Il TAR Milano osserva che la legittimità della revoca del rapporto concessorio debba essere apprezzata nei termini imposti, in prospettiva revisionale dei rapporti di durata, dall’art. 21 quinquies della l. n. 241/1990 (integrato dal principio di leale cooperazione: cfr. art. 1, comma 2 bis), il quale aggancia il rilievo (potenzialmente ostativo o preclusivo) dell’affidamento del concessionario alla alternativa circostanza: a) che, sotto il profilo assiologico, non emergano né si evidenzino, a sostegno della revoca, motivi sopravvenuti in grado di sintetizzare e valorizzare il pubblico interesse alla immutazione degli assetti; b) che, sotto il profilo fattuale, il mutamento della situazione, assunto a fondamento della determinazione rimotiva, non appaia già prevedibile al momento della iniziale instaurazione del rapporto; c) che la decisione sopravvenuta non appaia, come tale, imprevedibile nel quadro della concreta dinamica evolutiva dei rapporti tra le parti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 385 del 15 febbraio 2024


Il TAR Milano, esaminando un ricorso avente ad oggetto un provvedimento di sgombero emanato da un Comune di una casa albergo affidata in concessione, preso atto che il presupposto del provvedimento impugnato non è da ravvisarsi nell’esercizio della facoltà di recesso esercitato dall’ente locale ma nella naturale scadenza del contratto di concessione, osserva che, trattandosi di un provvedimento necessitato, in relazione ad un’occupazione di un bene pubblico che si è protratta oltre la scadenza del titolo, non sussiste alcuna violazione delle regole partecipative, degli obblighi di motivazione, né dei principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di sfratto, che non ha avuto luogo nel caso di specie. Per giurisprudenza pacifica, il concessionario di un bene pubblico comunale non è titolare di alcuna aspettativa alla prosecuzione del rapporto, avendo l’Ente Locale la facoltà di individuare una destinazione più adeguata e idonea alle caratteristiche del bene e alla realizzazione degli interessi generali, e ciò finanche a fronte di una pregressa considerevole durata della concessione.


Il TAR Milano osserva che il riconoscimento legislativo del diritto di proroga integra automaticamente, ai sensi dell’articolo 1374 del codice civile, il rapporto concessorio in essere, limitatamente al profilo della durata, senza richiedere l’intermediazione del potere amministrativo mediante la formulazione di un accordo - come previsto nella diversa fattispecie della rinegoziazione del rapporto concessorio, di cui all’articolo 216, comma 4, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito nella legge 17 luglio 2020, n. 77 - o di un provvedimento costitutivo dell’amministrazione proprietaria dell’impianto sportivo (fattispecie in materia di proroga automatica delle concessioni d’uso degli impianti sportivi, in virtù dei disposti degli artt. 100, comma 1, secondo periodo, del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito nella legge 13 ottobre 2020, n. 126, e dall’art. 16, comma 4, del decreto legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito nella legge 24 febbraio 2023, n. 14, che risponde ad un’esigenza eccezionale, di natura programmatica, che è quella di contrastare gli effetti negativi che l’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha determinato a carico delle associazioni sportive senza scopo di lucro, al fine appunto di favorire il ripristino del loro riequilibrio economico-finanziario, in previsione delle future procedure di affidamento).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1204 del 22 maggio 2023.


Con riguardo ad una procedura per la concessione di beni e servizi, e più nello specifico la concessione d’uso e la gestione di un servizio interno di bar, caffetteria e ristorazione ubicata all’interno di un Conservatorio di Musica, parte ricorrente aveva contestato l’Avviso esplorativo nella parte in cui consente la partecipazione alla gara soltanto a coloro che dimostrino “di non avere debiti o morosità e neppure liti pendenti nei confronti di Amministrazioni Pubbliche a qualsiasi titolo o comunque di provvedere a sanare la propria posizione debitoria entro il termine di scadenza del bando”, ritenendolo nullo per violazione dell’art. 83, comma 8, del D.Lgs. n. 50 del 2016, rientrando tale prescrizione nella categoria dei requisiti di ordine generale non previsti dalla legge e la cui introduzione in sede di lex specialis non risulterebbe ammessa.

Tale conclusione non è condivisa dal TAR Milano il quale ritiene di aderire all’orientamento del Consiglio di Stato, secondo il quale «il principio di tassatività delle cause di esclusione si applica unicamente alle procedure di gara disciplinate dal Codice dei contratti pubblici in via diretta ovvero per autovincolo dell’amministrazione procedente (Cons. Stato, V, 9 giugno 2015, n. 2839); allo stato, il vigente Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 50/2016 stabilisce all’art. 164 comma 2 che “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione”; la norma di attuale riferimento della questione individua dunque la normativa applicabile alle procedure di aggiudicazione delle concessioni tramite un rinvio per “temi” e non per articoli, e postula altresì l’espressione di un giudizio di compatibilità della relativa disciplina con l’oggetto di regolazione tramite rinvio» (Consiglio di Stato, V, 17 maggio 2022, n. 3861).

Di conseguenza, secondo il TAR:
<<non è possibile applicare, de plano, alle concessioni di beni pubblici o di servizi l’art. 83, comma 8, considerato che si è al cospetto di una figura peculiare attraverso la quale si determina «l’assunzione in capo all’affidatario del rischio operativo legato alla sua gestione [art. 3 comma 1 lettera zz) e art. 165 comma 1 Codice contratti; Cons. Stato, III, 3 agosto 2020, n. 4910; 18 giugno 2020, n. 3905; VI, ordinanza 6 dicembre 2019, n. 6073; V, 28 marzo 2019, n. 2065; III, 11 gennaio 2018, n. 127; VI, 16 luglio 2015, n. 3571; 14 ottobre 2014, n. 5065], nell’ambito dell’equilibrio economico finanziario proprio dell’istituto [art. 3 comma 1 lett. fff) e art. 165 comma 2 Codice contratti].
Agli espressi fini del raggiungimento di tale equilibrio, l’art. 165 comma 2 del Codice contratti prevede, tra altro, che l’amministrazione aggiudicatrice possa stabilire in sede di gara “un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili. Il contributo, se funzionale al mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario, può essere riconosciuto mediante diritti di godimento su beni immobili nella disponibilità dell’amministrazione aggiudicatrice la cui utilizzazione sia strumentale e tecnicamente connessa all’opera affidata in concessione”.
Indi, accanto all’affidamento del servizio, l’amministrazione può concedere l’utilizzo dei beni necessari all’esercizio dell’attività, così integrando anche una concessione di bene pubblico (C.G.A.R.S., 24 marzo 2021, n. 247).
A sua volta, l’art. 172 comma 1 del Codice contratti, nel disporre in linea generale le regole di selezione e valutazione qualitativa degli aspiranti concessionari, prevede che le stazioni appaltanti verifichino le condizioni di partecipazione anche sotto il profilo della loro “capacità finanziaria ed economica” e ciò “sulla base di certificazioni, autocertificazioni o attestati che devono essere presentati come prova”.
Si tratta di una potestà non illimitata: l’art. 172 comma 1, con una disposizione non dissimile a quella dettata dal precedente art. 83 comma 2 per i contratti di appalto, stabilisce che “Le condizioni di partecipazione sono correlate e proporzionali alla necessità di garantire la capacità del concessionario di eseguire la concessione, tenendo conto dell’oggetto della concessione e dell’obiettivo di assicurare la concorrenza effettiva”» (Consiglio di Stato, V, 17 maggio 2022, n. 3861).
Tenuto conto che la prescrizione di cui al punto 5.5 dell’Avviso pubblico è inserita nell’ambito di una lex specialis che non si è vincolata in linea generale all’applicazione delle norme del Codice dei contratti pubblici, e avendo la Stazione appaltante ritenuto di procedere alla verifica dell’affidabilità dei partecipanti alla gara non solo da un punto di vista formale, ma anche sostanziale, attraverso un accertamento della capacità finanziaria ed economica dei partecipanti alla procedura, ne risulta un diretto collegamento con l’oggetto dell’affidamento, costituito dalla cessione (anche) di un bene pubblico, a fronte del pagamento di un canone predeterminato. Ciò risulta coerente con la previsione di cui all’art. 172, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, secondo la quale è assolutamente proporzionato pertinente all’oggetto della concessione procedere a una verifica delle capacità dell’operatore economico di gestire la predetta concessione, unitamente alla sua affidabilità e integrità.
Ne risulta l’inapplicabilità del disposto di cui all’art. 83, comma 8, del D. Lgs. n. 50 del 2016 alla procedura de qua.>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 538 del 2 marzo 2023.


Il TAR Milano, con riferimento a immobile appartenente al patrimonio disponibile di un Comune e quindi assoggettato alla disciplina privatistica, fra cui quella contenuta nella legge n. 392 del 1978 che regola la locazione degli immobili urbani, osserva:
<<Come noto, questa legge stabilisce, all’art. 40, commi 1 e 3, che, in caso di nuova locazione, spetta al conduttore un diritto di prelazione, diritto che si esercita offrendo al locatore condizioni uguali a quelle che quest’ultimo ha ricevuto da terzi interessati a prendere in locazione l’immobile.
Come si vede, questa disposizione non vieta al locatore di avviare trattative con terzi, ma impone soltanto allo stesso locatore di comunicare al conduttore le offerte che i terzi hanno formulato affinché quest’ultimo possa eventualmente farle proprie esercitando così il suo diritto di prelazione.
Già da questa considerazione, si ricava che l’avvio di una procedura di gara finalizzata alla locazione di un immobile in precedenza già locato non è illegittimo per violazione del ridetto art. 40 della legge n. 392 del 1978. Va infatti osservato che le procedure disciplinate dalla normativa pubblicistica seguite dall’amministrazione pubblica per selezionare i propri contraenti non sono altro, se osservate dal punto di vista privatistico, che vere e proprie trattative contrattuali (si veda in proposito la giurisprudenza sviluppatasi in materia di responsabilità precontrattuale, fra cui ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 20 febbraio 2014, n.790). La sussistenza di un precedente contratto di locazione non impedisce dunque l’avvio di una procedura di gara, ma obbliga soltanto l’Amministrazione, sempreché vi siano tutti i presupposti previsti dall’art. 40 della legge n. 392 del 1978, a comunicare la migliore offerta al precedente conduttore, affinché quest’ultimo, adeguandovisi, possa esercitare il diritto di prelazione. L’eventuale concreta lesione di questo diritto, inoltre, non trova rimedio nell’annullamento degli atti di gara, che non possono considerarsi illegittimi per la violazione di un obbligo privatistico facente capo all’Amministrazione, ma attraverso gli ordinari rimedi propri del diritto civile.
Omissis
Né si può ritenere che il conduttore possa far valere l’illegittimità degli atti di gara in quanto in essi non è stato inserito l’avviso che, una volta conclusa la procedura, egli ha la possibilità di esercitare il diritto di prelazione. Il mancato avviso, infatti, non lede la posizione del precedente conduttore, il quale potrà sempre esercitare il suo diritto, ma quella dei partecipanti alla gara che potrebbero essere coinvolti, qualora il diritto di prelazione venga poi effettivamente esercitato, in trattative inutili. 
E' inoltre dubbio che tale omissione costituisca causa di illegittimità, dovendosi piuttosto ritenere che essa costituisca illecito precontrattuale, con conseguente possibilità per l’aggiudicatario di chiedere il risarcimento del danno all’amministrazione. >>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 281 del 7 febbraio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano, in un giudizio volto all’accertamento della sussistenza di un inadempimento contrattuale di un Comune per aver violato una clausola di concessione avente ad oggetto la realizzazione di un centro balneare estivo che riconosceva al concessionario la prelazione per un eventuale rinnovo, osserva:
<< Secondo parte resistente, in relazione alla natura di bene pubblico indisponibile del centro sportivo, la ricorrente non poteva ottenere il rinnovo della concessione, in accordo con i principi dell’ordinamento comunitario e con la L.R. n. 27/2006, potendo lo stesso essere affidato in gestione a terzi esclusivamente previa procedura ad evidenza pubblica.
Sul punto, il Collegio dà atto che, in linea generale, il debitore non è liberato dalla sua obbligazione a fronte di qualsiasi divieto, essendo ugualmente tenuto all’adempimento qualora lo stesso fosse ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all'atto dell’assunzione, ovvero, rispetto al quale, non abbia sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza o il rifiuto della pubblica autorità.
Nel caso di specie, il Comune non può tuttavia che disapplicare le disposizioni contrattuali che prevedono la proroga automatica della concessione, per contrasto con i principi eurounitari, dovendo infatti procedere all’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica (C.S., Sez. VI, 18.11.2019, n. 7874), non essendo inoltre il divieto di rinnovo conoscibile al momento della loro approvazione.
Il ricorso va pertanto respinto, ricorrendo l’impossibilità di eseguire la prestazione, e l’assenza di colpa del debitore, riguardo alla determinazione dell'evento che l’ha determinata, ciò che, secondo la previsione degli art. 1218 e 1256 c.c., dà luogo alla sua liberazione.
Per quanto concerne la richiesta di indennizzo ... lo stesso potrebbe essere riconosciuto, quale alternativa al rinnovo della concessione, solo se quest’ultimo fosse ammissibile, laddove invece, essendo la clausola contrattuale che lo prevede tamquam non esset, non può essere riconosciuta alla società ricorrente alcuna indennità, né un risarcimento danni>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 415 del 15 febbraio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano: 
«la trattativa privata per l’assegnazione di un bene per il quale il mercato, regolarmente consultato con una procedura ad evidenza pubblica, non ha mostrato un concreto interesse, non contrasta con i principi di economicità e di efficacia dell’azione amministrativa, in quanto l’affidamento senza gara, a condizioni pari alla base d’asta individuata nel bando, consente all’Amministrazione di ritrarre dal bene la giusta remuneratività.
La trattativa privata non si pone in contrasto neppure con i principi di imparzialità e di parità di trattamento, in quanto il confronto concorrenziale risultava già assicurato dall’indizione della gara andata deserta.
Pertanto la scelta del Comune di procedere a trattativa privata con un operatore economico, in luogo di indire una nuova procedura di evidenza pubblica con una base d’asta deprezzata, è legittima e conforme all’interesse pubblico di ritrarre dall’affidamento del bene la massima redditività senza rinunciare alla sua valorizzazione».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2595 del 24 dicembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia ritiene legittima una delibera comunale con la quale si stabilisce che, per ottenere la concessione e l’utilizzo di spazi pubblici da parte dei privati, è obbligatorio allegare alla domanda una dichiarazione esplicita che contenga, oltre a una pluralità di impegni del richiedente, l’affermazione “di riconoscersi nei principi e nelle norme della Costituzione italiana e di ripudiare il fascismo e il nazismo”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 166 del 26 febbraio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano, a fronte di un ricorso rivolto avverso il bando per l’assegnazione in concessione d’uso di una unità commerciale ubicata in Milano, nella Galleria Vittorio Emanuele II, con cui si lamenta che, rispetto alle linee di indirizzo stabilite dalla Giunta comunale, sarebbe illogica la scelta, cristallizzata nella lex specialis, di privilegiare con appena dieci punti l’opzione in favore della vendita di prodotti italiani (punti venti) rispetto alla vendita di prodotti stranieri (punti dieci), perché il vantaggio attribuito alla scelta del bene italiano pesa solo per 1/6 del totale del punteggio tecnico e dunque non esprimerebbe alcun reale vantaggio, così si pronuncia:
- ritiene legittima la suddetta previsione che - coerentemente con le previsioni di una delibera di Giunta comunale che precisa che “Gli elementi di valutazione dell’offerta tecnica devono tener conto della specifica ubicazione del negozio: infatti si tratta di uno spazio posto nel luogo più rappresentativo della città dove l’interesse dell’amministrazione comunale è innanzitutto che gli spazi commerciali siano altamente qualificati ed in secondo luogo che tale sito possa anche essere una vetrina dell’eccellenza italiana” - prevede l’attribuzione nella suddetta misura di un maggior punteggio per l’offerta di marchi italiani rispetto a quello previsto per l’offerta di marchi non italiani, così valorizzando la specificità dei primi rispetto ai secondi;
- precisa che il criterio del favor per i marchi italiani, come declinato nella lex specialis, non può ritenersi irragionevole, tenuto conto che la valorizzazione dei prodotti nazionali deve essere contemperata con l’esigenza di salvaguardare le regole della concorrenza di derivazione eurounitaria.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2213 del 23 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il Consiglio di Stato ricorda che le concessioni di beni pubblici sono ricondotte dalla Corte di Giustizia UE alle locazioni di beni immobili (Corte di Giustizia UE, 25 ottobre 2007, in causa C-174/06), e sono espressamente escluse dall'ambito di applicabilità delle concessioni di servizi (cfr. il 15° considerando della Dir. 2014/23/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione), salva l'applicazione dei princìpi generali in materia di contratti pubblici.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 4795 del 9 luglio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, anche in una gara per l’affidamento in concessione di beni e non di servizi o di lavori – in relazione alla quale non vi è applicazione diretta del D.Lgs. 50/2016 – parimenti devono necessariamente trovare applicazione i principi di pubblicità e di trasparenza dell’azione amministrativa (cfr. l’art. 1 della legge 241/1990), nel rispetto della norma costituzionale (art. 97 della Costituzione) sul buon andamento e sull’imparzialità dell’amministrazione e dell’art. 41 della Carta di Nizza dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sul diritto del cittadino “ad una buona amministrazione”; tali esigenze di trasparenza non possono limitarsi alla pubblicazione del bando di gara e degli atti di conclusione della gara stessa, ma impongono lo svolgimento trasparente della procedura e quindi l’apertura in seduta pubblica dei plichi contenenti la documentazione necessaria per l’attribuzione del punteggio tecnico/qualitativo ai partecipanti alla gara.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 840 del 15 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.