L'ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati, adottata ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che tali soggetti possono fornire, quanto meno in riferimento all’ineludibile accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito di rifiuti, salvo che non vi sia già stata una complessa e specifica interlocuzione con il Comune.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 134 del 17 febbraio 2025


Il TAR Brescia osserva che la responsabilità dell’abbandono di rifiuti ex art. 192, comma 3, d.lgs. 152/2006 va accertata secondo il criterio del “più probabile che non”, nel senso che il nesso eziologico ipotizzato dall’amministrazione deve essere più probabile della sua negazione, e non secondo il più rigoroso criterio dell’“oltre ogni ragionevole dubbio” valevole in ambito penalistico: in questo senso si esprime la giurisprudenza, ormai consolidata, sull’accertamento della responsabilità per la contaminazione ex artt. 242-244 d.lgs. 152/2006, ma i medesimi principi valgono anche per l’accertamento della responsabilità per l’abbandono di rifiuti sul suolo, nel suolo e nelle acque ex art. 192, comma 3, d.lgs. 152/2006, vertendosi in entrambi i casi nella medesima materia ambientale, informata al principio “chi inquina paga”, sancito dall’art. 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Tale accertamento può essere compiuto anche mediante presunzioni semplici.

TAR Lombardia, Brescia, I, n. 739 del 12 settembre 2024





Il TAR Brescia, in merito ad una segnalazione di deposito incontrollato di rifiuti rivolta ad un Comune, osserva che il ricevimento di un esposto relativo all’abbandono di rifiuti vincola il Comune a procedere a verifiche sulla natura del materiale abbandonato e ad attivare la procedura di rimozione ex art. 192, comma 3, del Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152. Analogo obbligo di verifica e controllo sussiste quando vengano segnalati manufatti o depositi all’interno della fascia di rispetto stradale, perché occorre sempre stabilire se le innovazioni introdotte in prossimità della strada possano creare ostacoli o insidie alla circolazione. Tuttavia, l’autore della segnalazione non ha un’aspettativa qualificata a essere parte dei suddetti procedimenti di verifica, in quanto la sua posizione non è differenziabile da quella del resto della collettività.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 848 del 20 novembre 2023


Secondo il TAR Milano, il potere di cui all'art. 9 l. n. 447/1995 non va riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza contingibile e urgente in materia di sanità ed igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò perché, in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sé una minaccia per la salute pubblica e il potere del Sindaco di emanare l'ordinanza ex art. 9 l. n. 447/1995 è un dovere connesso all'esercizio delle sue pubbliche funzioni, al quale non può sottrarsi (anche se è leso un solo soggetto) spogliandosi del potere, di valore pubblicistico, di reprimere l'inquinamento acustico e attribuendolo al privato, cui il codice civile riconosce la facoltà di esercitare il diritto a non subire le emissioni dannose e non il dovere, se eccedenti i valori massimi consentiti.


Secondo il TAR Milano, i provvedimenti limitativi della circolazione veicolare all’interno dei centri abitati che possono essere adottati ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 285/1992 ineriscono alla competenza comunale, ma, in deroga alla generale attribuzione dei poteri in materia di attività gestionale ai Dirigenti, l’art. 7 del Codice della Strada ha individuato specifiche ipotesi e misure per le quali, per l’impatto generato sull’intera collettività locale, ha previsto invece l’intervento di un organo politico, nella fattispecie il Sindaco; si tratta, quindi, di una norma speciale che evidentemente prevale su quelle generali in materia di individuazione dei poteri riconosciuti in capo agli organi di indirizzo politico e a quelli di gestione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1445 del 12 giugno 2023.


Il TAR Milano osserva che:
<<Come noto, l’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006, dopo aver disposto al primo comma il divieto di abbandono e deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo, stabilisce, al terzo comma, che, qualora tale divieto sia stato infranto, il sindaco ordina all’autore della violazione, <<…in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa>>, di procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti stessi ed al ripristino dello stato dei luoghi.
Come è agevole rilevare, in base a questa norma, il proprietario non autore materiale dell’abbandono dei rifiuti non può essere chiamato ad intervenire per il solo fatto di essere proprietario, essendo a tal fine necessario che egli abbia concorso nella violazione a titolo di dolo o colpa, e che quindi abbia consapevolmente tollerato la condotta illecita posta in essere da altri oppure l’abbia ignorata per negligenza, omettendo di effettuare i doverosi controlli sul bene di sua proprietà.
Per ciò che concerne in particolare la posizione del proprietario di un bene immobile concesso in locazione a terzi, la giurisprudenza, valorizzando la funzione sociale della proprietà al fine di contrastare il fenomeno dell'abbandono incontrollato dei rifiuti, ha ampliato il contenuto del dovere di diligenza esigibile dal proprietario stesso, arrivando a configurare una responsabilità di tipo colposo omissivo quando vi sia trascuratezza o incuria nella gestione del bene, e ciò anche con specifico riguardo alla condotta di abbandono materialmente eseguita dal conduttore (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 27 settembre 2016, n. 1074; Tar Piemonte, Sez. I, 15 luglio 2016, n. 994; Consiglio di Stato, Sez. V, 11 gennaio 2016, n. 58; Tar Campania, Napoli, Sez. V, 23 marzo 2015, n. 1692).
Tuttavia, costituisce requisito indefettibile per poter configurare una tale responsabilità la dimostrazione, anche mediante elementi logici meramente presuntivi, purché precisi e concordanti, della consapevolezza del proprietario dello svolgimento dell'attività di illecito abbandono dei rifiuti da parte del conduttore o perlomeno la sussistenza di un suo comportamento negligente di disinteresse riguardo al proprio bene>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 302 del 3 febbraio 2023.


Il TAR Milano, con riguardo alla natura dell’atto impugnato, il quale richiama sia l’art. 50 del d.lgs. n. 267 del 2000 (relativo alle ordinanze contingibili e urgenti emesse dal sindaco) sia gli artt. 192, 255 e 256 del d.lgs. n. 152 del 2006 (riguardanti i provvedimenti ordinari in materia di rifiuti e bonifica delle aree inquinate), osserva che:
<<Come noto, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, le ordinanze contingibili e urgenti sono provvedimenti atipici che possono essere adottati quando gli ordinari poteri conferiti dalla legge risultano inadeguati (contingibilità) per ovviare ad una situazione di imminente pericolo che deve essere prontamente fronteggiata (urgenza). Affinché un provvedimento amministrativo possa essere ascritto alla categoria delle ordinanze contingibili e urgenti non è dunque sufficiente che la sua funzione sia quella di ovviare prontamente ad una situazione di pericolo, ma è altresì necessario che con il provvedimento stesso venga esercitato un potere il cui contenuto non sia specificamente determinato dalla legge. Molteplici sono invero i provvedimenti tipici funzionali alla prevenzione di un pericolo (cd. atti necessitati) i quali, proprio perché tipici, non possono essere qualificati alla stregua di ordinanze contingibili e urgenti.
Per quanto riguarda specificamente la materia dei rifiuti e dell’inquinamento ambientale, la giurisprudenza ammette che l’Amministrazione possa intervenire, non solo con l’esercizio dei poteri tipici previsti dalle norme contenute nel d.lgs. n. 152 del 2006, ma anche, in presenza di una situazione che si renda pericolosa per la salute pubblica, con ordinanze contingibili e urgenti, imponendo l’immediata rimozione del materiale o l’adozione di altre misure emergenziali. In tal caso, poiché il potere esercitato non è quello tipico previsto dall’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006, la pubblica amministrazione non è assoggettata agli oneri motivazionali e istruttori ivi previsti e può ordinare l’intervento al proprietario dell’area senza il ricorrere dei presupposti (accertata responsabilità a titolo di dolo o di colpa) indicati dalla suddetta norma (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22 maggio 2019, n. 3316; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 12 novembre 2018, n. 6550; T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 5 maggio 2007, n. 2087).
Va però osservato che il provvedimento ordinariamente deputato a far fronte all’abbandono dei rifiuti rimane comunque quello individuato dal citato art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 il quale, come accennato, prevede specifici e stringenti requisiti di applicazione, al cui accertamento l’amministrazione non può sottrarsi mediante il ricorso alle ordinanze contingibili e urgenti, se non quando venga offerta una rigorosa motivazione in ordine alla inadeguatezza dello strumento ordinario a fronteggiare una condizione di pericolo, tale da imporre il ricorso al provvedimento contingibile. In caso contrario, infatti, non vi sarebbe modo per assicurare che l’azione amministrativa si conformi al principio di legalità, anziché eluderlo attraverso la fuga dalle forme tipizzate dell’agire amministrativo (cfr. (T.A.R. Toscana, sez. II, 31 maggio 2021, n. 828; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 18 maggio 2021, n. 154; T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 17 dicembre 2020, n. 2516). Ne consegue che in capo in alla stessa amministrazione sussiste un obbligo di motivazione riguardo ai presupposti che giustificano l’adozione del provvedimento straordinario, in comparazione con la inidoneità dello strumento ordinario nel caso di specie.>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 167 del 17 gennaio 2023.


Il TAR Milano, richiamando la propria giurisprudenza, precisa che l’abbandono di rifiuti è un illecito che è qualificabile come di condotta e non di evento e dunque non può dare luogo in automatico ad una responsabilità solidale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2538 del 15 novembre 2022.


Il TAR Brescia osserva che in forza della disposizione dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006, l'obbligo di rimozione dei rifiuti grava sia sul responsabile dell’abbandono o del deposito incontrollato, sia, in solido con questi, sul proprietario del terreno e sui titolari di diritti reali o personali di godimento dell'area a cui l’abbandono dei rifiuti possa essere imputato a titolo di dolo (per aver agevolato o cooperato alla realizzazione della condotta vietata), o di colpa (per aver omesso di esercitare la dovuta vigilanza sui beni interessati dall'abbandono dei rifiuti).
Il TAR precisa che la norma, peraltro, è stata interpretata estensivamente dalla giurisprudenza, per evidenti esigenze di effettività della tutela ambientale, ricomprendendo nell'alveo degli obbligati qualunque soggetto che si trovi con l'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell'ambiente (Cons. Stato, Ad. Plen. 26 gennaio, 2021 n. 3; TAR Bari, sez. I, 11 novembre 2021 n. 1627; T.A.R. Parma, sez. I, 26/05/2017, n. 187; T.A.R. Reggio Calabria, sez. I, 03/08/2015, n. 809).
Aggiunge il TAR che dal momento che l’abbandono dei rifiuti costituisce un illecito permanente, la sua rimozione costituisce una obbligazione propter rem che segue la proprietà dei rifiuti e si trasferisce con la titolarità dei medesimi, dal momento che il nuovo proprietario dei rifiuti, benchè non responsabile del loro abbandono “originario”, diviene responsabile dell’ulteriore protrazione di tale abbandono, che come detto costituisce un illecito di carattere permanente; non si tratta, in tal caso, del proprietario del terreno sul quale siano stati abbandonati rifiuti di proprietà di terzi, ma del proprietario degli stessi rifiuti, acquistati unitamente al compendio aziendale, e che in tale qualità diviene responsabile dell’ulteriore protrazione dello stato di abbandono dei medesimi, e sul quale, pertanto, grava l’obbligo legale previsto dall’art. 192 d. lgs. 152/2006 di provvedere alla loro rimozione e smaltimento in qualità sia di “proprietario” degli stessi che di “(cor)responsabile” del loro abbandono.

TAR Lombardia, Brescia, I, 8 settembre 2022 n. 829.


Il TAR Brescia osserva che in linea generale, prima di ordinare la rimozione dei rifiuti abbandonati e il ripristino dello stato dei luoghi, il Comune è tenuto ad accertare che il proprietario “non responsabile” dell’abbandono abbia tenuto una condotta quanto meno colposa, con la precisazione che, ai fini dell’accertamento de quo, l’omessa recinzione del fondo inquinato non costituisce ex se un indice di negligenza, posto che nel nostro sistema (art. 841 c.c.) la recinzione è una facoltà (ossia un agere licere) del dominus: come tale, la scelta di non fruirne non può tradursi in un fatto colposo (art. 1127, comma primo, c.c.) ovvero in un onere di ordinaria diligenza (art. 1227, comma secondo, c.c.), che circoscrive (recte, elide) il diritto al risarcimento del danno.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 769 del 1 agosto 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Brescia, con riferimento a un’ordinanza di demolizione di opere abusive realizzata su immobile concesso in locazione finanziaria e sublocato, osserva:
<<(c) passando al merito, occorre premettere che nello schema dell’art. 31 comma 2 del DPR 380/2001 l’ordine di demolizione ha come destinatari sia il proprietario dell’immobile dove sono state realizzate le opere abusive, sia l’autore dell'abuso. Come già evidenziato da questo TAR in casi analoghi (v. sentenze n. 79 del 1 febbraio 2022, e n. 43 del 17 gennaio 2022), l’equiparazione del proprietario all’autore dell’abuso rivela che la misura ripristinatoria ha carattere oggettivo, essendo diretta a reintegrare immediatamente l’ordine urbanistico. Il proprietario non può quindi liberarsi dall’obbligo di rimessione in pristino eccependo l’estraneità all’abuso, o la buona fede circa il comportamento degli esecutori materiali dei lavori;
(d) l’estraneità all’abuso o la buona fede diventano rilevanti solo quando si passa dal comma 2 al comma 3 dell’art. 31 del DPR 380/2001, ossia quando è necessario valutare in che modo l’ordine di demolizione possa essere ottemperato. È nella fase dell’ottemperanza che il proprietario può distinguere la sua posizione da quella dell’autore dell’abuso, evitando la responsabilità solidale con quest’ultimo e la perdita dell’immobile;
(e) nello specifico, il punto è se una diffida inviata dal locatore finanziario al locatario o al sublocatario, con invito a rimuovere le opere abusive, corrisponda all’impegno esigibile ai fini dell’esecuzione dell’ordine di demolizione. La risposta non può che essere negativa, se questa rimane l’unica attività di persuasione o di pressione esercitata sui soggetti che hanno la disponibilità materiale dell’immobile;
(f) gli interessi di natura urbanistica non possono essere esposti a pratiche qualificabili come abuso del diritto da parte dei proprietari. Tra queste pratiche vi è l’eccessiva autolimitazione delle facoltà del proprietario, che evita l’assunzione di responsabilità e di obblighi nei confronti dell’amministrazione, indebolendo la funzione di garanzia rispetto ai soggetti interposti. Non sono quindi tutelabili gli interessi di quei proprietari che, pur non avendo concesso i beni per un utilizzo vietato dalla disciplina urbanistica (o per un utilizzo che prevedibilmente sarebbe stato in contrasto con la disciplina urbanistica), abbiano però omesso di esercitare un efficace controllo nel corso del rapporto;
(g) di conseguenza, qualora il locatore finanziario, nel contratto o nell’esecuzione, abbia ristretto il proprio ruolo a quello di semplice finanziatore, disinteressandosi della coerenza tra l’utilizzo dell’immobile e la disciplina urbanistica, e rinunciando a far valere la risoluzione del contratto in caso di difformità, non è sufficiente l’invio di semplici diffide ai locatari per evitare la perdita della proprietà ai sensi dell’art. 31 comma 3 del DPR 380/2001. In realtà, le diffide possono costituire un primo passo, ma solo la risoluzione del contratto consente al proprietario di rientrare nel possesso dei beni, e di procedere successivamente alla demolizione;
(h) si può quindi osservare un disaccoppiamento tra il termine di ottemperanza stabilito nell’ordine di demolizione, che riguarda il soggetto nel possesso degli immobili, e i termini entro cui il proprietario deve rispettivamente avviare e concludere le iniziative legali finalizzate al recupero della disponibilità dei beni. I termini che riguardano il proprietario sono stabiliti dall’amministrazione sulla base delle circostanze concrete, e fanno parte di una distinta valutazione circa l’inerzia tollerabile. In effetti, come non è ammissibile un abuso del diritto sostanziale, parimenti non è ammissibile un abuso dei rimedi giurisdizionali, che si può ipotizzare quando la gestione degli stessi avvenga con modalità chiaramente dilatorie. Sarà quindi l’amministrazione a decidere se il proprietario stia facendo tutto quello che è nelle sue possibilità per recuperare gli immobili e ripristinare una situazione conforme alla disciplina urbanistica;>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 702 del 15 luglio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, in sede di scrutinio di legittimità di un’ordinanza con cui è stata disposta la chiusura temporanea di un esercizio pubblico, con richiamo contemporaneo, a fondamento del potere esercitato, all’art. 50 e all’art. 54 del D. Lgs. n. 267 del 2000 osserva:
<<Inoltre, appare illegittimo anche il contemporaneo richiamo all’art. 50 e all’art. 54 del D. Lgs. n. 267 del 2000 (Testo unico degli Enti locali), trattandosi di due disposizioni aventi un differente spettro di applicazione ed espressione di poteri, sebbene assimilabili, comunque diversi (cfr. T.A.R. Valle d’Aosta, 20 febbraio 2020, n. 7). L’art. 50, in particolare il comma 5, ammette un intervento, connotato dai caratteri della contingibilità e dell’urgenza, del Sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in presenza di «emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale [oppure] in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche».
Diversamente, l’art. 54, comma 4, prevede che «il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato provvedimenti contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana».
Come risulta dalla semplice esegesi dei predetti testi normativi, in un caso – quello dell’art. 50 – il Sindaco agisce in qualità di rappresentante della comunità locale e si occupa di ambiti in cui vengono in rilievo interessi di tipo territoriale e riguardano materie di competenza (anche) comunale, mentre nell’altro – quello di cui all’art. 54 – il Sindaco agisce in qualità di ufficiale di Governo e in settori, quali l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, che sono di competenza dello Stato, essendo tali materie finalizzate alla prevenzione dei reati e al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso quest’ultimo quale «complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale» (Corte costituzionale, sentenze n. 129 del 2009; n. 290 del 2001).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1559 del 1 luglio 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano, con riferimento a una fattispecie nella quale non è contestato che il fenomeno di produzione dei rifiuti sia connesso all’esercizio di un’attività economica da parte della società fallita, che si è verificata prima della nomina del curatore fallimentare, il quale, a sua volta, non è stato autorizzato a svolgere attività d’impresa né l’ha svolta in concreto né risulta dagli atti possessore o detentore del sito inquinato, precisa:
<<che la fattispecie in esame non è sovrapponibile a quella esaminata dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 3 del 2021, la quale ha ritenuto sussistente la responsabilità del fallimento proprio in ragione del fatto che esso subentra nella detenzione dell’immobile in cui sono allocati i rifiuti abbandonati.
Il Collegio si riporta quindi alla consolidata giurisprudenza secondo cui in merito agli obblighi dei curatori, fatta salva la eventualità di univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore fallimentare sull’abbandono dei rifiuti, la curatela fallimentare non può essere destinataria, a titolo di responsabilità di posizione, di ordinanze sindacali dirette alla tutela dell’ambiente, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell’impresa fallita, non subentrando tale curatela negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità del fallito e non sussistendo, per tal via, alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 05.01.2016).
Deve quindi escludersi una responsabilità del curatore del fallimento ai sensi del terzo comma dell'art. 192 d.lgs 152/2006 secondo il quale l’autore della condotta di abbandono incontrollato di rifiuti “è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo”. Infatti egli non è l’autore della condotta di abbandono incontrollato di rifiuti nè titolare di diritti reali o personali di godimento sull'area.
Come chiarito dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 30.06.2014 n. 3274) si pone la questione di stabilire se il Fallimento possa essere considerato alla stregua di un soggetto “subentrato nei diritti” della società fallita.
Orbene, il Fallimento non può essere reputato un “subentrante”, ossia un successore, dell’impresa sottoposta alla procedura fallimentare.
La società dichiarata fallita, invero, conserva la propria soggettività giuridica e rimane titolare del proprio patrimonio: solo, ne perde la facoltà di disposizione, pur sotto pena di inefficacia solo relativa dei suoi atti, subendo la caratteristica vicenda dello spossessamento (art. 42 R.D. n. 267/1942: “La sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento”; art. 44: “Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori”).
Correlativamente, il Fallimento non acquista la titolarità dei suoi beni, ma ne è solo un amministratore con facoltà di disposizione, laddove quest’ultima riposa non sulla titolarità dei relativi diritti ma, a guisa di legittimazione straordinaria, sul munus publicum rivestito dagli organi della procedura (art. 31 R.D. n. 267/1942: “Il curatore ha l'amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell'ambito delle funzioni ad esso attribuite”).
Il curatore del fallimento, pertanto, pur potendo sottentrare in specifiche posizioni negoziali del fallito (cfr. l’art. 72 R.D. n. 267/1942), in via generale “non è rappresentante, né successore del fallito, ma terzo subentrante nell'amministrazione del suo patrimonio per l'esercizio di poteri conferitigli dalla legge” (Cassazione civile, sez. I, 23/06/1980, n. 3926).
Per quanto esposto, dunque, nei confronti del Fallimento non è ravvisabile un fenomeno di successione, il quale solo potrebbe far scattare il meccanismo estensivo, previsto dall’art. 192, comma 4, d.lgs. cit., della legittimazione passiva rispetto agli obblighi di ripristino che l’articolo stesso pone in prima battuta a carico del responsabile e del proprietario versante in dolo o colpa (TAR Lombardia, Milano, 15/02/2017 n. 520).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 911 del 27 aprile 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano condivide l’orientamento prevalente secondo il quale è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia instaurata da un privato che contesti la natura pubblica di un’area, indipendentemente dalla circostanza che la domanda sia stata formalmente articolata come annullamento di un atto di natura provvedimentale, quale l’ordinanza di sgombero (Corte di cassazione, Sezioni unite, ordinanza 10 settembre 2019, n. 22575). Il petitum sostanziale del ricorso postula infatti la corretta individuazione della natura, pubblica o privata, della strada e si risolve in via principale nell’accertamento della consistenza di diritto soggettivo della situazione soggettiva vantata dai ricorrenti (TAR Campania, Sez. VII, 10 febbraio 2020, n. 640).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 679 del 25 marzo 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano precisa che l'accertamento del soggetto "responsabile" dell'abbandono incontrollato dei rifiuti, attesa la gravità delle conseguenze, economiche e anche penali, che da esso possono scaturire, deve fondarsi su un'attività istruttoria approfondita e accurata che faccia emergere, se non prove inconfutabili di tale responsabilità, quanto meno una serie di indizi gravi precisi e concordanti che possano consentire di presumerla con un grado elevato di attendibilità; l’obbligo di diligenza gravante sul proprietario di un fondo va sempre valutato secondo criteri di «ragionevole esigibilità» per cui va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato; in tale ottica, la mancata recinzione del fondo, con effetto contenitivo dubitabile, atteso che non sempre la presenza di una recinzione è di ostacolo allo sversamento dei rifiuti, non può comunque costituire di per sé prova della colpevolezza del proprietario, rappresentando la recinzione una facoltà e non un obbligo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2476 del 9 novembre 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Brescia precisa che la necessità e l’urgenza di provvedere per porre rimedio a una situazione di emergenza non prevedibile non costituiscono presupposti per l’adozione del provvedimento di sgombero di un bene demaniale occupato abusivamente che è un atto di esercizio del potere di autotutela esecutiva, finalizzato al recupero della disponibilità del bene demaniale da parte della pubblica Autorità nei confronti di colui che lo occupa senza titolo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 385 del 29 aprile 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Con decreto emesso il 13 gennaio 2021, il Presidente del TAR Milano ha sospeso l'efficacia dell’ordinanza n. 676 dell'8 gennaio 2021 del Presidente della Regione Lombardia che ha disposto dall’11 gennaio 2021 al 24 gennaio 2021 in Lombardia la didattica a distanza al 100%.