La destinazione di una zona a verde agricolo non deve necessariamente rispondere a finalità di tutela degli interessi dell'agricoltura, ma può essere imposta per soddisfare altre esigenze connesse con la disciplina urbanistica del territorio, quali la necessità di impedire un'ulteriore edificazione e mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi, anche ai fini di tutela ambientale; in altri termini, la destinazione a zona agricola non impone in positivo un obbligo specifico di utilizzazione effettiva in tal senso, ma ha, in negativo, lo scopo di evitare insediamenti residenziali e produttivi; in un territorio considerato quale complesso di ecosistemi interagenti la zona agricola possiede pertanto una valenza conservativa dei vincoli naturalistici, costituendo il polmone dell'insediamento urbano e assumendo per tale via anche una funzione decongestionante e di contenimento dell'espansione dell'aggregato urbano.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3430 del 29 novembre 2024


Il TAR Brescia con riferimento alla riconducibilità o meno di una attività di allevamento di suini all’attività agricola osserva che se pure è vero che nell’organizzazione aziendale il fondo agricolo non verrà direttamente utilizzato per l’esercizio dell’attività di allevamento, svolgendosi quest’ultima esclusivamente all’interno di capannoni, ciò non toglie che l’attività in questione sarà comunque diretta “alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso” dei suini; il che è sufficiente a connotare l’attività di impresa come “agricola”, alla luce della nuova formulazione dell’art. 2315 c.c. introdotta dall’art. 1 del d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228; ciò che contraddistingue l’impresa agricola e la distingue dalle altre tipologie di impresa non è più il necessario collegamento con un fondo agricolo, ridotto dalla norma a mera “possibilità”, bensì la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 675 del 29 luglio 2024


Il TAR Milano rigetta la tesi secondo cui al fine di integrare il requisito della doppia conformità di cui all’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 con riferimento a interventi in aree agricole non si dovrebbe avere riguardo al possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale e osserva:
<<2.2. Nel caso in esame, si discorre della sanatoria di opere realizzate su area agricola senza titolo.
È poi incontestato che l’autore delle opere abusive non possedesse la qualifica di imprenditore agricolo professionale.
2.3. L’art. 60 della L.R. 11 marzo 2005, n. 12 prevede che «Nelle aree destinate all'agricoltura, gli interventi edificatori relativi alla realizzazione di nuovi fabbricati sono assentiti unicamente mediante permesso di costruire; il permesso di costruire può essere rilasciato esclusivamente: a) all'imprenditore agricolo professionale per tutti gli interventi di cui all'articolo 59, comma 1, a titolo gratuito; b) in carenza della qualifica di imprenditore agricolo professionale, al titolare o al legale rappresentante dell'impresa agricola per la realizzazione delle sole attrezzature ed infrastrutture produttive e delle sole abitazioni per i salariati agricoli, subordinatamente al versamento dei contributi di costruzione».
In via ordinaria, non è quindi possibile ottenere il permesso di costruire per la realizzazione di opere edili in area agricola, ancorché al servizio del fondo, senza possedere la qualifica di imprenditore agricolo.
Con la disciplina in esame, il legislatore regionale mira a mantenere e conservare le zone agricole o a destinazione agricola della Regione, attraverso la limitazione degli usi diversi, ammessi soltanto se a servizio dell’impresa agricola, per impedire la definitiva ed irrimediabile perdita delle porzioni territoriali a vocazione rurale, evitando che l’esercizio di attività agricola divenga un indebito meccanismo di trasformazione della destinazione delle aree da “agricola” a “residenziale” o comunque, di tipo diverso (su tale finalità, cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 7 luglio 2011, n. 1843; id., 22 novembre 2011 n. 2823; id., 28 aprile 2020, n. 1267, oltre a Corte Costituzionale n. 167/1995).
2.4. Se si ammettesse invece, come pretende la ricorrente, che per mezzo dell’eccezionale rimedio dell’accertamento di conformità, le opere possano essere realizzate anche in assenza del possesso della qualifica di imprenditore agricolo, si giungerebbe al paradossale risultato per cui attraverso un abuso edilizio si potrebbe ottenere di più (e sanarlo) di quanto non previsto dalla disciplina ordinaria. Oltre a ciò, l’interpretazione proposta dalla ricorrente si presterebbe a notevoli abusi, posto che sarebbe sufficiente – come peraltro avvenuto nella fattispecie – che l’autore delle opere abusive o il proprietario dell’area agricola destini temporaneamente, anche con un contratto di comodato e ai meri fini dell’ottenimento della sanatoria, l’area a un imprenditore agricolo professionale.>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 119 del 9 gennaio 2023.


Il TAR Milano precisa che rientra nella discrezionalità dell’amministrazione prevedere aree agricole anche oltre i limiti stabiliti dal PTCP metropolitano e ricorda che, secondo la più recente evoluzione giurisprudenziale (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.02.2021 n. 459), all’interno della pianificazione urbanistica devono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi (Consiglio di Stato, IV, 21.12.2012, n. 6656; TAR per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 14.02.2020, n. 309). E ciò in quanto, come affermato dalla Sezione, “l’urbanistica ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli Enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, per cui l’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano, appunto, quelli contemplati dall’articolo 9 della Costituzione” (TAR per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 14.02.2020, n. 309; cfr., inoltre, Consiglio di Stato, IV, 10.05.2012, n. 2710; TAR Lombardia, Milano, II, 18.06.2018, n. 1534).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1975 del 8 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda che <<La destinazione agricola, inoltre, non può esclusivamente riservarsi a zone interessate da tale attività ma è volta a perseguire finalità paesaggistiche o ambientali che trovano albergo negli strumenti urbanistici. Osserva, sul punto, la Corte costituzionale come la pianificazione sia diretta, “al di là di letture minimalistiche”, “non solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli, ma anche allo sviluppo complessivo e armonico del territorio, nonché a realizzare finalità economico-sociali della comunità locale, in attuazione di valori costituzionalmente tutelati (da ultimo, Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenze 9 maggio 2018, n. 2780, 22 febbraio 2017, n. 821 e 10 maggio 2012, n. 2710)” (Corte Costituzionale, 16 luglio 2019, n. 179). La Corte Costituzionale ricorda, quindi, come la pianificazione serva a realizzare lo sviluppo complessivo ed armonico nel rispetto dei valori costituzionali tra i quali vi sono certamente, in linea generale, le esigenze di tutela di valori ambientali e paesaggistici come esposto da una copiosa giurisprudenza della Sezione (cfr., ex multis, T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 29 maggio 2020, n. 960; Id., 14 dicembre 2020, n. 2491). Difatti, secondo la più recente evoluzione giurisprudenziale, all’interno della pianificazione urbanistica devono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi (Consiglio di Stato, IV, 21 dicembre 2012, n. 6656; T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 14 febbraio 2020, n. 309). E ciò in quanto, come affermato dalla Sezione, “l’urbanistica ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli Enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, per cui l’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano, appunto, quelli contemplati dall’articolo 9 della Costituzione” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 14 febbraio 2020, n. 309; cfr., inoltre, Consiglio di Stato, IV, 10 maggio 2012, n. 2710; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 18 giugno 2018, n. 1534). Argomentazioni condivise dal Collegio che ritiene di rilievo l’ulteriore notazione compiuta dalla sentenza in esame secondo cui “la destinazione di un’area a verde agricolo non implica necessariamente che la stessa soddisfi in modo diretto e immediato interessi agricoli, ben potendo giustificarsi con le esigenze dell’ordinato governo del territorio, quale la necessità di impedire ulteriori edificazioni, ovvero di garantire l’equilibrio delle condizioni di vivibilità, assicurando la quota di valori naturalistici e ambientali necessaria a compensare gli effetti dell’espansione dell’aggregato urbano” (cfr., inoltre, Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 830; T.A.R. Lombardia – Sede di Milano, Sez. II, 22 gennaio 2019, n. 122). Al contrario, anche laddove si sia al cospetto di aree ampiamente urbanizzate, “non per questo se ne può escludere la rilevanza dal punto di vista ambientale, poiché tali dati di fatto si prestano anzi a far emergere un interesse alla conservazione del suolo inedificato, per ragioni di compensazione ambientale” (v., ancora, T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 14 febbraio 2020, n. 309; cfr., inoltre, T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 5 novembre 2018, n. 2479)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 459 del 18 febbraio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, dopo aver richiamato l’art. 59, comma 1, della L.R. 12/2005 che prevede: «Nelle aree destinate all’agricoltura dal piano delle regole sono ammesse esclusivamente le opere realizzate in funzione della conduzione del fondo e destinate alle residenze dell'imprenditore agricolo e dei dipendenti dell'azienda, nonché alle attrezzature e infrastrutture produttive necessarie per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile quali stalle, silos, serre, magazzini, locali per la lavorazione e la conservazione e vendita dei prodotti agricoli secondo i criteri e le modalità previsti dall’articolo 60», precisa:
«Il principio di fondo ritraibile dalla norma citata è che qualsiasi intervento non compatibile con la destinazione agricola è inammissibile, salvo che siano rispettati i parametri di cui all’eccezione dettata dal riportato comma 1 dell’art. 59.
Pertanto, il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi da quanto affermato nella sentenza del TAR Lombardia, Milano, n. 1231/2017, nella quale si legge che “La realizzazione del piazzale - deposito altera lo stato dei luoghi e costituisce un intervento di permanente trasformazione edilizia e urbanistica del territorio disciplinato dall'art. 3, D.P.R. n. 380 del 2001 che, essendo subordinato al permesso di costruire, deve necessariamente rispettare le tipologie e le destinazioni d'uso funzionali consentite per la zona agricola” (cfr. TAR Campania, sez. VIII, 10 marzo 2016, n. 1397; 7 novembre 2016, n. 5116)”.
Questo stesso Tribunale ha già avuto modo di affermare come debba riconoscersi rilevanza urbanistica (anche) al solo spianamento di un terreno agricolo con riporto di sabbia e ghiaia, realizzato al fine di ottenere un piazzale per deposito e smistamento di autocarri" (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 18 febbraio 2019, n. 157).
Deve, dunque, escludersi che la sistemazione del terreno finalizzata alla realizzazione del piazzale, avvenuta nella fattispecie, sia qualificabile come un’opera non necessitante di titolo abilitante, mentre è vero il contrario».

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 744 del 29 ottobre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia precisa che:

«Il potere di regolazione del territorio riservato ai Comuni è sovraordinato, e si impone all’interno della procedura di VIA, in quanto esprime scelte discrezionali sul migliore utilizzo del territorio. Quando però nello strumento urbanistico comunale entrano valutazioni di tipo ambientale e sanitario la situazione cambia, perché vi sono altre autorità che condividono il potere di stabilire se una certa attività economica sia compatibile con le caratteristiche dei luoghi e con il livello di rischio accettabile per la collettività. Il Comune non può utilizzare lo strumento urbanistico per decidere da solo, sostituendosi alle altre autorità e rendendo inutili le garanzie previste dall’ordinamento, tra cui la procedura di VIA;

(i) le suddette garanzie tutelano sia i diversi interessi pubblici coinvolti sia l’interesse economico dei soggetti che intendono avviare nuove attività produttive. Un’impostazione rigida come quella urbanistica, particolarmente se articolata mediante divieti astratti e presunzioni che non ammettono la prova contraria, è inadeguata a regolare da sola la realtà flessibile e dinamica delle attività produttive, le quali possono avere impatti molto diversi a seconda dei modelli organizzativi scelti e della tecnologia impiegata. Un divieto generalizzato per intere tipologie di attività agricole, oltretutto in un contesto non adatto a destinazioni diverse da quelle agricole produttive, appare una soluzione in contrasto con il principio di proporzionalità;

(j) la decisione sulle aspettative dei privati deve quindi essere riportata nella sede propria, ossia nella procedura di VIA, e nella successiva procedura di AIA, dove sono effettuate valutazioni sul caso concreto, e formulate prescrizioni in grado di fissare il punto di equilibrio tra la tutela ambientale e l’iniziativa economica;» 

Nella fattispecie è stata ritenuta illegittima una disciplina del PGT che, con riferimento alle zone agricole produttive, prevede lo svolgimento di attività di produzione di beni agroalimentari ad alta intensità e concentrazione, ma vieta la costruzione di nuovi allevamenti di tipo intensivo, allo scopo di tutelare le qualità geomorfologiche del territorio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 643 del 15 settembre 2020.

La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Secondo il TAR Milano, deve ritenersi un inammissibile cambio della destinazione agricola la realizzazione di spazi commerciali volti alla vendita di prodotti che non presentano alcun reale e diretto collegamento con l’attività agricola; nella fattispecie si trattava di prodotti per la cura della persona, candele, profumatori, deodoranti per ambienti, oggettistica e complementi d’arredo per la casa e gli spazi esterni, mobili per gli esterni (sedute, tavoli, ombrelloni ecc.), articoli per il campeggio e per il mare, cappelli, ciabatte, tovaglie e tappeti, ombrelloni e gazebi; prodotti questi che, secondo il TAR, non soltanto non sono prodotti agricoli (né, ovviamente, derivanti dall’attività agricola), ma neppure di prodotti che derivano dall’attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzata al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell'impresa o, comunque, strumentale a quest’ultima. Aggiunge poi il TAR che nella specifica controversia ciò che viene in rilievo non è l’autorizzazione alla vendita di singoli prodotti, ma il vincolo derivante dalla destinazione impressa (oggetto, tra l’altro, di specifici atti di impegno) e che deve ricondursi all’attività agricola e non può, quindi, estendersi ad attività commerciali ultronee.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 595 del 19 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Brescia chiarisce che l’esenzione dal contributo di costruzione per l’edificazione in area agricola necessita la presenza, contemporaneamente, di due condizioni, quali la qualifica di imprenditore agricolo in capo al costruttore e l’effettivo utilizzo a scopi agricoli dell’immobile; ne deriva che la novazione soggettiva tra un soggetto munito dei requisiti agevolatori e uno privo di essi deve essere considerata alla stregua di un mutamento di destinazione d’uso, in particolare in presenza di un concomitante venir meno della destinazione agricola dell’area; se, infatti, il cambio di destinazione dell’area non può, di per sé, giustificare la richiesta del pagamento del contributo, l’effettivo cambio di destinazione, in conformità con la nuova classificazione urbanistica non può che comportare la necessità di una richiesta di concessione in sanatoria e integrare il presupposto per la richiesta del versamento del relativo contributo concessorio.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Seconda, n. 1059 del 12 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, le opere di livellamento e ricopertura, con ghiaia, ciotoli e sabbia, di un’area agricola per destinarla a deposito inerti determinano la trasformazione del terreno agricolo per destinarlo allo svolgimento di un’attività produttiva e, come tali, comportano una trasformazione che, pur in assenza di opere edilizie, assume rilevanza dal punto di vista urbanistico; l’intervento è, perciò, ascrivibile alla fattispecie di cui all’articolo 3, comma 1, lett. e.7), del d.P.R. n. 380 del 2001 e, conseguentemente, assoggettato al previo rilascio del permesso di costruire.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1789 del 6 settembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato precisa che il potere di pianificazione urbanistica del territorio – la cui attribuzione e conformazione normativa è costituzionalmente conferita alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, ex art. 117, comma terzo, Cost. e il cui esercizio è normalmente attribuito, pur nel contesto di ulteriori livelli ed ambiti di pianificazione, al Comune – non è limitato all'individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale, e in particolare alla possibilità e limiti edificatori delle stesse; al contrario, tale potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che non è limitato solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi anche finalità economico – sociali della comunità locale (non in contrasto, ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 4037 del 18 agosto 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che la previsione di uno “statuto” della disciplina edificatoria nelle aree agricole, determinato direttamente con legge, mediante una disciplina edificatoria inderogabile e direttamente applicabile sull’intero territorio regionale, pare volto a dettare una disciplina uniforme nei limiti massimi, diretta a tutelare, piuttosto che le esigenze edificatorie dell’agricoltura intesa come produzione, la funzione generale di contenimento dell’attività edilizia in zona agricola anche prevalendo su norme più permissive introdotte a livello locale; ne consegue che tale disciplina non impedisce al Comune di individuare altri interessi di valore preminente che, riguardando anche le zone agricole, comportino l’adozione di una disciplina più restrittiva dell’edificabilità agricola.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1764 del 24 agosto 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.