Il TAR Lazio, pur rilevando l’assenza della sottoscrizione digitale in formato PAdES al momento della notifica dell’atto e dell’iniziale deposito e che la copia notificata ai fini dell’instaurazione del giudizio risulta sottoscritta con firma digitale CAdES, ritiene ammissibile il ricorso e non ravvisa alcuna necessità di procedere a una regolarizzazione, ancorché l’amministrazione non si sia costituita in giudizio.

La sentenza del TAR Lazio, Roma, Sezione Prima bis, n. 5912 del 25 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ribadisce che il vincolo disposto dall’art. 96, lett. f), del regio decreto n. 523 del 1904 implica l'inedificabilità assoluta delle aree poste a distanza minore di metri 10 dal piede degli argini e richiama la giurisprudenza, secondo la quale:
- detto vincolo comporta inderogabile inedificabilità ex art. 33 della legge n. 47 del 1985, tale da precludere il rilascio di concessione in sanatoria;
- il vincolo in questione è efficace e cogente sia nel caso in cui il corso d'acqua sia stato coperto da una strada pubblica sia nel caso in cui l'acqua demaniale non sia suscettibile di utilizzazione a fini pubblici o collettivi

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1288 del 17 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Ricordiamo che venerdì 1 giugno 2018, presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, Largo A. Gemelli, 1, Aula G.127 Pio XI, si terrà il Convegno: «La “tirannia” dei moduli: semplificazione o limite al procedimento e al processo?».

L’iscrizione è gratuita e può essere effettuata tramite il sito di SOLOM, secondo le modalità indicate nello stesso sito e comunque sino all'esaurimento dei posti disponibili.

Locandina


Il TAR Milano ribadisce che è improcedibile l’impugnazione del provvedimento di esclusione ove il ricorrente abbia omesso di contestare il successivo provvedimento di aggiudicazione, sicché l’eventuale accoglimento del ricorso avverso l’esclusione non gli consentirebbe di conseguire il bene della vita preteso, perché, per effetto del provvedimento di aggiudicazione non contestato, il bene stesso risulta affidato definitivamente all’aggiudicatario.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1165 del 2 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa è pubblicata la proroga della procedura per l’individuazione di n. 8 neolaureati in giurisprudenza per lo svolgimento di un periodo di formazione teorico-pratica presso il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione di Milano, per la durata di 18 mesi, ai sensi dell’art. 73, d.l. n. 69/2013.
Il termine ultimo per la presentazione delle domande sarà, pertanto, lunedì 25 giugno 2018
Sul sito  istituzionale della Giustizia Amministrativa è pubblicato anche il modello di domanda.




Il TAR Milano precisa che il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche riguarda i casi di aggiunta o sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelli di semplice recesso di una delle imprese del raggruppamento, laddove l'Amministrazione abbia già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell'impresa, o delle altre imprese componenti il raggruppamento; pertanto, va ammesso alla stipula del contratto un raggruppamento temporaneo di imprese che abbia espulso dallo stesso una delle mandanti, a causa della dichiarazione di fallimento, senza darsi luogo alla sua sostituzione, ma solo alla sua esclusione, non incidendo detta modifica sul possesso dei requisiti soggettivi in capo al raggruppamento stesso.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1224 del 7 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 120 del 25 maggio 2018, è pubblicata la delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione 2 maggio 2018, con oggetto: Linee Guida n. 2, di attuazione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recanti «Offerta economicamente più vantaggiosa».

La Gazzetta Ufficiale n. 120 del 25 maggio 2018 è consultabile sul sito della Gazzetta Ufficiale. 


La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, con deliberazione n. 154/2018 depositata il 14 maggio 2018, discostandosi da un precedente parere, aderisce all’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa che ammette la scomputabilità indistinta degli oneri di urbanizzazione indipendentemente dalla natura delle opere di urbanizzazione (primaria o secondaria) realizzate dall’operatore economico. 
La Corte, dopo aver passato in rassegna la normativa relativa alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e la funzione che le stesse assolvono, si sofferma in particolare sul contributo dovuto da chi deve costruire, evidenziando che il legislatore non ha mai operato nessuna distinzione in merito.
Infatti, la Corte ricorda che:
- «La distinzione tra le opere di urbanizzazione primaria e secondaria (e dei connessi oneri), che i comuni ogni cinque anni aggiornano, secondo quanto dispone il comma 5 dell'articolo 16 del TU, sulla base dei "riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale", assume sia nella legislazione risalente, sia nelle più recenti innovazioni, una connotazione che non presenta distinzioni sotto il profilo del trattamento finanziario. In altre parole, la struttura dell'opera da realizzare implica interventi di urbanizzazione di diversa natura, cui è associato un onere a carico dell'operatore, periodicamente rivisto dai comuni in base al loro costo»;
- «L'uniformità sotto il profilo finanziario degli oneri di urbanizzazione condurrebbe il ragionamento sistematico a propendere per l'ammissibilità dello scomputo in maniera indistinta degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, qualora il titolare del permesso di costruire abbia realizzato direttamente opere di urbanizzazioni primarie d'importo maggiore rispetto a quanto dovuto in base ai parametri tabellari».
Una volta introitati gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, il Comune può, infatti, realizzare indifferentemente opere sia di urbanizzazione primaria che secondaria, senza che sia vincolato a destinare in maniera distinta le somme ad opere di diversa natura in ragione del titolo di riscossione degli oneri.
La Corte prende le mosse da una prospettiva di ordine finanziario per approdare ad una proposizione di scomputabilità indifferenziata degli oneri, dal momento che la norma non prevede nessuna distinzione e richiama nel parere (forse) l’ultima decisione della giurisprudenza amministrativa sull’argomento del TAR Campania, sez. Salerno, n. 179 del 31 gennaio 2017, secondo cui: «Ebbene, va evidenziato, come dedotto in ricorso, che secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione di discostarsi in questa sede, "può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall'importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi,non ravvisandosi ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale: difatti lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria,atteso che la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 1. 28 gennaio 1977 n. 10) delle due categorie di opere vieta all'interprete di introdurre una siffatta distinzione"( cfr. T.A.R. Toscana Firenze, sez. III, 11 agosto 2004, n. 3181; Consiglio di Stato, sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4015; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I 02 febbraio 2012 n. 279».
Anche la più recente sentenza del Consiglio di Stato sull’argomento replica l’orientamento più volte espresso, in forza del quale la legge «non consente alcuna distinzione tra opere di urbanizzarne primaria e secondaria, di guisa che il concessionario ha diritto a che le eccedenze delle opere realizzate per un tipo di urbanizzazione rispetto all’importo del contributo dovuto per quel tipo di opere siano portate in detrazione anche dall’ammontare del contributo dovuto per le opere dell’altro tipo» (Cons. Stato, sez. V, n. 5800 del 21 dicembre 2015).
La distinzione prevista, invece, dalla L.R. n. 12/2005 che impediva la scomputabilità indifferenziata degli oneri, in quanto l’art. 46 sanciva che lo scomputo avvenisse “distintamente” per le opere di urbanizzazione realizzate dall’operatore, è stata soppressa dalla L.R. n. 7/2010.
Con la soppressione dell’avverbio “distintamente” non vi è, pertanto, più nessuna ragione per non consentire lo scomputo indifferenziato degli oneri, in quanto appare evidente che la ratiodella modifica legislativa regionale è stata quella di rendere scomputabile l’importo sostenuto dall’operatore per la realizzazione di qualsiasi tipologia di opere di urbanizzazione e rendere così la disposizione regionale sul punto conforme a quella statale.
Virginia Manzi

La deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, n. 154 resa nell’adunanza del 8 maggio 2018 e depositata il 14 maggio 2018, è consultabile sul sito istituzionale della Corte dei conti al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ritiene illegittimo un ordine di rimessione in pristino per assenza nel caso scrutinato di un pregiudizio effettivo per l’interesse pubblico alla base dell’esercizio del potere amministrativo e del controllo urbanistico del territorio.
Nella fattispecie si trattava di una sopraelevazione, realizzata 54 anni prima dell’accertamento, pari a 53 cm. che ha condotto ad un aumento di un edificio condominiale, da mt. 16,50 (originariamente assentiti) a mt. 17,03 (effettivamente realizzati), e che ha dato luogo a incrementi nei singoli appartamenti che però risultavano essere stati sanati dai proprietari delle unità immobiliari mediante il pagamento della sanzione prevista dall’articolo 34 del T.U. Edilizia.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 2836 del 12 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa sono reperibili i nuovi moduli aggiornati al 25 maggio 2018 con le nuove istruzioni per il deposito degli atti e documenti.

Si ricorda che il TAR Milano ha dichiarato tardivo il deposito telematico avvenuto fuori termine di una memoria pur in presenza di una certificazione depositata dalla quale risulta che l’atto difensivo non è stato accettato dal sistema informatico nel termine predetto in quanto il modulo di deposito utilizzato non era più valido, atteso che l’errore nel deposito non può essere imputato né al Tribunale né ad una causa di forza maggiore, quanto a una negligenza della parte: si veda il precedente post del 7 aprile 2018.


La Corte di Giustizia UE, in materia di concorrenti collegati che hanno presentato offerte separate per il medesimo appalto, statuisce che:
«L’articolo 2 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che:
– in assenza di esplicita previsione normativa o di condizione specifica nel bando di gara o nel capitolato d’oneri che disciplina le condizioni di aggiudicazione di un appalto pubblico, offerenti collegati, che presentano offerte separate in una medesima procedura di gara, non sono tenuti a dichiarare, di loro propria iniziativa, i loro collegamenti all’amministrazione aggiudicatrice;
– l’amministrazione aggiudicatrice, quando dispone di elementi che mettono in dubbio l’autonomia e l’indipendenza di offerte presentate da taluni offerenti, è tenuta a verificare, eventualmente richiedendo informazioni supplementari dai suddetti offerenti, se le loro offerte siano effettivamente autonome e indipendenti. Se risulta che le offerte in discussione non sono autonome e indipendenti, l’articolo 2 della direttiva 2004/18 osta all’attribuzione dell’appalto agli offerenti che abbiano presentato offerte di tal genere».

La sentenza della Quarta Sezione del 17 maggio 2018 (causa C-531/16) della Corte di Giustizia UE è consultabile sul sito della Corte di Giustizia al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, dopo aver ricordato che la Corte di Giustizia UE ha chiarito che gli Stati membri sono obbligati ad eliminare le conseguenze illecite derivanti dall’omessa effettuazione della valutazione ambientale e che, proprio per questa ragione, il diritto dell’Unione non osta a che tale valutazione sia effettuata ex post, purché le norme nazionali che consentono la regolarizzazione non forniscano agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto comunitario o di esimersi dall’applicarle e purché la valutazione postuma tenga conto anche dell’impatto ambientale già intervenuto (Corte di Giustizia UE 26 luglio 2017, cause riunite C-196/16 e C-197/16), ritiene che queste conclusioni, raggiunte in materia di VIA, possono essere estese alla VAS posto che, anche in materia di VIA, il diritto dell’Unione impone l’effettuazione preventiva della procedura di valutazione ambientale (art. 2, paragrafo 1, della direttiva 2011/92/UE) e che, anche per la VIA così come per la VAS, tale soluzione è giustificata dalla necessità che, a livello di processo decisionale, l’autorità tenga conto il prima possibile delle ripercussioni sull’ambiente di tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1319 del 21 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano richiama l’orientamento della giurisprudenza sull’ordinanza contingibile e urgente, secondo cui:
- è espressione di una potestà residuale, extra ordinem, il cui esercizio può essere giustificato solo allorquando ricorrano circostanze eccezionali e imprevedibili, tali da integrare un attuale e concreto pericolo per gli interessi pubblici normativamente contemplati e insuscettibili di tutela con gli ordinari strumenti apprestati dall’ordinamento;
- è ontologicamente connotata dai caratteri della provvisorietà e temporaneità, quanto alla efficacia, nonché da quello della proporzionalità, relativamente al quid e al quomodo.
Precisa quindi il TAR Milano che nella fattispecie scrutinata (ordinanza che ha disposto, per ragioni di inquinamento acustico, l’anticipazione alle ore 22:00, invece delle ore 2:00, dell’orario di chiusura del locale in cui la società ricorrente svolgeva l’attività di somministrazione di alimenti e bevande), la mancanza di un dies ad quem entro cui concludere il termine di efficacia dell’ordinanza impugnata vizia ex se l’azione amministrativa, conducendo all’annullamento del provvedimento impugnato.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1295 del 17 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano ritiene illegittima l’esclusione disposta dalla stazione appaltante sulla base del mero riscontro formale della mancata esplicitazione nell’offerta della ricorrente del costo della manodopera.
Secondo il TAR Milano, l’amministrazione, a fronte di tale riscontro, deve chiedere chiarimenti alla concorrente in esercizio del dovere di soccorso istruttorio, al fine di consentirle di sopperire alla lacuna presente nella formulazione dell’offerta e ciò non contrasta con i limiti che l’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50/2016 pone all’esercizio del soccorso istruttorio, poiché nello stadio in cui si trova la procedura non è ancora possibile stabilire se l’omissione sottenda una carenza essenziale dell’offerta o una mera irregolarità formale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1223 del 7 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato afferma che:
- se è vero che, normalmente, il ricorso incidentale escludente deve essere esaminato prima del ricorso principale, è altresì vero che una regola del genere non può valere per la (diversa) questione della corretta notificazione del ricorso principale; dalla soluzione di tale problema dipende, infatti, la corretta costituzione del rapporto giuridico processuale, ed è palese che, in mancanza di essa, non può nemmeno passarsi all'esame del ricorso incidentale, che, appunto, suppone la regolare instaurazione del giudizio
- ai sensi dell’art. 41 comma 2, c.p.a., in caso di impugnazione di una gara di appalto svolta in forma aggregata da un soggetto per conto e nell’interesse anche di altri enti, il ricorso deve essere notificato esclusivamente alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato.

La sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 8 del 18 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano esclude la possibilità che l’opera abusivamente realizzata possa essere sanata sulla base del solo riscontro della conformità agli strumenti urbanistici vigenti. 
Per il TAR Milano la c.d. “doppia conformità”, richiesta dall’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 per il rilascio dell’accertamento di conformità, costituisce un requisito dal quale non può prescindersi ai fini del rilascio della sanatoria di opere edilizie, mentre la c.d. “sanatoria giurisprudenziale” – consistente nel rilascio del titolo edilizio sulla base della sola conformità dell’opera abusiva rispetto alla pianificazione urbanistica vigente – finirebbe per dare luogo a un atto atipico con effetti provvedimentali che si colloca al di fuori di qualsiasi previsione normativa e che pertanto non può ritenersi ammesso nel nostro ordinamento, contrassegnato dal principio di legalità dell’azione amministrativa e dal carattere tipico dei poteri esercitati dall’Amministrazione, alla stregua del principio di nominatività, poteri che non possono essere surrogati dal giudice, pena la violazione del principio di separazione dei poteri e l’invasione di sfere di attribuzioni riservate all’Amministrazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1297 del 17 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Si segnala che venerdì 1 giugno 2018, presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, Largo A. Gemelli, 1, Aula G.127 Pio XI, si terrà il Convegno nazionale organizzato dalla Società Lombarda degli Avvocati Amministrativisti - SOLOM: «La “tirannia” dei moduli: semplificazione o limite al procedimento e al processo?».

Il convegno è in corso di accreditamento.

L’iscrizione è gratuita e può essere effettuata tramite il sito di SOLOM, secondo le modalità indicate nello stesso sito e comunque sino all'esaurimento dei posti disponibili.


La Corte di Cassazione ribadisce che l'assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a immissioni illecite nella fattispecie (rumori fastidiosi e odori sgradevoli provenienti da un depuratore), allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione e il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti (con riferimento, in particolare, all'art. 42, comma 2, Cost., che tutela la proprietà privata e detta i limiti per la compressione del relativo diritto), nonché tutelati dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto a uniformarsi.

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, 10861 del 7 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Corte di cassazione, Sezione SentenzeWeb.


Osserva il TAR Milano che la qualificazione giuridica dell’intervento non sempre è decisiva per stabilire quando si imponga il rispetto delle norme sulle distanze, in quanto ciò che appare rilevante è piuttosto il grado di innovatività della nuova opera rispetto alla precedente, dovendo ammettersi una deroga allorquando si tratti di interventi che comportino il recupero di un bene esistente già collocato a distanza inferiore a quella legale; soltanto se l’intervento, in ragione dell’entità delle modifiche apportate al fabbricato, renda l’opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente, è necessario il rispetto delle distanze di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, trattandosi di prescrizioni volte alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, che potrebbero venire irrimediabilmente compromesse dalla creazione di malsane intercapedini.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1243 del 10 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento, il Consiglio di Stato ha recentemente osservato che la disposizione dell’articolo 9, n. 2, del D.M. n. 1444 del 1968 riguarda “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici (o parti e/o sopraelevazioni di essi) costruiti per la prima volta e non gli edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse.
Secondo il Consiglio di Stato, a sostegno di tale affermazione va considerato che:
- la disposizione di cui all’articolo 41 quinquies della legge n. 1150 del 1942 impone il rispetto dei c.d. “standard urbanistici” ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, così significandosi che essi sono previsti dalla norma primaria per la nuova pianificazione urbanistica e non per intervenire sull’esistente;
- il discrimen in tema di distanze (con l’introduzione del limite inderogabile di 10 mt.), nella ratio dell’articolo 9, non è dato dalla differenza tra zona A e altre zone, quanto tra costruzione del tutto nuova (ordinariamente non ipotizzabile in zona A) e ricostruzione di un immobile preesistente; d’altra parte, a voler applicare il limite inderogabile di distanza ad un immobile prodotto dalla ricostruzione di un altro preesistente, si otterrebbe che, da un lato, l’immobile de quo non potrebbe essere demolito e ricostruito se non arretrando rispetto all’allineamento preesistente (con conseguente possibile perdita di volume e realizzandosi, quindi, un improprio effetto espropriativo del d.m. n. 1444/1968) e, dall’altro, che esso non potrebbe in ogni caso beneficiare della deroga di cui all’ultimo comma del citato articolo 9, allorquando la demolizione e ricostruzione (ancorchè per un solo fabbricato) non fosse prevista nell’ambito di uno strumento urbanistico attuativo con dettaglio planovolumetrico.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 2448 del 23 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.




Precisa il TAR Miano che la legittimazione ad agire non può sopperire alla mancanza dell'altra (e distinta) condizione dell'azione, ovvero l'interesse ad agire: una cosa, infatti, è la speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo, altra è l'interesse ad agire; nell'ambito del processo amministrativo l'interesse a ricorrere deve intendersi caratterizzato dalla presenza dei medesimi requisiti sostanziali che qualificano l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c. ovvero dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall'effettiva utilità che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato.
Aggiunge il TAR Milano che sarebbe del tutto inutile eliminare un provvedimento o modificarlo nel senso richiesto dal ricorrente, se questi non possa trarne alcun beneficio concreto in relazione alla sua posizione legittimante; in mancanza di deduzioni specifiche in ordine all'interesse ad agire, ovvero circa l’immediata lesione prodotta dal provvedimento impugnato, la domanda giudiziaria proposta innanzi al giudice amministrativo si traduce in una mera e inammissibile richiesta di ripristino della legalità asseritamente violata.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1240 del 10 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.