L’interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso il bando, soggiace alle stesse regole dettate dall'art. 1362 e ss., c.c., previste per l'interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, atteso che gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati soltanto in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotta certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative. Ne discende che la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori, così da ostare ad ogni estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, tali da vulnerare l'affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l'esigenza della più ampia partecipazione; dall'interpretazione letterale è consentito discostarsi solo in presenza di una sua obiettiva incertezza, atteso che è necessario evitare che il procedimento ermeneutico conduca all'integrazione delle regole di gara palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 864 del 11 marzo 2025








Al fine di assicurare massima tutela al principio della par condicio dei concorrenti, nell’interpretare la lex specialis, occorre attenersi rigidamente al criterio letterale. Ne consegue che, se il bando contiene clausole il cui significato letterale sia chiaro, all’interprete non resta altro che attribuire a tali clausole il predetto significato, e ciò anche nel caso in cui quest’ultimo possa portare a risultati illogici. In queste ipotesi infatti il rimedio non può consistere nel dare alla clausola il significato logico non aderente al dato letterale posto che, così facendo, verrebbe compromesso il principio della par condicio. I rimedi percorribili possono quindi essere o l’intervento in autotutela da parte della stazione appaltante, volto a emendare il bando, oppure l’impugnazione di quest’ultimo da parte del concorrente che si ritenga da esso pregiudicato. Ciò precisato, qualora la clausola del bando abbia invece un tenore letterale ambiguo, l’amministrazione può intervenire mediante chiarimenti i quali si qualificano come una sorta di interpretazione autentica con cui la stazione appaltante chiarisce la propria volontà, in un primo momento poco intellegibile, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis. Solo nel caso in cui il tenore letterale del bando sia chiaro e il chiarimento sia in contrasto con esso, il chiarimento stesso potrà essere disapplicato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 163 del 16 gennaio 2025





Al fine di rispettare le previsioni urbanistiche è necessario procedere a una interpretazione che conduca a riconoscere alle stesse un effetto utile e ne consenta una concreta applicazione, nel rispetto della c.d. interpretazione conservativa che, in ossequio al principio di conservazione degli atti giuridici (riferibile anche ai provvedimenti amministrativi), nel dubbio impone di seguire l’interpretazione che consente di mantenerne gli effetti anziché quella che ne determini la privazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3357 del 25 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda che in presenza di clausole di un bando o di un disciplinare ambigue o contraddittorie, deve essere privilegiata l’interpretazione favorevole all’ammissione alla gara invece che quella che tenda all’esclusione di un concorrente, in ossequio al canone del favor partecipationis, che sottende anche l’interesse pubblico al massimo dispiegarsi del confronto concorrenziale, inteso all’individuazione dell’offerta maggiormente vantaggiosa e conveniente per l’amministrazione appaltante, dovendo in difetto affermarsi l’illegittimità dell’esclusione dalla gara pronunciata in applicazione di disposizioni di lex specialis che, sebbene corredate dell’espressa comminatoria di esclusione, evidenziano tratti di ambiguità, incertezza o contraddittorietà.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3518 del 9 dicembre 2024


Il TAR Milano ricorda che il principio di conservazione degli atti giuridici (cfr. art. 1367 codice civile) è applicabile senza dubbio anche all’attività della Pubblica Amministrazione. Tale principio, secondo la giurisprudenza, impone di assegnare agli stessi un significato idoneo a manifestarne la legittimità, anziché uno che comporti la loro invalidità. Detto principio, infatti, previsto quale criterio di interpretazione dei contratti dall’art. 1367 c.c., è pacificamente applicabile anche agli atti ed ai provvedimenti amministrativi: invero, il principio di conservazione è sancito anche a livello di normazione amministrativa dall’art. 21-nonies, comma 2, della l. n. 241/1990 e costituisce espressione del principio di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa di cui all’art. 1, comma 1, della stessa l. n. 241. In base a tale principio, a fronte di plurime interpretazioni all’uopo prospettabili, l’atto amministrativo va inteso nel significato conforme alla disciplina sovraordinata, per evitare dubbi di compatibilità con il dato positivo e per consentire, quindi, all’atto stesso di avere un qualche effetto giuridico, in esplicazione dell’antico brocardo “actus interpretandus est potius ut valeat quam ut pereat”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3447 del 3 dicembre 2024


Il TAR Milano ricorda che, in base al principio del favor partecipationis che connota le procedure concorsuali e impedisce limitazioni artificiose alla concorrenza, nel caso in cui non ci si trovi al cospetto di clausole di portata chiara e inequivoca, si deve sempre procedere a una interpretazione che favorisca la massima partecipazione alle gare pubbliche a tutela del principio di concorrenza: più nello specifico, non può essere disposta l’esclusione da una gara in base a una disposizione di non univoca interpretazione, visto che, a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis, di cui una avente quale effetto l’esclusione dalla gara e una tale da consentire la permanenza del concorrente, non può legittimamente aderirsi all’opzione che comporterebbe l’esclusione dalla gara.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2496 del 26 ottobre 2023


Il TAR Milano aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale «(cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 7 luglio 2018, n. 4849), in tema di criteri di interpretazione dei bandi di gara, deve farsi applicazione del principio “per il quale ‘l'interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso il bando ‘de quo’, soggiace alle stesse regole dettate dall'art. 1362 e ss. c.c. per l'interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, perché gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative" (così, tra le tante, Cons. Stato, V, 13 gennaio 2014 n. 72); con la conseguenza che ‘la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e preclude ogni un'estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l'affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l'esigenza della più ampia partecipazione; mentre invece le ragioni immanenti, di matrice eurounitaria, di garanzia della concorrenza che presiedono al settore delle commesse pubbliche vogliono favorire la massima partecipazione delle imprese alla selezione, perché attraverso la massima partecipazione è raggiungibile il miglior risultato non solo per il mercato in sé, ma per la stessa amministrazione appaltante (cfr. Cons. Stato, V, 15 luglio 2013, n. 3811)’ (così Cons. Stato, V, 12 settembre 2017, n. 4307)”».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1921 del 14 ottobre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.