La scelta operata dall’amministrazione appaltante relativamente ai criteri di valutazione delle offerte, ivi compreso il peso da attribuire ai singoli elementi, specificati nella lex specialis, e anche la disaggregazione eventuale del singolo criterio valutativo in sub-criteri, è espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l’interesse pubblico e, come tale, è sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed intellegibili, non consentendo ai concorrenti di calibrare la propria offerta.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2870 del 20 agosto 2025


Il TAR Milano ricorda che l’art. 95, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che, qualora la stazione appaltante decida di far ricorso al criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la stessa deve indicare nella lex specialis di gara <<…i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi [...]. Per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti, ove necessario, sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi>>. Questa norma ha l’evidente finalità di assicurare il rispetto del principio di trasparenza mediante l’imposizione, in capo alla stazione appaltante, dell’obbligo di predisposizione preventiva di una griglia di valutazione che dovrà essere applicata dalla commissione di gara ai fini dell’attribuzione del punteggio tecnico alle singole offerte. La griglia di valutazione deve, come visto, indicare gli elementi ponderali che dovranno essere valutati al fine di stabilire quale sia il pregio tecnico dell’offerta e, per ogni elemento ponderale, deve essere stabilito il punteggio ad esso attribuibile. La disposizione precisa peraltro che, qualora ritenuto necessario, la stazione appaltante può procedere alla disaggregazione di ciascun criterio, individuando sub-criteri ai quali deve essere collegato il relativo punteggio. A questo proposito, la scelta operata dall’amministrazione appaltante di procedere alla disaggregazione eventuale del singolo criterio valutativo in sub-criteri è espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l'interesse pubblico; come tale è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole e irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed intellegibili.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1353 del 6 maggio 2024



Il TAR Milano, con riferimento alla commistione fra criteri soggettivi di prequalificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell'offerta, precisa che:
In base a quanto previsto nell’art. 36 del Codice dei Contratti, l'affidamento e l'esecuzione di servizi di importo inferiore alle soglie comunitarie, deve infatti avvenire, tra l’altro, nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, e di pubblicità, nel cui ambito, va ricompreso anche il divieto di commistione fra criteri soggettivi di prequalificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell'offerta (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 6.3.2017, n. 1293).
IV.2) Sul punto, il Collegio intende evidenziare come detto divieto non debba essere applicato in modo meccanicistico, dovendosi infatti temperarne la portata qualora determinati requisiti di partecipazione, pur se attinenti alle caratteristiche soggettive dell’offerente, siano tuttavia idonei ad essere apprezzati quale garanzia della prestazione del servizio, in quanto incidenti sulle modalità esecutive dello stesso, e quindi, come parametro idoneo ad esprimere talune caratteristiche oggettive dell'offerta (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 5.12.2011, n. 1842).
In particolare, il divieto di commistione fra i criteri soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell'offerta, non risulta eluso o violato allorché gli aspetti soggettivi non siano destinati ad essere apprezzati in quanto tali, in modo avulso dal contesto dell'offerta, quanto invece, quale garanzia della prestazione del servizio, secondo le modalità prospettate, e quindi, come parametro afferente le sue caratteristiche oggettive (T.A.R. Campania, Napoli, n.1293/17 cit.)”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 593 del 3 aprile 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, a fronte di un ricorso rivolto avverso il bando per l’assegnazione in concessione d’uso di una unità commerciale ubicata in Milano, nella Galleria Vittorio Emanuele II, con cui si lamenta che, rispetto alle linee di indirizzo stabilite dalla Giunta comunale, sarebbe illogica la scelta, cristallizzata nella lex specialis, di privilegiare con appena dieci punti l’opzione in favore della vendita di prodotti italiani (punti venti) rispetto alla vendita di prodotti stranieri (punti dieci), perché il vantaggio attribuito alla scelta del bene italiano pesa solo per 1/6 del totale del punteggio tecnico e dunque non esprimerebbe alcun reale vantaggio, così si pronuncia:
- ritiene legittima la suddetta previsione che - coerentemente con le previsioni di una delibera di Giunta comunale che precisa che “Gli elementi di valutazione dell’offerta tecnica devono tener conto della specifica ubicazione del negozio: infatti si tratta di uno spazio posto nel luogo più rappresentativo della città dove l’interesse dell’amministrazione comunale è innanzitutto che gli spazi commerciali siano altamente qualificati ed in secondo luogo che tale sito possa anche essere una vetrina dell’eccellenza italiana” - prevede l’attribuzione nella suddetta misura di un maggior punteggio per l’offerta di marchi italiani rispetto a quello previsto per l’offerta di marchi non italiani, così valorizzando la specificità dei primi rispetto ai secondi;
- precisa che il criterio del favor per i marchi italiani, come declinato nella lex specialis, non può ritenersi irragionevole, tenuto conto che la valorizzazione dei prodotti nazionali deve essere contemperata con l’esigenza di salvaguardare le regole della concorrenza di derivazione eurounitaria.

TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2213 del 23 ottobre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano condivide l’orientamento della giurisprudenza secondo il quale il divieto di commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione e requisiti oggettivi di valutazione delle offerte deve essere applicato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza, non potendo negarsi la legittimità di criteri di valutazione che possano premiare le caratteristiche organizzative dell’impresa sotto il profilo ambientale, così come sotto i profili della tutela dei lavoratori e delle popolazioni interessate e della non discriminazione, al fine di valorizzare la compatibilità e sostenibilità ambientale della filiera produttiva e distributiva dei prodotti che costituiscono, comunque, l’oggetto dell’appalto.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2214 del 23 ottobre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che principio generale regolatore delle gare pubbliche è quello che vieta la commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione; detto principio si correla all’esigenza di aprire il mercato, premiando le offerte più competitive ove presentate da imprese comunque affidabili, unitamente al canone di par condicio, che osta ad asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo; la composizione dei due principi trova supporto logico e giuridico proprio nella necessaria distinzione tra i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara, che attengono all’operatore, e i criteri di valutazione, che invece attengono all’offerta e all’aggiudicazione; non solo, il principio si pone anche a tutela delle capacità competitive delle piccole e medie imprese che presentano un profilo esperienziale meno marcato ed è la stessa esigenza cui tende il legislatore laddove prevede – nell’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016 - tra i criteri di selezione utilizzabili, “l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello di esecuzione dell’appalto”.
Aggiunge il TAR Milano che il problema della commistione tra i due parametri sorge perché la distinzione tra canone oggettivo di valutazione dell’offerta e requisito soggettivo del competitore, seppure chiara sul piano teorico, può diventare ardua sul piano concreto, stante la potenziale idoneità dei profili di organizzazione soggettiva a riverberarsi sull’affidabilità e sull’efficienza dell’offerta, ossia sulle modalità di esecuzione della prestazione contrattualmente dovuta; al riguardo, la giurisprudenza precisa che il divieto di commistione fra criteri soggettivi e oggettivi, afferenti alla valutazione dell’offerta, non è eluso solo quando gli aspetti organizzativi o le professionalità risultanti dal curriculum dell’operatore sono destinati ad essere apprezzati quale garanzia della migliore esecuzione della specifica prestazione richiesta, sicché integrano dei parametri afferenti alle caratteristiche oggettive dell'offerta; il parametro cui ancorare la valutazione della sussistenza di tale diretto riflesso di un requisito soggettivo sul contenuto della prestazione è l’oggetto del contratto da aggiudicare, proprio perché la norma di riferimento individua quali validi criteri di valutazione dell’offerta solo quelli pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1928 del 28 agosto 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.