L'azione di accertamento è ammissibile ma, in diretta applicazione del principio di effettività della tutela, diviene concretamente utilizzabile là dove manchino, nel sistema, strumenti giurisdizionali a protezione di interessi certamente riconosciuti dall'ordinamento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2761 del 25 luglio 2025


Il TAR Brescia, con riferimento ad una azione di accertamento avente ad oggetto la decadenza dalla titolarità di una concessione idroelettrica (per mancato esercizio), ha anzitutto osservato che la decadenza della concessione per mancato esercizio non costituisce un effetto che si verifica ex lege al ricorrere del presupposto normativo, richiedendo, viceversa, l’intermediazione del potere pubblico attraverso l’emanazione di un provvedimento motivato, all’esito di un procedimento necessariamente preceduto dalla contestazione al concessionario delle circostanze che giustificano la decadenza. Su queste basi, il TAR ha osservato che la domanda fatta valere in giudizio era volta ad introdurre un’azione di accertamento atipica, la quale, ove vengano in rilievo situazioni di interesse legittimo, è esperibile solo in via residuale, laddove cioè tale forma di tutela risulti l'unica idonea a garantire in concreto una protezione adeguata e immediata della sfera giuridica dell’interessato. In altre parole, nel processo amministrativo, l'azione di accertamento è ammessa solo eccezionalmente, in diretta applicazione del principio di effettività della tutela, là dove manchino, nel sistema, strumenti giurisdizionali a protezione di interessi certamente riconosciuti dall'ordinamento. Nel caso di specie mancava proprio il requisito della residualità, perché la parte interessata ben avrebbe potuto sollecitare l’amministrazione competente alla dichiarazione di decadenza, proponendo semmai l’azione disciplinata dagli artt. 31 e 117 c.p.a. avverso il silenzio–inadempimento; azione sicuramente idonea ad assicurare la tutela, da parte del giudice amministrativo, dell’interesse protetto.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 916 del 14 novembre 2024


Il TAR Brescia, con riferimento ad una azione di accertamento avente ad oggetto la decadenza dalla titolarità di una concessione idroelettrica (per mancato esercizio), ha anzitutto osservato che la decadenza della concessione per mancato esercizio non costituisce un effetto che si verifica ex lege al ricorrere del presupposto normativo, richiedendo, viceversa, l’intermediazione del potere pubblico attraverso l’emanazione di un provvedimento motivato, all’esito di un procedimento necessariamente preceduto dalla contestazione al concessionario delle circostanze che giustificano la decadenza. Su queste basi, il TAR ha osservato che la domanda fatta valere in giudizio era volta a introdurre un’azione di accertamento atipica, la quale, ove vengano in rilievo situazioni di interesse legittimo, è esperibile solo in via residuale, laddove cioè tale forma di tutela risulti l'unica idonea a garantire in concreto una protezione adeguata e immediata della sfera giuridica dell’interessato. In altre parole, nel processo amministrativo, l'azione di accertamento è ammessa solo eccezionalmente, in diretta applicazione del principio di effettività della tutela, ove manchino, nel sistema, strumenti giurisdizionali a protezione di interessi certamente riconosciuti dall'ordinamento. Nel caso di specie mancava proprio il requisito della residualità, perché la parte interessata ben avrebbe potuto sollecitare l’amministrazione competente alla dichiarazione di decadenza, proponendo semmai l’azione disciplinata dagli artt. 31 e 117 c.p.a. avverso il silenzio–inadempimento; azione sicuramente idonea ad assicurare la tutela, da parte del giudice amministrativo, dell’interesse protetto.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 916 del 14 novembre 2024


Il TAR Milano, esaminando un ricorso avverso uno strumento urbanistico, prende atto che la difesa dei ricorrenti – pur riconoscendo la sopravvenuta carenza di interesse allo scrutinio della domanda di annullamento, essendo intervenuta la sostituzione della variante impugnata con un successivo atto pianificatorio, non impugnato – ha manifestato la permanenza di un interesse ai fini risarcitori, secondo quanto previsto dall’art. 34, comma 3, c.p.a., che è stato tempestivamente dichiarato nel rispetto dei termini di cui all’art. 73 c.p.a. Ciò, precisa il TAR, impone di esaminare le censure contenute nel ricorso, sebbene soltanto ai fini della verifica della ipotizzata illegittimità degli atti impugnati, senza tuttavia che tale scrutinio possa determinare l’annullamento degli stessi, poiché, in coerenza con le conclusioni raggiunte dalla sentenza della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 2022, per ottenere l’accertamento preventivo si palesa sufficiente una semplice dichiarazione, da rendersi nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 c.p.a., a garanzia del contraddittorio nei confronti delle altre parti, con la quale a modifica della domanda di annullamento originariamente proposta il ricorrente manifesta il proprio interesse affinché sia comunque accertata l’illegittimità dell’atto impugnato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3029 del 13 dicembre 2023


Il TAR Milano rammenta che la giurisprudenza è concorde nel ritenere che, ferma la possibilità di ammettere, in casi particolari, azioni di accertamento, atteso che nella impostazione del codice del processo amministrativo il contenuto della decisione deve modellarsi intorno alle necessità di tutela della posizione soggettiva dedotta in giudizio, tale ammissibilità è condizionata al rispetto dei limiti generali che il codice del processo pone ai poteri decisori del giudice, i quali sono costituiti dal divieto di pronunciarsi su questioni afferenti poteri non ancora esercitati, dal divieto di accertare la fondatezza della pretesa al di fuori dei casi in cui si tratti di attività vincolata o non residuino ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e dal divieto di adottare sentenze costitutive che pongano in essere un nuovo atto, modifichino o riformino quello impugnato al di fuori dei casi di giurisdizione di merito. Dunque, l'azione di accertamento, per essere esperibile in concreto, deve essere supportata da un interesse giuridicamente rilevante di chi agisce in giudizio diverso da quello consistente nella eliminazione degli effetti del provvedimento, occorrendo altrimenti esperire l'azione di annullamento, che è correlata al rispetto del termine decadenziale. (Nella fattispecie il TAR ha dichiarato inammissibile una domanda di accertamento di non debenza del contributo di costruzione, in quanto non era stato impugnato nei termini decadenziali il provvedimento che aveva inquadrato determinati lavori come di ristrutturazione edilizia e, per l’effetto, assoggettati al contributo di costruzione).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2365 del 17 ottobre 2023


Il TAR Milano richiama e fa propria la giurisprudenza secondo la quale l'azione di accertamento, nel giudizio amministrativo, è esperibile “ove necessaria a colmare esigenze di tutela non suscettibili di essere soddisfatte in modo adeguato dalle azioni tipizzate […] per garantire la piena e completa protezione dell’interesse legittimo; […] la garanzia costituzionale impone di riconoscere l’esperibilità dell’azione di accertamento autonomo, con particolare riguardo a tutti i casi in cui, mancando un provvedimento da impugnare, una simile azione risulti indispensabile per la soddisfazione concreta della pretesa sostanziale del ricorrente” (Cons. St., Ad. Plen., n. 15 del 2011). In altre parole, la domanda di mero accertamento è proponibile solo laddove le azioni tipizzate non soddisfino in modo efficiente il bisogno di tutela e dunque a protezione di un interesse giuridicamente rilevante di chi agisce in giudizio diverso da quello consistente nell'eliminazione degli effetti del provvedimento, occorrendo altrimenti esperire l'azione di annullamento nel rispetto del termine decadenziale (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 16 marzo 2021, n. 750; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 5 febbraio 2021, n 355; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 7 ottobre 2020, n. 688; T.A.R. Liguria, Sez. II, 10 giugno 2020, n. 361).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2783 del 19 dicembre 2022.


Il TAR Brescia precisa che le azioni di accertamento atipiche, in difetto di una previsione normativa, non sono soggette a termini decadenziali. Ma tale regola vale solo se tali azioni sono effettivamente dirette a perseguire un interesse di autentico accertamento di un fatto controverso, mentre quando esse siano sorrette da un interesse consistente nell’eliminazione degli effetti di provvedimenti amministrativi autoritativi, allora sarà necessario esperire l'azione di annullamento nei termini decadenziali di impugnazione, restando preclusa la proposizione dell’azione di accertamento che costituirebbe un’elusione del termine decadenziale (ormai scaduto) d’impugnazione di provvedimenti autoritativi (cfr.: TAR Veneto, sez. III, 1.4.2021, n. 426; TAR Toscana, sez. III, 8.5.2015, n. 760; TAR Lombardia Milano, sez. II, 5.2.2021, n. 355).
E infatti l’art. 34, comma 2, del C.p.a. stabilisce che "il giudice non può conoscere della illegittimità degli atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con l'azione di annullamento”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 1335 del 16 dicembre 2022.


Il TAR Milano richiama <<una condivisibile giurisprudenza secondo la quale l'azione di accertamento, nel giudizio amministrativo, è esperibile “ove necessaria a colmare esigenze di tutela non suscettibili di essere soddisfatte in modo adeguato dalle azioni tipizzate […] per garantire la piena e completa protezione dell’interesse legittimo; […] la garanzia costituzionale impone di riconoscere l’esperibilità dell’azione di accertamento autonomo, con particolare riguardo a tutti i casi in cui, mancando un provvedimento da impugnare, una simile azione risulti indispensabile per la soddisfazione concreta della pretesa sostanziale del ricorrente” (Cons. St., Ad. Plen., n. 15 del 2011). In altre parole, la domanda di mero accertamento è proponibile solo laddove le azioni tipizzate non soddisfino in modo efficiente il bisogno di tutela e dunque a protezione di un interesse giuridicamente rilevante di chi agisce in giudizio diverso da quello consistente nell'eliminazione degli effetti del provvedimento, occorrendo altrimenti esperire l'azione di annullamento nel rispetto del termine decadenziale (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 5 febbraio 2021, n 355; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 7 ottobre 2020, n. 688; T.A.R. Liguria, Sez. II, 10 giugno 2020, n. 361)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 750 del 22 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che <<Con riguardo all’ammissibilità dell’azione di mero accertamento, va poi richiamata una condivisibile giurisprudenza secondo la quale l'azione di accertamento, nel giudizio amministrativo, è esperibile solo laddove le azioni tipizzate non soddisfino in modo efficiente il bisogno di tutela (Cons. St., Ad. Plen., n. 15 del 2011) e dunque a protezione di un interesse giuridicamente rilevante di chi agisce in giudizio diverso da quello consistente nell'eliminazione degli effetti del provvedimento, occorrendo altrimenti esperire l'azione di annullamento nel rispetto del termine decadenziale (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 7 ottobre 2020, n. 688; T.A.R. Liguria, Sez. II, 10 giugno 2020, n. 361)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 355 del 5 febbraio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale «l’azione di condanna atipica, ossia finalizzata ad ottenere dall’Amministrazione il rilascio di un provvedimento – che si distingue nettamente dalla condanna di tipo pecuniario – deve essere dichiarata inammissibile allorquando non sia stata proposta contestualmente ad un’azione di annullamento, né ad un’azione avverso il silenzio (cfr. art. 34, comma 1, lett. c, secondo periodo, cod. proc. amm.; Consiglio di Stato, IV, 2 febbraio 2017, n. 444; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 8 gennaio 2019, n. 36; 22 gennaio 2018, n. 174; 31 gennaio 2017, n. 235)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1643 del 4 settembre 2020.

La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia affronta il tema dell’ampiezza del potere del giudice amministrativo e ricorda che la giurisprudenza ha chiarito che rientra nella giurisdizione del G.A., ai sensi dell’art. 8 c.p.a. (secondo cui il G.A. stesso può conoscere, seppur solo in via incidentale e senza efficacia di giudicato tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale), l’esame dell’eccezione (di tipo riconvenzionale), avanzata in via incidentale dalla P.A., tendente a far valere l’usucapione su un bene oggetto di una procedura espropriativa, al fine di pervenire ad un’eventuale declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di interesse.
Aggiunge il TAR che è stato anche osservato, sotto altro profilo, che l’accertamento giurisdizionale dell’effettiva esistenza di una servitù di pubblico passaggio su una strada privata compete all’autorità giudiziaria ordinaria, mentre il giudice amministrativo può esercitare, al riguardo, esclusivamente una cognizione incidentale, senza poter fare stato con la propria decisione sulla questione, e al solo e limitato fine di pronunciarsi sulla legittimità della determinazione che forma specifico oggetto di ricorso: quindi il giudice amministrativo può accertare incidenter tantum, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., l’esistenza di un uso pubblico consolidato su aree di proprietà privata, laddove tale accertamento sia indispensabile al fine di delibare la legittimità di un provvedimento (come, ad esempio, l’atto di rigetto di un’istanza di rilascio di un titolo edilizio motivato sull’esistenza di un diritto di uso pubblico sull’area su cui ricade l’intervento).

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 784 del 27 agosto 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia ricorda che l’azione generale di accertamento, inizialmente prevista nel progetto di codice del processo amministrativo elaborato dalla Commissione presso il Consiglio di Stato, è stata successivamente stralciata in sede di approvazione governativa, ragion per cui attualmente il sistema codicistico prevede esclusivamente singole e tipiche ipotesi di azioni di accertamento; peraltro, fin da subito, la giurisprudenza ha manifestato una certa apertura verso la configurabilità di un’azione di accertamento “atipica”, ritenuta però esperibile solo in via residuale.
In particolare, evidenzia il TAR, che:
- già l’Adunanza Plenaria 29 luglio 2011, n. 15 aveva precisato che la mancata previsione, nel testo finale del codice, di una norma esplicita sull'azione generale di accertamento, non è sintomatica della volontà legislativa di sancire una preclusione di dubbia costituzionalità, ma è spiegabile, anche alla luce degli elementi ricavabili dai lavori preparatori, con la considerazione che le azioni tipizzate, idonee a conseguire statuizioni dichiarative, di condanna e costitutive, consentono di norma una tutela idonea ed adeguata che non ha bisogno di pronunce meramente dichiarative in cui la funzione di accertamento non si appalesa strumentale all'adozione di altra pronuncia di cognizione ma si presenta, per così dire, allo stato puro, ossia senza sovrapposizione di altre funzioni; ne deriva, di contro, che, ove dette azioni tipizzate non soddisfino in modo efficiente il bisogno di tutela, l'azione di accertamento atipica, ove sorretta da un interesse ad agire concreto ed attuale ex art 100 c.p.c., risulta praticabile in forza delle coordinate costituzionali e comunitarie richiamate dallo stesso art 1 del codice oltre che dai criteri di delega di cui all’art. 44 della legge n. 69/2009;
- a fronte di tali aperture e, quindi, della possibilità di ammettere, in casi particolari, azioni di accertamento, è stato però osservato che tale ammissibilità è condizionata al rispetto dei limiti generali che il codice del processo pone ai poteri decisori del giudice, i quali sono costituiti dal divieto di pronunciarsi su questioni afferenti poteri non ancora esercitati, dal divieto di accertare la fondatezza della pretesa al di fuori dei casi in cui si tratti di attività vincolata o non residuino ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e dal divieto di adottare sentenze costitutive che pongano in essere un nuovo atto, modifichino o riformino quello impugnato al di fuori dei casi di giurisdizione di merito;
- dunque, l’azione di accertamento, per essere esperibile in concreto, deve essere supportata da un interesse giuridicamente rilevante di chi agisce in giudizio diverso da quello consistente nella eliminazione degli effetti del provvedimento, occorrendo altrimenti esperire l’azione di annullamento, che è correlata al rispetto del termine decadenziale; invero, il comma 2 dell’art. 34 c.p.a. dispone che, salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’art. 30, comma 3, il giudice non può conoscere della illegittimità degli atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con l'azione di annullamento, in tal modo sancendo una non dissociabilità della mera azione di accertamento, quando volta nella sostanza alla eliminazione dell’atto, funzionale ad evitare la elusione del termine decadenziale di impugnazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Seconda, n. 762 del 20 agosto 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, al seguente indirizzo.



Il TAR Brescia precisa che le preclusioni di diritto interno devono essere valutate dalla prospettiva del diritto comunitario; è possibile, infatti, che la mancanza di rimedi giurisdizionali costituisca essa stessa un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla normativa comunitaria, e debba quindi essere superata mediante la disapplicazione delle norme interne che impediscono la proposizione di nuovi ricorsi; ricorda il TAR che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha precisato che il diritto comunitario, pur consentendo agli Stati di fissare un termine per le impugnazioni dei provvedimenti in materia di VIA, non tollera che i progetti la cui autorizzazione non è più esposta a un ricorso giurisdizionale diretto, data la scadenza del termine di ricorso previsto dalla normativa nazionale, siano puramente e semplicemente considerati autorizzati sotto il profilo dell’obbligo di valutazione della compatibilità ambientale; in particolare, non è possibile impedire la proposizione di un’azione di risarcimento basata sulla violazione dell’obbligo di valutazione della compatibilità ambientale; aggiunge quindi il TAR che poiché il risarcimento in forma specifica può consistere, prima dell’esecuzione dei lavori, nell’apertura di una procedura di VIA, si deve ritenere che i soggetti interessati, compresi i comitati di cittadini che risentono delle conseguenze dell’opera, possano chiedere l’accertamento dell’obbligo di sottoposizione del progetto alla valutazione di compatibilità ambientale.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 739 del 13 agosto 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che l’azione di condanna atipica, ossia finalizzata a ottenere dall’Amministrazione il rilascio di un provvedimento – che si distingue dalla condanna di tipo pecuniario – deve essere dichiarata inammissibile allorquando non sia stata proposta contestualmente ad un’azione di annullamento, né ad un’azione avverso il silenzio.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 36 del 8 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano ritiene inammissibile il ricorso diretto a ottenere una pronuncia di accertamento rispetto a una posizione di interesse legittimo; il TAR, pur dando atto che il tema della tutelabilità degli interessi legittimi attraverso lo strumento delle pronunce di mero accertamento sia allo stato discusso in dottrina e giurisprudenza, ritiene, in assenza di una norma primaria positiva, ancora oggi preferibile l’orientamento tradizionale che esclude un’azione generale e atipica di accertamento se la posizione per la quale si agisce sia quella di interesse legittimo.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2904 del 31 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, nell’esaminare l’art. 34, comma 3, c.p.a., ai sensi del quale, qualora nel corso del giudizio l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori, ribadisce che per la conversione dell’azione di annullamento in mero accertamento occorre una esplicita istanza di parte; il TAR interpreta quindi l’art. 34, comma 3, c.p.a. nel senso che occorra una espressa “manifestazione” di interesse del ricorrente a fini risarcitori (e non l’oggettivo riscontro di esso da parte del giudice).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1044 del 19 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.