Il TAR Milano ricorda che la nozione di superficie e volume utile è diversa ai fini urbanistici e ai fini paesistici: infatti, mentre nelle valutazioni di natura urbanistica attraverso il volume utile viene misurata la consistenza dei diritti edificatori (che sono consumati da alcune tipologie costruttive, ad esempio l'edificazione fuori terra, e non da altre, ad esempio la realizzazione di locali tecnici), nei giudizi paesistici è utile solo il volume percepibile come ingombro alla visuale o come innovazione non diluibile nell'insieme paesistico; pertanto, un volume o una superficie irrilevanti ai fini urbanistici potrebbero creare un ingombro o un impatto intollerabile per il paesaggio, e dunque sarebbe utile in base ai parametri estetici attraverso cui viene data protezione al vincolo paesistico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2942 del 29 ottobre 2024


Il TAR Milano precisa che il parere vincolante reso dalla Soprintendenza ex art. 167, comma 5, d.lgs. n. 42 del 2004 è atto tale da esprimere un indirizzo ineluttabile alla determinazione conclusiva e come tale idoneo (se negativo) a determinare un arresto procedimentale, conseguentemente legittimandone l’immediata impugnazione in deroga alla regola secondo cui l’atto endoprocedimentale non è autonomamente impugnabile. Laddove invece il ricorso sia proposto direttamente avverso l’atto conclusivo del procedimento, vi è l’onere di impugnare anche il sotteso parere negativo, quale atto ad esso presupposto.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1582 del 23 maggio 2024


Il TAR Milano precisa che in presenza di incrementi di superficie o cubatura non è ammesso il rilascio della sanatoria paesaggistica, per cui la reiezione della relativa istanza assume carattere vincolato e non è consentito operare distinzioni tra un volume c.d. tecnico e un altro tipo di volume. Non assume poi alcun rilievo la visibilità o meno dell’opera dalla via pubblica, tant’è vero che la preclusione al rilascio di autorizzazioni in sanatoria postume prevista all’art. 167 d.lgs. n. 42/2004 trova applicazione ogni qual volta siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura, anche laddove essi siano interrati, a nulla rilevando il fatto che non rappresentino un ostacolo o una limitazione per le visuali panoramiche (nel caso di specie è stato negato il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria poiché lo spostamento del vano ascensore – in difformità da quanto previsto dal titolo edilizio - ha determinato la creazione di un volume che fuoriesce dalla sagoma dell’immobile per un’altezza di tre metri).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1571 del 21 maggio 2024


Il TAR Milano ricorda che, ai sensi dell’art. 167 comma 5 D. Lgs. 42/2004, il procedimento per l’accertamento della compatibilità dei lavori eseguiti in difformità dall’autorizzazione paesaggistica si snoda in tre momenti fondamentali: l’istanza che deve essere presentata dall’interessato; il parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine perentorio di 90 giorni; il provvedimento conclusivo dell'autorità competente (Comune nel caso di specie), che deve essere emesso nel termine perentorio di 180 giorni; aggiunge quindi che il superamento del termine di 90 giorni per il pronunciamento consultivo della Soprintendenza non rende illegittimo il parere tardivo, ma ne determina esclusivamente la dequotazione a parere non vincolante, con conseguente possibilità, per il Comune, di discostarsene.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1319 del 2 maggio 2024


Il TAR Milano premette che nelle valutazioni di natura urbanistica, attraverso il volume utile, viene misurata la consistenza dei diritti edificatori (che sono consumati da alcune tipologie costruttive, ad esempio l’edificazione fuori terra, e non da altre, ad esempio la realizzazione di locali tecnici), mentre nei giudizi paesistici assume rilievo solo il volume percepibile come ingombro alla visuale o come innovazione non diluibile nell’insieme paesistico. Aggiunge che con riguardo alla possibilità di derogare alle previsioni di cui all’art. 167, comma 4, del D. Lgs. n. 42 del 2004 la giurisprudenza ne ha rimarcato l’eccezionalità, sottolineando come il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico e altro tipo di volume, sia esso interrato o meno.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1295 del 29 aprile 2024


Il TAR Brescia (in un caso di diniego di una istanza di compatibilità ambientale ai sensi dell’art. 167, comma 5, d.lgs. n. 42/2004 per opere eseguite in difformità dell’autorizzazione paesaggistica in precedenza rilasciata) ha ricordato che il diniego di autorizzazione paesaggistica anche in sanatoria non può limitarsi a contenere valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve specificare le ragioni del rigetto dell'istanza ovvero esplicitare i motivi del contrasto tra le opere da realizzarsi e le ragioni di tutela dell'area interessata dall'apposizione del vincolo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 314 del 15 aprile 2024


Il TAR Milano precisa che il comma 1 dell’art. 17 del D.P.R. n. 31 del 2017, laddove dispone che “l’autorità preposta alla gestione del vincolo e il Soprintendente, nell’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 167, comma 4, del Codice [del Beni culturali], dispongono la rimessione in pristino solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica dell’intervento e delle opere”, deve essere interpretato nel senso di ammettere la sanatoria di opere che possano essere rese compatibili con il contesto circostante, tali essendo soltanto quelle che rientrano nell’ambito del perimetro delle violazioni di scarso rilievo paesaggistico di cui ai precedenti artt. 2, 3 e 4 del citato Decreto. Ciò appare altresì confermato dalla Circolare n. 42 del 21 luglio 2017, prot. n. 21322, del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, per la quale gli interventi cui “è applicabile il regolamento in esame devono essere di lieve entità e tale deve essere il principio guida che deve orientare la valutazione dell’applicabilità del regolamento stesso, rimanendo esclusi tutti gli altri interventi di impatto paesaggistico significativo, per i quali è da applicare la procedura ordinaria” (pagg. 23-24; cfr. anche pagg. 22-23).

TAR Lombardia, Milano, IV, n. 1788 del 12 luglio 2023


Il TAR Brescia osserva che, a mente dell’articolo 167, comma 4, lettera a), D.Lgs. n. 42/2004, l’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica è consentito a condizione che «i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica […] non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati».
Trattandosi di norma eccezionale, perché deroga alla regola generale del preventivo rilascio di autorizzazione paesaggistica, il precitato comma 4 dell’articolo 167 del c.d. “Codice dei beni culturali” è di stretta interpretazione. 
Conseguentemente, la sanatoria è esclusa anche se ricorre alternativamente solo un aumento di volumetria o un aumento di superficie, e qualunque sia la natura del volume realizzato, tecnico o meno, interrato, seminterrato o in superficie.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 333 del 13 aprile 2023.


Il TAR Milano, con riferimento ai presupposti per ottenere l'accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, osserva:
<<10) Preliminarmente, il Collegio ritiene utile rammentare come la regola generale in materia di controllo e gestione dei beni paesaggistici, ritraibile dall’art. 146 del D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), vieti il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica «in sanatoria», successivamente cioè, alla realizzazione, anche parziale, degli interventi di trasformazione delle aree o degli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico. La previsione eccettuativa (di cui all’art. 167, comma 4, del medesimo Decreto), che tale autorizzazione «postuma» consente, ha ad oggetto interventi che, per quanto qui d’interesse, «non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati». Si tratta, quindi, di abusi di minima entità, tali da determinare già in astratto, per le loro stesse caratteristiche tipologiche, un rischio estremamente contenuto di causare un effettivo pregiudizio al bene tutelato [cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, VI, 04-01-2021, n. 40, per cui «l’art. 167 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), recante la disciplina delle sanzioni amministrative previste per la violazione delle prescrizioni poste a tutela dei beni paesaggistici, contiene (nella sua attuale formulazione) la regola della non sanabilità ex post degli abusi, sia sostanziali che formali. Il trasgressore, infatti, è “sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese”, “fatto salvo quanto previsto al comma 4”. L’intenzione legislativa è chiara nel senso di precludere qualsiasi forma di legittimazione del “fatto compiuto”, in quanto l’esame di compatibilità paesaggistica deve sempre precedere la realizzazione dell’intervento. Il rigore del precetto è ridimensionato soltanto da poche eccezioni tassative, tutte relative ad interventi privi di impatto sull’assetto del bene vincolato. Segnatamente, sono suscettibili di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica: gli interventi realizzati in assenza o difformità dell’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; l’impiego di materiali diversi da quelli prescritti dall’autorizzazione paesaggistica; i lavori configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi della disciplina edilizia (art. 167, comma 4)»].
Resta ferma, poi, la necessità, in caso di accesso alla procedura «in sanatoria», di valutare in concreto l'effettiva compatibilità paesaggistica dell'opera realizzata, con la irrogazione in ogni caso della sanzione normativamente contemplata (cfr. TAR Campania, VI, 22-05-2020, n. 1939; id., 14-06-2022, n. 4036; TAR Umbria, I, 30-04-2021, n. 300).
Soffermandoci sulla predetta valutazione, non va sottaciuto come, per consolidato orientamento (cfr., fra le altre, Consiglio di Stato, II, 26-07-2017, n. 1775), possano avere rilevanza ai fini paesaggistici, per il loro impatto visivo, anche opere edilizie che non determinano la costituzione di nuove superfici o di volumi edilizi, come i volumi tecnici o le tettoie di dimensioni modeste. Detto altrimenti: «Rivestono un'indubbia rilevanza paesaggistica tutte le opere realizzate sull'area sottoposta a vincolo, anche se non vi sia un volume da computare sotto il profilo edilizio (…) poiché le esigenze di tutela dell'area sottoposta a vincolo paesaggistico possono anche esigere l'immodificabilità dello stato dei luoghi» (così, TAR Campania, Napoli, VIII, 03-12-2021, n. 7787; nello stesso senso, fra le tante, TAR Lombardia, III, 22-05-2020, n. 915, e, da ultimo, id., IV, 23-06-2022, n. 1460).
È, del resto, evidente la ratio di tale differente rilevanza dei volumi di carattere tecnico in sede edilizia rispetto a quella paesaggistica, atteso che, mentre nelle valutazioni di natura urbanistica attraverso il volume utile viene misurata la consistenza dei diritti edificatori, «nei giudizi paesistici è utile soltanto il volume percepibile come ingombro alla visuale o come innovazione non diluibile nell'insieme paesistico» [così, TAR Campania, Napoli, VIII, 01-02-2018, n. 712, che poi aggiunge: «Un volume irrilevante ai fini urbanistici potrebbe creare un ingombro intollerabile per il paesaggio, e in questo caso sarebbe senz'altro classificabile come utile in base ai parametri estetici attraverso cui viene data protezione al vincolo paesistico. Reciprocamente, un volume utile ai fini urbanistici potrebbe non avere alcun impatto sul paesaggio e, dunque, in assenza di danno per l'ambiente, non potrebbe costituire un presupposto ragionevole per l'applicazione di una misura ripristinatoria (nel caso di specie, l'innalzamento della copertura ha incidenza dal punto di vista paesaggistico andando a modificare il prospetto dell'edificio e, pertanto, la relativa volumetria non poteva che essere ricondotta a quella contemplata dall'art. 167, comma 4, d.lg. n. 42/2004, al fine di escludere l'accertamento postumo di conformità paesaggistica)»; id., 20-02-2014, n. 1122; TAR Marche, Ancona, I, 07-01-2017, nn. 23, 24 e 25; TAR Toscana, III, 10-03-2021, n. 377].
Sul piano più in generale, va poi rammentato che, come recentemente ribadito dal Consiglio di Stato, l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio: i due atti di assenso, quello paesaggistico e quello edilizio, operano su piani diversi, essendo posti a tutela di interessi pubblici diversi, seppur parzialmente coincidenti (cfr. Cons. Stato, VI, 03-05-2022, n. 3446).
Ne deriva che, il parametro di riferimento per la valutazione dell’aspetto paesaggistico non coincide con la disciplina urbanistico edilizia ma s’individua nella specifica disciplina dettata per lo specifico vincolo (cfr. Cons. St., VI, 24-11-2015, n. 5327), poiché la valutazione di compatibilità paesaggistica è connaturata all’esistenza del vincolo paesaggistico ed è autonoma dalla pianificazione edilizia (cfr. Cons. St., VI, 31-10-2013, n. 5273; nonché, sulla ratio dei vincoli paesaggistici generalizzati e sulla «integrità ambientale» quale «bene unitario», che può risultare compromesso anche da interventi minori, Corte costituzionale, sentenza 23-03-2016, n. 56, con la giurisprudenza costituzionale ivi richiamata; e, sulla necessità di valutare sempre espressamente l’interesse paesaggistico anche nell’ambito del bilanciamento con altri interessi pubblici, Corte Costituzionale, sentenza 28-06-2004, n. 196).
Non va, infine, trascurato che, sempre per giurisprudenza pacifica, le valutazioni effettuate dalle amministrazioni preposte alla tutela dei valori paesaggistici circa la compatibilità delle opere edilizie che si intende realizzare (o che, come, nella fattispecie, si intende sanare) con i valori che sono stati tutelati con l’imposizione del vincolo paesaggistico, possono essere censurate davanti al giudice amministrativo solo per la presenza di vizi nel procedimento, per evidenti errori di fatto o per la chiara irragionevolezza della scelta operata (cfr., fra le tante, Cons. Stato, II, 05-12-2017, n. 2531).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 67 del 4 gennaio 2023.





Il TAR Milano, Sezione II, sull’interpretazione del comma 4 lettera a) dell’art. 167 del d.lgs n. 42/2004 ricorda che la giurisprudenza della Sezione è pacificamente orientata nel senso che ogni incremento volumetrico impedisce il riconoscimento della compatibilità, a nulla rilevando che si tratti di un aumento non eccessivo oppure non visibile e sul punto non possono assumere rilievo contrario le circolari ministeriali, che costituiscono una mera interpretazione della legge proveniente dall’Autorità Amministrativa, come tale non vincolante per il giudice.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1565 del 2 luglio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano:
<<L’art. 167 del d.lgs 42/04 consente il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica c.d. “postuma” solo qualora gli interventi abusivi possano esser ricondotti alle ipotesi tipizzate indicate alle lettere a, b e c del comma 4.
Secondo l’orientamento oggi prevalente, non è suscettibile di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica l'intervento che realizzi volumi di qualsiasi natura, anche interrati (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 15 aprile 2021 n. 943, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 22 maggio 2020 n. 915, T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 16 marzo 2020 n. 227).
Le pronunce precisano che il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini della tutela del paesaggio, si riferisce infatti a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico e altro tipo di volume, sia esso interrato o meno. Non è quindi consentito all'interprete ampliare la portata di tale norma, che costituisce eccezione al principio generale della necessità del previo assenso codificato dal precedente art. 146, per ammettere fattispecie letteralmente e senza distinzione alcuna escluse (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 11 aprile 2013 n. 350).
La norma è tassativa nel senso che la conformità si possa ritenere solo a volume invariato>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1261 del 30 maggio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri





Il TAR Brescia, a fronte di un motivo di ricorso con il quale si asserisce che l'art. 167 del d.lgs n. 42 del 2004 non potrebbe essere interpretato in senso letterale, ma dovrebbe essere coordinato con la ratio della normativa sulla tutela del paesaggio che sarebbe sempre riferita alla sola parte visibile del territorio (nel caso di specie aumento di altezza di 60 cm, pari al 6% dell’altezza dell’edificio), osserva:
<<8.1) Il motivo è infondato.
8.2) Secondo quanto statuito dalla dominante giurisprudenza sopra menzionata - e condivisa dal Collegio - l’art. 167 del D.lgs. n. 42/2004 comporta l’improcedibilità dell’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica in presenza di incrementi di volume, anche di modesta entità, perché la valutazione sulla sussistenza o meno del pregiudizio per il paesaggio è effettuata in astratto direttamente dalla norma, sicché la Soprintendenza si è correttamente attenuta a tale principio dichiarando improcedibile la domanda del ricorrente ...
8.3) Tali considerazioni hanno carattere decisivo.
8.4) Per completezza si osserva comunque come, in una prospettiva di esegesi costituzionalmente compatibile o comunitariamente orientata della norma in questione, si potrebbe – in ipotesi - ritenere di escludere dallo spettro applicativo dell’art. 167 taluni incrementi volumetrici, ma solo allorquando i medesimi: i) siano così esigui da risultare ictu oculi paesaggisticamente irrilevanti; ii) siano imposti (anche indirettamente) da norme nazionali o europee finalizzate al perseguimento della transizione ecologia mediante miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici o riduzione dell'impatto dell’attività edificatoria sul paesaggio.
8.4) Nel caso di specie, peraltro, non sussiste alcuna delle menzionate condizioni in quanto l’incremento di altezza del 6% non può certamente essere ritenuto irrilevante o non percepibile e il ricorrente non ha fornito alcuna prova in merito alla sussistenza di interventi rientranti nelle misure di transizione ecologica che abbiano reso necessario l’incremento volumetrico contestato>>.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 12 del 5 gennaio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Brescia, dopo aver premesso che gli articoli 167, comma 5, e 181, comma 1 quater, del d.lgs. n. 42 del 2004 prevedono che l’istanza accertamento postumo della compatibilità paesaggistica debba essere presentata dall’interessato all’autorità preposta alla gestione del vincolo, che deve acquisire poi il parere obbligatorio e vincolante della Soprintendenza e, successivamente, deve pronunciarsi sulla domanda proposta dall’autore dell’abuso, osserva che il parere della Soprintendenza ha carattere obbligatorio e natura sostanzialmente decisoria, sicché il provvedimento che si pronunci sull’istanza omettendo di coinvolgere l’organo competente alla sua espressione è assunto in violazione di legge e deve essere annullato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 723 del 4 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano condivide l’assunto giurisprudenziale secondo cui non può essere sufficiente in sede di illustrazione delle ragioni sostanziali poste a sostegno della dichiarazione di non compatibilità paesaggistica in sanatoria il mero rinvio ad una circolare esplicativa, posto che l’onere di dimostrare in giudizio le circostanze di rilievo in ordine all’aumento dei volumi e superfici – a fronte dell’allegazione da parte degli interessati della non difformità della realizzazione dei lavori rispetto al progetto originario – spetta all’amministrazione procedente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1726 del 15 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.





Secondo il TAR Brescia il divieto di accertamento paesaggistico ex post degli abusi commessi in zona vincolata che non siano riconducibili alle limitate e tassative ipotesi derogatorie indicate dall'art. 167 del d.lgs. n. 42/2004 prescinde da qualsiasi valutazione in concreto in ordine all’effettivo pregiudizio dagli stessi arrecato rispetto al bene paesaggistico tutelato; ciò è confermato dal fatto che il divieto di sanatoria si applica anche ai volumi interrati, a nulla rilevando il fatto che essi non rappresentino un ostacolo o una limitazione per le visuali panoramiche; infatti il chiaro e tassativo disposto normativo dell’articolo 167 del d.lgs. 42/2004 non può essere esteso in via interpretativa, in quanto costituente deroga alla regola generale della necessità di assenso preventivo codificata dall’articolo 146 del medesimo codice.


TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 559 del 16 giugno 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano: «La c.d. doppia conformità richiesta dalla previsione di cui all’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 ha riguardo ad aspetti edilizi e non involge il tema paesaggistico che ... è oggetto, in caso di mancanza o difformità, della valutazione prevista dagli artt. 167 e 181 del D.Lgs. n. 42/2004. Laddove tale valutazione abbia esito positivo, la successiva e diversa istanza per l’accertamento in conformità non potrà, certamente, rigettarsi solo in ragione della mancanza della preventiva valutazione paesaggistica. Il carattere di autonomia della valutazione e dei relativi provvedimenti non consente, quindi, di assegnare una simile portata preclusiva ad un aspetto (quello paesaggistico) diverso dalla valutazione meramente edilizia prevista da tale disposizione. Del resto, già nella vigenza della previsione di cui all’art. 13 della L. n. 47/1985 (antesignana dell’attuale sistema normativo) si afferma l’illegittimità di un diniego di sanatoria fondato sulla mera collocazione dell’immobile in area vincolata evidenziando la sola necessità di ottenere la valutazione paesaggistica da parte dell’Ente competente (T.A.R. per il Lazio – sede di Roma, Sez. II-bis, 5.9.2007, n. 8580). Ove tale valutazione sia, come nel caso di specie, espressa e sia quindi affermata la compatibilità paesaggistica dell’intervento in quanto rientrante nelle ristrette maglie previste dal d.lgs. 42/2004, la diversa valutazione edilizia non può negarsi affermando, a fini edilizi, la non conformità paesaggistica che proprio il procedimento di sanatoria mira a conferire».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 28 del 5 gennaio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Brescia, con riguardo alla natura e alla funzione degli istituti della sanatoria edilizia e dell’accertamento di compatibilità paesaggistica e alla possibilità per detti istituti ad avere ad oggetto interventi abusivi che necessitino di ulteriori lavori di regolarizzazione, ricorda che : «La giurisprudenza ha chiarito, al riguardo, che “il permesso di costruire in sanatoria ex art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 è finalizzato alla regolarizzazione degli abusi meramente formali - vale a dire di interventi che, pur effettuati senza il preventivo rilascio del titolo abilitativo edilizio, risultino conformi alla normativa urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione e al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria - e non può riguardare, in conseguenza, interventi abusivi che necessitino di ulteriori lavori di regolarizzazione” (cfr. T.A.R. Torino, sez. II, 2 luglio 2019, n. 749). Analogamente, è stato affermato che “Nel rendere il parere di compatibilità paesaggistica per la sanatoria prevista dall'art. 1, commi 37, 38 e 39, l. n. 308 del 2004, l'Amministrazione preposta alla gestione del vincolo è tenuta ad esaminare l'oggetto dell'istanza nel suo stato attuale, senza che sussista alcun obbligo di indicare prescrizioni finalizzate a rendere l'opera compatibile con il contesto paesaggistico” (T.A.R. Genova, sez. I, 08/06/2016, n. 579)».

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 839 del 1 dicembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano precisa che il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico e altro tipo di volume, e che, per altro verso, l'art. 167, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio preclude il rilascio di autorizzazioni in sanatoria, quando siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura e pur quando ai fini urbanistici ed edilizi non andrebbero ravvisati volumi in senso tecnico (fattispecie in tema di chiusura di parte di un terrazzo coperto con pareti vetrate).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 915 del 22 maggio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri



Secondo il TAR Milano, la mancata impugnazione del parere della Soprintendenza – unitamente alla mancata notifica del ricorso alla Soprintendenza – rende inammissibile il ricorso avverso il diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica e di permesso di costruire in sanatoria in zona sottoposta vincolo paesaggistico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 543 del 23 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia, con riferimento all’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, precisa che: “la giurisprudenza amministrativa è pressochè concorde nel ritenere che nell' art. 167, comma 4, d. lgs. n. 42 del 2004 il legislatore ha utilizzato la congiunzione disgiuntiva “o”, con la conseguenza che l'espressione “superfici utili o volumi” non rappresenta una endiadi e include invece quegli interventi che, pur senza creare un aumento di cubatura, con la realizzazione di nuove superfici utili, determinano comunque un impatto significativo sull'assetto del territorio, modificandone in maniera stabile e duratura la conformazione; questa lettura trova giustificazione, oltre che dal punto di vista letterale, anche per la ratio della disposizione, volta a stabilire una soglia elevata di tutela del paesaggio che comporta la possibilità di rilascio ex post dell'autorizzazione paesaggistica al fine di sanare interventi già realizzati soltanto per gli abusi di minima entità, tali da determinare già in astratto, per le loro stesse caratteristiche tipologiche, un rischio estremamente contenuto di causare un effettivo pregiudizio al bene tutelato (T.A.R. Milano, sez. II, 8 maggio 2019, n. 1033; T.A.R. Genova, sez. I, 14 marzo 2015, n. 281; T.A.R. Napoli, sez. III, 2 ottobre 2019, n. 4706)”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 227 del 16 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.