Il TAR Brescia ricorda che, in materia di valutazione d'impatto ambientale, il c.d. screening di cui all’art. 19 D.lgs. 152/2006 svolge una funzione preliminare, in quanto volto a sondare l’incidenza del progetto sull’ambiente e sulla salute pubblica; se l'amministrazione ravvisa effettivamente una significatività della stessa in termini negativi, si impone il passaggio alla fase successiva della relativa procedura di VIA. Diversamente, è possibile pretermetterla, con risparmio di tempo e costi effettivi. Essa è qualificata come procedura preliminare alla V.I.A., dizione questa da intendere solo in senso cronologico, nel senso che lo screening è realizzato preventivamente, ma solo con riguardo a determinate tipologie di progetto rispetto alle quali alla valutazione vera e propria si arriva in via eventuale, in base cioè proprio all'esito in tal senso della verifica di assoggettabilità.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 258 del 28 marzo 2024


Il TAR Milano precisa che è illegittima la determina di assoggettabilità a VAS adottata dall’Autorità procedente e non dall’Autorità competente, come richiesto, invece, dall’art. 4, comma 3 quater, della L.R. n. 12/2005. Aggiunge che non è sufficiente per integrare gli estremi della ratifica che l’Autorità competente vi abbia dato seguito di fatto, senza alcuna contestazione. Rileva il Collegio che l’atto amministrativo di ratifica, che comporta la sanatoria del vizio di incompetenza relativa postula: a) l'esternazione delle “ragioni di interesse pubblico” giustificatrici del potere di sostituzione, esternazione intesa a far percepire se, nell'emendare il vizio di incompetenza dell'organo privo di legittimazione, l'organo a legittimazione naturale all'adozione dell'atto l'abbia ratificato sotto la spinta di effettive esigenze a valenza pubblicistica; b) la menzione dell'atto da convalidare; c) l'indicazione del vizio che lo inficia; d) una chiara manifestazione della volontà di eliminare il vizio (animus convalidandi); e) la produzione degli stessi effetti che l'atto oggetto di convalida intendeva produrre.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 52 del 12 gennaio 2024


Il TAR Brescia osserva che i procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA e quello finalizzato al rilascio dell’AIA sono distinti e assolvono a funzioni diverse: la prima si occupa dell’impatto di un’opera o impianto, attraverso l’esame del progetto; la seconda dell’impatto di una determinata attività. Occorre inoltre distinguere tra impianti che già esistono e impianti che devono essere ancora realizzati; per gli impianti esistenti, già sottoposti a VIA, la sovrapposizione può sussistere, ma si tratta di un problema interno all’AIA, quale procedimento autonomo nel quale potranno essere acquisiti i dati prodotti nel procedimento di VIA; per quanto riguarda invece i nuovi impianti da realizzare, si presenta un problema di coordinamento tra due valutazioni aventi in sostanza il medesimo oggetto, seppur considerato sotto diversi profili: il progetto dell’impianto. L'ambito specifico della VIA è, quindi, l'inquadramento generale della localizzazione dell'impianto, e il suo rilascio integra, in sostanza, una condizione di procedibilità dell'AIA. Infatti, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del D. Lgs. 152/2006, l’AIA può essere rilasciata solo dopo che, ad esito della procedura di verifica, l’autorità competente abbia valutato di non assoggettare i progetti a VIA.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I n. 730 del 9 ottobre 2023


Il TAR Milano osserva che sul tema dei rapporti fra VIA e VAS va ricordato che, pur sussistendo dei punti di contatto fra i due istituti, la seconda si discosta dalla prima quanto ad ambito applicativo, mirando alla valutazione preventiva degli effetti sull’ambiente non tanto di attività progettuali, quanto di azioni pianificatorie e programmatiche, anticipando, così, lo strumento della tutela ad una fase antecedente alla redazione e stesura del singolo progetto da realizzare. Detto altrimenti, la VAS presenta un carattere complessivo e non può approfondire, per ogni singola opera, tutti i profili ambientali, poiché, essendo finalizzata alla soluzione di problemi su scala geografica più ampia, si concentra sugli impatti strategici, mentre è compito della VIA operare a livello di specifico intervento. Ne discende, pertanto, che le questioni attinenti alla localizzazione delle singole opere non costituiscono dimensione di analisi strategica propria della VAS ex art. 6, comma 12, d.lgs. 152/2016.


Il TAR Brescia, con riferimento alla problematica relativa all'ammissibilità di una valutazione d'impatto ambientale su impianti preesistenti all'entrata in vigore delle disposizioni che ne impongono la sottoposizione, osserva che, in linea generale, poiché l’oggetto della valutazione è il progetto di un’opera o di una sua modifica ancora da attuare, valutare ciò che è già stato realizzato ed edificato vanificherebbe gli obiettivi che il legislatore euro-unitario e nazionale si sono prefissati, vale a dire analizzare ex ante se la localizzazione e la realizzazione di una determinata opera, per come progettata, sia conciliabile con il determinato contesto geografico prescelto per la sua costruzione e, ove questo interrogativo sortisca una risposta favorevole, quale sia la soluzione progettuale che permetta di ottimizzare l'edificazione dell'opera con i preminenti valori presidiati mediante l'istituto in esame. Poiché, quindi, l’intera procedura ha come postulato la modificabilità del progetto, non avrebbe senso effettuare la valutazione dopo la realizzazione dell’opera. Sulla scia di tale impostazione si colloca l’art. 29 del codice dell’ambiente, che prevede l’eccezionale possibilità di effettuare una valutazione di impatto ambientale c.d. “postuma” per assicurare alla Direttiva del 1985 il c.d. “effetto utile”, il quale non deve però essere esteso sino a consentire di rimettere in discussione, nella loro interezza, le localizzazioni di tutte le opere e le attività ab antiquo esistenti. Ciò sarebbe contrario al ragionevole bilanciamento che deve esistere tra l'interesse alla tutela ambientale e il mantenimento della localizzazione storica di impianti e attività, il cui azzeramento - con rilevanti conseguenze economiche e sociali - sarebbe l'effetto possibile di un'applicazione retroattiva degli standard di valutazione divenuti obbligatori per tutti i progetti successivi al 3 luglio 1988, data di scadenza del termine di attuazione della suddetta direttiva. Ne consegue che, anche in questo caso il giudizio di compatibilità ambientale riguarderà solo il progetto di modifica o di ampliamento dell'impianto, senza estendersi all'intera opera, e sempre che ricorra il presupposto delle notevoli ripercussioni negative sull'ambiente.


Il TAR Milano osserva che la valutazione ambientale strategica (VAS), introdotta dal d.lgs n. 152/2006 è una valutazione di compatibilità ambientale relativa ai piani e ai programmi, così come stabilito dall'art. 5 comma 1 lett.a), e non già ai singoli progetti, per i quali il legislatore ha predisposto il diverso strumento del procedimento di valutazione impatto ambientale (VIA); lo scopo della VAS è, quindi, quello di evidenziare gli effetti complessivi sul territorio attribuibili all'insieme delle previsioni di piano, e non già a singoli progetti di intervento, poiché proprio in ciò risiede la differenza rispetto alla diversa procedura di VIA (Cons. Stato, Sez. IV., 6 maggio 2013, n. 2446; Tar Lombardia, Milano, sent. n. 648/2016).
Ciò premesso, il TAR Milano dà atto che nel caso in esame, si è al cospetto di una singola opera e non di un piano e a prescindere dall’utilizzo della procedura semplificata prevista all’art. 9, c. 15, l.reg. n. 12/2005 - che consente il ricorso alla sola approvazione del Consiglio Comunale in luogo della procedura di variante - quand’anche l’opera importi variante al piano dei servizi, trattandosi di una variante avente ad oggetto la localizzazione di una singola opera, deve escludersi la necessità della valutazione ambientale strategica (ferma invece la necessità della valutazione di impatto ambientale).
Invero, in forza di quanto previsto all’art. 6, comma 12, del d.lgs. n. 152/2006 "per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 settembre 2015, n. 4194; 6 maggio 2013 n. 2446; Tar Piemonte, Torino, sez. II, sent. n. 269/2022; Tar Puglia, Lecce, sent. n. 879/2018).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1699 del 3 luglio 2023.


Il TAR Milano, in merito alla possibilità di sottoporre a condizione la VIA, osserva che:
<<la giurisprudenza amministrativa costante stabilisce che non può essere ritenuto illegittimo il giudizio positivo di compatibilità ambientale subordinato a determinate prescrizioni o condizioni, dato che tale tipo di approvazione “condizionata” costituisce un giudizio allo stato degli atti integrato dall'indicazione preventiva degli elementi idonei a risolvere possibili dissensi e tanto in osservanza del principio di economicità dell'azione amministrativa e di collaborazione tra i soggetti del procedimento, dimostrando, anzi, la pluralità di prescrizioni la puntualità e affidabilità della fase istruttoria e l'accuratezza della valutazione (C.d.S. IV, 27 marzo 2017 n. 1392). La compatibilità ambientale non è infatti un concetto naturalistico, si ripete, ma una condizione di equilibrio tra l'idoneità dei luoghi a ospitare un'attività impattante e le prescrizioni limitative poste alla medesima attività, sicchè la graduazione e la previsione di limitazioni postume tramite prescrizioni da verificare in sede esecutiva rendono possibile migliorare l'equilibrio e confermare nel tempo il giudizio di compatibilità (T.A.R. Lazio-Roma III, 3 gennaio 2022 n. 11). Ancora, è stata ritenuta legittima una valutazione di impatto ambientale che dichiari la compatibilità ambientale di un progetto subordinatamente al rispetto di specifiche prescrizioni e condizioni, da verificare all'atto del successivo rilascio dei titoli autorizzatori necessari per la concreta entrata in funzione dell'impianto poiché nulla osta in linea di principio a che l'Amministrazione attesti che, a seguito dell'adozione futura di ben precisi accorgimenti, l'opera possa risultare compatibile con le esigenze di tutela ambientale (C.d.S. IV, 11 dicembre 2020 n. 7917).>>
Con riferimento poi al rapporto tra valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale, il TAR ricorda che:
<< è stato chiarito (C.d.S. IV, 14 settembre 2022 n. 7978) che la prima investe, in via preventiva, i profili prettamente localizzativi e strutturali di un’opera mentre la seconda costituisce il provvedimento complessivo con cui si valutano gli aspetti gestionali dell’attività e di esercizio di un impianto. In altri termini, la valutazione di impatto precede il rilascio dell’autorizzazione integrata sostanziandosi in un’analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilità socio-economica ritraibile dall’esecuzione e esercizio dell’opera proposta, e ne condiziona il contenuto, essendo la seconda caratterizzata dall’esame, a un maggior livello di definizione, di tutti i profili ambientali (emissioni in atmosfera, scarichi idrici, emissioni sonore, vibrazioni, odori, impatto su suolo e sottosuolo e quello complessivo del progetto in base agli aspetti gestionali). Il maggior livello di approfondimento implica, quindi, una retroazione dell’autorizzazione integrata ambientale sulla procedura di valutazione di impatto ambientale nel senso che la prima, benché cronologicamente successiva, conferma, precisa e condiziona l’oggetto della seconda. Pertanto mentre una valutazione di impatto negativa preclude il rilascio dell’autorizzazione integrata, al contrario legittimamente può essere negata l’autorizzazione integrata anche in presenza di una valutazione di impatto positiva poiché solo l’autorizzazione è, di per sé, idonea a esprimere un giudizio definitivo sull’intervento in concreto proposto. Ne deriva che non incidono sulla legittimità della valutazione positiva di impatto ambientale impugnata con il presente ricorso gli eventuali inadempimenti della proponente alle prescrizioni imposte, i quali semmai dovranno essere valutati dall’Amministrazione competente in sede di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale. Pertanto nessuna circostanza sopravvenuta relativa al mancato ottenimento delle autorizzazioni prescritte o al mancato adattamento dell’impianto alle prescrizioni, adeguate e legittime, imposte in sede di valutazione di impatto ambientale può inficiare la validità della conclusione di quest’ultima in senso favorevole.>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 739 del 27 marzo 2023.


Il, TAR Milano ricorda che la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che “chi lamenta l’illegittimità della procedura di VAS è tenuto a dimostrare che dagli esiti di tale procedura sia derivata l’assunzione di scelte pianificatorie lesive del proprio interesse. L’interesse a impugnare lo strumento pianificatorio non può infatti esaurirsi nella generica aspettativa a una migliore pianificazione dei suoli di propria spettanza, richiedendosi, invece che le ‘determinazioni lesive’ fondanti l’interesse a ricorrere siano effettivamente ‘condizionate’, ossia causalmente riconducibili in modo decisivo, alle preliminari conclusioni raggiunte in sede di V.A.S., con la conseguenza che l’istante ha l’onere di precisare come e perché tali conclusioni nella specie abbiano svolto un tale ruolo decisivo sulle opzioni relative ai suoli in sua proprietà” (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 12 gennaio 2011, n. 133; T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. II, 15 novembre 2016 n. 2140).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 215 del 24 gennaio 2023.


Il TAR Bescia precisa che la VIA è un procedimento di valutazione ex ante degli effetti prodotti sull'ambiente da determinati interventi progettuali, il cui obiettivo consiste nel proteggere la salute, migliorare la qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie, conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema, promuovere uno sviluppo economico sostenibile Ne consegue che, in linea generale, poiché l’oggetto della valutazione è il progetto di un’opera o di una sua modifica ancora da attuare, valutare ciò che è già stato realizzato ed edificato vanificherebbe gli obiettivi che il legislatore euro-unitario e nazionale si sono prefissati, ovverosia analizzare ex ante se la localizzazione e la realizzazione di una determinata opera, per come progettata, sia conciliabile con il determinato contesto geografico prescelto per la sua costruzione e, ove questo interrogativo sortisca una risposta favorevole, quale sia la soluzione progettuale che permetta di ottimizzare l’edificazione dell’opera con i preminenti valori presidiati mediante l’istituto in esame. Poiché, quindi, l’intera procedura ha come postulato la modificabilità del progetto, non avrebbe senso effettuare la valutazione dopo la realizzazione dell’opera.
A tale regola generale per cui la VIA deve precedere e non seguire la realizzazione dell’opera può derogarsi eccezionalmente, solo qualora l’esperimento postumo della procedura di valutazione consenta di ottenere “un effetto utile”. Il che presuppone due condizioni, ovverosia che si tratti di modifiche ancora da eseguire (con la conseguenza che la VIA sarà limitata solo a esse) e che si tratti di modifiche idonee a determinare una variazione negli impatti che l’attività svolta nell’impianto potrebbe avere sull’ambiente.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 141 del 17 febbraio 2023.


Il TAR Brescia ricorda che chi lamenta l’illegittimità della procedura di VAS è tenuto a dimostrare che dagli esiti di tale procedura sia derivata l’assunzione di scelte pianificatorie lesive del proprio interesse. L’interesse a impugnare lo strumento pianificatorio non può infatti esaurirsi nella generica aspettativa a una migliore pianificazione dei suoli di propria spettanza, richiedendosi, invece che le determinazioni lesive fondanti l’interesse a ricorrere siano effettivamente condizionate, ossia causalmente riconducibili in modo decisivo, alle preliminari conclusioni raggiunte in sede di V.A.S., con la conseguenza che l’istante ha l’onere di precisare come e perché tali conclusioni nella specie abbiano svolto un tale ruolo decisivo sulle opzioni relative ai suoli in sua proprietà.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 1114 del 7 novembre 2022


Il TAR Milano ricorda che coerentemente con lo scopo ad essa assegnato di valutare l'attività oggetto del piano anche sotto il profilo ambientale e non solo sotto quello, spesso in conflitto col primo, della immediata opportunità e convenienza, la VAS va compiuta "contestualmente" all'elaborazione del piano o programma, comprende fra l'altro una necessaria fase di "consultazioni", ovvero deve garantire la partecipazione degli interessati sulla specifica tematica e la loro informazione, ed è prevista, per quanto qui rileva, a pena di illegittimità del piano o programma stesso (art. 11 del d.lgs. 152/2006).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1975 del 8 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa che costituisce principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui la sottoposizione di un progetto, per il quale in precedenza sia già stata esclusa la necessità di sottoposizione a VIA vera e propria, a nuova verifica di assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale deve essere effettuata solo qualora tale progetto sia stato oggetto di modifiche sostanziali e cioè di modifiche che – ai sensi dell’art. 5, primo comma, lett. l-bis), del d.lgs. n. 152 del 2006 – abbiano determinato una variazione tale da incidere in maniera significativa e negativa sull'ambiente o sulla salute umana. A tal fine è dunque necessaria la sussistenza di modifiche che comportino la realizzazione di un’opera radicalmente diversa da quella già in precedenza esaminata, tale da indurre il peggioramento dell'impatto dell'opera stessa sull'ambiente (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 26 ottobre 2010, n. 1142; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 28 giugno 2021, n. 4462; T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 15 luglio 2013, n. 6997). Questo principio, a parere del TAR, deve trovare applicazione, non solo nel caso di modifica dell’impianto, ma anche nel caso di modifica della situazione di fatto: i mutamenti sopravvenuti della situazione di fatto considerata nel corso della procedura di screening rilevano, quindi, esclusivamente quando siano tali da determinare un diverso e più incisivo impatto dell’opera sull’ambiente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1798 del 26 luglio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano precisa:
<<L'AIA e l'autorizzazione paesaggistica sono titoli abilitativi della specifica attività e delle opere ad essa connesse, perciò – come tra l'altro chiaramente si evince dall'art. 29, co. 1, d.lgs. 152/2006 – presuppongono il rilascio di una VIA positiva. Poiché diversi sono gli accertamenti e le finalità delle autorizzazioni, è possibile che l'AIA (come del resto l'autorizzazione paesaggistica) sia negata anche in presenza di una VIA positiva, ma «una valutazione d'impatto ambientale negativa preclude senz'altro il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale» (Cons. Stato, Sez. IV, 18 luglio 2017, n. 3559; Id., Sez. V, 6 luglio 2016, n. 3000).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1034 del 6 maggio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia, con riferimento alla problematica relativa all'ammissibilità di una valutazione d'impatto ambientale su impianti preesistenti all'entrata in vigore dell’istituto e, quindi, mai sottoposti ad un giudizio di compatibilità con il contesto ambientale in cui sono stati localizzati, osserva:
<<La questione è stata affrontata anche dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 209 del 2011) la quale ha preliminarmente evidenziato che «né la direttiva n. 85/337/CEE, né il cosiddetto Codice dell'ambiente (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante "Norme in materia ambientale") disciplinano espressamente l'ipotesi di rinnovo di autorizzazione o concessione riguardanti un'attività avviata in un momento in cui non era prescritto l'obbligo di sottoposizione a VIA. Pertanto, la giurisprudenza comunitaria e quella nazionale sono state chiamate a dare risposta al quesito se sia possibile - stante il carattere preventivo della VIA, riguardante piani e progetti - estendere l'obbligo di effettuarla ad opere per le quali tale valutazione non era necessaria al momento della loro realizzazione».
La V.I.A. è, infatti, una procedura di supporto per l'autorità competente volta ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un'opera, il cui progetto è sottoposto ad autorizzazione. Essa è quindi un procedimento di valutazione ex ante degli effetti prodotti sull'ambiente da determinati interventi progettuali, il cui obiettivo consiste nel proteggere la salute, migliorare la qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie, conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema, promuovere uno sviluppo economico sostenibile (ex multis T.A.R. Campania, Napoli sez. V, 01/03/2021, n.1327). Ne consegue che, in linea generale, poiché l’oggetto della valutazione è il progetto di un’opera o di una sua modifica ancora da attuare, valutare ciò che è già stato realizzato ed edificato vanificherebbe gli obiettivi che il legislatore euro-unitario e nazionale si sono prefissati, (analizzare ex ante se la localizzazione e la realizzazione di una determinata opera, per come progettata, sia conciliabile con il determinato contesto geografico prescelto per la sua costruzione e, ove questo interrogativo sortisca una risposta favorevole, quale sia la soluzione progettuale che permetta di ottimizzare l'edificazione dell'opera con i preminenti valori presidiati mediante l'istituto in esame).
Poiché, quindi, l’intera procedura ha come postulato la modificabilità del progetto, non avrebbe senso effettuare la valutazione dopo la realizzazione dell’opera.
Sulla scia di tale impostazione si colloca l’art. 29 del codice dell’ambiente che prevede l’eccezionale possibilità di effettuare una valutazione di impatto ambientale c.d. “postuma” per assicurare alla Direttiva del 1985 il c.d. “effetto utile”, il quale non deve però essere esteso sino a consentire di «rimettere in discussione, nella loro interezza, le localizzazioni di tutte le opere e le attività ab antiquo esistenti. Ciò sarebbe contrario al ragionevole bilanciamento che deve esistere tra l'interesse alla tutela ambientale ed il mantenimento della localizzazione storica di impianti e attività, il cui azzeramento - con rilevanti conseguenze economiche e sociali - sarebbe l'effetto possibile di un'applicazione retroattiva degli standard di valutazione divenuti obbligatori per tutti i progetti successivi al 3 luglio 1988, data di scadenza del termine di attuazione della suddetta direttiva, già definita "spartiacque" dalla sentenza n. 120 del 2010 di questa Corte» (cfr. Corte Costituzionale, sent. 209/11, cit.). Anche in questo caso, quindi, il giudizio di compatibilità ambientale riguarderà solo il progetto di modifica o di ampliamento dell'impianto, senza estendersi all'intera opera, e sempre che ricorra il presupposto delle «notevoli ripercussioni negative sull'ambiente» (ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 14/07/2020, n.3086).>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 406 del 27 aprile 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia osserva che:
<<I più recenti approdi giurisprudenziali – che il Collegio condivide - hanno precisato che il provvedimento di VIA (o di esclusione di assoggettamento a VIA) è impugnabile dai soggetti legittimati dalla sola prossimità ai luoghi interessati dall’intervento (c.d. “vicinitas”) anche senza la dimostrazione di una lesione puntuale e, quindi, a maggior ragione da quelli ... che lamentando un pregiudizio diretto alla proprietà, senza che sia richiesta la dimostrazione anche di un danno certo all’ambiente giacché “la tutela dell’ambiente si connota per una peculiare ampiezza del riconoscimento della legittimazione partecipativa e dei coinvolgimento dei soggetti potenzialmente interessati, com’è dimostrato dalle scelte legislative (di recepimento delle norme europee e della Convenzione di Aarhus) in tema di partecipazione alle procedure di VAS. e VIA, di legittimazione all’accesso alla documentazione in materia ambientale, di valorizzazione degli interessi “diffusi” anche quanto al profilo della legittimazione processuale (Consiglio di Stato sez. IV, 12 maggio 2014, n.2403). In tale ottica, pretendere la dimostrazione di un sicuro pregiudizio all’ambiente o alla salute, ai fini della legittimazione e dell’interesse a ricorrere, costituirebbe una “probatio diabolica”, tale da incidere sul diritto costituzionale di tutela in giudizio delle posizioni giuridiche soggettive (Cons. Stato, sez. V, 31 maggio 2012, n. 3254: cfr. anche sez. V, n. 5193 del 16 settembre 2011). Ai fini della sussistenza delle condizioni dell’azione avverso provvedimenti lesivi dal punto di vista ambientale, il criterio della “vicinitas” - ovvero il fatto che i ricorrenti vivano abitualmente in prossimità del sito prescelto per la realizzazione dell’intervento o comunque abbiano uno stabile e significativo collegamento con esso, tenuto conto della portata delle possibili esternalità negative - rappresenta quindi un elemento di per sé qualificante dell’interesse a ricorrere (Cons. Stato, sez. IV, 21 dicembre 2017, n. 6667)” (Cons. Stato, sez. IV, 16.11.2020 n. 6862)>>.
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 312 del 1 aprile 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, a fronte di un motivo con il quale si censura la mancata valutazione della c.d. alternativa zero in materia di VIA per un impianto di produzione di calcestruzzo, conglomerato bituminoso e di fresato d’asfalto con recupero di rifiuti, osserva che nel caso di valutazione di fatti omissivi, genus a cui appartiene l’alternativa zero, la valutazione non può che avvenire considerando non tanto le conseguenze della inerzia, quanto le conseguenze del fatto opposto ossia, nel caso di specie, dell’attività antropica da autorizzare, ponendo così in luce pro e contro dell’azione e, di riflesso, della non azione; analizzare le conseguenze derivanti dall’attività antropica ponendole a confronto con lo status quo ante equivale, pertanto, a prendere in considerazione l’alternativa zero.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 146 del 16 febbraio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, dopo aver ricordato che ai sensi dell’Allegato B alla L.R. Lombardia 2/2/2010, n. 5  sono sottoposti alla verifica di assoggettabilità a VIA, di cui all'articolo 6, gli «Impianti per il trattamento biologico o anche chimico fisico (quali ad esempio digestori per la produzione del biogas, denitrificatori, impianti di strippaggio, etc.) di reflui di allevamenti, biomasse e/o altre materie organiche, con una potenzialità di trattamento superiore a 150 tonnellate/giorno di materie complessivamente in ingresso al sistema», reputa che, ai fini della verifica del rispetto della soglia delle 150 t/g, la norma deve essere interpretata nel senso che, laddove essa richiama le «materie complessivamente in ingresso al sistema», intende fare riferimento alle materie in ingresso nell’impianto di trattamento e non, invece, genericamente, alle materie in entrata nell’azienda dov’è ubicato l’impianto.
Queste ultime, a ben vedere, non possono rilevare ai fini della verifica della potenzialità dell’impianto poiché, da un lato, non è certo il momento in cui le stesse saranno effettivamente «trattate», non essendo prescritto di immettere nell’impianto tutte le biomasse il giorno stesso del loro arrivo in azienda; e, dall’altro, il relativo rifornimento dipende da circostanze che non sono del tutto dipendenti dalla volontà del gestore dell’impianto (ma legate, ad esempio, al ciclo stagionale della coltura di provenienza).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2792 del 13 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano risulta illegittimo l’operato dell’Amministrazione Provinciale che, in sede di screening ambientale di cui all’art. 19 del D.lgs. n. 152/2006, ha disposto di assoggettare a VIA un progetto che - in applicazione di criteri predeterminati di cui alla DGR 11317/2010, vincolanti per l’Amministrazione stessa quali autolimiti alla propria discrezionalità - è risultato pacificamente non soggetto a VIA.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2895 del 23 dicembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Per il TAR Brescia non c’è dubbio che il Piano di zonizzazione acustica sia un vero e proprio Piano, avente efficacia precettiva e prevalente sulla strumentazione urbanistica comunale, in tutto e per tutto sussumibile in quegli “atti e provvedimenti di pianificazione e di programmazione comunque denominati (...) elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, amministrativa o negoziale e (....) previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative”, per i quali il d.lgs. n. 152/2006 impone la VAS.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 754 del 12 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


La sottoposizione di un progetto, per il quale in precedenza sia già stata esclusa la necessità di sottoposizione a VIA vera e propria, a nuova verifica di assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale deve essere effettuata solo qualora tale progetto sia stato oggetto di modifiche sostanziali e cioè di modifiche che – ai sensi dell’art. 5, primo comma, lett. l-bis), del d.lgs. n. 152 del 2006 – abbiano determinato una variazione tale da incidere in maniera significativa e negativa sull'ambiente o sulla salute umana. A tal fine è dunque necessaria la sussistenza di modifiche che comportino la realizzazione di un'opera radicalmente diversa da quella già in precedenza esaminata, tale da indurre il peggioramento dell'impatto dell'opera stessa sull'ambiente.


TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1824 del 26 luglio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.