intrapresa dall’autore dell’abuso può risolversi di fatto a favore dei proprietari, ma non condiziona le prerogative connesse al diritto di proprietà. Spetterà quindi ai proprietari, nel caso di esito favorevole del ricorso, decidere se conservare il bene ormai regolarizzato o procedere comunque al ripristino, in virtù a quel punto di una libera scelta.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 1000 del 16 dicembre 2024


Il TAR Milano aderisce all’orientamento secondo il quale nel caso di opere eseguite su immobili, anche non vincolati, ubicati nei centri storici, l’individuazione della tipologia di sanzione da applicare, reale o pecuniaria, spetta all'amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali e ambientali, che si esprime mediante un parere vincolante. Tale tipologia di atto, per il suo contenuto, ha valenza sostanzialmente decisoria, il che implica che il Comune deve attenersi a quanto stabilito dalla suddetta amministrazione. Esclusivamente nel caso in cui il parere non venga reso entro il termine previsto, la competenza si trasferisce all'amministrazione comunale

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3791 del 30 dicembre 2024


Il TAR Milano ricorda che è opinione consolidata che l'esercizio dei poteri di vigilanza e repressivi rappresenta, in via generale, una delle imprescindibili modalità di cura dell'interesse pubblico affidato all'una o all'altra branca dell'Amministrazione ed è espressione del principio di buon andamento di cui all'art. 97, Cost. e che nella specifica materia dell'attività urbanistico-edilizia, un potere specifico di vigilanza (esercitabile, per la sua stessa natura, anche mediante provvedimenti innominati), volto ad assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi, è affidato dalla legge al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale, non sussistendo l'obbligo di comparazione degli interessi e non essendo rinvenibile un affidamento tutelabile del privato. I provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, dunque, sono tipizzati e vincolati nella misura in cui presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere abusivo delle medesime.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2784 del 21 ottobre 2024


Il TAR Milano osserva che l’esercizio di un’attività commerciale non può prescindere dalla regolarità urbanistico-edilizia delle costruzioni per esso utilizzate. Per evitare che l’imprenditore possa continuare a svolgere in via di fatto la sua attività senza il titolo edilizio deve essere riconosciuto il potere-dovere inibitorio dell’amministrazione all’esito dell’accertata abusività delle opere costruttive. Da ciò consegue che il diniego di esercizio di attività è legittimo qualora sia basato su comprovate ragioni di abusività edilizia dell’opera, di cui la P.A. deve tenere conto (fattispecie relativa a impianto di frantumazione e smaltimento di materiali inerti e rifiuti non pericolosi).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2368 del 4 settembre 2024


Il TAR Brescia, preso atto che la Corte costituzionale, con sentenza n. 19/2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 l.r. Lombardia n. 12/2005, “limitatamente alle parole «e, comunque, in misura non inferiore all’ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi desumibile dal relativo computo metrico estimativo e dai prezzi unitari risultanti dai listini della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia, in ogni caso, con la sanzione minima di cinquecento euro»”, dichiara l’illegittimità del provvedimento impugnato per avere quantificato la sanzione pecuniaria sulla base di una norma di legge regionale dichiarata costituzionalmente illegittima, precisando che la sanzione – pur sempre dovuta – dovrà essere quindi rideterminata in conformità all’articolo 167, comma 5, d.lgs. 42/2004, e dunque parametrata sul profitto conseguito, senza la soglia minima dell’80% del costo di costruzione che era fissata dal citato art. 83 l.r. n. 12/2005. Per il TAR non risulta invece accoglibile la tesi della società ricorrente secondo la quale, una volta venuto meno il criterio di cui all’art. 83 l.r. n. 12/2005, inclusa la sanzione minima di 500 euro prevista dalla norma, la Provincia non potrebbe più applicare alcuna sanzione avendo già accertato nel provvedimento impugnato l’assenza di profitto e di danno, la cui mancanza avrebbe costituito lo stesso presupposto per l’applicazione del criterio del costo della costruzione previsto dalla norma dichiarata costituzionalmente illegittima. Precisa il TAR che l'applicazione del criterio dell’80% del costo della costruzione di cui al citato art. 83 l.r. n. 12/2005, dichiarato costituzionalmente illegittimo, non implicava necessariamente il previo accertamento dell’assenza del profitto, non prevedendo la norma un criterio sussidiario quanto piuttosto un limite minimo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 706 del 10 agosto 2024


Il TAR Brescia osserva che le categorie edilizie non sono sovrapponibili a quelle paesistiche. Nella valutazione paesistica, infatti, sono essenziali tutte le variazioni che impattano sul paesaggio, anche se urbanisticamente formano solo volumi accessori o tecnici, e dunque anche se non consumano gli indici edilizi. Pertanto, l’autonomia della valutazione paesistica giustifica l’ordine di demolizione anche per strutture minori sotto il profilo edilizio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 713 del 21 agosto 2024


Il TAR Milano precisa che le opere realizzate senza autorizzazione all’interno di un territorio protetto, anche se astrattamente riconducibili al concetto di pertinenza, ivi comprese le tettoie, debbono comunque sottostare a misure ripristinatorie e di reintegro ambientale di cui agli artt. 167 e 181 del D. Lgs. n. 42 del 2004: difatti, nel caso in cui gli illeciti edilizi ricadano in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, stante l’alterazione dell’aspetto esteriore, gli stessi risultano soggetti alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, con la conseguenza che, quand’anche si ritenessero le opere pertinenziali o precarie e, quindi, assentibili con mera DIA, l’applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1308 del 30 aprile 2024


Il TAR Brescia precisa che la misura della rimessione in pristino ex art. 31, comma 2, del DPR 380/2001 è rafforzata dalla sanzione pecuniaria di cui al successivo comma 4-bis. Pur trattandosi di una sanzione pecuniaria, la sua funzione non si esaurisce nella fissazione del prezzo per la mancata demolizione, ma è rivolta al medesimo obiettivo dell’ordine di demolizione, ossia a ottenere il ripristino dello stato dei luoghi, creando un forte disincentivo ai comportamenti omissivi o inerti. Non può quindi operare l’attrazione nella competenza del giudice penale ex art. 24 della legge 689/1981, in quanto l’ordine di demolizione e la sanzione pecuniaria collegata a tale ordine costituiscono strumenti inscindibili a disposizione dell’amministrazione per reprimere l’utilizzazione impropria del territorio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 101 dell’8 febbraio 2024.


La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, limitatamente alle parole «e, comunque, in misura non inferiore all’ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi desumibile dal relativo computo metrico estimativo e dai prezzi unitari risultanti dai listini della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia, in ogni caso, con la sanzione minima di cinquecento euro».
Osserva la Corte che la quantificazione della sanzione, in caso di assenza di danno ambientale, nella misura non inferiore all’ottanta per cento del costo teorico di costruzione «delle opere e/o lavori abusivi», con il minimo inderogabile di cinquecento euro, non è prevista dalla disciplina adottata dallo Stato nell’esercizio della sua competenza legislativa esclusiva; in particolare, non è prevista dall’art. 167 cod. beni culturali.

Corte costituzionale n. 19 del 19 febbraio 2024



Il TAR Milano ribadisce che l’eventuale assenza di responsabilità dell’attuale proprietario nella realizzazione delle opere non dimostra alcunché in ordine alla attuale indisponibilità del bene e alla materiale impossibilità di provvedere alla rimozione delle opere; peraltro, l’assenza di responsabilità rileverebbe non nell’attuale fase (di opposizione all’ordinanza di demolizione, correttamente rivolta nei confronti dell’attuale proprietario dell’area), bensì nell’eventuale fase successiva di accertamento dell’inottemperanza e acquisizione dell’area al patrimonio comunale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 3208 del 28 dicembre 2023


Il TAR Brescia precisa che le categorie della conformità urbanistica e della compatibilità paesistica devono rimanere distinte. Non tutti i volumi rilevanti sotto il profilo urbanistico incidono sul vincolo paesistico, e viceversa possono essere impattanti sotto il profilo paesistico anche volumi irrilevanti ai fini urbanistici. Per stabilire la conformità urbanistica si deve accertare se siano stati spesi diritti edificatori esistenti, mentre sotto il profilo paesistico si valuta se la volumetria derivante dall’utilizzazione di diritti edificatori esistenti o inesistenti comporti disturbo alla percezione dello scenario tutelato. Ne consegue che qualora la sopraelevazione abusiva si possa osservare principalmente da aree private, e sia diluita nel contesto edificato senza introdurre alterazioni fuori scala o elementi architettonici incongrui, la demolizione sarebbe una sanzione sproporzionata, in quanto non necessaria a ricostituire l’integrità del vincolo paesistico.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 966 del 30 dicembre 2023


Il TAR Milano ricorda che, secondo consolidata giurisprudenza amministrativa, in linea di diritto, l'onere della prova dell'ultimazione entro una certa data di un'opera edilizia, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per cui non era richiesto un titolo edilizio ratione temporis, perché realizzate legittimamente senza titolo, incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto. Allo stesso modo, fa capo al proprietario l'onere di provare il carattere risalente del manufatto con riferimento a epoca anteriore alla cd. legge "ponte" n. 761 del 1967, con la quale l'obbligo di previa licenza edilizia venne esteso alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano. La stessa prevalente opinione giurisprudenziale ammette un temperamento secondo ragionevolezza nel caso in cui il privato, da un lato, porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell'intervento prima del 1967 elementi dotati di un alto grado di plausibilità (aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione ante 1.9.1967) e, dall'altro, il Comune fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio, o con variazioni essenziali.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1 del 2 gennaio 2024


Il TAR Milano ricorda che in caso di intervento edilizio realizzato all'esito di presentazione di s.c.i.a., per il quale era tuttavia precluso il ricorso a detto titolo abilitativo, esigendosi di contro il rilascio di permesso di costruire, non trova applicazione il termine decadenziale per l'esercizio del potere inibitorio previsto dall'art. 19 della l. n. 241 del 1990, il cui decorso esaurisce gli ordinari poteri di vigilanza edilizia, in quanto tale termine opera solamente nelle ipotesi in cui gli interventi realizzati o realizzandi rientrino fra quelli eseguibili mediante s.c.i.a.; per gli interventi soggetti a permesso di costruire, invece, deve applicarsi il comma 2-bis dell'art. 21 della medesima legge a mente del quale restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 3148 del 21 dicembre 2023


Il TAR Brescia ribadisce il proprio orientamento interpretativo secondo cui, nello schema dell'art. 31, comma 2, d.P.R. n. 380/2001, l'ordine di demolizione ha come destinatari sia il proprietario dell'immobile dove sono state realizzate le opere abusive, sia l'autore dell'abuso. L'equiparazione del proprietario all'autore dell'abuso rivela che la misura ripristinatoria ha carattere oggettivo, essendo diretta a reintegrare immediatamente l'ordine urbanistico. Il proprietario non può quindi liberarsi dall'obbligo di rimessione in pristino eccependo l'estraneità dell'abuso o la buona fede circa il comportamento degli esecutori materiali dei lavori. L'estraneità all'abuso o la buona fede diventano rilevanti solo quando si passa dal comma 2 al comma 3 dell'art. 31, d.P.R. n. 380 del 2001, ossia quando è necessario valutare in che modo l'ordine di demolizione possa essere ottemperato. È nella fase dell'ottemperanza che il proprietario può distinguere la sua posizione da quella dell'autore dell'abuso, evitando la responsabilità solidale con quest'ultimo e la perdita dell'immobile.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 859 del 24 novembre 2023



Il TAR Milano ricorda che l’utilizzo di un titolo inidoneo rende abusivo l’intervento e impone al Comune di intervenire attraverso i suoi poteri generali di vigilanza in ambito edilizio di cui all’art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001. Pur in presenza di sempre maggiori spazi di semplificazione procedimentale anche in ambito edilizio, esistono tuttavia dei limiti insormontabili che non consentono di derubricare gli interventi “maggiori” al titolo “minore”. Se, pertanto, il privato ha sempre la possibilità di optare per il permesso di costruire, anche nel caso in cui gli sarebbe possibile agire tramite semplice d.i.a. (oggi s.c.i.a.), non vale il reciproco, per cui nei casi in cui è ritenuto necessario l’avallo esplicito dell’intervento, l’utilizzo di qualsivoglia altra forma di comunicazione, ivi comprese quelle nuove introdotte nel tempo (si pensi alla c.d. comunicazione inizio lavori - C.I.L. - o comunicazione inizio lavori asseverata - C.I.L.A.) appare sostanzialmente inutile. Esso, cioè, si palesa tamquam non esset ai fini della legittimazione dell’intervento, che resta abusivo. L’utilizzo, infatti, di un titolo edilizio completamente inadeguato a “coprire” l’intervento realizzato non elide la natura illecita dello stesso, sì da poter comunque scongiurare l’intervento sanzionatorio del Comune nell’ambito del proprio generico potere di vigilanza di cui all’art. 27 del T.U.E.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2659 del 15 novembre 2023


Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza, in materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario, perché quest'ultimo possa andare esente dalla misura consistente nell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insiste il bene, occorre che risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone lo stesso venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento; sebbene l'ordine di demolizione debba sempre essere rivolto anche nei confronti del proprietario, questi non può subire la perdita di proprietà dell'area di sedime quando dimostri: a) di non essere l'autore dell'abuso e di non aver compartecipato alla sua realizzazione; b) di essersi seriamente attivato nei confronti dell'autore che abbia la disponibilità del bene, mediante diffide o altre iniziative di carattere ultimativo, per costringerlo ad eseguire la demolizione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2391 del 19 ottobre 2023