Il TAR Milano ricorda che la precarietà di un manufatto, la cui realizzazione non necessita di titolo edilizio, non comportando una trasformazione del territorio, non dipende dalla sua facile rimovibilità, ma dalla temporaneità della funzione, in relazione ad esigenze di natura contingente. La precarietà va, pertanto, esclusa quando si tratta di opere destinate a dare un’utilità prolungata nel tempo (nella fattispecie si trattava di un container, due roulotte e una piscina destinati ad uso abitativo, uso incompatibile con la destinazione agricola dell’area).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2010 del 28 giugno 2024


Il TAR Brescia ricorda che:
<< la giurisprudenza ha chiarito che, in ordine ai requisiti che deve avere un'opera edilizia per essere considerata precaria, possono essere ipotizzati in astratto due criteri discretivi: 1) criterio strutturale, in virtù del quale è precario ciò che non è stabilmente infisso al suolo; 2) il criterio funzionale, in virtù del quale è precario ciò che è destinato a soddisfare un'esigenza temporanea. Per individuare la natura precaria di un'opera si deve seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale, per cui un'opera può anche non essere stabilmente infissa al suolo, ma se essa presenta la caratteristica di essere realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non può beneficiare del regime delle opere precarie. È pertanto necessario un titolo edilizio per la realizzazione di tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale, ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato. Ne consegue che la natura precaria di un manufatto non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo.>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 816 del 30 agosto 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, al fine si deve distinguere tra roulotte e case mobili, che possono permanere nelle stesse piazzole, a campeggio chiuso, per la loro custodia, e manufatti accessori riconducibili al concetto di “preingressi”, che debbono comunque essere smontati a fine di ogni stagione, osserva che:
<<La stabilità di questi ultimi nel tempo ne determina la natura abusiva - venendo meno quella temporaneità che la norma pone come condizione essenziale per ammetterne la realizzazione in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica - e ne legittima l’ordine di rimozione.
Ciò in conformità all’ormai consolidato principio per cui “La ‘precarietà’ dell’opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante” (in tal senso: Cons. Stato, VI, 3 giugno 2014, n. 2842).
Principio che deve, naturalmente, trovare applicazione anche con riferimento alle stesse roulotte e case mobili la cui collocazione all’interno di un’area adibita a campeggio non necessita di alcun titolo edilizio solo nel caso in cui tali mezzi mobili risultino dotati di impianto rotativo funzionante. Solo ricorrendo tale presupposto oggettivo e previo smontaggio dei "preingressi", essi possono, così come affermato nel ricorso, rimanere collocati nelle piazzole anche nel corso della stagione invernale per essere ivi custoditi in forza di un apposito contratto a ciò preordinato.
Ciò che è determinante allo scopo della corretta qualificazione delle strutture adibite al campeggio (siano esse abitazioni mobili o accessori rispetto alle stesse) è, dunque, accertarne quella precarietà che è connaturale a un uso temporaneo e non permanente del manufatto adibito al pernottamento ed è garantita dalla dotazione di un impianto rotante idoneo allo spostamento, ovvero esclusa dalla sua assenza o dalla presenza di strutture adibite a “preingresso” per le loro caratteristiche non destinate alla rimozione alla fine di ogni stagione di utilizzo.>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 944 del 10 novembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia precisa che la facile amovibilità nonché la mancanza di impianto di riscaldamento non costituiscono elementi idonei a conferire a un dehors le caratteristiche di un'opera precaria, ove tale struttura non abbia un utilizzo contingente e limitato nel tempo, ma sia destinata a soddisfare bisogni duraturi e non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della sua funzione; aggiunge il TAR che va esclusa, inoltre, l’asserita valenza puramente pertinenziale del manufatto, in relazione al suo stretto collegamento con l’edificio principale, atteso che, per il suo impatto volumetrico, la veranda attrezzata nella fattispecie esaminata incide significativamente e in modo permanente sull'assetto edilizio dell’enoteca a cui è asservita, del quale amplia la superficie e la volumetria utile, così creando un autonomo organismo edilizio di rilevanti dimensioni, stabilmente destinato ad estensione, in ogni periodo dell’anno, del locale interno, e pertanto, per consistenza e funzione, deve essere qualificato come nuova opera, comportando una rilevante trasformazione edilizia del territorio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 990 del 18 novembre 2019.

La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che in ambito edilizio anche la realizzazione di interventi strutturalmente precari, ma funzionalmente necessari per consentire l’utilizzo non transitorio del bene, vanno preceduti dal rilascio di un titolo idoneo.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1035 del 8 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ripercorre lo stato della giurisprudenza sulle pertinenze e sulle opere precarie e ritiene che una tettoia di dimensioni pari a metri 3,90 x 17,60 c.a., a singola falda con altezza in gronda di metri 2,35 ed il colmo di metri 2,45 ca., con copertura in eternit, pavimentata per mt. 8,40 con piastrelle sia un’opera di dimensione tali da poter chiaramente escluderne la modesta entità e, inoltre, priva di carattere di precarietà in quanto destinata a dare al costruttore una utilità prolungata e, come tale, riconducibile alla nozione di costruzioni e, per questo, necessitante di titolo edilizio.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 899 del 4 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In una precedente decisione il TAR Milano afferma che ad una costruzione chiusa su tutti i lati, con pareti in ferro e vetro, non può essere riconosciuto carattere precario, e ciò a prescindere da un suo eventuale utilizzo solo stagionale, in quanto le caratteristiche della struttura ne consentono di per sé un impiego continuativo (nella fattispecie si trattava di una struttura in ferro e vetro tipo veranda, a ridosso del muro perimetrale, con una superficie di circa 53 mq, un'altezza media all'estradosso di circa 3,50 m ed un volume vuoto per pieno di circa 185,50 mc.).


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 808 del 27 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ribadisce che la chiusura di vani aperti, che determina l'ampliamento della superficie abitabile e un nuovo locale autonomamente utilizzabile, non può essere ascritto né alla categoria della manutenzione straordinaria, né a quella della ristrutturazione, essendo invece qualificabile come intervento di trasformazione urbanistica da ricondursi alla categoria della nuova costruzione, per la realizzazione del quale dev'essere quindi necessariamente ottenuto un titolo edilizio; non è, poi, decisivo il fatto che le nuove strutture non sono realizzate in muratura, ma in materiale facilmente amovibile e smontabile, atteso che per stabilire se il nuovo manufatto abbia il carattere della stabilità piuttosto che quello della amovibilità occorre aver riguardo non già alla tipologia dei materiali utilizzati, ma alla funzione che al manufatto stesso viene conferita dall’utilizzatore; in sostanza, si deve escludere il carattere amovibile qualora le nuove opere siano destinate a soddisfare esigenze non temporanee (nella fattispecie si trattava della realizzazione di una modifica della copertura del fabbricato, con realizzazione di una articolata struttura di metallo posta a sostegno di una tenda retrattile, e dell’installazione di pannelli perimetrali di chiusura posti sui lati della struttura; per il TAR Milano tali opere hanno determinato una completa trasformazione del bene, il quale si caratterizzava prima per essere una spazio semi aperto, seppur coperto da tenda, avente la funzione di andito carraio/pedonale non destinato alla permanenza di persone, e si caratterizza ora invece per essere uno spazio chiuso idoneo alla permanenza di persone, che determina un ampliamento del locale utilizzato dal ricorrente per l’esercizio della propria attività commerciale).


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 683 del 9 marzo 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ritiene che le  opere realizzate sotto il livello delle acque e non sulle sponde del lago non sono soggette ad autorizzazione paesaggistica; aggiunge il TAR Milano che, benché la realizzazione o collocazione di strutture anche precarie su area sottoposta a vincolo paesaggistico necessita di preventiva autorizzazione paesaggistica, a diverso risultato si deve invece giungere nel caso in cui la precarietà sia legata allo stato di cantiere in cui si trovano le opere, in cui alla precarietà si aggiunge l’impossibilità di utilizzo e la chiusura dell’area, perché in tal caso l’impatto paesaggistico è dato non tanto dalle opere realizzate nel cantiere, ma dal cantiere stesso, per cui le opere precarie realizzate al suo interno e da questo coperte diventano paesaggisticamente irrilevanti (fattispecie relativa ai lavori interessanti il lungo lago di Como).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 581 del 28 febbraio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Tar Milano ribadisce che i manufatti funzionali a soddisfare esigenze stabili nel tempo vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la potenziale rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie; la precarietà dell’opera, che esonera dall’obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo (nella fattispecie il manufatto considerato non precario era una casa mobile destinata a un utilizzo protratto nel tempo); aggiunge, poi, il TAR che nemmeno si potrebbe ritenere il manufatto in questione una semplice pertinenza, tenuto conto delle dimensioni dello stesso (una superficie di circa 80 mq, per un’altezza variabile da un minimo di 2,83 m. a un massimo di 3,58 m.) e considerato che in materia edilizia sono qualificabili come pertinenze solo le opere che siano prive di autonoma destinazione e che esauriscano la loro destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 354 del 7 febbraio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ritiene che delle strutture metalliche destinate all’esposizione e al deposito della merce in vendita all’interno di un’area adibita alla vendita all’ingrosso e al dettaglio dei prodotti per l’edilizia e al ricevimento e allo stoccaggio delle merci siano nuove costruzioni ai fini edilizi; il TAR precisa che la trasformazione del suolo inedificato debba essere intesa in senso funzionale e non strutturale, ossia assume rilievo decisivo non la natura del manufatto o i suoi caratteri costruttivi, ma la tipologia di esigenze che tale manufatto è destinato a soddisfare, e nella fattispecie le strutture metalliche erano strettamente collegate e serventi rispetto all’attività imprenditoriale svolta dalla ricorrente e non erano certamente destinate a un utilizzo temporaneo e contingente (nella fattispecie si trattava di scaffalature metalliche destinate all’esposizione e al deposito della merce in vendita; di altezze e dimensioni variabili, aperte su quattro lati, in taluni casi sormontate da lastre in plexiglas a protezione delle merci collocate nella parte superiore, fissate alla pavimentazione esterna, per ragioni di sicurezza, mediante tasselli).


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2395 del 15 dicembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.