Il TAR Brescia osserva che anche se per le opere pubbliche (categoria estesa alle opere di interesse generale) non è necessario il rilascio di uno specifico titolo edilizio una volta che il progetto esecutivo sia stato approvato dall’amministrazione (nel caso in esame peraltro l’approvazione si è fermata al progetto preliminare), questo non esime dall’obbligo di allegare tutti gli studi tecnici richiesti a livello di permesso di costruire, compresi quelli relativi alla prevenzione dell’inquinamento acustico.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 712 del 19 agosto 2024


Il TAR Milano precisa, con riferimento alle modalità con cui l’ARPA ha effettuato dei rilievi fonometrici, nessuna delle disposizioni richiamate da parte ricorrente (la legge n. 447/1995, il d.M. 16 marzo 1998, con particolare riferimento al punto 12 dell’Allegato A, il d.P.C.M. 1 marzo 1991 e il d.P.C.M. 14 novembre 1997) impone la coincidenza temporale dei rilevamenti riguardanti il rumore ambientale e il rumore residuo, mentre la circostanza che i rilievi fonometrici siano stati effettuati in due giornate differenti non risulta, di per sé, sintomo di inattendibilità dell'accertamento svolto. Invero, il punto 12 dell'allegato A al d.M. del 16 marzo 1998 (recante “Tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico”) prevede che il livello di rumore residuo debba essere misurato con le identiche modalità impiegate per la misura del rumore ambientale e non deve contenere eventi sonori atipici. La disposizione non prevede, quindi, che la misurazione debba avvenire nella medesima giornata, richiedendosi, piuttosto, una identica strumentazione, ovvero una stessa impostazione dei parametri e del punto di misurazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2421 del 23 ottobre 2023

In un diverso giudizio, il TAR Milano accoglie un ricorso nella parte in cui la ricorrente (che gestisce un esercizio pubblico dove viene esercitata l’attività di somministrazione di cibo e bevande e di organizzazione di eventi d’intrattenimento e di spettacolo) lamenta che i rilievi fonometrici non sono stati effettuati sulla base della c.d. uniformità del clima acustico in quanto il rumore ambientale e il rumore residuo risultano essere stati rilevati in appartamenti diversi. Se è vero che la necessaria misurazione, ai sensi del citato D.M. 16 marzo 1998, "con le identiche modalità impiegate per la misura del rumore ambientale" non implica identità di data e orario, la previsione normativa mostra comunque la ratio evidente di garantire quella sostanziale uniformità di clima acustico rivendicata dalla ricorrente. Il Collegio considera, quindi, che nel caso in esame sia mancata la uniformità del clima acustico risultando evidente che le misurazioni relative al rumore ambientale e quelle relative al rumore residuo non sono state effettuate nello stesso appartamento per cui il provvedimento impugnato risulta illegittimo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2422 del 23 ottobre 2023


Secondo il TAR Milano, il potere di cui all'art. 9 l. n. 447/1995 non va riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza contingibile e urgente in materia di sanità ed igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sé una minaccia per la salute pubblica e il potere del Sindaco di emanare l'ordinanza ex art. 9 l. n. 447/1995 è un dovere connesso all'esercizio delle sue pubbliche funzioni, al quale non può sottrarsi (anche se è leso un solo soggetto) spogliandosi del potere, di valore pubblicistico, di reprimere l'inquinamento acustico e attribuendolo al privato, cui il codice civile riconosce la facoltà di esercitare il diritto a non subire le emissioni dannose e non il dovere, se eccedenti i valori massimi consentiti.


In tema di inquinamento acustico, il TAR Brescia ricorda trattarsi di una materia a legislazione concorrente tra Stato e Regioni regolata dalla legge quadro (legge n. 447 del 26 ottobre 1995) e dalle disposizioni regionali che le hanno dato attuazione. Nello specifico, la legge 447/95 (dedicata all’individuazione dei principi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente dall'inquinamento acustico) ha previsto, all’art. 4, che le regioni individuino, con legge, i criteri guida a cui i comuni devono attenersi nell’emanazione dei propri provvedimenti di zonizzazione acustica. Tale disposizione è stata attuata, in Lombardia, con la l.r. 18 agosto 2001 n. 13, la quale ha individuato una serie di criteri generali demandando, poi, la predisposizione delle direttive di dettaglio per la redazione della classificazione acustica ad un apposito provvedimento della Giunta regionale, che è stato adottato l’anno successivo (d.G.R. 12 luglio 2002 n. 7/9776).
Dall’esame congiunto delle disposizioni enunciate emerge che i Comuni devono suddividere acusticamente il proprio territorio in zone acustiche omogenee, secondo i parametri individuati dalla tabella A allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 1997.
Viene inoltre ricordato che, per costante giurisprudenza, anche del TAR Brescia, l'attività demandata all'amministrazione comunale per la classificazione acustica del proprio territorio si connota in termini ampiamente discrezionali, sia quanto alla delimitazione delle singole zone, sia quanto alla loro classificazione, specialmente in relazione all'individuazione delle classi intermedie; la zonizzazione acustica costituisce, infatti, esercizio di un vero e proprio potere pianificatorio discrezionale, avente lo scopo di migliorare, ove possibile, l'esistente, ma tenendo conto della pianificazione urbanistica.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 516 del 13 giugno 2023


Secondo il TAR Milano, una villa utilizzata in forma continuativa per accogliere l’organizzazione professionale di attività ludico ricreative, quali matrimoni, feste, compleanni ecc., rientra tra le infrastrutture adibite ad attività ricreative e, per l’effetto, soggetta ai controlli comunali del rispetto della normativa per la tutela dell’inquinamento acustico di cui all’art. 6, co. 1, lett. d) e g), della legge n. 447 del 1995 in qualità di sorgente sonora fissa.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 634 del 14 marzo 2023.





Il TAR Milano precisa che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, pienamente condiviso dal Collegio, la misurazione dei livelli di rumore residuo deve essere effettuata con modalità omogenee rispetto alla misurazione del rumore ambientale (Consiglio di Stato, Sezione II, 28 dicembre 2021, n. 8649). La sostanziale uniformità delle modalità di misurazione si riferisce anche all’elemento temporale, il quale, insieme all’elemento spaziale, è stato espressamente considerato dalla fonte secondaria per la misurazione del LA, come <<livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato “A”, prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 8 del 2 gennaio 2023.


Il Tar Milano esamina un ricorso con il quale si impugna un’ordinanza di inibizione all’utilizzo di impianti di diffusione sonora e svolgimento di manifestazioni ed eventi con diffusione di musica o utilizzo di strumenti musicali in periodo notturno, in quanto a seguito di controlli svolti da A.R.P.A. Lombardia, era stato accertato che nell’esercizio gestito dal ricorrente si era verificato il superamento dei valori limite differenziali di immissione.
Il ricorrente contesta la violazione dell’articolo 7 della legge 241/1990 per mancata partecipazione al procedimento amministrativo, asserendo che avrebbe potuto depositare in sede procedimentale l’esito delle indagini svolte in precedenza, nell’ambito delle quali era stato riscontrato un rapporto tra il livello di rumore ambientale e quello di rumore residuo rientrante nei limiti di legge, diversamente da quanto invece accertato dall’A.R.P.A. Lombardia.
Il Tar accoglie il motivo e osserva:
<<il provvedimento risulta illegittimo per violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, non sanabile ai sensi dell’art. 21 octies l. cit., giacché le modalità di svolgimento della misurazione svolta nel procedimento amministrativo per inquinamento acustico, inciso dall’assenza di un tecnico di fiducia della parte non avvisata, possono averne significativamente inficiato l’esito.
Deve ritenersi quindi fondato il ricorso nella parte in cui si lamenta la violazione delle garanzie procedimentali rappresentando che se alla ricorrente fosse stato consentito di partecipare la stessa avrebbe potuto fornire un apporto collaborativo importante al procedimento in particolare versando in atti i risultati delle indagini svolte in proprio …
Non trova d’accordo il Collegio, quindi, il chiarimento reso dal Comune … secondo cui sarebbe stato controproducente dal punto di vista dell’attendibilità degli esiti delle rilevazioni mettere, potenzialmente, l’interessato in condizione di modificare modi e tempi di svolgimento della sua attività in relazione all’effettuazione delle misurazioni, tenuto conto che uno dei dati in contestazione e da verificare in contraddittorio è proprio quello riferito al c.d. “rumore residuo” che dovrebbe risultare oggettivo in quanto riferito al rumore di base di sottofondo.>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2514 del 14 novembre 2022.


Il TAR Brescia ritiene illegittima un’ordinanza ex art. 9 della legge n. 447 del 1995, con la quale, accertata la violazione dell’articolo 4 del d.P.C.M. 14 novembre 1997, è stato vietato alla società ricorrente che gestisce un locale di pubblico spettacolo (discoteca) di effettuare intrattenimento musicale e riproduzione di musica nelle aree esterne del locale, senza fissare un termine di durata dell’efficacia del provvedimento. 
Osserva il TAR che:
<<per costante giurisprudenza amministrativa, infatti, tra i presupposti per l'emissione dell'ordinanza de qua, fissati in maniera precisa dall'art. 9 della legge n. 447 del 1995, rientra anche la temporaneità della misura (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 13 maggio 2016, n. 2457). Poiché, quindi, il sindaco ha espressamente ritenuto «di non fissare un termine finale di durata dell’efficacia della presente (Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2011, n. 3922 e 13 agosto 2007, n. 4448) stante la concreta situazione di pericolo accertata, rapportata alla situazione di fatto» e siccome anche la stessa giurisprudenza richiamata prevede espressamente che, anche se le ordinanze contingibili e urgenti non devono necessariamente avere un termine finale espresso, esse non possono comunque acquisire il carattere della stabilità (Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2011, n. 3922), la censura è fondata e deve essere accolta>>.
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 1054 del 31 ottobre 2022.


Il TAR Milano, dopo aver ricordato che l'esercizio del particolare potere di ordinanza contingibile e urgente, delineato dall'art. 9 della L. 26 ottobre 1995, n. 447, deve ritenersi consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti agenzie Regionali di Protezione Ambientale rivelino la presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, precisa che la norma da ultimo richiamata non può essere riduttivamente intesa come una mera (e, quindi, pleonastica) riproduzione, nell'ambito della normativa di settore in tema di tutela dall'inquinamento acustico, del generale potere di ordinanza contingibile e urgente tradizionalmente riconosciuto al Sindaco, in materia di sanità e igiene pubblica; con la conseguenza che l'utilizzo del particolare potere di ordinanza delineato dal citato art. 9 della L. n. 447 del 1995 assume carattere pressoché doveroso (in ciò decisamente differenziandosi rispetto ad altri poteri di ordinanza extra ordinem e in particolare dalle ordinanze sindacali ex artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267 del 2000) in ipotesi di superamento dei valori limite accertato dalle competenti Agenzie Regionali di Protezione Ambientale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2602 del 24 novembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il TAR Milano, se è pur vero in linea di principio che l’attività demandata all’amministrazione comunale per la classificazione acustica del proprio territorio si connota in termini ampiamente discrezionali, sia quanto alla delimitazione delle singole zone, sia quanto alla loro classificazione, è altresì vero che tra i parametri legali di ineludibile rispetto della concreta azione amministrativa svolta in materia di zonizzazione acustica, vi è il rispetto del c.d. preuso del territorio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2241 del 15 ottobre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Brescia precisa che la situazione di inquinamento acustico originata dalla violazione dei limiti di rumore previsti per una determinata zona non necessariamente coinvolge l'intera collettività, ben potendo l’amministrazione intervenire anche ove sia in discussione la salute di gruppi o di singoli individui; né detto intervento risulta precluso dalla possibilità per i privati che subiscono un pregiudizio dalla violazione delle norme in materia di rivolgersi all’autorità giudiziaria ordinaria azionando gli strumenti di intervento messi a disposizione dal codice civile.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 332 del 5 maggio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


La Corte di Cassazione precisa in materia di immissioni acustiche «Come è stato affermato da questa Corte (Cass. n. 1069 del 2017), in materia di immissioni sonore, mentre è senz’altro illecito il superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalla normativa rilevante in materia, l’eventuale rispetto degli stessi non può far considerare senz’altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi alla stregua dei principi di cui all’art. 844 c.c. Invero, se le emissioni acustiche superano, per la lor particolare intensità e capacità diffusiva, la soglia di accettabilità prevista dalla normativa a tutela dei interessi della collettività, a maggior ragione le stesse, ove si risolvano in immissioni nell’ambito della proprietà del vicino, devono per ciò solo considerarsi intollerabili ai sensi dell’art. 844 cc e, pertanto, illecite, anche sotto il profilo civilistico. L’eventuale rispetto dei limiti previsti dalla legge non può, tuttavia, fare considerare senz’altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi in relazione alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia da quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici del luogo, sui quali vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo). Spetta, peraltro, al giudice di merito accertare in concreto gli accorgimenti idonei a ricondurre tali immissioni nell’ambito della normale tollerabilità (Cass. n. 887 del 2011)».

Corte di Cassazione, Sez. VI, n. 2757 del 6 febbraio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Cassazione, sezione SentenzeWeb.


Secondo il Consiglio di Stato: «In materia di zonizzazione acustica del territorio, le scelte dell’Amministrazione non possono sovrapporsi meccanicamente alla pianificazione urbanistica, ma devono tener conto del disegno urbanistico voluto dal pianificatore, ovverossia delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio.
Ciò rileva sotto un duplice aspetto. Da un lato, rileva l’interesse pubblico generale alla conservazione del disegno di governo del territorio programmato dal pianificatore, il quale riflette un ben preciso interesse della comunità ad un certo utilizzo del proprio territorio, sul quale la medesima è stanziata. Da un altro lato, rileva l’interesse dei privati alla conservazione delle potenzialità edificatorie connesse alla titolarità dei diritti sui beni immobili e derivanti dalle pregresse e già effettuate scelte di pianificazione, le quali devono poter essere attuate pro futuro, avendo una natura tipicamente programmatoria».

Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 8443 del 12 dicembre 2019.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, dopo aver precisato che la DGR n. 9976/2002, al punto 2.1. indica che, quanto alle infrastrutture stradali, “La presenza di strade di quartiere o locali (strade di tipo E ed F di cui al D.lgs. 285/1992) ai fini della classificazione acustica è senz’altro da ritenere come un importante parametro da valutare per attribuire sulla strada la stessa classe di appartenenza delle aree prossime alla stessa . Le strade di quartiere o locali vanno pertanto considerate parte integrante dell’area di appartenenza ai fini della classificazione acustica, ovvero, per esse non si ha fascia di pertinenza ed assumono la classe delle aree circostanti, che in situazioni di particolare esigenza di tutela dall’inquinamento acustico può anche essere la classe I”, prende atto che il Comune di Milano ha compiuto una scelta diversa; invero, nel Documento di Classificazione Acustica del Comune di Milano, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 32 del 9 settembre 2013, nell’allegata relazione tecnica viene espressamente indicato, come criterio adottato per la predisposizione del Documento stesso, che “Le strade, i sedimi ferroviari, i fiumi ed i Navigli non sono stati classificati”.
Ne consegue, secondo il TAR, che l’area esterna in concessione (plateatico), ove viene esercitata l’attività di bar e ristorante nella zona dei Navigli a Milano, in quanto parte della strada, in base al Documento di classificazione acustica del Comune di Milano, non è classificata a tale fine e ad essa non possono applicarsi i valori di emissione sonora della zona, ma solo quelli di immissione da rilevarsi ai recettori.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1963 del 12 settembre 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.




La Corte di Cassazione afferma che, nell'accogliere la domanda volta a far cessare le immissioni, il giudice del merito, pur avendo la facoltà di scegliere tra le diverse misure consentite dalla norma, ha tuttavia l'obbligo di precisare le ragioni della scelta dell'una o dell'altra e di indicare con sufficiente determinazione le misure in concreto adottate, soprattutto quando ritenga impossibile adottare misure meno invasive ed indispensabile condannare il convenuto alla cessazione delle immissioni e quindi anche dell'attività che ad esse dà luogo.
Aggiunge poi la Corte che il danno non patrimoniale subito in conseguenza di immissioni di rumore superiore alla normale tollerabilità non può ritenersi sussistente in re ipsa, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno risarcibile con la lesione del diritto (nella specie quello al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane) ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, per il quale non vi è copertura normativa, ponendosi così in contrasto sia con l'insegnamento delle Sezioni Unite della S.C. (sent. n. 26972 del 2008), secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l'ulteriore e più recente intervento nomofilattico (sent. n. 16601 del 2017) che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l'ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell'art. 23 Cost.; ne consegue che il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un effettivo pregiudizio in termini di disagi sofferti in dipendenza della difficile vivibilità della casa, potendosi a tal fine avvalersi anche di presunzioni gravi, precise e concordanti, sulla base però di elementi indiziari (da allegare e provare da parte del preteso danneggiato) diversi dal fatto in sé dell'esistenza di immissioni di rumore superiori alla normale tollerabilità.

La sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Sesta, n. 19434 del 18 luglio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Cassazione, sezione SentenzeWeb.


Il TAR Milano richiama l’orientamento della giurisprudenza sull’ordinanza contingibile e urgente, secondo cui:
- è espressione di una potestà residuale, extra ordinem, il cui esercizio può essere giustificato solo allorquando ricorrano circostanze eccezionali e imprevedibili, tali da integrare un attuale e concreto pericolo per gli interessi pubblici normativamente contemplati e insuscettibili di tutela con gli ordinari strumenti apprestati dall’ordinamento;
- è ontologicamente connotata dai caratteri della provvisorietà e temporaneità, quanto alla efficacia, nonché da quello della proporzionalità, relativamente al quid e al quomodo.
Precisa quindi il TAR Milano che nella fattispecie scrutinata (ordinanza che ha disposto, per ragioni di inquinamento acustico, l’anticipazione alle ore 22:00, invece delle ore 2:00, dell’orario di chiusura del locale in cui la società ricorrente svolgeva l’attività di somministrazione di alimenti e bevande), la mancanza di un dies ad quem entro cui concludere il termine di efficacia dell’ordinanza impugnata vizia ex se l’azione amministrativa, conducendo all’annullamento del provvedimento impugnato.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1295 del 17 maggio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano, in sede cautelare, ritiene fondata la censura sollevata avverso un’ordinanza contingibile e urgente finalizzata a ridurre le emissioni acustiche provenienti da un poligono di tiro, per un preteso superamento del limite differenziale, nella parte in cui si lamenta l’uso dell’ordinanza in violazione dei requisiti di urgenza, del principio di proporzionalità in relazione al superamento dei limiti e del criterio di preesistenza, il tutto anche in relazione alla dedotta (e non contestata dal Comune o del controinteressato, non costituiti) effettuazione di opere mitigatorie successivamente al sopralluogo di ARPA.

L’ordinanza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 561 del 18 aprile 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa.


Il TAR Brescia ritiene illegittima un’ordinanza sindacale con la quale si è imposto al gestore di un bar, al quale era precluso di servire i propri clienti all’esterno, di interdire lo stazionamento della clientela negli spazi esterni per contenere l'inquinamento acustico; secondo il TAR Brescia, esula dal potere del Comune trasferire sul gestore detti oneri, atteso che il controllo sull’utilizzo degli spazi esterni da parte degli avventori autonomamente non può essere imputato al gestore del locale, ma rientra nella competenza del Comune. 

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Seconda Sezione, n. 1255 del 18 ottobre 217 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte di Cassazione, Sezione Seconda, aderisce al recente orientamento secondo il quale il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni acustiche illecite è risarcibile indipendentemente da un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita famigliare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall’art. 8 della CEDU, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi; ne consegue che, considerata la natura del pregiudizio oggetto di tutela, la relativa prova può essere fornita anche mediante presunzioni, sulla base delle nozioni di comune esperienza.

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Seconda, n. 16408 del 4 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Cassazione, Sezione SentenzeWeb, al seguente indirizzo.


La Corte di Cassazione, Sezione Seconda civile, con la sentenza n. 22105 del 29 ottobre 2015, ribadisce che:

  • il limite di tollerabilità delle immissioni, a norma dell'art. 844 c.c., non ha carattere assoluto, ma relativo, nel senso che deve essere fissato con riguardo al caso concreto, tenendo conto delle condizioni naturali e sociali dei luoghi e delle abitudini della popolazione: il relativo apprezzamento, risolvendosi in un'indagine di fatto, è demandato al giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimità, se correttamente motivato e immune da vizi logici;
  • i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente (dirette alla protezione di esigenze della collettività, di rilevanza pubblicistica), pur potendo essere considerati come criteri minimali di partenza, al fine di stabilire l'intollerabilità delle emissioni che li eccedano, non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile che, nello stabilire la tollerabilità o meno dei relativi effetti nell'ambito privatistico, può anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilità, ex art. 844 c.c., delle emissioni, ancorché contenute in quei limiti, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica (posta preminentemente a tutela di situazioni soggettive privatistiche, segnatamente della proprietà);
  • il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 1 marzo 1991, il quale, nel determinare le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti di tollerabilità in materia di immissioni rumorose, al pari dei regolamenti comunali limitativi dell'attività rumorosa, fissa, quale misura da non superare per le zone non industriali, una differenza rispetto al rumore ambientale pari a 3 db in periodo notturno e in 5 db in periodo diurno, persegue finalità di carattere pubblico e opera nei rapporti fra i privati e la P.A.; conseguentemente le disposizioni in esso contenute non escludono l'applicabilità dell'art. 844 c.c. nei rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini.

Il testo della sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Seconda civile, n. 22105 del 29 ottobre 2015 è consultabile sul sito della Corte di Cassazione, nella sezione servizio online "SentenzeWeb".