Il TAR Brescia aderisce alla recente giurisprudenza amministrativa, anche dello stesso Tribunale, secondo la quale la presentazione dell’istanza di sanatoria non comporta l’inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, ma la mera sospensione dei suoi effetti, sicché, respinta la sanatoria, la demolizione temporaneamente inefficace in pendenza del procedimento di sanatoria, riprende vigore.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 615 del 8 luglio 2024


Il TAR Milano osserva che l’art. 36, comma 1, del DPR 380/2001 consente l’accertamento di conformità “fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative”; in ordine all’interpretazione della norma si sono formati orientamenti giurisprudenziali contrastanti e sulla questione è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 16/2023, le cui considerazioni sono condivise dal Tribunale. Quest’ultima impostazione ermeneutica ha chiarito che, ove non venga dimostrata l’impossibilità di eseguire l’ordinanza di demolizione nei termini, al privato è preclusa la presentazione oltre il termine di 90 giorni dell’istanza di sanatoria e ciò in considerazione del fatto che alla scadenza del termine di 90 giorni, l’Amministrazione è ipso iure proprietaria del bene abusivo. Non può invece ritenersi che l’istanza ex art. 36. comma 1, possa essere presentata fino all’irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 4 bis dell’art. 31, facendo leva sul riferimento generico contenuto nell’art. 36 alla locuzione “fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative”. Infatti, la situazione del proprietario, che lascia trascorrere inutilmente il termine per demolire, è quella del soggetto non più legittimato a presentare l’istanza di accertamento di conformità, avendo perduto ogni titolo di legittimazione rispetto al bene.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2223 del 17 luglio 2024


Il TAR Milano precisa che, ai sensi dell'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, ove il Comune non si pronunci espressamente entro il termine di 60 giorni dalla presentazione dell'istanza, sulla stessa si forma una fattispecie tipica di silenzio significativo in senso sfavorevole al richiedente, il c.d. silenzio-diniego che va impugnato, alla stregua di un provvedimento esplicito di rigetto, entro il termine decadenziale, adducendo, tuttavia, esclusivamente, ragioni di diritto tese a comprovare la sanabilità degli abusi, con esclusione del deficit di motivazione, del quale la fattispecie in questione è ope legis strutturalmente carente, oltre che di tutti gli altri vizi formali del procedimento, quali ad esempio la mancanza di pareri o del preavviso dei motivi ostativi all'accoglimento; ciò attesa l’incompatibilità logica di tali vizi con la fattispecie del silenzio significativo, dovendo, piuttosto, dolersi del suo contenuto sostanziale di rigetto.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1889 del 19 giugno 2024





Secondo il TAR Milano, in base all’art. 36, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001, l’accertamento di conformità può essere ottenuto fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, e 34, comma 1, dello stesso d.P.R. e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative; questa norma indica termini di natura perentoria che ostano all’accoglimento delle istanze presentate tardivamente; da ciò consegue che, in caso di interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti in assenza di titolo, l’accertamento di conformità non può essere ottenuto dopo che sia decorso il termine assegnato per il ripristino ai sensi del citato art. 33, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 498 del 23 febbraio 2024


Il TAR Brescia avverte che la natura vincolata del procedimento ex art. 36 DPR 380/2001 non lascia spazio all’accertamento di presupposti di fatto non esistenti, ipotetici, prospettati. L’intera sequenza procedimentale norma – fatto – potere – effetto ne uscirebbe stravolta poiché il provvedimento conclusivo sarebbe adottato sulla base di una conformità non esistente se non attraverso l’esecuzione di modifiche di rilievo sostanziale sul piano fattuale e successive alla stessa presentazione dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria. In tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, 23 novembre 2022 n. 10317, secondo cui “deve escludersi che il titolo in sanatoria possa contenere alcuna prescrizione, in particolare sub specie di previsione di interventi modificativi dello stato di fatto rilevato al momento dell'accertamento degli abusi, poiché un simile titolo “condizionato” postulerebbe, in contrasto con l'art. 36 d.P.R. n. 380/2001, non già la “doppia conformità” delle opere abusive, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì eventualmente solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 980 del 30 dicembre 2023.


Il TAR Milano rigetta la tesi secondo cui al fine di integrare il requisito della doppia conformità di cui all’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 con riferimento a interventi in aree agricole non si dovrebbe avere riguardo al possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale e osserva:
<<2.2. Nel caso in esame, si discorre della sanatoria di opere realizzate su area agricola senza titolo.
È poi incontestato che l’autore delle opere abusive non possedesse la qualifica di imprenditore agricolo professionale.
2.3. L’art. 60 della L.R. 11 marzo 2005, n. 12 prevede che «Nelle aree destinate all'agricoltura, gli interventi edificatori relativi alla realizzazione di nuovi fabbricati sono assentiti unicamente mediante permesso di costruire; il permesso di costruire può essere rilasciato esclusivamente: a) all'imprenditore agricolo professionale per tutti gli interventi di cui all'articolo 59, comma 1, a titolo gratuito; b) in carenza della qualifica di imprenditore agricolo professionale, al titolare o al legale rappresentante dell'impresa agricola per la realizzazione delle sole attrezzature ed infrastrutture produttive e delle sole abitazioni per i salariati agricoli, subordinatamente al versamento dei contributi di costruzione».
In via ordinaria, non è quindi possibile ottenere il permesso di costruire per la realizzazione di opere edili in area agricola, ancorché al servizio del fondo, senza possedere la qualifica di imprenditore agricolo.
Con la disciplina in esame, il legislatore regionale mira a mantenere e conservare le zone agricole o a destinazione agricola della Regione, attraverso la limitazione degli usi diversi, ammessi soltanto se a servizio dell’impresa agricola, per impedire la definitiva ed irrimediabile perdita delle porzioni territoriali a vocazione rurale, evitando che l’esercizio di attività agricola divenga un indebito meccanismo di trasformazione della destinazione delle aree da “agricola” a “residenziale” o comunque, di tipo diverso (su tale finalità, cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 7 luglio 2011, n. 1843; id., 22 novembre 2011 n. 2823; id., 28 aprile 2020, n. 1267, oltre a Corte Costituzionale n. 167/1995).
2.4. Se si ammettesse invece, come pretende la ricorrente, che per mezzo dell’eccezionale rimedio dell’accertamento di conformità, le opere possano essere realizzate anche in assenza del possesso della qualifica di imprenditore agricolo, si giungerebbe al paradossale risultato per cui attraverso un abuso edilizio si potrebbe ottenere di più (e sanarlo) di quanto non previsto dalla disciplina ordinaria. Oltre a ciò, l’interpretazione proposta dalla ricorrente si presterebbe a notevoli abusi, posto che sarebbe sufficiente – come peraltro avvenuto nella fattispecie – che l’autore delle opere abusive o il proprietario dell’area agricola destini temporaneamente, anche con un contratto di comodato e ai meri fini dell’ottenimento della sanatoria, l’area a un imprenditore agricolo professionale.>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 119 del 9 gennaio 2023.



Il TAR Milano osserva che secondo la giurisprudenza della Sezione, lo scrutinio circa la doppia conformità delle opere richiesta dall'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 non può che essere complessivo nel caso in cui, come quello di specie, siano realizzate abusivamente più opere tutte funzionalmente collegate tra loro; del resto, l’art. 36 regola la sanatoria avuto riguardo all’intervento abusivo e non alla singola opera abusiva; sicché, presentandosi l'intervento, anche alla stregua delle tipologie di lavori definite dall'art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, il risultato edilizio di una singola opera o di plurime opere funzionalmente connesse, la sanatoria dell'intervento non può non avere ad oggetto il complesso delle opere in cui lo stesso si sostanzia (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 26.2.2021, n. 528).
Aggiunge inoltre che secondo un condivisibile e consolidato orientamento giurisprudenziale “il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l’efficacia dell’accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida direttiva normativa poiché la previsione di condizioni o prescrizioni smentisce qualsiasi asserzione circa la doppia conformità dell’opera, dimostrando che tale conformità non sussiste se non attraverso l’esecuzione di modifiche ulteriori e postume (rispetto alla stessa presentazione della domanda di accertamento in sanatoria)” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 gennaio 2021, n. 423; Id., 24 giugno 2020, n. 4058; Id., 14 gennaio 2019, n. 325; T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 29 aprile 2020, n. 713; Id, 9.3.2021, n. 619).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1749 del 19 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano esclude l’ammissibilità di una sanatoria con opere edilizie in quanto difetta la sussistenza del requisito della doppia conformità delle opere che deve essere presente a prescindere dall’effettuazione di ulteriori interventi, essendo vietata la sanatoria con opere.
Al riguardo il TAR osserva che <<Difatti, è consolidato in giurisprudenza l’orientamento secondo cui “il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l’efficacia dell’accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida direttiva normativa poiché la previsione di condizioni o prescrizioni smentisce qualsiasi asserzione circa la doppia conformità dell’opera, dimostrando che tale conformità non sussiste se non attraverso l’esecuzione di modifiche ulteriori e postume (rispetto alla stessa presentazione della domanda di accertamento in sanatoria)” (Consiglio di Stato, VI, 13 gennaio 2021, n. 423; altresì, 24 giugno 2020, n. 4058; 14 gennaio 2019, n. 325; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 29 aprile 2020, n. 713)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 619 del 9 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia ricorda che <<Secondo consolidati principi giurisprudenziali, è onere del soggetto interessato alla sanatoria dell'abuso edilizio dare prova della c.d. doppia conformità urbanistica dell'opera da sanare, sia con riferimento al momento della realizzazione della stessa, che al momento della presentazione della relativa istanza di sanatoria, così come previsto dall'art. 36, d.P.R. n. 380/2001 (T.A.R. Brescia, sez. II, 07/11/2019, n. 963; T.A.R. Napoli, sez. III, 05/03/2020, n. 1018); ciò in quanto la prova circa l'epoca di realizzazione delle opere edilizie e la relativa consistenza è nella disponibilità dell'interessato e non della P.A., dato che solo l'interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'addotta sanabilità del manufatto, dovendosi in ogni caso fare applicazione del principio processualcivilistico in base al quale la ripartizione dell'onere della prova va effettuata secondo il principio della vicinanza della prova; sull’amministrazione, in caso di accoglimento dell’istanza, incombe l’onere di fornire una puntuale motivazione circa l’esistenza del requisito della doppia conformità, e ciò allo scopo di tutelare la collettività e gli eventuali controinteressati rispetto alla determinazione di sanare un abuso edilizio (T.A.R. Napoli, sez. III, 14/03/2015, n. 1561)>>.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 197 del 1 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che:
<<Come pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa, lo scrutinio circa la doppia conformità delle opere richiesto dall’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 non può che essere complessivo nel caso in cui – come quello in esame – siano realizzate abusivamente più opere tutte funzionalmente collegate tra loro all’esercizio dell’attività imprenditoriale. “L’art. 36 d.P.R. n. 380/01, del resto, regola la sanatoria avuto riguardo all’intervento abusivo e non alla singola opera abusiva; sicché, risultando l’intervento, anche alla stregua delle tipologie di intervento definite dall’art. 3 DPR n. 380/01, il risultato edilizio di una singola opera o di plurime opere funzionalmente connesse, la sanatoria dell’intervento non può non avere ad oggetto il complesso delle opere in cui lo stesso si sostanzia” (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 16 marzo 2020, n. 1848; id., 4 febbraio 2019, n. 843)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 528 del 26 febbraio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, con riguardo alla natura e alla funzione degli istituti della sanatoria edilizia e dell’accertamento di compatibilità paesaggistica e alla possibilità per detti istituti ad avere ad oggetto interventi abusivi che necessitino di ulteriori lavori di regolarizzazione, ricorda che : «La giurisprudenza ha chiarito, al riguardo, che “il permesso di costruire in sanatoria ex art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 è finalizzato alla regolarizzazione degli abusi meramente formali - vale a dire di interventi che, pur effettuati senza il preventivo rilascio del titolo abilitativo edilizio, risultino conformi alla normativa urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione e al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria - e non può riguardare, in conseguenza, interventi abusivi che necessitino di ulteriori lavori di regolarizzazione” (cfr. T.A.R. Torino, sez. II, 2 luglio 2019, n. 749). Analogamente, è stato affermato che “Nel rendere il parere di compatibilità paesaggistica per la sanatoria prevista dall'art. 1, commi 37, 38 e 39, l. n. 308 del 2004, l'Amministrazione preposta alla gestione del vincolo è tenuta ad esaminare l'oggetto dell'istanza nel suo stato attuale, senza che sussista alcun obbligo di indicare prescrizioni finalizzate a rendere l'opera compatibile con il contesto paesaggistico” (T.A.R. Genova, sez. I, 08/06/2016, n. 579)».

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 839 del 1 dicembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano «conferma l’orientamento già espresso in altre precedenti occasioni secondo il quale la proposizione di una istanza di accertamento in conformità - successivamente all’ingiunzione di demolizione delle opere abusive – “produce l’effetto di rendere definitivamente inefficace il provvedimento sanzionatorio, essendo comunque tenuta l’Amministrazione all’adozione di un nuovo provvedimento, che sia di accoglimento o di rigetto della domanda di sanatoria, e in questo secondo caso all’emanazione di un’ulteriore misura sanzionatoria, con l’assegnazione di un nuovo termine per adempiere (v. sent. n. 2635 del 23 novembre 2018)” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 27 marzo 2019, n. 665)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2172 del 13 novembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.

Per un orientamento difforme vedi il precedente post


Il TAR Milano precisa che il silenzio serbato dall’Amministrazione comunale sull’istanza di accertamento di conformità urbanistica non ha valore di silenzio-inadempimento, ma di silenzio-rigetto; con la conseguenza che, all’atto della sua formazione per inutile decorso del relativo termine, non sussiste un obbligo di provvedere, dovendosi già ritenere costituito il provvedimento negativo tacito da impugnare; pertanto, a fronte di un’istanza di accertamento postumo di conformità, l’inerzia dell’amministrazione costituisce un’ipotesi tipica di silenzio significativo, i cui effetti si identificano con un provvedimento (tacito) di rigetto dell’istanza; in quanto tacito, tale provvedimento impone all’interessato l’onere di tempestiva impugnazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 824 del 15 maggio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano precisa che un provvedimento di accertamento di conformità in sanatoria condizionato all’eliminazione degli abusi si palesa abnorme in quanto la previsione che l’immobile sia accertato conforme a condizione che in futuro siano eliminati gli abusi rilevati (nella fattispecie tra l’altro già accertati definitivamente con una sentenza) si pone in contrasto con la stessa natura dell’atto di accertamento di conformità; ricorda il TAR che la giurisprudenza ha chiarito che la sanatoria ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 può essere rilasciata solo previa verifica della doppia conformità dell’intervento edilizio alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento abusivo, sia al momento della presentazione della domanda; essa presuppone quindi la già avvenuta esecuzione delle opere e il permesso di costruire in sanatoria non può pertanto essere subordinato alla realizzazione di ulteriori interventi, sia pur finalizzati a ricondurre l'immobile abusivo nell'alveo di conformità degli strumenti urbanistici o compatibili con il paesaggio: la conformità agli strumenti urbanistici deve già sussistere.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2088 del 1 ottobre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia afferma che l’istituto della c.d. "sanatoria giurisprudenziale" deve considerarsi normativamente superato nonché recessivo rispetto al chiaro disposto normativo vigente e ai principi connessi al perseguimento dell'abusiva trasformazione del territorio; al riguardo il TAR Brescia aderisce al precedente del Consiglio di Stato (sez. VI, 24 aprile 2018 n. 2496) secondo cui il permesso in sanatoria è ottenibile soltanto ex art. 36, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a condizione che l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento sia della realizzazione del manufatto, sia della presentazione della domanda; viceversa, con la invocata "sanatoria giurisprudenziale" viene in rilievo un atto atipico con effetti provvedimentali praeter legem che si colloca fuori d'ogni previsione normativa e, pertanto, la stessa non è ammessa nell'ordinamento positivo, contrassegnato invece dal principio di legalità dell'azione amministrativa e dal carattere tipico dei poteri esercitati dalla P.A., alla stregua del principio di nominatività; poteri, tutti questi, che non sono surrogabili dal giudice, pena la violazione del principio di separazione dei poteri e l'invasione di sfere proprie di attribuzioni riservate alla P.A. stessa.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 546 del 5 giugno 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, la proposizione dell’istanza di sanatoria successivamente all’ingiunzione di demolizione delle opere abusive produce l’effetto di rendere definitivamente inefficace il provvedimento sanzionatorio, essendo comunque tenuta l’Amministrazione all’adozione di un nuovo provvedimento, che sia di accoglimento o di rigetto della domanda di sanatoria, e in questo secondo caso all’emanazione di un’ulteriore misura sanzionatoria, con l’assegnazione di un nuovo termine per adempiere; conseguentemente, la presentazione della domanda di accertamento di conformità anteriormente alla proposizione del ricorso avvero l’ordine di demolizione rende lo stesso inammissibile, non essendovi alcun interesse a ricorrere avverso l'atto già divenuto inefficace e quindi non più idoneo a ledere l’interesse della parte ricorrente.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 665 del 27 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

Per un orientamento difforme vedi il precedente post


Secondo il TAR Brescia, la conformità prevista dall’art. 36 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 per la regolarizzazione degli abusi edilizi può essere ottenuta anche individuando volumetria residenziale non sfruttata in precedenti edificazioni o ristrutturazioni, o acquistando la volumetria mancante da altri soggetti che ne siano titolari; si tratta di residui di diritti edificatori che rimangono latenti finché non si presenta l’opportunità di impiegarli per integrare la volumetria già insediata.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 970 del 10 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.