Il TAR Milano osserva che nel caso in cui un documento, peraltro meramente facoltativo, non abbia inciso in nessun modo sulla determinazione finale di affidamento della stazione appaltante, l’ipotetica falsità del medesimo non può determinare di per sé l’illegittimità dell’aggiudicazione (nella fattispecie si trattava dei giustificativi dell’offerta, la cui presentazione unitamente all’offerta era però meramente facoltativa, e che non sono stati esaminati dalla stazione appaltante in quanto nella specifica procedura negoziata la verifica di congruità o di anomalia delle offerte non era obbligatoria).


Secondo il TAR Milano:
«la portata dell’obbligo dichiarativo, in ordine a fatti non tipizzati di errore professionale, dipende dal contenuto della diligenza richiesta nell’adempimento dell’obbligo stesso, diligenza che deve essere costruita, ex art. 1176, comma 2, c.c., facendo riferimento a quella qualificata, che l’ordinamento pretende da chi svolge un’attività in modo professionale.
Il professionista deve commisurare la propria condotta non al criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, ma a quello della diligenza professionale media esigibile, ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, c.c. (cfr. tra le tante, Cassazione civile, sez. III, 10 giugno 2016, n. 11906), quale modello astratto di condotta che si estrinseca, tanto se l’interessato è un professionista, quanto se è un imprenditore, nell’adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili, in relazione alla natura dell’attività esercitata, volto all’adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell’interesse della controparte, nonché ad evitare possibili eventi dannosi.
Va ribadito che, per costante giurisprudenza, la diligenza “si specifica nei profili della cura, della cautela, della perizia e della legalità” (cfr. Cassazione civile, 31 maggio 2006, n. 12995) e deve valutarsi in concreto avuto riguardo alla natura dell’attività esercitata e alle circostanze concrete del caso, in coerenza con il richiamato art. 1176, comma 2, c.c. (cfr. per tutte, Cassazione civile, sez. III, 15 giugno 2018, n. 15732)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1879 del 12 ottobre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato enuncia i seguenti principi di diritto in materia di obblighi dichiarativi ex art. 80, comma 5, lett. c e b-bis, d.lgs. n. 50 del 2016 e false dichiarazioni:

«- la falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

- in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo;

- alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico;

- la lettera f-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c) [ora c-bis)] della medesima disposizione».

Consiglio di Stato, Ad. Pl., n. 16 del 28 agosto 2020.

La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa in materia di false o fuorvianti dichiarazioni rese in procedure di gara che “l’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice dei contratti pubblici non è riferito alle false dichiarazioni rese in procedure concorsuali non in corso e, quindi, già svoltesi, ma, al contrario, si riferisce alle “informazioni false o fuorvianti” ovvero all’omissione di “informazioni dovute” nei confronti della stazione appaltante nella procedura di gara in corso: ne consegue che il rilievo ostativo alla partecipazione non deriva certo dall’aver reso “false dichiarazioni in precedenti gare”, ma dal rendere, nella gara in corso, dichiarazioni false o fuorvianti, ovvero dall’omettere dichiarazioni dovute (cfr. C.d.S., Sez. V, n. 6490/2019; id., n. 6576/2018)”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 428 del 5 marzo 2020.
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Il TAR Milano con riferimento al caso di omessa dichiarazione di condanne precisa che:
«- la giurisprudenza condivisa dalla Sezione ha anche recentemente ribadito che nel caso di omessa dichiarazione di condanne è legittimo il provvedimento di esclusione, non sussistendo in capo alla stazione appaltante l’ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo all’omissione della prescritta dichiarazione, che invece deve essere resa in modo completo ai fini dell’attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante (ex multis, C.d.S., Sez. V, n. 1527/2019 e la giurisprudenza ivi richiamata);
- la completezza delle dichiarazioni è già di per sé un valore da perseguire poiché consente, anche in ossequio al principio di buon andamento dell’amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine al possesso dei requisiti morali in capo all’operatore economico (cfr. C.d.S., Sez. V, n. 1527/2019, cit.);
- del resto, la presentazione di una dichiarazione non veritiera da parte di un soggetto che interloquisce con una stazione appaltante non può che minare alla radice, secondo l’id quod plerumque accidit, il rapporto fiduciario con l’Amministrazione;»

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 234 del 3 febbraio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano, in ordine alla violazione dell’obbligo dichiarativo previsto dall’art. 80, comma 5, del D. Lgs n. 50/2016, precisa che:
«- l’obbligo dichiarativo sussiste in capo al concorrente in base al citato art. 80, comma 5, del d.l.vo 2016 n. 50 e riguarda indistintamente ogni vicenda pregressa concernente fatti risolutivi, errori o altre negligenze comunque rilevanti ai fini della formulazione del giudizio di affidabilità, in coerenza con i generali principi di lealtà e affidabilità contrattuale, posti a presidio dell’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali facenti capo alla pubblica amministrazione;
- consolidata giurisprudenza evidenzia che “... non essendo configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, sussistendo l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione, in modo da permettere alla Stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le valutazioni di competenza...” (cfr. tra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192);
- la gravità dell’evento deve essere valutata dall’amministrazione e ciò presuppone che l’operatore economico dichiari tale evento e si rimetta alla valutazione della stazione appaltante, viceversa l’omissione di tale dichiarazione non consente all’amministrazione di effettuare la valutazione di affidabilità professionale dell’impresa;
- ecco, allora, che, nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all'affidamento di un appalto pubblico, l'omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le fattispecie comprese nell’art. 80 comma 5 e oggetto dell’obbligo dichiarativo, ne comporta senz'altro l'esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità (cfr. in argomento, fra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, 29 maggio 2017, n. 2548, nonché Consiglio di Stato, sez. III, n. 4019/2016; Consiglio di Stato, sez. IV, n. 834/2016; Consiglio di Stato, sez. V, n. 4219/2016);
- né sussiste la possibilità che l'omissione sia sanata attraverso il soccorso istruttorio, il quale non può essere utilizzato per sopperire a dichiarazioni radicalmente mancanti - pena la violazione della par condicio fra concorrenti - ma soltanto per chiarire o completare dichiarazioni o documenti già comunque acquisiti agli atti di gara (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Pl. n. 9/2014; Consiglio di Stato, sez. V, n. 4219/2016; Consiglio di Stato, sez. n. 927/2015; più recentemente Consiglio di Stato, sez. III, n. 3628 del 13/06/2018);».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 124 del 22 gennaio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia precisa che: «il termine triennale di rilevanza per le ipotesi di grave illecito professionale previsto dall’art. 80, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016 è riferito all’inibizione a partecipare alle procedure di affidamento, ma non all’obbligo dichiarativo ex articolo 80 comma 5 lett c) bis. Infatti “l'art. 80, comma 5, D.Lgs. n. 50 del 2016 non contiene alcune alcuna espressa previsione sulla rilevanza temporale dei gravi illeciti professionali, il che è coerente con il potere discrezionale di valutazione di tali fattispecie attribuito alla stazione appaltante. Una limitazione triennale è, invero, richiamata dal successivo comma 10, ma attiene alla diversa rilevanza della pena accessoria dell'incapacità a contrarre con la P.A. (limitazione che ben si giustifica con la natura necessariamente temporanea della sanzione afflittiva) e non attiene in alcun modo all'esercizio del potere della P.A. di escludere l'operatore economico, ai sensi del comma 5, lett. c), da una procedura di appalto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 novembre 2018, n. 6530, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 25 gennaio 2019 n. 122)” (ex multis T.A.R. Lazio, Roma Sez. I, 10 aprile 2019, n. 4729)».

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 1022 del 28 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano precisa che è vero che la natura non veritiera o falsa di una dichiarazione può realizzarsi anche attraverso la omissione o la incompletezza (reticenza) delle informazioni fornite, quando la informazione omessa o resa in modo parziale o incompleto attribuisce al tenore della dichiarazione un senso diverso, così che l’enunciato descrittivo venga ad assumere nel suo complesso un significato contrario al vero o negativo dell’esistenza di fatti rilevanti; tuttavia, già in base alle generali categorie penalistiche che non possono non venire in rilievo anche in subiecta materia, la non veridicità delle dichiarazioni fornite dalla impresa alla stazione appaltante presuppone la esistenza:
- a latere oggettivo, di un obbligo di informazione e di dichiarazione, sufficientemente specifico e determinato, e relativo a fatti (e non già a giudizi o “qualificazioni”);
- a latere soggettivo, nella coscienza e volontà di rendere una dichiarazione falsa e, dunque, il dolo generico dell’agente e non già il dolo specifico, irrilevanti essendo le concrete intenzioni dell’agente, non essendo richiesto l’animus nocendi o decipiendi; di guisa che non potrà parlarsi di contegno mendace in caso di mera negligenza, leggerezza o disattenzione, essendo sconosciuta al nostro ordinamento la figura del falso documentale colposo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2421 del 15 novembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Secondo il Consiglio di Stato, la preclusione alla partecipazione alle gare per effetto della produzione di false dichiarazioni o falsa documentazione resta confinata alle due ipotesi tipiche: a) dell’esclusione dalla medesima gara nel cui ambito tale produzione è avvenuta; b) dall’esclusione da ulteriori e successive gare, ma soltanto nel caso in cui sia intervenuta l’iscrizione dell’impresa nel casellario informatico tenuto dall’Osservatorio dell’ANAC, nelle ipotesi e con i limiti di cui all’art. 80, comma 5, lett. f- ter), e comma 12; resta, invece, preclusa alle stazioni appaltanti la possibilità di valutare autonomamente ai fini escludenti la condotta di un concorrente il quale abbia reso false e/o omissive dichiarazioni nell’ambito di una precedente gara e non sia stato iscritto nell’indicato casellario, fatta salva ovviamente l’ipotesi in cui perduri, al momento della procedura in corso, la circostanza escludente cui si riferiva l’originaria falsità.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 6490 del 27 settembre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano chiarisce che è irrilevante che il reato non dichiarato non rientri tra quelli che ai sensi del comma 1 dell’articolo 80 del D.Lgs. n. 50/2016 sono preclusivi della partecipazione alla gara, estendendosi l’obbligo dichiarativo anche a quelle fattispecie astrattamente idonee a porre in dubbio l’affidabilità o l’integrità del concorrente, e tale è sicuramente una condanna per bancarotta fraudolenta, con la conseguenza che l’omissione della dichiarazione è essa stessa idonea ad incidere sull’affidabilità del concorrente; è poi irrilevante che la condanna, per effetto dell’accordato beneficio della non menzione, non risulti dai certificati del casellario giudiziario, posto che colui nei cui confronti la sentenza di condanna è stata pronunciata non può non esserne a conoscenza; sempre per il TAR, ancorché l’effetto estintivo del reato sia automatico al concretizzarsi dei presupposti di cui all’articolo 445 Cod. proc. pen., è pur sempre necessaria, affinché venga meno l’obbligo dichiarativo in gara, una pronuncia giudiziale che accerti il verificarsi della fattispecie estintiva, non potendosi gravare la stazione appaltante di controlli che non le competono.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 766 dell’8 aprile 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il Consiglio di Stato ritiene che l’espressione “presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione” di cui all’art. 38, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163 del 2006 ricomprenda non solamente l’ipotesi del falso “commissivo” tradizionalmente inteso, ma pure quella del falso c.d. “omissivo”, laddove la mancata dichiarazione, in virtù della consapevolezza dell’omissione da parte del soggetto tenuto a renderla, sia idonea ad indurre in errore la stazione appaltante circa il possesso, da parte del dichiarante medesimo, dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38, comma 1, del medesimo decreto o, comunque, a precluderle una rappresentazione genuina e completa della realtà; una tale omissione, infatti, comporta la non corrispondenza al vero della dichiarazione resa dalla concorrente e, pertanto, un’ipotesi di dichiarazione/documentazione non veritiera sulle condizioni rilevanti per la partecipazione alla gara.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 7271 del 27 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte Costituzionale osserva che il soccorso istruttorio non “copre” l’ipotesi – totalmente diversa – della dichiarazione mendace, idonea a fuorviare la stazione appaltante nell’individuazione e nella valutazione dei requisiti di ammissione ad una gara per l'aggiudicazione di un appalto pubblico; in una simile evenienza, rimane applicabile la generale previsione dell’art. 75 del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, a mente della quale la falsità della dichiarazione sostitutiva (forma nella quale deve essere attestato il possesso dei requisiti soggettivi di partecipazione alle gare) determina la decadenza dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione stessa: nella specie, quello di aggiudicazione.

L’ordinanza della Corte Costituzionale n. 76 del 13 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.


Il Consiglio di Stato precisa che nelle procedure di evidenza pubblica il c.d. falso innocuo è istituto insussistente atteso che, in dette procedure, la completezza delle dichiarazioni è già di per sé un valore da perseguire perché consente, anche in ossequio al principio di buon andamento dell'amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla selezione; pertanto, una dichiarazione che è inaffidabile perché, al di là dell'elemento soggettivo sottostante, è falsa o incompleta deve ritenersi già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma, a prescindere dal fatto che l'impresa meriti sostanzialmente di partecipare; del resto, l'intero sistema della disciplina delle procedure di evidenza pubblica poggia sulla presentazione, da parte delle imprese concorrenti, di dichiarazioni sostitutive che le vincolano in base all'elementare principio dell'autoresponsabilità e che devono essere rese con diligenza e veridicità.

La sentenza della Sezione Quarta del Consiglio di Stato n. 3014 del 7 luglio 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.