Deve ritenersi consentito agli enti locali operare scelte di pianificazione al fine di garantire un corretto insediamento delle strutture di vendita, anche ponendo limiti agli insediamenti degli esercizi commerciali, in considerazione degli aspetti connessi all'ambiente urbano – inclusi i profili relativi alla viabilità e all’impatto complessivo dei flussi di traffico – nonché dell’esigenza di assicurare un ordinato sviluppo del territorio comunale. La diversità degli interessi pubblici tutelati, pertanto, impedisce di attribuire in astratto prevalenza alle norme in materia commerciale rispetto al piano urbanistico

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2747 del 30 luglio 2025


Ai fini della qualificazione di una nuova media struttura di vendita non rileva l’autonomia funzionale dei singoli esercizi; ciò che assume rilievo non è la gestione delle singole unità commerciali insediate nell’immobile quanto la gestione unitaria di infrastrutture e spazi comuni, quali sono l’accesso e i parcheggi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1162 del 4 aprile 2025


Il TAR Milano osserva che l’esercizio di un’attività commerciale non può prescindere dalla regolarità urbanistico-edilizia delle costruzioni per esso utilizzate. Per evitare che l’imprenditore possa continuare a svolgere in via di fatto la sua attività senza il titolo edilizio deve essere riconosciuto il potere-dovere inibitorio dell’amministrazione all’esito dell’accertata abusività delle opere costruttive. Da ciò consegue che il diniego di esercizio di attività è legittimo qualora sia basato su comprovate ragioni di abusività edilizia dell’opera, di cui la P.A. deve tenere conto (fattispecie relativa a impianto di frantumazione e smaltimento di materiali inerti e rifiuti non pericolosi).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2368 del 4 settembre 2024


Il Tar Brescia ricorda che, ai sensi dell'art. 4 comma 1 lett. g) d.lg. 31 marzo 1998 n. 114, per centro commerciale deve intendersi una media o grande struttura di vendita, nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente; elementi caratteristici sono, dunque, la destinazione specifica della struttura, composta da più esercizi commerciali, e la gestione unitaria di infrastrutture e spazi comuni, di cui essi usufruiscono (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 agosto 2016, n. 3672) e che i requisiti strutturali e funzionali costituiscono requisiti congiunti e non alternativi (T.A.R. Toscana, Sez. II, 18 novembre 2020, n. 1448).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 1026 del 26 ottobre 2022.


Il TAR Milano, richiamando anche la previsione contenuta nell’articolo 4-bis della L.r. 2 febbraio 2010, n. 6, evidenzia come la liberalizzazione del commercio, in conformità alla direttiva 2006/123/CE, non comporti l’impossibilità per il Comune di impedire o, comunque, di conformare nuovi insediamenti commerciali, purché i dinieghi siano sorretti da ragioni urbanistiche e non economiche (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, sez. II, 3.4.2019, n. 743).
Secondo il TAR in sostanza, la liberalizzazione del settore non esclude la sussistenza di spazi di valutazione ed intervento da parte dell’Amministrazione; tali spazi edificano un rapporto multipolare ove convivono – in necessaria tensione dialettica – tanto gli interessi di chi aspira all’apertura o implementazione di una struttura quanto di chi, per differenti ragioni, si oppone. Sufficiente, del resto, esaminare le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 114/1998 per acclarare come gli insediamenti commerciali siano soggetti a complesse procedure di pianificazione e a verifiche di compatibilità. Regole ulteriormente specificate dalle normative regionali in materia la cui analitica disamina non è necessaria in questa sede risultando sufficiente constatare come la materia commerciale sia ancora soggetta a regolazione amministrativa.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1429 del 20 giugno 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, richiamando anche la previsione contenuta nell’articolo 4-bis della L.R. 2 febbraio 2010 n. 6, evidenzia come la liberalizzazione del commercio, in conformità alla direttiva 2006/123/CE, non comporti l’impossibilità per il Comune di impedire nuovi insediamenti commerciali, purché i dinieghi siano sorretti da ragioni urbanistiche e non economiche.
Al riguardo precisa che:
«8.4. Infatti, sebbene la disciplina (nazionale e sovranazionale) relativa all’insediamento delle attività commerciali esplichi un rilevante impatto anche sugli atti di programmazione territoriale, va, comunque, considerato che questi ultimi, adottati nell’esercizio del differente potere in materia di pianificazione urbanistica, sono da considerarsi legittimi ove perseguano, come nel caso di specie, finalità di tutela dell’ambiente urbano e siano riconducibili all’obiettivo di dare ordine e razionalità all’assetto del territorio (cfr. T.A.R. per l’Emilia-Romagna – sede di Parma, Sez. I, 17 marzo 2016, n. 110; T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2271; Id., Sez. II, 10 dicembre 2019, n. 2636).
8.5. La previsione di cui all’articolo 11 del D. Lgs. n. 59 del 2010 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) stabilisce, difatti, che l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio può essere subordinato al rispetto dei requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale (cfr.: comma 1, lettera e). Ugualmente le disposizioni di cui agli articoli 31 e 34 del decreto legge n. 201 del 2011 prevedono la possibilità di porre limitazioni all’insediamento di attività produttive e commerciali in determinate aree allorquando emerga la necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali, trattandosi di esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario, che possono giustificare l’introduzione, nel rispetto del principio di proporzionalità, di atti limitativi della libera iniziativa privata (Corte costituzionale, sentenza n. 239 dell’11 novembre 2016). In tal modo si cerca di contemperare il principio generale della liberalizzazione delle attività economiche con le dovute necessarie limitazioni alla libera iniziativa economica, laddove queste trovino puntuale giustificazione in interessi di rango costituzionale o negli ulteriori interessi che il legislatore ha individuato (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 200 del 12 luglio 2012; cfr., inoltre, Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 maggio 2019, n. 3419; Id., 1° giugno 2018, n. 3314; Id., Sez. V, 13 febbraio 2017, n. 603).
8.6. In definitiva, la giurisprudenza ritiene legittime scelte di pianificazione che, nel perseguimento di interessi attinenti alla tutela dell’ambiente, della vivibilità e dell’ordinato assetto del territorio, impongano dei limiti all’insediamento di attività commerciali (cfr.: Corte costituzionale, sentenza n. 239 dell’11 novembre 2016; cfr., altresì, T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 25 maggio 2017, n. 1166)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2139 del 12 novembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, in materia di limiti all’insediamento di attività commerciali, precisa che:
«pur dovendosi prendere atto che la disciplina, nazionale e sovranazionale, relativa all’insediamento delle attività commerciali esplica un rilevante impatto anche sugli atti di programmazione territoriale, va, comunque, considerato che questi ultimi, adottati nell’esercizio del differente potere in materia di pianificazione urbanistica, sono da considerarsi legittimi ove perseguano, come nel caso di specie, finalità di tutela dell’ambiente urbano e siano riconducibili all’obiettivo di dare ordine e razionalità all’assetto del territorio (cfr. T.A.R. per l’Emilia-Romagna – sede di Parma, Sez. I, 17 marzo 2016, n. 110; T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2271; Id., Sez. II, 10 dicembre 2019, n. 2636). La previsione di cui all’articolo 11 del D. Lgs. n. 59 del 2010 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) stabilisce, difatti, che l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio può essere subordinato al rispetto dei requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale (cfr.: comma 1, lettera e). Ugualmente le disposizioni di cui agli articoli 31 e 34 del decreto legge n. 201 del 2011 prevedono la possibilità di porre limitazioni all’insediamento di attività produttive e commerciali in determinate aree allorquando emerga la necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali, trattandosi di esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario, che possono giustificare l’introduzione, nel rispetto del principio di proporzionalità, di atti limitativi della libera iniziativa privata (Corte costituzionale, sentenza n. 239 dell’11 novembre 2016). In tal modo si cerca di contemperare il principio generale della liberalizzazione delle attività economiche con le dovute necessarie limitazioni alla libera iniziativa economica, laddove queste trovino puntuale giustificazione in interessi di rango costituzionale o negli ulteriori interessi che il legislatore ha individuato (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 200 del 12 luglio 2012; cfr., inoltre, Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 maggio 2019, n. 3419; Id., 1° giugno 2018, n. 3314; Id., Sez. V, 13 febbraio 2017, n. 603).
19.3. In definitiva, deve considerarsi legittima la scelta comunale che, nel perseguimento di interessi attinenti alla tutela dell’ambiente, della vivibilità e dell’ordinato assetto del territorio, impone dei limiti all’insediamento di attività commerciali (cfr.: Corte costituzionale, sentenza n. 239 dell’11 novembre 2016; cfr., altresì, T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 25 maggio 2017, n. 1166)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 375 del 26 febbraio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia ribadisce che le destinazioni introdotte ex novo dagli strumenti urbanistici non possono avere effetto espulsivo delle attività già insediate, mentre solo la riattivazione di un’attività rimasta sospesa per un lungo periodo di tempo non beneficia delle medesime tutele; anche se il disegno urbanistico può essere improntato a criteri ragionevoli (come l’allontanamento dal centro abitato delle industrie insalubri), l’uso del potere di pianificazione con finalità espulsive è sempre vietato, in quanto contrario ai principi generali della materia; sono ammesse solo misure incentivanti, attraverso le quali la delocalizzazione è perseguita individuando soluzioni alternative praticabili, previo coinvolgimento degli interessati; la programmazione urbanistica non può, in definitiva, introdurre misure espulsive degli insediamenti produttivi esistenti, neanche in via indiretta, in ossequio ai principi di corretta pianificazione che traspaiono dalla normativa di settore.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 1101 del 30 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




Secondo il TAR Milano, deve ritenersi un inammissibile cambio della destinazione agricola la realizzazione di spazi commerciali volti alla vendita di prodotti che non presentano alcun reale e diretto collegamento con l’attività agricola; nella fattispecie si trattava di prodotti per la cura della persona, candele, profumatori, deodoranti per ambienti, oggettistica e complementi d’arredo per la casa e gli spazi esterni, mobili per gli esterni (sedute, tavoli, ombrelloni ecc.), articoli per il campeggio e per il mare, cappelli, ciabatte, tovaglie e tappeti, ombrelloni e gazebi; prodotti questi che, secondo il TAR, non soltanto non sono prodotti agricoli (né, ovviamente, derivanti dall’attività agricola), ma neppure di prodotti che derivano dall’attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzata al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell'impresa o, comunque, strumentale a quest’ultima. Aggiunge poi il TAR che nella specifica controversia ciò che viene in rilievo non è l’autorizzazione alla vendita di singoli prodotti, ma il vincolo derivante dalla destinazione impressa (oggetto, tra l’altro, di specifici atti di impegno) e che deve ricondursi all’attività agricola e non può, quindi, estendersi ad attività commerciali ultronee.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 595 del 19 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano, con riferimento a una previsione di PGT che dichiara incompatibile con la nuova destinazione dell’area l’attività di produzione di energia elettrica già in essere e pone forti limitazioni all’esercizio dello ius aedificandi, chiarisce che la disciplina urbanistica contenuta nel P.R.G. è destinata a svolgere i suoi effetti ordinatori e conformativi esclusivamente con riferimento all’edificazione futura e non anche all’edificazione esistente, a condizione che quest’ultima sia stata legittimamente realizzata; ne consegue che le opere già eseguite in conformità della disciplina previgente, conservano la loro precedente e legittima destinazione, senza che sia nemmeno possibile impedire gli interventi necessari per integrarne o mantenerne la funzione.
Aggiunge poi il TAR che in considerazione del favor del legislatore eurounitario per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e dei relativi impianti di produzione, che si traduce a livello statale nell’assenza di limitazioni specifiche alla localizzazione di siffatti impianti, deve escludersi che i Comuni possano, attraverso gli strumenti della pianificazione urbanistica, introdurre surrettiziamente divieti ulteriori, rispetto alle linee guida nazionali, all’insediamento degli impianti in questione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2736 del 5 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Brescia, la mera condivisione delle aree a parcheggio, delle aree verdi, dei marciapiedi e della viabilità di accesso al lotto – per cui i consumatori, dopo la sosta nel parcheggio comune, possono raggiungere indifferentemente entrambe le strutture – non può essere ritenuta da sola sufficiente ad attestare la presenza di un centro commerciale in luogo di due medie strutture di vendita adiacenti.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 1158 del 4 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano richiama il principio secondo il quale la distinzione tra atti di programmazione economica, che in linea di principio non possono più essere fonte di limitazioni all’insediamento di nuove attività, e atti di programmazione aventi natura non economica, i quali, invece, nel rispetto del principio di proporzionalità, possono imporre limiti rispondenti ad esigenze annoverabili fra i motivi imperativi di interesse generale, deve essere operata anche nell’ambito degli atti di programmazione territoriale; detti atti non vanno infatti esenti dalle verifiche prescritte dalla direttiva servizi per il solo fatto di essere adottati nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, dovendosi verificare se in concreto essi perseguano finalità di tutela dell’ambiente urbano o, comunque, riconducibili all’obiettivo di dare ordine e razionalità all’assetto del territorio, oppure perseguano la regolazione autoritativa dell’offerta sul mercato dei servizi attraverso restrizioni territoriali alla libertà di insediamento delle imprese.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 460 del 15 febbraio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano torna sul tema del mantenimento di talune attività in rapporto a previsioni urbanistiche che possano avere un effetto espulsivo e richiama l’orientamento secondo il quale se è vero che la programmazione urbanistica è caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella prospettiva di un ordinato e funzionale assetto del territorio comunale, le scelte pianificatorie devono pur sempre garantire un'imparziale ponderazione degli interessi coinvolti, dovendo l'amministrazione valutare attentamente se l'astratto miglioramento della situazione urbanistica generale si ponga in contrasto con rilevanti sacrifici di interessi, anche privati.
Secondo tale orientamento, gli strumenti urbanistici sono essenzialmente rivolti a disciplinare la futura attività di trasformazione e di sviluppo del territorio sicché, salvo che non sia diversamente disposto, i limiti e le condizioni cui subordinano l'attività edilizia non incidono sulle opere già eseguite in conformità alla disciplina previgente - i quali conservano la loro precedente e legittima destinazione pur se difformi dalle nuove prescrizioni - mentre al contempo deve restare ferma anche la possibilità di effettuare gli interventi necessari per integrarne o mantenerne la funzionalità; la programmazione urbanistica non può, in definitiva, introdurre misure espulsive degli insediamenti produttivi esistenti, neanche in via indiretta, in ossequio ai principi di corretta pianificazione che traspaiono dalla normativa di settore.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 41 in data 11 gennaio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.