Il TAR Milano ricorda che, secondo giurisprudenza consolidata, l’inizio dei lavori richiesto per evitare la decadenza del titolo: a) deve evidenziare l'effettiva volontà di realizzare il manufatto; b) non può essere considerato in via generale e astratta, bensì con specifico e puntuale riferimento all'entità e alle dimensioni dell'intervento edilizio così come programmato e autorizzato, e ciò al ben evidente scopo di evitare che il termine per l'avvio dell'edificazione possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici, e, quindi, non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare della concessione stessa di procedere alla costruzione; c) deve, dunque, essere comprovato dall'effettuazione di trasformazioni che superino la soglia delle mere attività preparatorie, dovendo essere di entità significativa, tenendo anche conto dell'opera da eseguire, onde non vanno trascurate le peculiarità che presenta l'intervento in progetto.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1552 del 21 maggio 2024


Secondo il TAR Brescia, la demolizione di un bene vincolato con conseguente costruzione di altro manufatto avente medesima volumetria, ma ontologicamente diverso dall'opera originaria tutelata, non è qualificabile come “ristrutturazione”, ma costituisce nuova costruzione e richiede il previo rilascio di un permesso di costruire. Pertanto, considerato il rapporto tra titolo paesaggistico e titolo edilizio (che si sostanzia in un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche e urbanistiche), il progetto della nuova costruzione richiede non solo un nuovo e autonomo titolo edilizio ma anche una nuova valutazione paesaggistica.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 441 del 20 maggio 2024


Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza, l'inizio dei lavori atto ad impedire la decadenza del permesso di costruire si ha quando le opere intraprese siano tali da evidenziare l'effettiva volontà di realizzare il manufatto; l'effettivo inizio dei lavori non può essere considerato in via generale e astratta, bensì con specifico e puntuale riferimento all'entità e alle dimensioni dell'intervento edilizio così come programmato e autorizzato, e ciò al ben evidente scopo di evitare che il termine per l'avvio dell'edificazione possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici, e quindi non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare della concessione stessa di procedere alla costruzione; l'inizio dei lavori rilevante al fine di impedire la decadenza dal titolo edificatorio deve dunque essere comprovato dall'effettuazione di trasformazioni che superino la soglia delle mere attività preparatorie, dovendo esse essere di entità significativa; la valutazione a tali fini delle stesse non può prescindere dalla considerazione dell'opera da eseguire, onde non vanno trascurate le peculiarità che presenta l'intervento in progetto; in particolare, i lavori edilizi devono ritenersi "iniziati" quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell'impianto del cantiere, nell'innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi coordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio, per evitare che il termine di decadenza del permesso possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici; la mera esecuzione di lavori di sbancamento è, di per sé, inidonea per ritenere soddisfatto il presupposto dell'effettivo "inizio dei lavori" entro il termine di un anno dal rilascio del permesso di costruire a pena di decadenza del titolo abilitativo, essendo necessario che lo sbancamento sia accompagnato dalla compiuta organizzazione del cantiere e da altri indizi idonei a confermare l'effettivo intendimento del titolare del permesso di costruire di realizzare l'opera assentita.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2507 del 26 ottobre 2023


Il TAR Milano, a fronte della dedotta illegittimità di un diniego di proroga per l’assenza di un preventivo provvedimento formale dichiarativo dell’intervenuta decadenza, osserva che la pronuncia formale di decadenza è richiesta semplicemente per attestare l’intervenuta maturazione dei presupposti per la decadenza, non rivestendo la stessa efficacia costitutiva, ma solo dichiarativa; in guisa di ciò, l’intervenuta decadenza del permesso di costruire ben può emergere da un atto in cui tale aspetto viene preso compiutamente in considerazione, seppure si riferisca a un procedimento avente un oggetto diverso (ma collegato); del resto, opinando diversamente, si costringerebbe l’Amministrazione a duplicare senza motivo dei procedimenti che aggraverebbero soltanto l’azione della P.A., in violazione della normativa in materia (cfr. art. 97 Cost. e art. 1 della legge n. 241 del 1990), senza peraltro nulla aggiungere in termini di tutela per il privato, che già può fornire il proprio apporto nel procedimento collegato e prospettare le proprie ragioni.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 812 del 3 aprile 2023.


Il TAR Milano esamina la questione giuridica riguardante l’applicazione dell’art. 15 del DPR 380 del 2001 alle DIA e ora alle SCIA.
Il TAR, dopo aver ricordato che l’art. 15 citato e in particolare il comma 2 concerne la proroga dei termini di inizio e di conclusione dei lavori oggetto del permesso di costruire rilasciato dal Comune all’avente diritto ai sensi degli articoli 10 e seguenti del TU, osserva:
<<Il dato testuale e l’interpretazione dominante della giurisprudenza amministrativa escludono che l’art. 15, espressamente dettato per il permesso di costruire, possa trovare applicazione anche con riguardo ai termini di conclusione dei lavori oggetto di SCIA.
Osta a tale applicazione, innanzi tutto, il chiaro dato normativo: l’art. 23 comma 2 stabilisce che in caso di mancata ultimazione dei lavori il completamento dell’intervento è subordinato ad una nuova SCIA da presentarsi da parte del privato («La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova segnalazione.»).
Analoga norma è contenuta nell’art. 42 comma 6 della legge regionale (LR) della Lombardia sul governo del territorio n. 12/2005, secondo cui: «I lavori oggetto della segnalazione certificata di inizio attività devono essere iniziati entro un anno dalla data di efficacia della segnalazione stessa ed ultimati entro tre anni dall’inizio dei lavori. La realizzazione della parte di intervento non ultimata nel predetto termine è subordinata a nuova segnalazione».
Anche la giurisprudenza della scrivente Sezione, confermata dal Consiglio di Stato, ha concluso per l’inapplicabilità dell’art. 15 alle SCIA (ovvero alle DIA).
Sul punto sia consentito il rinvio, quali precedenti conformi ex art. 74 del c.p.a., alla sentenza di questa Sezione II n. 1764/2015, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza della Sezione IV n. 572/2017 ed all’ulteriore pronuncia di questa Sezione II n. 619/2013, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza della Sezione IV n. 5969/2013.>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2389 del 31 ottobre 2022.


Secondo il TAR Milano, l’interpretazione del comma 4 dell’art. 15 del DPR n. 380/2001 deve essere condotta secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, tali da contemperare l’interesse dell’Amministrazione all’applicazione delle nuove norme di piano con quello del privato all’esecuzione dell’intervento edilizio ritualmente assentito e non concluso per fatto non imputabile al privato stesso. Ciò che rileva, pertanto, è che i lavori siano effettivamente iniziati entro il termine annuale e che siano in corso all’atto dell’entrata in vigore delle norme di piano, giacché tali circostanze manifestano la serietà degli obiettivi del titolare del permesso di costruire, che intende portare a termine i lavori avviati regolarmente.
Nulla vieta, di conseguenza, che pur a fronte di nuove previsioni urbanistiche sia accordata una proroga per completare i lavori effettivamente avviati e in corso di esecuzione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 873 del 15 aprile 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.





La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 7 agosto 2020, n. 18 (Assestamento al bilancio 2020-2022 con modifiche di leggi regionali), come delimitato – nel suo ambito di applicazione – dall’art. 20, comma 2, lettera b), della legge della Regione Lombardia 27 novembre 2020, n. 22 (Seconda legge di revisione normativa ordinamentale 2020).
Oggetto di impugnazione da parte dello Stato è il citato art. 28, rubricato «Differimento di termini e sospensione dell’efficacia di atti in materia di governo del territorio in considerazione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19», che ha disposto «[a]nche in considerazione del permanere di gravi difficoltà per il settore delle costruzioni, derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19», la proroga della validità di atti e titoli abilitativi.
In particolare l’art. 28, comma l, ha previsto, alla lettera a), la proroga della validità di «tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti o titoli abilitativi, comunque denominati, in scadenza dal 31 gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, per tre anni dalla data di relativa scadenza», e, alla lettera b), la proroga della validità delle «convenzioni di lottizzazione di cui all’articolo 46 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e dei termini da esse stabiliti, nonché di quelli contenuti in accordi similari, comunque denominati, previsti dalla legislazione regionale in materia urbanistica, stipulati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, che conservano validità per tre anni dalla relativa scadenza».
In linea preliminare, occorre rilevare che, successivamente alla proposizione del ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato di rinunciare al ricorso limitatamente alla impugnazione dell’art. 28, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 18 del 2020, in ragione della sopravvenuta abrogazione della citata disposizione ad opera dell’art. 18, comma 1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 27 novembre 2020, n. 22 (Seconda legge di revisione normativa ordinamentale 2020).
Ciò ha comportato l’estinzione del processo, limitatamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 18 del 2020, promossa dal Governo in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.
Sempre in linea preliminare, va messo in risalto che in giudizio la Regione ha segnalato l’ulteriore sopravvenienza normativa costituita dal comma 1-bis dell’art. 28 della legge reg. Lombardia n. 18 del 2020, inserito dall’art. 20, comma 2, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 22 del 2020, entrata in vigore il 30 novembre 2020, precisando che tale disposizione ha escluso le autorizzazioni paesaggistiche dalla proroga di cui al comma 1.
Il periodo di vigenza della disposizione regionale impugnata – 11 agosto 2020-30 novembre 2020 – è allineato con la disciplina statale, contenuta nell’art. 103, comma 2-sexies, del d.l. n. 18 del 2020, aggiunto dal decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, in legge 27 novembre 2020, n. 159; la norma regionale impugnata avrebbe potuto operare dopo novanta giorni dalla scadenza della dichiarazione dello stato di emergenza previsto dalla normativa statale, ovvero dopo il 31 gennaio 2021 e dunque non ha trovato applicazione,
Tale sopravvenienza ha comportato la cessazione della materia del contendere con riguardo alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, lettera a), della legge reg. Lombardia n. 18 del 2020, nella sola parte relativa alla proroga delle autorizzazioni paesaggistiche.
Così delimitata la materia del contendere, la Corte costituzionale ha dichiarato che l’art. 28, comma 1, lettera a), della legge reg. Lombardia n. 18 del 2020, nel disporre la proroga dei titoli abilitativi in modo difforme da quanto previsto nella disciplina statale (artt. 103, comma 2, d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e 10, comma 4, d.l. n. 76 del 2020, come convertito), entra in collisione con un principio fondamentale della materia governo del territorio di competenza legislativa concorrente.
Il principio fondamentale che viene in rilievo riguarda la durata dei titoli abilitativi, nella cui determinazione si ravvisa un punto di equilibrio fra i contrapposti interessi oggetto di tutela, inerenti alla realizzazione di interventi di trasformazione del territorio compatibili con la tutela dell’ambiente e dell’ordinato sviluppo urbanistico, per ciò stesso assegnato a titolo esclusivo al legislatore statale, secondo il sistema delineato dal d.P.R. n. 380 del 2001.
Incidendo sulla durata, le norme statali interposte partecipano della natura di “principio fondamentale” che connota la disciplina dei titoli abilitativi, con l’effetto di vincolare le Regioni.
In conclusione, secondo la Corte, si deve dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 7 agosto 2020, n. 18, con esclusione della parte in cui, nel testo antecedente all’entrata in vigore della legge reg. Lombardia n. 22 del 2020, prevedeva la proroga delle autorizzazioni paesaggistiche.

Corte Costituzionale n. 245 del 21 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.


Il TAR Brescia ritiene che il tempestivo inizio dei lavori in base al permesso di costruire che riguarda le opere da eseguire per prime in base al disegno di una convenzione urbanistica è utile anche per evitare la decadenza dei titoli collegati.
Osserva al riguardo che:
<<g) in primo luogo le convenzioni urbanistiche sono basate su un accordo che presuppone l’equilibrio tra l’utilità dei privati (edificazioni) e l’interesse pubblico (opere di urbanizzazione). I due elementi sono collegati fin dall’inizio, e rimangono collegati per tutta la durata del rapporto, in quanto, indipendentemente dal numero di titoli edilizi generati dalla convenzione urbanistica, l’attività edificatoria conserva carattere unitario. Una conferma si può rinvenire nell’art. 28-bis comma 4 del DPR 380/2001, che consente l’attuazione dei permessi di costruire convenzionati per stralci funzionali. In una convenzione urbanistica i singoli permessi di costruire hanno la stessa funzione degli stralci funzionali. Si può quindi ritenere che il tempestivo inizio dei lavori in base a uno dei titoli edilizi sia utile anche per evitare la decadenza dei titoli collegati;
(h) più precisamente, è utile a questo fine il permesso di costruire che riguarda le opere da eseguire per prime in base al disegno della convenzione urbanistica. Si tratta normalmente, ed è così anche nel caso in esame, delle opere di interesse pubblico, che garantiscono l’adeguato inserimento e la corretta utilizzazione delle edificazioni private. L’art. 3 comma 3 della convenzione urbanistica collega espressamente il termine di inizio lavori alle sole opere di urbanizzazione primaria, stabilendo per le stesse una corsia privilegiata rispetto alle edificazioni private. Questa soluzione è coerente con la previsione dell’art. 28-bis comma 5 del DPR 380/2001, che consente la modulazione del termine di validità del permesso di costruire convenzionato, quando sia attuato per stralci funzionali. È quindi evidente che il rispetto del termine di inizio lavori per le opere di urbanizzazione previste dalla convenzione urbanistica ha un effetto di trascinamento per il resto dell’attività edificatoria; >>.
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 871 del 14 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano precisa, in tema di proroga del termine di inizio dei lavori, che:
<<la proroga di un termine postula logicamente e giuridicamente la non scadenza dello stesso al momento della presentazione dell’istanza non potendosi prorogare un termine già spirato al momento della presentazione della nuova istanza. Il principio è applicabile in relazione ad ogni vicenda che sia sottoposta ad un termine finale di efficacia atteso che, un conto è disporre la prosecuzione dell’efficacia nel tempo di un originario provvedimento, altra cosa è consentire nuovamente lo svolgimento di una attività in precedenza preclusa per sopravvenuta inefficacia dell’atto abilitativo, occorrendo, in questo secondo caso, una nuova e più approfondita valutazione che tenga conto della situazione di fatto e delle regole giuridiche sopravvenute>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1271 del 25 maggio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia precisa che l’articolo 15, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 rappresenta una deroga alla disciplina generale dei termini di avvio e di conclusione dei lavori autorizzati di cui all’art. 15 D.P.R. n. 380/2001, finalizzata (la disciplina generale) ad evitare che una edificazione autorizzata nel vigore di un determinato regime urbanistico venga realizzata quando il mutato regime non lo consente più.
Per tale motivo, aggiunge il TAR, la deroga prevista dal comma 2 dell’art. 15 va interpretata in senso restrittivo in modo da limitare la proroga a casi che oggettivamente non dipendono dalla volontà del titolare del permesso di costruire, da accordare con un atto dal contenuto prettamente discrezionale, il che impedisce di ipotizzare un suo perfezionamento per silenzio-assenso.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 285 del 23 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ritiene illegittima un'ordinanza di demolizione di un  fabbricato adottata sul presupposto dell’avvenuta perdita di efficacia del titolo edilizio abilitativo, in assenza di una espressa dichiarazione di decadenza del predetto titolo disposta dal Comune.
Al riguardo precisa che:
<<in una fattispecie molto simile a quella oggetto del presente giudizio, il Giudice d’Appello ha evidenziato che si “pone il problema se la decadenza operi anche in assenza di un’apposita dichiarazione amministrativa, come sostenuto dal Comune con il conforto di una parte della giurisprudenza, soprattutto di primo grado (Cfr. Tar Sicilia Catania, Sez. I, 16 febbraio 2015, n. 528; Tar Sicilia Palermo, Sez. II, 14 marzo 2014, n. 746; Tar Lazio Roma, Sez. II bis, 28 giugno 2005, n. 5370), oppure necessiti di una dichiarazione, all’esito di un apposito procedimento (Cfr. Cons. St., Sez. V, 26 giugno 2000, n. 3612). Il Collegio intende aderire a quest’ultimo indirizzo, anche recentemente ribadito da questo Consiglio, secondo il quale l’operatività della decadenza della concessione edilizia necessita in ogni caso dell’intermediazione di un formale provvedimento amministrativo, seppur avente efficacia dichiarativa di un effetto verificatosi ex se e direttamente (Cfr. Cons. St. 22 ottobre 2015 n. 4823). Quanto alla necessaria interlocuzione con il privato attraverso gli appositi strumenti partecipativi (…), deve parimenti ricordarsi che la giurisprudenza ha avuto di modo di precisare che la perdita di efficacia della concessione di costruzione per mancato inizio o ultimazione dei lavori nei termini prescritti deve essere accertata e dichiarata con formale provvedimento dell’Amministrazione anche ai fini del necessario contraddittorio col privato circa l’esistenza dei presupposti di fatto e di diritto che possono legittimarne la determinazione (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, sent. 12.05.2011, n. 2821; Cons. St., Sez. IV, sent. 29.01.2008, n. 249; Cons. St., Sez. VI, sent. 17.2.2006, n. 671). Alla luce dei principi innanzi ricordati deve osservarsi che nel caso di specie la perdita di efficacia della concessione di costruzione è desumibile solo indirettamente dal provvedimento impugnato, emesso senza alcuna comunicazione di avvio del procedimento, né alcun preavviso di rigetto dell’istanza in violazione [della normativa sul procedimento]. E’ dunque pacifico che l’amministrazione non ha mai emesso uno specifico provvedimento di decadenza, reso all’esito di un procedimento partecipato dalla parte privata. In particolare, è importante sottolineare l’assenza di ogni coinvolgimento della [parte] ricorrente, la quale ben avrebbe potuto rappresentare idonee ragioni atte, nella peculiarità del caso in esame, a portare in ipotesi ad una valutazione diversa della fattispecie (…). In altre parole, la mancata attivazione di un apposito procedimento e la conseguente mancata attivazione delle relative garanzie procedimentali non si risolve in un mero vizio formale, bensì in un effettivo pregiudizio alla posizione soggettiva [della parte privata]” (Consiglio di Stato, VI, 15 novembre 2017, n. 5285)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 401 del 12 febbraio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, quanto alla questione della differenza della natura della “proroga” dei termini di ultimazione dei lavori rispetto a quella del “rinnovo” di permesso di costruire, precisa che la giurisprudenza ha rilevato che, in generale, la proroga dei termini stabiliti da un atto amministrativo ha la natura giuridica di provvedimento di secondo grado, in quanto modifica, ancorché parzialmente, il complesso degli effetti giuridici delineati dall’atto originario, sicché la differenza tra i due istituti risiede nel fatto che, mentre il rinnovo del permesso di costruire presuppone la sopravvenuta inefficacia dell’originario titolo edilizio e costituisce, a tutti gli effetti, un nuovo titolo, la proroga è un atto sfornito di propria autonomia, che accede all’originario titolo ed opera semplicemente uno spostamento in avanti del termine finale di efficacia.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1206 del 26 giugno 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Brescia aderisce all’orientamento secondo il quale l'operatività della decadenza del permesso di costruire necessita dell'intermediazione di un formale provvedimento amministrativo di carattere dichiarativo che deve intervenire per il solo fatto del verificarsi del presupposto di legge e da adottare previa apposita istruttoria; la decadenza del permesso di costruire non opera quindi di per sé, ma deve necessariamente tradursi in un provvedimento espresso che ne accerti i presupposti e ne renda operanti gli effetti che, sebbene a contenuto vincolato, ha carattere autoritativo e, come tale, non è sottratto all'obbligo di motivazione di cui all’art. 3 della legge n. 241/1990 e può essere adottato solo previa formale e apposita contestazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Seconda, n. 825 del 3 settembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ribadisce che l’inizio lavori, ai sensi dell’art. 15, comma 2, D.P.R. n. 380 del 2001, deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi che possono desumersi dagli indizi rilevati sul posto; pertanto, i lavori devono ritenersi iniziati quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell’impianto del cantiere, nell’innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi preordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio per evitare che il termine di decadenza del permesso possa essere eluso con ricorso a interventi fittizi e simbolici.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 467 del 24 gennaio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, dopo aver ritenuto sussistente l’interesse a impugnare un provvedimento di proroga di un permesso di costruire pur in assenza di tempestiva impugnazione dell’originario permesso di costruire, ribadisce che la proroga è disposta con provvedimento motivato sulla scorta di una valutazione discrezionale, che in termini tecnici si traduce nella verifica delle condizioni oggettive che la giustificano, tenendo presente che, proprio perché il risultato è quello di consentire una deroga alla disciplina generale in tema di edificazione, i presupposti che fondano la richiesta di proroga sono espressamente indicati in norma e sono di stretta interpretazione; trattandosi di un atto che, a differenza dell’accertamento dell’intervenuta decadenza, è esercizio di discrezionalità amministrativa, lo stesso presuppone l’accertamento delle circostanze dedotte dal privato e il loro apprezzamento in termini di evento oggettivamente impeditivo dell’avvio della edificazione (nella fattispecie è stata ritenuta illegittima una proroga di un permesso di costruire che rinviava, del tutto genericamente, al contenuto della richiesta di proroga, ove si dava atto che le operazioni preliminari per la realizzazione di un sottopasso a una strada statale e relativa deviazione stradale avevano interessato il fermo dei lavori e che la natura, la quantità e consistenza di roccia dura da asportare aveva protratto nel tempo  i lavori per oltre un anno).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 122 del 16 gennaio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, dopo aver precisato che il permesso di costruire diviene efficace già al momento del suo rilascio, non essendo a tal fine necessario che lo stesso venga comunicato o ritirato dal destinatario, esclude che il mancato ritiro del permesso di costruire costituisca causa di decadenza dello stesso; conseguentemente, l’intervento realizzato conformemente al titolo edilizio rilasciato, ma non ritirato, non può dirsi abusivo e non possono ad esso applicarsi le misure sanzionatorie rivolte alla repressione dell’attività edilizia abusiva.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2173 del 14 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano esamina le fattispecie individuate dalla giurisprudenza rispetto alle quali la mancanza di un serio intento costruttivo giustifica la declaratoria di decadenza del permesso di costruire e segnala le seguenti: parziale recinzione del fondo, accompagnata dallo sbancamento del terreno e dall’esecuzione dei lavori di scavo (cfr. TAR Campania - Napoli, 25 settembre 2008, n. 10890); presenza di un setto di muratura di laterizio o l’installazione di un contatore di energia elettrica e del cartello di cantiere, ovvero il taglio di alcuni alberi nella zona interessata alla costruzione dell’ampliamento (cfr. TAR Veneto, 23 gennaio 2008, n. 174); semplice sbancamento del terreno (cfr. TAR Lombardia - Milano, 8 marzo 2007, n. 372); sola esecuzione dei lavori di scavo di sbancamento senza che sia manifestamente messa a punto l`organizzazione del cantiere e vi siano altri indizi che dimostrino il reale proposito del titolare della concessione edilizia di proseguire i lavori sino alla loro ultimazione ed al completamento dell`opera (cfr. TAR Campania – Napoli, 5 gennaio 2006, n. 59; TAR Lazio – Roma, 28 giugno 2005, n. 5370; TAR Lazio – Latina, 23 febbraio 2007, n. 133); modesti sbancamenti di terreno oramai ricoperti di acqua e vegetazione o la mera comunicazione dell’inizio dei lavori (cfr. TAR Lazio – Roma, 28 giugno 2005, n. 5370).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2111 del 7 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Toscana afferma che una pronuncia di decadenza di un permesso di costruire, in particolare allorquando consegua ad una comunicazione di avvio dei lavori e si fondi sulla qualificazione difforme tra le parti di opere eseguite, deve necessariamente essere preceduta da comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, senza che a ciò osti la natura vincolata del provvedimento di decadenza.

La sentenza del TAR Toscana, Terza Sezione n. 1537 del 25 ottobre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa



Il TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, aderisce all'orientamento giurisprudenziale secondo il quale, là dove si sia in presenza del c.d. factum principis o di cause di forza maggiore, l'interessato che voglia impedire la decadenza del titolo edilizio per il mancato tempestivo inizio dei lavori è pur sempre onerato della proposizione di una richiesta di proroga dell’efficacia del titolo stesso, proroga che deve essere accordata con atto espresso dell'Amministrazione; il TAR precisa inoltre che, affinché si possa dare rilevanza a un provvedimento che impedisca l’edificazione, è necessario che questo risulti illegittimo in quanto emesso in carenza dei presupposti previsti dalla vigente normativa; in caso contrario, quando cioè l’atto che inibisce l’esecuzione dei lavori sia conforme alla legge, la parte non può pretendere di essere ammessa al beneficio della proroga del termine.

Il testo della sentenza n. 201 del 29 gennaio 2016 della Sezione Seconda del TAR Lombardia, Milano, è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa


Con la sentenza n. 779 del 23 marzo 2015, il TAR Lombardia, Milano, Sez. II, in tema di decadenza del titolo edilizio per mancato inizio dei lavori nei termini previsti, da un parte, riafferma il principio secondo cui le opere intraprese devono essere tali da evidenziare l’effettiva volontà di realizzare l’opera e non può farsi ricorso a lavori fittizi e simbolici, dall’altra, richiama il principio di coerenza dell’ordinamento giuridico, che discende dall’art. 3 Cost., in forza del quale non si può attribuire rilevanza ad un’attività di trasformazione del suolo eseguita in assenza di ulteriore atto abilitativo prodromico all’esecuzione delle opere edilizie (quale, nella fattispecie, l’autorizzazione al taglio del bosco).