Il TAR Milano osserva che, in virtù del dictum della Adunanza Plenaria del 2 luglio 2020, n. 12, il termine di impugnazione dell’aggiudicazione decorre, in via di principio, dalla pubblicazione integrale degli atti di gara ex art. 29 D.Lgs. 50/2016 e non piuttosto dalla comunicazione ex art. 76 D.Lgs. 50/2016; può computarsi dalla comunicazione di cui al cit. art. 76 solo ove in tale sede l’impresa interessata abbia ottenuto informazioni aggiuntive, dalle quali sia scaturita la conoscenza di ulteriori e nuovi profili di vizio da censurare.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2407 del 29 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, con riguardo all’ordine di trattazione del ricorso incidentale escludente e del ricorso principale, ricorda:
<<L’ordine di trattazione del ricorso incidentale escludente e del ricorso principale ha, a lungo, impegnato i giudici nazionali e la stessa Corte Europea di Giustizia, che si è da ultimo pronunciata con la sentenza del 5 settembre 2019 C- 333/18 del 9 settembre 2019 nella quale ha rilevato che “L'articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest'ultimo, ed inteso ad ottenere l'esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell'appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi”.
Ha osservato, infatti, la Corte che, quando a seguito di una procedura ad evidenza pubblica, due offerenti presentano ricorsi tesi alla reciproca esclusione, ciascuno di essi ha interesse ad ottenere l'aggiudicazione dell'appalto: da un lato, infatti, l'esclusione di un offerente può far sì che l'altro ottenga l'appalto direttamente nell'ambito della stessa procedura; d'altro lato, in caso di esclusione di tutti i concorrenti ed avvio di una nuova procedura ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e quindi ottenere indirettamente l'appalto.
Pertanto - prosegue la Corte - la regola “secondo cui gli interessi perseguiti nell'ambito di ricorsi intesi alla reciproca esclusione sono considerati in linea di principio equivalenti, si traduce, per i giudici investiti di tali ricorsi, nell'obbligo di non dichiarare irricevibile il ricorso per esclusione principale in applicazione delle norme procedurali nazionali che prevedono l'esame prioritario del ricorso incidentale proposto da un altro offerente” soggiungendo che “il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell'appalto pubblico di cui trattasi, come pure il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi nonché la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti, non sono rilevanti”.
3.1. Posta dunque la necessità di esaminare sia il ricorso introduttivo sia il ricorso incidentale, ritiene il Collegio di esaminare per primo il ricorso principale. Ciò in quanto la sua eventuale infondatezza potrebbe determinare l’improcedibilità del ricorso incidentale, mentre l’eventuale fondatezza del ricorso incidentale non potrebbe in ogni caso comportare l’improcedibilità del ricorso principale (cfr. Cons. Stato sez. IV, 10 luglio 2020, n. 4431)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1870 del 2 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano respinge un’eccezione con la quale si deduce l’inammissibilità delle impugnazioni incidentali avverso l’ammissione alla gara della ricorrente principale per mancato rispetto dei termini e delle modalità previste dall’art. 120, commi 2 bis e 6 bis, c.p.a. e osserva sul punto quanto segue:
«- l’art. 1, comma 22 lett. a), del d.l. 18 aprile 2019 – introdotto in sede di conversione dalla legge 2019 n. 55, pubblicata nella Gazz. Uff. 17 giugno 2019, n. 140 ed entrata in vigore il 18 giugno 2019 – ha disposto l’abrogazione dei citati commi 2-bis e 6-bis dell’art. 120 cpa, stabilendo, al successivo comma 23, che “le disposizioni di cui al comma 22 si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”;
- nel caso di specie, il ricorso principale è stato depositato in data 31 luglio 2019 e, pertanto, dopo l’entrata in vigore della norma recante l’abrogazione dell’art. 120, commi 2 bis e 6 bis, le cui disposizioni, di conseguenza, non sono applicabili al giudizio in esame;
- sul punto non è condivisibile la tesi secondo la quale la norma di abrogazione dovrebbe essere interpretata nel senso di tenere ferme le decadenze già maturate, ossia quelle relative ai provvedimenti di esclusione e di ammissione adottati prima dell’entrata in vigore della novella e per i quali sarebbero, in ipotesi, già decorsi i termini di impugnazione previsti dall’abrogato art. 120, comma 2 bis, cpa;
- invero, la norma in esame non reca alcuna indicazione di salvezza delle decadenze già maturate e ciò non può essere oggetto di integrazione interpretativa, poiché il legislatore, nel dettare una norma processuale, ha effettuato una precisa scelta normativa, individuando espressamente la decorrenza dell’abrogazione e, di conseguenza, i giudizi sui quali essa incide e ai quali, pertanto, non sono riferibili le norme dell’abrogato art. 120, commi 2 bis e 6 bis;
- il legislatore non ha preso in esame il tempo di adozione o quello di comunicazione dei provvedimenti di ammissione o di esclusione, ma, per evidenti ragioni di certezza giuridica, il momento in cui ha inizio il giudizio, stabilendo che, se tale momento è anteriore alla data in vigore della legge 2019 n. 55, continuano a trovare applicazione le norme dell’art. 120, commi 2 bis e 6 bis; viceversa, se il giudizio è iniziato dopo, le norme abrogate non trovano applicazione;
- la pendenza della domanda di annullamento e, quindi, l’inizio del processo – secondo la formula utilizzata dal comma 23 dell’art. 1 del d.l. 18 aprile 2019, come modificato in sede di conversione – si verifica, stante la struttura impugnatoria del giudizio di cui si tratta, nel momento in cui il ricorso è depositato, poiché solo in questo momento la domanda risulta proposta davanti al giudice;
- viceversa, non rileva la semplice notificazione del ricorso, che non vale ad incardinare il giudizio dinanzi al giudice amministrativo;
- ne deriva che nel caso in esame non trovano applicazione le disposizioni dell’abrogato art. 120, commi 2 bis e 6 bis, con conseguente infondatezza dell’eccezione in esame».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1879, 1880 e 1881 del 12 ottobre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, con riguardo alla questione relativa al dies a quo dal quale far decorrere il termine per la proposizione del ricorso in materia di procedure di affidamento, precisa:
«Dai principi elaborati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e, in particolare, dall’insegnamento proveniente dalla Corte di Giustizia, deve ritenersi che il termine decorra dal momento della conoscenza del provvedimento che si realizza con l’accesso agli atti da parte dell’operatore interessato. Laddove siano posti in essere comportamenti dilatori o sia negata indebitamente l’ostensione degli atti si determina, quindi, una sospensione nel decorso del termine di impugnazione di durata non necessariamente pari ai 15 giorni di cui all’articolo 76 del D.lgs. n. 50/2016 dovendosi, in tal caso, verificare, piuttosto, la vicenda concreta relativa all’accesso e la celere messa a disposizione degli atti. Diversamente opinando, si costringerebbe, in ogni caso (e, quindi, anche dopo il decorso dei 15 giorni di cui all’articolo 76 del D.Lgs. n. 50/2016) l’operatore economico a ricorrere “al buio” e, quindi, “a guisa di un mero azzardo” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. I, 15 gennaio 2019, n. 71). Una situazione alla quale non può ovviare, come ritenuto dalla Corte di Giustizia, la sola possibilità di articolare motivi aggiunti che non sempre garantisce una tutela effettiva. Inoltre, non può omettersi di considerare come le condotte dilatorie dell’Amministrazione non possano ripercuotersi su un bene come la giurisdizione che, anche in considerazione della crescente domanda di giustizia e della nuova panoplia di rimedi garantiti dal codice del processo amministrativo, costituisce una risorsa limitata (cfr., ex multis, Cassazione civile Sezione lavoro, 19 febbraio 2020, n. 4181), come tale da destinare ai bisogni effettivi di tutela e non da inflazionarsi attraverso interpretazioni del dato normativo che impongano al privato di proporre un ricorso giurisdizionale senza avere l’esatta cognizione dell’illegittimità della lesione alla propria sfera giuridica».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1046 del 11 giugno 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri

Si veda ora in argomento l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 12 del 2 luglio 2020 che ha affermato i seguenti principi di diritto:
«a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;
 b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;
 c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
 d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;
 e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati».

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 12 del 2 luglio 2020.
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Il TAR Milano, in materia di decorrenza del termine di impugnazione dell’aggiudicazione di un appalto pubblico, precisa che: 
«- sul punto, il Tribunale condivide e ribadisce il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 13/12/2011, n. 6531; Consiglio di Stato, sez. V, 14/05/2013, n. 2614; T.A.R. Puglia-Lecce, sez. II, 31/05/2017, n. 875; Consiglio di Stato, sez. V, 02/09/2019, n. 6064; T.A.R. Campania-Napoli, sez. I, 13/06/2019, n. 3225) a mente del quale l’art. 76 del d.l.vo 2016 n. 50 – così come il previgente art. 79 del d.lgs. 12 aprile 2006. n. 163, come novellato dal d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53 – detta sicuramente una disciplina tesa a garantire la piena conoscenza e la certezza della data di conoscenza in relazione agli atti di gara, segnatamente esclusioni e aggiudicazioni, sicché sono state previste forme puntuali di comunicazione;
- tuttavia, l’art. 76 del d.l.vo 2016 n. 50 – così come il previgente art. 79 del d.lgs. n. 163 del 2006 - da un lato, non prevede le forme di comunicazione come “esclusive” e “tassative”, dall’altro, non incide sulle regole processuali generali del processo amministrativo, in tema di decorrenza dei termini di impugnazione dalla data di notificazione, di comunicazione o, comunque, di piena conoscenza dell’atto;
- le norme citate conservano il principio per cui la piena conoscenza dell’atto, al fine del decorso del termine di impugnazione, può essere acquisita con altre forme, ovviamente con onere della prova a carico di chi eccepisce la avvenuta piena conoscenza con forme diverse da quelle di cui all’art. 76 cit.;
- parimenti, l’art. 120, comma 5, cpa, si riferisce all’impugnazione di tutti gli atti delle procedure di affidamento e fissa plurime decorrenze dei termini, o dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 76 del codice dei contratti, o, per i bandi, dalla pubblicazione, ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto;
- l’espressione “in ogni altro caso” non va riferita ad “atti diversi” da quelli delle procedure di affidamento, e specificamente da quelli di cui all’art. 76 del d.l.vo 2016 n. 50, ma va riferita a “diverse forme” di conoscenza dell’atto, ossia diverse dalle forme previste dalla disciplina specifica del codice dei contratti;
- così inteso, l’art. 120, comma 5, cpa, è coerente con la regola generale dettata dal precedente art. 41, comma 2, secondo cui il termine di impugnazione del provvedimento amministrativo decorre dalla notificazione, dalla comunicazione o dalla piena conoscenza dell’atto da impugnare;
- ne deriva che l’art. 120, comma 5, cpa non ha inteso fissare forme tassative di comunicazione degli atti di gara al fine della decorrenza del termine di impugnazione, ma ha inteso ribadire la regola generale secondo cui il termine di impugnazione decorre o dalla comunicazione nelle forme di legge, o comunque dalla piena conoscenza dell’atto;
- quindi, se la comunicazione non avviene con le forme poste dall’art. 76 del d.lgs 2016 n. 50, il termine decorre dalla piena conoscenza altrimenti acquisita;».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 134 del 22 gennaio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano sostiene che:
«È ben vero che al momento della conclusione del subprocedimento di ammissione alla gara e di adozione del relativo atto endoprocedimentale era vigente la disciplina contenuta nell’articolo 120, comma 2 bis, Cod. proc. amm., che imponeva la immediata impugnazione delle ammissioni e delle esclusioni dei concorrenti. È, tuttavia, vero anche che al momento della conclusione della procedura ristretta di cui si discute, al momento cioè dell’aggiudicazione dell’appalto, quella norma processuale non era più vigente. Quando, cioè, si è verificata la lesione all’interesse della società … al conseguimento del bene della vita (i.e. l’aggiudicazione dell’appalto) operava la regola generale, e ora senza più eccezioni, per cui gli eventuali vizi degli atti endoprocedimentali (quale, l’ammissione della concorrente) devono essere fatti valere contro il provvedimento conclusivo del procedimento (l’aggiudicazione). Ora, come noto, il processo è retto dal principio “tempus regit actum”, per cui va applicata la disciplina processuale vigente al momento della sua instaurazione. E, dunque, nel caso di specie va applicata la disciplina che non conosce più il rito superspeciale di cui al comma 2 bis dell’articolo 120 del Cod. proc. amm.. D’altro canto, voler ragionare diversamente significherebbe assegnare ultrattività al rito previgente in assenza di una espressa previsione normativa».

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 69 del 10 gennaio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.

In senso contrario: cfr. TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 45 del 20 gennaio 2020.



La Corte Costituzionale esamina le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Puglia con riferimento all’abrogato art. 120, comma 2 bis, c.p.a., recante il rito c.d. “super speciale” per l’impugnazione delle ammissioni ed esclusioni da una gara di appalto e così statuisce:
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con le ordinanze indicate in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo n. 104 del 2010, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 103, 113 e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 – dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con le ordinanze indicate in epigrafe”.

Corte Costituzionale n. 271 del 13 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.



Il Consiglio di Stato, con riferimento alla questione dell’individuazione del momento dal quale decorre il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione conclusivo di una procedura di appalto pubblico qualora il soggetto leso dichiari di aver avuto conoscenza degli atti della procedura e dei relativi vizi solamente a seguito di accesso ai documenti, ritiene che restano validi i seguenti principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa nella vigenza del vecchio codice dei contratti pubblici:
a) in caso di comunicazione dell’aggiudicazione che non specifichi le ragioni di preferenza dell’offerta dell’aggiudicataria (o non sia accompagnata dall’allegazione dei verbali di gara), e comunque, in ogni caso in cui si renda indispensabile conoscere gli elementi tecnici dell’offerta dell’aggiudicatario per aver chiare le ragioni di preferenza, l’impresa concorrente può richiedere di accedere agli atti della procedura;
b) alla luce dell’insegnamento della Corte di Giustizia dell’Unione europea, il termine di trenta giorni per l'impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre dal momento della comunicazione, ma può essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall'aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell'atto e dei relativi profili di illegittimità ove questi non siano oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione;
c) la dilazione temporale, che prima era fissata nei dieci giorni previsti per l’accesso informale ai documenti di gara dall’art. 79, comma 5 quater d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, decorrenti dalla comunicazione del provvedimento, può ora ragionevolmente essere fissata nei quindici giorni previsti dal richiamato comma 2 dell’art. 76 d.lgs. n. 50 per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato;
d) qualora la stazione appaltante rifiuti illegittimamente l’accesso, o tenga comportamenti dilatori che non consentano l’immediata conoscenza degli atti di gara, il termine non inizia a decorrere e il potere di impugnare dall’interessato pregiudicato da tale condotta amministrativa non si “consuma”; in questo caso il termine di impugnazione comincia a decorrere solo a partire dal momento in cui l’interessato abbia avuto cognizione degli atti della procedura;
e) la comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione imposta dall’art. 76, comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, non è surrogabile da altre forme di pubblicità legali, quali, in particolare, la pubblicazione del provvedimento all’albo pretorio della stazione appaltante per l’espresso riferimento dell’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm., alla “ricezione della comunicazione”, ovvero ad una precisa modalità informativa del concorrente;
f) anche indipendentemente dal formale inoltro della comunicazione dell’art. 76, comma 5, d.lgs. n. 50 cit., per la regola generale di cui all’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm., il termine decorre dal momento in cui il concorrente abbia acquisito “piena conoscenza” dell’aggiudicazione, del suo concreto contenuto dispositivo e della sua effettiva lesività, pur se non sia accompagnata dall’acquisizione di tutti gli atti del procedimento.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 6251 del 20 settembre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


La Corte di Giustizia UE ritorna sul problema dell'ordine di esame del ricorso principiale e di quello incidentale e statuisce che:
«L’articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest’ultimo, ed inteso ad ottenere l’esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi».

La sentenza della Decima Sezione del 5 settembre 2019 (causa C-333/18) della Corte di Giustizia UE è consultabile sul sito della Corte di Giustizia.


Il TAR Milano chiarisce che le norme sul c.d. rito super accelerato di cui al comma 2 bis dell’art. 120  c.p.a. sono di stretta interpretazione, per cui non possono applicarsi al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge; il comma 2 bis impone l’immediata impugnazione dell’ammissione di un concorrente qualora ne siano contestati i requisiti di partecipazione soggettivi, economico-finanziari e tecnico professionali, ma non nel caso di denuncia dell’inidoneità e della incompletezza dell’offerta tecnica.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 464 del 6 marzo 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il Consiglio di Stato precisa che il rito di cui all’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. può trovare applicazione esclusivamente con riguardo alle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi o forniture e non a quelle riguardanti invece l’assegnazione in concessione di un tratto di spiaggia; la normativa processuale in esame ha infatti carattere eccezionale e derogatorio del principio secondo cui l'interesse a impugnare dei partecipanti a una gara si concretizza al momento dell'aggiudicazione; per l’effetto deve ritenersi di stretta interpretazione, non potendo trovare applicazione – senza un espresso richiamo legislativo – ad ipotesi dalla stessa non espressamente (e direttamente) regolate; al riguardo, il primo comma dell’art. 120 c.p.a. circoscrive espressamente l’ambito di applicazione della norma (e, dunque, anche del rito specialissimo di cui al richiamato comma 2-bis) agli “atti delle procedure di affidamento, ivi comprese le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse, relativi a pubblici lavori, servizi o forniture, nonché i provvedimenti dell'Autorità nazionale anticorruzione ad essi riferiti”, non comprendendo dunque gli affidamenti in concessione di beni demaniali, cui si riferisce invece la vicenda in esame.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 1045 del 13 febbraio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



La Corte di Giustizia UE, Quarta Sezione, con l’ordinanza del 14 febbraio 2019 (causa 54/18), si è pronunciata sulla questione sollevata dal TAR Piemonte di compatibilità con il diritto comunitario del giudizio super speciale di cui al comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. e così ha statuito:

1) La direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell'Unione dagli stessi lamentata. 
2) La direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 2014/23, e in particolare i suoi articoli l e 2 quater, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che, in mancanza di ricorso contro i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione degli offerenti alla partecipazione alle procedure di appalto pubblico entro un termine di decadenza di 30 giorni dalla loro comunicazione, agli interessati sia preclusa la facoltà di eccepire l'illegittimità di tali provvedimenti nell'ambito di ricorsi diretti contro gli atti successivi, in particolare avverso le decisioni di aggiudicazione, purché tale decadenza sia opponibile ai suddetti interessati solo a condizione che essi siano venuti o potessero venire a conoscenza, tramite detta comunicazione, dell'illegittimità dagli stessi lamentata”.


Secondo il Consiglio di Stato, è inammissibile il ricorso di primo grado proposto per l’annullamento di aggiudicazioni di due lotti, con il quale si sono proposte censure in parte nei confronti della aggiudicataria del primo lotto e in parte nei confronti della aggiudicataria del secondo lotto; censure ciascuna individuabile nella sua portata quanto ai vizi specifici lamentati nei confronti dell’una o dell’altra parte intimata.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 6948 in data 8 febbraio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il Consiglio di Stato afferma che la disposizione di cui all’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. – ai sensi del quale il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11 - non implica l’assoluta inapplicabilità del generale principio sancito dagli artt. 41, comma 2 e 120, comma 5, ultima parte, del c.p.a., per cui, in difetto della formale comunicazione dell'atto (o in mancanza di pubblicazione di un autonomo atto di ammissione sulla piattaforma telematica della stazione appaltante) il termine decorre, comunque, dal momento dell'intervenuta piena conoscenza del provvedimento da impugnare, ma ciò a patto che l’interessato sia in grado di percepire i profili che ne rendano evidente la lesività per la propria sfera giuridica in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall'ordinamento processuale.
Nella decisione il Collegio dà atto della presenza di un opposto orientamento, secondo cui la pubblicazione degli atti della procedura, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, è incombente necessario riservato alla stazione appaltante, che non può surrogare la comunicazione “ufficiale” in seduta pubblica, pur se avvenuta alla presenza dei rappresentanti delle imprese, ma non  ritiene che il principio generale della piena conoscenza dell’ammissione di ditte concorrenti venga in realtà derogato dalle disposizioni sopra richiamate.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 947 in data 8 febbraio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Per l'orientamento secondo cui lo speciale rito di impugnazione delle ammissioni alla gara presuppone che la stazione appaltante pubblichi i provvedimenti in questione, secondo le modalità sancite dal parimenti sopra menzionato art. 29 del codice dei contratti pubblici, e che, per contro, in difetto di ciò, le contestazioni vanno formulate nel giudizio ex art. 120 cod. proc. amm. contro l’aggiudicazione, si veda, da ultimo, la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 985 in data 11 febbraio 2019, consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Secondo il TAR Milano, il termine per la proposizione del ricorso incidentale volto ad ottenere l’esclusione dalla gara del ricorrente principale decorre dalla pubblicazione dell’atto di ammissione dei concorrenti alla gara; il TAR aggiunge che la diversa tesi ricostruttiva che ritiene applicabile anche al rito c.d. super-accelerato del comma 2 bis dell’articolo 120 c.p.a. la disciplina generale del giudizio amministrativo e, in particolare, la regola per cui il termine per proporre ricorso incidentale decorre da quando sorge l’interesse all’esercizio del rimedio, ovverosia da quando al controinteressato principale è notificato il ricorso principale, non pare coerente con la struttura del rito super-speciale e, soprattutto, con la natura della posizione giuridica soggettiva ivi tutelata.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 262 del 4 febbraio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Piemonte ritiene ammissibile l’intervento di associazioni rappresentative degli interessi della categoria degli avvocati amministrativisti in un giudizio sospeso in attesa di una pronuncia della Corte di Giustizia, alla quale era stata rimessa la questione di compatibilità della disciplina dell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. che impone l’immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla gara, con la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela.

L’ordinanza del TAR Piemonte, Sezione Prima, n. 77 del 24 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

Vedi in argomento il precedente post


Il Consiglio di Stato precisa che è da escludersi che l’eventuale presenza di un delegato di un concorrente alla seduta di gara in cui si sono deliberate le ammissioni possa fare decorrere il termine decadenziale per proporre il ricorso ex art. 120 comma 2-bis cod. proc. amm., poiché a questo fine deve farsi riferimento esclusivo alla data di pubblicazione sul profilo del committente dei provvedimenti relativi a questa fase ai sensi dell’art. 29 del codice dei contratti pubblici; le ragioni di questo orientamento restrittivo vanno ricercate nel carattere speciale, derogatorio, e pertanto di stretta interpretazione del “rito superspeciale” sulle ammissioni ed esclusioni, in relazione al quale sono tassativamente richieste le formalità pubblicitarie poc’anzi richiamate e in difetto delle quali l’impresa sarebbe costretta a produrre un ricorso al buio.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 173 del 8 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento cfr la sentenza del Consiglio di Stato. Sezione Quinta, n. 403 del 16 gennaio 2019, consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, in tema di decorrenza del termine di impugnazione nel rito degli appalti pubblici nel previgente e nel vigente codice dei contratti pubblici, chiarisce che:
- il termine per l’impugnativa di cui all’articolo 120, comma 5, c. p.a. decorre dalla ricezione da parte del concorrente della comunicazione di cui all’articolo 79 del previgente codice, che corrisponde nella sua parte essenziale all’articolo 76 del d.lgs. 50/16;
- la mancanza, nella comunicazione di aggiudicazione trasmessa dalla stazione appaltante, di elementi sufficienti per formulare censure di legittimità onera la parte interessata di diligentemente e tempestivamente attivarsi per acquisire una compiuta conoscenza degli atti di gara, attraverso gli strumenti normativamente contemplati (in particolare, l’accesso semplificato previsto dall’art. 76, comma 2, lett. b), al fine di evitare l’inutile decorso del termine a pena di decadenza per proporre l’impugnazione in sede giurisdizionale;
- il termine decadenziale di trenta giorni può – al più, e nelle ipotesi di comunicazione del solo “dispositivo” del provvedimento di aggiudicazione, privo di supporto motivazionale - essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità, laddove questi non fossero oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione e – comunque – entro il limite dei dieci giorni fissati dall’art. 79, comma 5-quater, del previgente Codice degli appalti fissa per esperire la particolare forma di accesso - semplificato ed accelerato - ivi disciplinata;
- i principi sopra richiamati vanno reiterati anche nel nuovo contesto normativo, ove lo strumento “accelerato” all’uopo contemplato per la acquisizione della piena conoscenza degli atti di gara e delle caratteristiche essenziali della offerta selezionata è costituito (oltre che dall’accesso ex art. 53) dalla procedura semplificata di cui all’art. 76, comma 2, d.lgs. 50/2016, con il termine di 15 giorni ivi contemplato per il soddisfacimento delle ragioni ostensive del concorrente; il termine di impugnazione può, dunque e al più, essere incrementato di un numero di giorni pari a quello che si è reso necessario per acquisire conoscenza delle risultanze procedimentali, entro il limite massimo di quindici giorni previsto dalla citata norma.
Aggiunge il TAR che implicito corollario di quanto sopra è che l’impresa interessata dimostri di avere diligentemente assolto all’onere, su di essa incombente successivamente alla comunicazione ex art. 76 d.lgs. 50/2016, di:
- tempestiva utilizzazione degli strumenti normativamente contemplati per acquisire plena cognitio degli atti di gara, onde consapevolmente esercitare (an) ovvero articolare (quid) e modulare (quomodo) le proprie indefettibili guarentigie difensive in sede giurisdizionale;
- tempestivo esperimento del gravame - in caso di eventuale ritardo della stazione appaltante nella ostensione degli atti (oltre i quindici giorni ex lege contemplati) - nel termine massimo di quarantacinque giorni dalla comunicazione dell’atto lesivo.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 69 del 15 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che la norma del comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. sull’onere di immediata impugnazione dell’ammissione deve essere interpretata restrittivamente, trattandosi di una ipotesi per così dire eccezionale, sicché il rito camerale c.d. superaccelerato non si applica in caso di esclusione dalla gara fondata su presupposti diversi da quelli soggettivi e, quindi, a seguito di estromissione disposta per carenza di elementi essenziali dell’offerta tecnica.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2691 del 29 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato, in sede di appello avverso una sentenza che ha definito sia il ricorso diretto contro l’ammissione dell’appellante sia quello rivolto nei confronti dell’aggiudicazione definitiva intervenuta successivamente, ritiene che nel descritto contesto il rito speciale c.d. “superaccelerato” di cui all'art. 120, commi 2-bis e 6-bis, c.p.a. che riguarda unicamente i ricorsi contro i provvedimenti di esclusione e ammissione, non trovi applicazione, atteso che il giudizio riguarda ormai l’intera gara conclusa con l’intervenuta aggiudicazione, per cui non sussiste più quell’esigenza di massima celerità nella definizione della controversia che sta alla base della previsione del rito in questione.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 6580 del 21 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.