La piscina è una struttura di tipo edilizio che incide con opere invasive sul sito in cui viene realizzata, perciò configura una nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001 e non una pertinenza urbanistica del fabbricato residenziale; la piscina, infatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, poiché, sul piano funzionale, non è necessariamente complementare all'uso delle abitazioni e non costituisce sempre una mera attrezzatura per lo svago alla stessa stregua di un dondolo o di uno scivolo installati nei giardini.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1351 del 15 aprile 2025


La nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarità sue proprie che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera preordinata ad un'oggettiva esigenza di un edificio principale, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede. Il durevole rapporto di subordinazione deve instaurarsi con una costruzione preesistente e la relazione con detta costruzione deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalità funzionale).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1019 del 24 marzo 2025


La disposizione di cui all’art. 3, comma 1, lett. e.6) del D.P.R. n. 380/2001 non qualifica come pertinenza ogni opera che abbia un volume inferiore al 20% di quello dell’edificio principale, poiché una simile interpretazione rischierebbe di sottrarre al regime autorizzatorio opere che, pur rientrando nei predetti parametri normativi, sono comunque significative quanto a dimensione siccome rapportate a edifici di grande estensione e che hanno propria autonomia funzionale o di impiego, tale da concorrere all’aumento del carico urbanistico. La norma, al contrario, stabilisce che anche opere di natura dichiaratamente pertinenziale – che tali cioè siano su un piano fisico e funzionale – sono comunque considerate, ai fini edilizi, come nuove costruzioni laddove presentino rilevanti dimensioni. Pertanto, per escludere che un manufatto sia qualificabile come opera di nuova costruzione è necessario che questo abbia prima ed ex se natura pertinenziale, sulla scorta dei criteri identificativi all’uopo elaborati dalla giurisprudenza, e poi che presenti anche una dimensione inferiore al 20% del volume del fabbricato cui accede.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 454 del 11 febbraio 2025


Secondo il TAR Milano, le opere realizzate senza autorizzazione all’interno di un territorio protetto, anche se astrattamente riconducibili al concetto di pertinenza, debbono comunque sottostare alle misure ripristinatorie e di reintegro ambientale di cui agli artt. 167 e 181 del D.Lgs. n. 42 del 2004: difatti, ove gli illeciti edilizi ricadano in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, stante l’alterazione dell’aspetto esteriore, gli stessi risultano soggetti alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, con la conseguenza che, quand’anche si ritenessero le opere pertinenziali o precarie e, quindi, assentibili con mera DIA, l’applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3093 del 11 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda in generale che, per la giurisprudenza, la piscina, a differenza di altri manufatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non è necessariamente complementare all'uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto dà luogo ad una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione e postula, pertanto, il previo rilascio dell'idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire. Nella fattispecie oggetto di giudizio il TAR esclude la natura di pertinenza urbanistica di una piscina per le sue dimensioni (una porzione pari a 10,10 metri per 6,10 metri cui si somma una porzione che misura 1,95 metri per 4,65 metri, con una profondità pari a 1,20 m.), per le caratteristiche costruttive che hanno portato ad un’alterazione significativa dell’assetto del territorio (la vasca è costituita una struttura in acciaio zincato imbullonato rivestito con pannello in cartongesso che sporge dalla quota del terreno per 0,65 metri) e per l’autonomia funzionale rispetto al fabbricato di proprietà dei ricorrenti, stante l’utilizzo di un’area diversa e ulteriore rispetto a quella occupata dall’abitazione, da cui è separata da una strada pubblica, e dotata di un accesso diretto e indipendente.


TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1992 del 27 giugno 2024


Il TAR Milano richiama la consolidata giurisprudenza, secondo la quale lo strumento urbanistico, proprio per le sue caratteristiche di strumento di pianificazione e delle sua possibilità di utilizzo, nel disporre le future conformazioni del territorio, considera le sole “aree libere”, tali dovendosi ritenere quelle “disponibili” al momento della pianificazione, e ancor più precisamente quelle che non risultano già edificate (in quanto costituenti aree di sedime di fabbricati o utilizzate per opere di urbanizzazione), ovvero quelle che, nel rispetto degli standard urbanistici, risultano comunque già utilizzate per l’edificazione (in quanto asservite alla realizzazione di fabbricati, onde consentirne lo sviluppo volumetrico). D’altra parte, diversamente opinando, ogni nuova pianificazione risulterebbe del tutto scollegata dalla precedente, potendo da questa prescindere, e di volta in volta riguarderebbe, senza alcuna contestualizzazione storica, una parte sempre più esigua del territorio comunale (cioè quella non ancora occupata da immobili e manufatti), valutata ex novo. In tal modo, la pianificazione urbanistica si ridurrebbe a considerare il territorio solo nella sua mera possibilità di edificazione, in quanto non ostacolata da presenze materiali, e non già come un bene da conformare per il migliore sviluppo della comunità, salvaguardando i diritti costituzionalmente garantiti degli individui che su di esso vivono ed operano. Quanto sin qui esposto, comporta che l’eventuale modificazione del piano regolatore, che prevede nuovi e più favorevoli indici di fabbricazione, non può che interessare, nell’ambito della zona del territorio considerata dallo strumento urbanistico, se non le sole aree libere, nel senso sopra precisato, con esclusione, quindi, di tutte le aree comunque già utilizzate a scopo edificatorio, ancorché le stesse si presentino “fisicamente” libere da immobili.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 194 del 23 gennaio 2023.


Il TAR Milano, dopo aver ricordato che l'art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 enuclea gli interventi che costituiscono la c.d. "attività edilizia libera" e tra di essi, alla lettera e-quinquies (introdotta dal decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222), "gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici", ricorda che:
<<4.4. Per qualificare correttamente le opere realizzate dalla ricorrente, è necessario richiamare il concetto di pertinenza rilevante a fini urbanistici. Secondo giurisprudenza pacifica, l’accezione civilistica di pertinenza è più ampia di quella applicata nella materia urbanistico-edilizia. In particolare, si è affermato che: "i) "la pertinenza urbanistico-edilizia è configurabile allorquando sussista un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e sussista una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa in cui esso inerisce"; ii) «a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche allorquando è sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto "carico urbanistico" proprio in quanto esauriscono la loro finalità nel rapporto funzionale con l'edificio principale"» (così Cons. St., sez. VI, 26 aprile 2021, n. 3318; cfr., per una fattispecie analoga alla presente, Tar Lazio, Roma, Sez. II, 19 novembre 2021, n. 11976).>>

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 105 del 9 gennaio 2023.


Il TAR Brescia osserva che:
<<le pertinenze debbono presentare, per essere qualificate come tali, alcune caratteristiche oggettive fondamentali, quali la mancanza di autonomia rispetto alla costruzione considerata, il carattere necessariamente oggettivo della specifica destinazione, il rapporto di durevole subordinazione con la preesistente costruzione, la relazione di strumentalità e complementarietà funzionale, le dimensioni necessariamente contenute della pertinenza. Preliminarmente, peraltro, è “necessaria la presenza del requisito soggettivo dell'appartenenza di entrambi i beni al medesimo soggetto…” (T.A.R. Puglia Bari Sez. III Sent., 19/06/2008, n. 1524)>>.
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 757 del 19 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il Consiglio di Stato ribadisce il consolidato indirizzo giurisprudenziale per la quale «occorre “il titolo edilizio per la realizzazione di nuovi manufatti, quand’anche sotto il profilo civilistico essi si possano qualificare come pertinenze” in quanto “la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica” (Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 2019, n. 4693; cfr. anche Cons. St., Sez. VI, 17 maggio 2017, n. 2348; Sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 19; Sez. VI, 24 luglio 2014, n. 3952; Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 817; Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615)».

Consiglio di Stato, Sez. II, n. 6020 del 9 ottobre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il Consiglio di Stato rimarca che occorre il titolo edilizio per la realizzazione di nuovi manufatti, quand'anche sotto il profilo civilistico essi si possano qualificare come pertinenze; la nozione civilistica di pertinenza differisce da quella a fini urbanistico / edilizi; la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto a opere di modesta entità e accessorie rispetto a un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici “et similia”, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, di tal che ne risulti possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica; a differenza della nozione civilistica di pertinenza, ai fini edilizi un manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma è anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non incide sul "carico urbanistico" mediante la creazione di un "nuovo volume"; nell'ordinamento statale, infatti, vige il principio generale per il quale occorre il rilascio della concessione edilizia (o del titolo avente efficacia equivalente) quando si tratti di un "manufatto edilizio"; fatta salva una diversa normativa regionale o comunale, ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un'area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera come, ad esempio, una tettoia, che ne alteri la sagoma (nella fattispecie, il carattere pertinenziale dell’opera è stato escluso in ragione del fatto che si trattava di una struttura di dimensioni di entità tali - circa 345 mq - da arrecare una visibile alterazione all'edificio o alle parti dello stesso su cui era stata inserita).

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 904 del 6 febbraio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ribadisce che la qualifica di pertinenza urbanistico-edilizia è applicabile soltanto a opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzano per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non sono coessenziali alla stessa, sì da risultarne possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica; a differenza della nozione civilistica di pertinenza, ai fini urbanistico - edilizi un manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato a una esigenza oggettiva dell'edificio principale ed è inserito funzionalmente al suo servizio, ma è anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non incidente sul "carico urbanistico" mediante la creazione di un "nuovo volume".

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2488 del 5 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che il concetto di pertinenza urbanistica non coincide con il concetto di pertinenza civile: ai fini edilizio-urbanistici è, infatti, pertinenza il manufatto privo di autonoma destinazione e di autonomo valore, che non incide sul carico urbanistico, che presenta ridotte dimensioni e che non altera in modo significativo l’assetto del territorio; tale non è sicuramente una piscina interrata, sia per gli importanti lavori di scavo che la sua realizzazione comporta (nel caso di specie, la vasca ha dimensioni di m. 14,70 x 7,00, è di forma semicircolare con diametro di m. 2,60 e ha profondità che va da un minimo di m. 1,50 a un massimo di m. 1,80), sia perché non è elemento necessario ai fino del completamento di un’unità immobiliare avente destinazione residenziale.
Aggiunge il TAR Milano che, in quanto nuova costruzione, non solo la realizzazione di una piscina interrata presuppone il rilascio del permesso di costruire, ma, ove inserita in un contesto vincolato essa è anche insuscettibile di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, posto che la sanatoria prevista del comma 4 dell’articolo 167 del D.Lgs. n. 42/2004 non si applica in ipotesi di aumento del volume o delle superfici utili.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1962 del 7 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ripercorre lo stato della giurisprudenza sulle pertinenze e sulle opere precarie e ritiene che una tettoia di dimensioni pari a metri 3,90 x 17,60 c.a., a singola falda con altezza in gronda di metri 2,35 ed il colmo di metri 2,45 ca., con copertura in eternit, pavimentata per mt. 8,40 con piastrelle sia un’opera di dimensione tali da poter chiaramente escluderne la modesta entità e, inoltre, priva di carattere di precarietà in quanto destinata a dare al costruttore una utilità prolungata e, come tale, riconducibile alla nozione di costruzioni e, per questo, necessitante di titolo edilizio.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 899 del 4 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In una precedente decisione il TAR Milano afferma che ad una costruzione chiusa su tutti i lati, con pareti in ferro e vetro, non può essere riconosciuto carattere precario, e ciò a prescindere da un suo eventuale utilizzo solo stagionale, in quanto le caratteristiche della struttura ne consentono di per sé un impiego continuativo (nella fattispecie si trattava di una struttura in ferro e vetro tipo veranda, a ridosso del muro perimetrale, con una superficie di circa 53 mq, un'altezza media all'estradosso di circa 3,50 m ed un volume vuoto per pieno di circa 185,50 mc.).


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 808 del 27 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Tar Milano ribadisce che i manufatti funzionali a soddisfare esigenze stabili nel tempo vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la potenziale rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie; la precarietà dell’opera, che esonera dall’obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo (nella fattispecie il manufatto considerato non precario era una casa mobile destinata a un utilizzo protratto nel tempo); aggiunge, poi, il TAR che nemmeno si potrebbe ritenere il manufatto in questione una semplice pertinenza, tenuto conto delle dimensioni dello stesso (una superficie di circa 80 mq, per un’altezza variabile da un minimo di 2,83 m. a un massimo di 3,58 m.) e considerato che in materia edilizia sono qualificabili come pertinenze solo le opere che siano prive di autonoma destinazione e che esauriscano la loro destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 354 del 7 febbraio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ritorna sul concetto di pertinenza e riafferma che quello previsto dal diritto civile va distinto dal concetto più ristretto di pertinenza in senso urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime del permesso di costruire; in materia edilizia sono qualificabili come pertinenze solo le opere prive di autonoma destinazione e che esauriscano la loro destinazione d'uso nel rapporto funzionale con l'edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1572 del 10 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ribadisce la propria giurisprudenza sulla nozione di pertinenza urbanistica e rimarca: 

  • occorre il titolo edilizio per la realizzazione di nuovi manufatti, quand’anche sotto il profilo civilistico essi si possano qualificare come pertinenze;
  • la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica;
  • nell’ordinamento statale vi è il principio generale per il quale occorre il rilascio della concessione edilizia (o del titolo avente efficacia equivalente) quando si tratti di un manufatto edilizio;
  • salva una diversa normativa regionale o comunale, ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera, come una tettoia, che ne alteri la sagoma;
  • il testo unico dell'edilizia attribuisce rilevanza urbanistica ed edilizia alle pertinenze, ammettendo all’art. 3, comma 1, lett. e.6), che specifiche regole siano contenute nelle norme tecniche degli strumenti urbanistici.

La sentenza della Sesta Sezione del Consiglio di Stato n. 2348 del 17 maggio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, dopo aver rammentato che l’art. 817 cod. civ. definisce pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio ovvero ad ornamento di un’altra cosa, ribadisce che:
  • la nozione di pertinenza accolta dalla giurisprudenza amministrativa è meno ampia di quella civilistica; infatti, detta giurisprudenza è generalmente orientata a ritenere che gli elementi che caratterizzano le pertinenze siano, da un lato, l’esiguità quantitativa del manufatto, nel senso che il medesimo deve essere di entità tale da non alterare in modo rilevante l’assetto del territorio, dall'altro, l’esistenza di un collegamento funzionale tra tali opere e la cosa principale, con la conseguente incapacità per le medesime di essere utilizzate separatamente ed autonomamente;
  • un’opera può definirsi accessoria rispetto a un'altra, da considerarsi principale, solo quando la prima sia parte integrante della seconda, in modo da non potersi le due cose separare senza che ne derivi l'alterazione dell'essenza e della funzione dell'insieme; tale vincolo di accessorietà deve desumersi dal rapporto oggettivo esistente fra le due cose e non dalla semplice utilità che da una di esse possa ricavare colui che abbia la disponibilità di entrambe.

In assenza di tale caratteristiche, va negata la natura pertinenziale all'opera, che, per l’effetto, va considerata invece come intervento che implica una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio per il quale occorre conseguire il permesso di costruire.

Il testo della sentenza n. 19 del 4 gennaio 2016 della Sezione Sesta del Consiglio di Stato è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.