Nelle procedure di evidenza pubblica indette dal Comune, il potere di scelta del vincitore della gara non spetta alla Giunta comunale, bensì al dirigente competente. Non si tratta, infatti, di un atto di indirizzo politico, ma di un atto concreto di gestione, la competenza per il quale è appunto riservata ai dirigenti dall’art. 107 TUEL.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 520 del 13 giugno 2025.



Anche dopo la stipula del contratto, sussiste per l'Amministrazione la possibilità dell’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione definitiva. Tale potere di autotutela trova ora un fondamento normativo anche nella previsione dell’art. 21 nonies, comma 1, della l. n. 241/1990, laddove esso si riferisce anche ai provvedimenti attributivi di vantaggi economici, che non possono non ritenersi comprensivi anche dell’affidamento di una pubblica commessa. Il citato art. 21 nonies della l. 241/90 stabilisce che l’annullamento debba intervenire entro un termine ragionevole elastico e se si tratta di provvedimenti favorevoli comunque non oltre 12 mesi. Tuttavia, il comma 2 bis dell’art. 21 nonies della l. 241/90 autorizza il superamento del termine di dodici mesi, di cui al comma 1: a) sia in presenza di “false rappresentazioni dei fatti”; b) sia (alternativamente, come fatto palese dall’uso della congiunzione disgiuntiva) in caso di “dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci”; cioè nelle ipotesi in cui ci sia stato un comportamento doloso equiparabile alla colpa grave e più in generale in caso di malafede oggettiva, perché ciò esclude che si sia in presenza di un legittimo affidamento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 513 del 17 febbraio 2025


Il TAR Milano precisa che il contenuto dell’artt. 80, comma 4, del D.Lgs. n. 50/2016 è chiaro nel prevedere che l’esclusione – o la revoca dell’aggiudicazione – è disposta, peraltro obbligatoriamente, quando l’irregolarità attiene al pagamento di imposte e tasse o dei contributi previdenziali, non in qualsiasi ipotesi in cui un credito dell’amministrazione sia riscosso tramite cartella esattoriale (nella fattispecie il credito si riferiva al pagamento di spese di giustizia, per il che, secondo il TAR, non può trovare applicazione la disposizione invocata e, conseguentemente, l’accertamento di detto debito è inidoneo a fondare la revoca dell’aggiudicazione impugnata).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2380 del 18 ottobre 2023


Il TAR Milano osserva che nel caso in cui un documento, peraltro meramente facoltativo, non abbia inciso in nessun modo sulla determinazione finale di affidamento della stazione appaltante, l’ipotetica falsità del medesimo non può determinare di per sé l’illegittimità dell’aggiudicazione (nella fattispecie si trattava dei giustificativi dell’offerta, la cui presentazione unitamente all’offerta era però meramente facoltativa, e che non sono stati esaminati dalla stazione appaltante in quanto nella specifica procedura negoziata la verifica di congruità o di anomalia delle offerte non era obbligatoria).


Il TAR Milano osserva che la natura giuridica di atto generale del bando e di atto endoprocedimentale dell’aggiudicazione provvisoria, non consentono di applicare la disciplina dettata dagli artt. 21 quinquies e 21 nonies, L. n. 241/90, la cui revoca non è infatti qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, sì da richiedere un raffronto tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario (C.S., Sez. III, 31.3.2021 n. 2707, Sez. V, 20.8.2013, n. 4183, 20-4-2012 n. 2338) (fattispecie in tema di assegnazione di unità immobiliari ubicate nel complesso monumentale della Galleria Vittorio Emanuele II).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1512 del 14 giugno 2023.


Il TAR Milano, dopo aver ricordato che l’art. 32 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 stabilisce che “divenuta efficace l'aggiudicazione, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione deve avere luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario, purché comunque giustificata dall'interesse alla sollecita esecuzione del contratto […] Se la stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, l'aggiudicatario può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto. All'aggiudicatario non spetta alcun indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate […]”, osserva che la norma è posta a tutela dell’aggiudicatario, il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi, e perciò gli attribuisce la facoltà di svincolarsi dalla propria offerta, in alternativa all’azione avverso il silenzio, di cui agli articoli 31 e 117 del codice del processo amministrativo, per ottenere la condanna dell’amministrazione a provvedere.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 254 del 31 gennaio 2023.


Il TAR Milano osserva che la somma dovuta a titolo di lucro cessante per la mancata aggiudicazione di un appalto deve essere individuata, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato, Sezione V, 26 gennaio 2021, n. 788; 25 febbraio 2019, n. 1257), in base all’utile indicato nella propria offerta economica.
Il Collegio ritiene di non dover accogliere la richiesta formulata dalla stazione appaltante per cui, nell’eventualità in cui fosse riconosciuto il danno da mancata aggiudicazione, questo dovrebbe subire l’abbattimento derivante dal c.d. aliunde perceptum, ovvero dalla presunzione relativa che, in ragione delle commesse svolte nel frattempo dall’operatore economico danneggiato, questi non avrebbe potuto far fronte anche all’esecuzione dell’appalto oggetto del giudizio.
Il Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale, secondo il quale il fatto impeditivo dell’integrale risarcimento da mancata aggiudicazione non può essere oggetto di una presunzione ma, in applicazione dell’onere della prova di cui all’articolo 2697 del codice civile, deve essere provato dalla parte che lo ha eccepito (Consiglio di Stato, Sezione V, 26 gennaio 2021, n. 788), mentre, nella fattispecie, la stazione appaltante si è limitata a invocare l’applicazione della presunzione relativa e non ha pertanto fornito neppure un principio di prova avente ad oggetto lo svolgimento di altre commesse da parte della società ricorrente nel periodo di esecuzione dell’appalto da parte dell’illegittima aggiudicataria.
Per il TAR non può, invece, trovare riconoscimento, nella fattispecie, la voce del danno curriculare, ovvero del pregiudizio subito dall’operatore economico in dipendenza del mancato arricchimento del proprio curriculum e dell’immagine professionale con l’indicazione dell’avvenuta esecuzione dell’appalto, perduta a causa del comportamento tenuto dalla stazione appaltante.
Al riguardo, il TAR, pur dando atto dell’orientamento giurisprudenziale per cui il danno curriculare, ove l’aggiudicazione dell’appalto sia mancata per fatto imputabile alla stazione appaltante, debba ritenersi una conseguenza naturale, secondo l’id quod plerumque accidit, della mancata esecuzione dell’appalto e possa essere stimato, attesa la difficoltà della prova negativa ad esso sottesa, secondo un criterio equitativo (Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2019, n. 1257), ritiene tuttavia di aderire al diverso orientamento giurisprudenziale per cui il ricorrente deve fornire la prova puntuale in ordine all’an ed al quantum del richiesto danno curriculare (Consiglio di Stato, Sezione V, 30 ottobre 2017, n. 4968; 11 maggio 2017, n. 2184), il quale, contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente, non può ritenersi in re ipsa.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 14 del 4 gennaio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda che con sentenza del 2 luglio 2020, n. 12, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha affermato il principio di diritto per cui il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione, normalmente decorrente dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, subisce una dilazione temporale ove sia stata proposta istanza di accesso agli atti di gara ed i motivi di ricorso derivino dalla “conoscenza dei documenti che completino l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta”.
Aggiunge il TAR che tale conclusione rappresenta il punto di equilibrio tra il principio della piena conoscenza o della conoscibilità degli atti di gara ed il principio antagonista di celerità dei procedimenti per gli affidamenti degli appalti pubblici, entrambi compendiati nell’articolo 120, comma 5, del codice del processo amministrativo; la dilazione temporale del termine di impugnazione dell’aggiudicazione deve pertanto essere individuata - ai sensi dell’articolo 76, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, subentrato all’abrogato articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 - in quindici giorni, tale essendo il termine massimo previsto dalla norma per la comunicazione delle ulteriori informazioni sull’aggiudicazione, fornite dalla stazione appaltante su richiesta scritta dell’interessato (Consiglio di Stato, Sezione V, 20 settembre 2019, n. 6251); solo ove la stazione appaltante rifiuti di fornire tali informazioni o assuma un atteggiamento ostinatamente dilatorio ed ostativo all’immediata conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario o delle giustificazioni rese nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione inizia a decorrere dall’effettiva conoscenza degli stessi (Consiglio di Stato, Sezione III, 6 marzo 2019, n. 1540).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2854 del 20 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, in materia di decorrenza del termine di impugnazione dell’aggiudicazione di un appalto pubblico, precisa che: 
«- sul punto, il Tribunale condivide e ribadisce il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 13/12/2011, n. 6531; Consiglio di Stato, sez. V, 14/05/2013, n. 2614; T.A.R. Puglia-Lecce, sez. II, 31/05/2017, n. 875; Consiglio di Stato, sez. V, 02/09/2019, n. 6064; T.A.R. Campania-Napoli, sez. I, 13/06/2019, n. 3225) a mente del quale l’art. 76 del d.l.vo 2016 n. 50 – così come il previgente art. 79 del d.lgs. 12 aprile 2006. n. 163, come novellato dal d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53 – detta sicuramente una disciplina tesa a garantire la piena conoscenza e la certezza della data di conoscenza in relazione agli atti di gara, segnatamente esclusioni e aggiudicazioni, sicché sono state previste forme puntuali di comunicazione;
- tuttavia, l’art. 76 del d.l.vo 2016 n. 50 – così come il previgente art. 79 del d.lgs. n. 163 del 2006 - da un lato, non prevede le forme di comunicazione come “esclusive” e “tassative”, dall’altro, non incide sulle regole processuali generali del processo amministrativo, in tema di decorrenza dei termini di impugnazione dalla data di notificazione, di comunicazione o, comunque, di piena conoscenza dell’atto;
- le norme citate conservano il principio per cui la piena conoscenza dell’atto, al fine del decorso del termine di impugnazione, può essere acquisita con altre forme, ovviamente con onere della prova a carico di chi eccepisce la avvenuta piena conoscenza con forme diverse da quelle di cui all’art. 76 cit.;
- parimenti, l’art. 120, comma 5, cpa, si riferisce all’impugnazione di tutti gli atti delle procedure di affidamento e fissa plurime decorrenze dei termini, o dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 76 del codice dei contratti, o, per i bandi, dalla pubblicazione, ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto;
- l’espressione “in ogni altro caso” non va riferita ad “atti diversi” da quelli delle procedure di affidamento, e specificamente da quelli di cui all’art. 76 del d.l.vo 2016 n. 50, ma va riferita a “diverse forme” di conoscenza dell’atto, ossia diverse dalle forme previste dalla disciplina specifica del codice dei contratti;
- così inteso, l’art. 120, comma 5, cpa, è coerente con la regola generale dettata dal precedente art. 41, comma 2, secondo cui il termine di impugnazione del provvedimento amministrativo decorre dalla notificazione, dalla comunicazione o dalla piena conoscenza dell’atto da impugnare;
- ne deriva che l’art. 120, comma 5, cpa non ha inteso fissare forme tassative di comunicazione degli atti di gara al fine della decorrenza del termine di impugnazione, ma ha inteso ribadire la regola generale secondo cui il termine di impugnazione decorre o dalla comunicazione nelle forme di legge, o comunque dalla piena conoscenza dell’atto;
- quindi, se la comunicazione non avviene con le forme poste dall’art. 76 del d.lgs 2016 n. 50, il termine decorre dalla piena conoscenza altrimenti acquisita;».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 134 del 22 gennaio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il Consiglio di Stato, con riferimento alla questione dell’individuazione del momento dal quale decorre il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione conclusivo di una procedura di appalto pubblico qualora il soggetto leso dichiari di aver avuto conoscenza degli atti della procedura e dei relativi vizi solamente a seguito di accesso ai documenti, ritiene che restano validi i seguenti principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa nella vigenza del vecchio codice dei contratti pubblici:
a) in caso di comunicazione dell’aggiudicazione che non specifichi le ragioni di preferenza dell’offerta dell’aggiudicataria (o non sia accompagnata dall’allegazione dei verbali di gara), e comunque, in ogni caso in cui si renda indispensabile conoscere gli elementi tecnici dell’offerta dell’aggiudicatario per aver chiare le ragioni di preferenza, l’impresa concorrente può richiedere di accedere agli atti della procedura;
b) alla luce dell’insegnamento della Corte di Giustizia dell’Unione europea, il termine di trenta giorni per l'impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre dal momento della comunicazione, ma può essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall'aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell'atto e dei relativi profili di illegittimità ove questi non siano oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione;
c) la dilazione temporale, che prima era fissata nei dieci giorni previsti per l’accesso informale ai documenti di gara dall’art. 79, comma 5 quater d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, decorrenti dalla comunicazione del provvedimento, può ora ragionevolmente essere fissata nei quindici giorni previsti dal richiamato comma 2 dell’art. 76 d.lgs. n. 50 per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato;
d) qualora la stazione appaltante rifiuti illegittimamente l’accesso, o tenga comportamenti dilatori che non consentano l’immediata conoscenza degli atti di gara, il termine non inizia a decorrere e il potere di impugnare dall’interessato pregiudicato da tale condotta amministrativa non si “consuma”; in questo caso il termine di impugnazione comincia a decorrere solo a partire dal momento in cui l’interessato abbia avuto cognizione degli atti della procedura;
e) la comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione imposta dall’art. 76, comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, non è surrogabile da altre forme di pubblicità legali, quali, in particolare, la pubblicazione del provvedimento all’albo pretorio della stazione appaltante per l’espresso riferimento dell’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm., alla “ricezione della comunicazione”, ovvero ad una precisa modalità informativa del concorrente;
f) anche indipendentemente dal formale inoltro della comunicazione dell’art. 76, comma 5, d.lgs. n. 50 cit., per la regola generale di cui all’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm., il termine decorre dal momento in cui il concorrente abbia acquisito “piena conoscenza” dell’aggiudicazione, del suo concreto contenuto dispositivo e della sua effettiva lesività, pur se non sia accompagnata dall’acquisizione di tutti gli atti del procedimento.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 6251 del 20 settembre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che sino a quando non intervenga l’aggiudicazione, la stazione appaltante resta libera di intervenire sugli atti di gara senza sottostare alle forme e ai limiti di cui all’autotutela decisoria; sino a quel momento, infatti, la procedura di gara non può dirsi conclusa e l’aggiudicatario provvisorio è titolare di una mera aspettativa alla conclusione favorevole del procedimento e al conseguimento del bene della vita.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1705 del 23 luglio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, al seguente indirizzo.



Il Consiglio di Stato chiarisce che a gara conclusa la rinuncia dell’aggiudicataria non può determinare la riapertura del procedimento di evidenza pubblica al fine di rinnovare i giudizi volti ad attribuire i punteggi: dopo l’aggiudicazione definitiva, il principio operante in caso di rinuncia non può che essere quello dello scorrimento della graduatoria che è l’unico compatibile con la circostanza che la procedura è appunto ormai conclusa e la graduatoria definitivamente cristallizzata.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 1414 del 28 febbraio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.