Secondo il TAR Brescia va confermato il principio di carattere generale in virtù del quale va riconosciuta l’obbligatorietà del principio di rotazione per le gare di lavori, servizi e forniture negli appalti cd. “sotto soglia”; precisa il TAR che il principio di rotazione – che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da invitare a presentare le offerte – è finalizzato a evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento e non invece dalle modalità di affidamento, di tipo “aperto”, “ristretto” o “negoziato”), soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici attivi non è elevato; pertanto, anche al fine di scoraggiare pratiche di affidamenti senza gara – tanto più ove ripetuti nel tempo – che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese e di favorire, per contro, la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei, il principio in questione comporta, in linea generale, che ove la procedura prescelta per il nuovo affidamento sia di tipo ristretto o “chiuso” (recte, negoziato), l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale.
Secondo il TAR rileva quindi il fatto oggettivo del precedente affidamento in favore di un determinato operatore economico, non anche la circostanza che questo fosse scaturito da una procedura di tipo aperto o di altra natura: per l’effetto, ove la stazione appaltante intenda comunque procedere all’invito del precedente affidatario, dovrà puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero al peculiare oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 599 del 27 giugno 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l'art. 9 del D. M. n. 1444 del 1968, in materia di distanze tra edifici, fa espresso ed esclusivo riferimento alle pareti finestrate, per tali dovendosi intendere unicamente le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci; l’operatività della previsione è, quindi, condizionata dalla natura delle aperture.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1484 del 26 giugno 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano evidenzia la natura tipicamente discrezionale che connota la procedura del c.d. project financing in quanto, una volta dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici e individuato il promotore privato, l'Amministrazione non è tenuta a dare corso all’ulteriore fase della procedura di gara costituita dal confronto concorrenziale tra i vari operatori economici per l'affidamento della relativa concessione; tale scelta, infatti, costituisce una tipica manifestazione di discrezionalità amministrativa nella quale sono implicate ampie valutazioni in ordine all'effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell'opera, tali da non potere essere rese coercibili nell'ambito del giudizio di legittimità se non in presenza di vizi logici, di manifesta irragionevolezza, carenza di motivazione o travisamento dei fatti.
Ne deriva, secondo il TAR, che il promotore, anche a seguito della dichiarazione di pubblico interesse della proposta, non acquisisce alcun diritto all'indizione della procedura rimanendo, all'opposto, titolare di una mera aspettativa non tutelabile rispetto alle insindacabili scelte dell'Amministrazione; nella presentazione del progetto, del resto, vi è un'assunzione consapevole di rischio da parte del promotore a che lo stesso non venga poi in concreto realizzato, con la conseguenza che l'abbandono del progetto da parte dell’Amministrazione non integra in capo al proponente alcuna pretesa risarcitoria e nemmeno indennitaria.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1388 del 17 giugno 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il Consiglio di Stato, non si può escludere che il contratto di locazione, in quanto costitutivo di un diritto personale di godimento in capo al conduttore, assicuri a quest’ultimo la disponibilità materiale e il godimento dell’immobile e pertanto possa integrare, al pari degli atti di compravendita, uno degli elementi costitutivi della fattispecie della lottizzazione cartolare.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Seconda, n. 3215 del 20 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Secondo il TAR Milano, ai fini del calcolo del termine di deposito del ricorso di cui all’art. 45 c.p.a. non ha rilievo la data di notificazione del ricorso ai soggetti che non hanno un interesse, giuridicamente tutelabile, alla conservazione del provvedimento impugnato, sicché non sono controinteressati; la relativa notificazione ad essi dell’atto introduttivo è priva quindi di effetti nel giudizio.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1449 del 26 giugno 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano riassume i principi ispiratori in ordine al tema degli effetti del tempo sulla portata precettiva dei giudicati e quindi della rilevanza delle sopravvenienze di diritto e di fatto sulle situazioni giuridiche dedotte in giudizio: a) l’esecuzione del giudicato amministrativo non può essere la sede per tornare a mettere ripetutamente in discussione la situazione oggetto del ricorso introduttivo di primo grado, su cui il giudicato ha, per definizione, conclusivamente deciso; se così fosse, il processo, considerato nella sua sostanziale globalità, rischierebbe di non avere mai termine, e questa conclusione sarebbe in radicale contrasto con il diritto alla ragionevole durata del giudizio, all’effettività della tutela giurisdizionale, alla stabilità e certezza dei rapporti giuridici; da qui l’obbligo di esecuzione secondo buona fede e senza che sia frustrata la legittima aspettativa del privato alla stabile definizione del contesto procedimentale; b) l’Amministrazione soccombente a seguito di sentenza irrevocabile di annullamento di propri provvedimenti ha l’obbligo di ripristinare la situazione controversa, a favore del privato e con effetto retroattivo, per evitare che la durata del processo vada a scapito della parte vittoriosa; c) questa retroattività dell’esecuzione del giudicato non può essere intesa in senso assoluto, ma va ragionevolmente parametrata alle circostanze del caso concreto e alla natura dell’interesse legittimo coinvolto (pretensivo, oppositivo, procedimentale); d) tale obbligo, pertanto, non incide sui tratti liberi dell’azione amministrativa lasciati impregiudicati dallo stesso giudicato e, in primo luogo, sui poteri non esercitati e fondati su presupposti fattuali e normativi diversi e successivi rispetto a quest’ultimo; e) nella contrapposizione fra naturale dinamicità dell’azione amministrativa nel tempo ed effettività della tutela, un punto di equilibrio è stato tradizionalmente rinvenuto nel principio generale per cui l’esecuzione del giudicato può trovare limiti solo nelle sopravvenienze di fatto e diritto antecedenti alla notificazione della sentenza divenuta irrevocabile; sicché la sopravvenienza è strutturalmente irrilevante sulle situazioni giuridiche istantanee, mentre incide su quelle durevoli nel solo tratto dell’interesse che si svolge successivamente al giudicato, determinando non un conflitto ma una successione cronologica di regole che disciplinano la situazione giuridica medesima; f) anche per le situazioni istantanee, però, la retroattività dell’esecuzione del giudicato trova un limite intrinseco e ineliminabile (che è logico e pratico, ancor prima che giuridico), nel sopravvenuto mutamento della realtà - fattuale o giuridica - tale da non consentire l’integrale ripristino dello status quo ante (come esplicitato dai risalenti brocardi factum infectum fieri nequit e ad impossibilia nemo tenetur) che semmai, ove ne ricorrano le condizioni, può integrare il presupposto esplicito della previsione del risarcimento del danno, per impossibile esecuzione del giudicato, sancita dall’art. 112, comma 3, c.p.a.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1405 del 18 giugno 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che in ambito edilizio anche la realizzazione di interventi strutturalmente precari, ma funzionalmente necessari per consentire l’utilizzo non transitorio del bene, vanno preceduti dal rilascio di un titolo idoneo.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1035 del 8 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte di Giustizia UE, in materia di risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto e valutazione della stazione appaltante circa l’affidabilità del concorrente, così statuisce:
L’articolo 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce” (fattispecie relativa all’art. 80, comma 5, lettera c, del d.lgs n. 50 del 2016 nel testo previgente alle modifiche apportate dal d.l. 135 del 2018 convertito in legge 12 del 2019).

La sentenza della Quarta Sezione del 19 giugno 2019 (causa C-41/18) della Corte di Giustizia UE è consultabile sul sito della Corte di Giustizia al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all’affidamento di un appalto pubblico, l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate comporta senz’altro la sua esclusione dalla gara, perché in tal modo viene impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità: valutazione che ad essa sola compete e che non può esserle potestativamente preclusa dall’autodeterminazione dell’interessato (fattispecie relativa all’omessa dichiarazione di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti  ex artt. 444, 445 c.p.p).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1396 del 18 giugno 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia precisa che mentre il costo di costruzione rappresenta una compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare, gli oneri di urbanizzazione svolgono la funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona a causa della consentita attività edificatoria; essi sono pertanto dovuti nel caso di trasformazioni edilizie che, indipendentemente dall’esecuzione di opere, si rivelino produttive di vantaggi economici per il proprietario, determinando un aumento del carico urbanistico; tale incremento può derivare anche da una mera modifica della destinazione d’uso di un immobile, mentre può non configurarsi nell’ipotesi di intervento edilizio con opere.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 574 del 17 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 140 del 16 giugno 2019 è pubblicata la legge 14 giugno 2019, n. 55 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici.



Il TAR Milano chiarisce che se è vero che l’oggetto delle regole dettate dal piano urbanistico non può essere limitato alla disciplina della trasformazione fisica del territorio, è anche vero, da altro lato, che non si può prescindere del tutto dall’interesse urbanistico, dovendosi ritenere indispensabile, affinché il piano possa dettare la sua regolazione, la sussistenza di un qualche collegamento con tale interesse (come ad esempio la necessità di far sì che l’attività esercitata sul territorio – sebbene non determinante la sua trasformazione fisica – non causi una alterazione dei carichi tale renderla urbanisticamente insostenibile in ragione dello squilibrio che essa crea rispetto alle dotazioni esistenti quali parcheggi, strade ecc.).
Secondo il TAR Milano sembra, pertanto, da escludere che il PGT possa dettare prescrizioni che riguardano l’attività di spandimento di fertilizzanti su suolo agricolo giacché non si vede quale attinenza abbia tale attività con l’interesse urbanistico.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 986 del 2 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che la possibilità di affiancare all’atto amministrativo urbanistico o edilizio un atto negoziale, sotto forma di atto unilaterale d’obbligo o di convenzione, è riconducibile nell’alveo degli strumenti propri della c.d. urbanistica contrattata, che non violano il principio di legalità perché trovano la loro copertura normativa nella previsione di strumenti consensuali di esercizio delle potestà amministrative di cui agli artt. 1, comma 1-bis, e 11 della legge n. 241/1990, e il loro fondamento nel potere pianificatorio di governo del territorio e nella possibilità di stipulare accordi sostitutivi di provvedimenti; ne consegue che per la loro applicazione non è necessaria un’apposita copertura normativa.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1066 del 13 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia afferma che l’istituto della c.d. "sanatoria giurisprudenziale" deve considerarsi normativamente superato nonché recessivo rispetto al chiaro disposto normativo vigente e ai principi connessi al perseguimento dell'abusiva trasformazione del territorio; al riguardo il TAR Brescia aderisce al precedente del Consiglio di Stato (sez. VI, 24 aprile 2018 n. 2496) secondo cui il permesso in sanatoria è ottenibile soltanto ex art. 36, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a condizione che l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento sia della realizzazione del manufatto, sia della presentazione della domanda; viceversa, con la invocata "sanatoria giurisprudenziale" viene in rilievo un atto atipico con effetti provvedimentali praeter legem che si colloca fuori d'ogni previsione normativa e, pertanto, la stessa non è ammessa nell'ordinamento positivo, contrassegnato invece dal principio di legalità dell'azione amministrativa e dal carattere tipico dei poteri esercitati dalla P.A., alla stregua del principio di nominatività; poteri, tutti questi, che non sono surrogabili dal giudice, pena la violazione del principio di separazione dei poteri e l'invasione di sfere proprie di attribuzioni riservate alla P.A. stessa.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 546 del 5 giugno 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il Consiglio di Stato la disciplina dell’accesso civico generalizzato è applicabile  anche con riferimento agli atti di una procedura di gara pubblica.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 3780 del 5 giugno 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ribadisce la natura perentoria del termine per l’integrazione della documentazione, a seguito dell’attivazione del soccorso istruttorio, ai fini di un’istruttoria veloce ma preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni prima della valutazione dell’ammissibilità della domanda; aggiunge che la disciplina del soccorso istruttorio autorizza la sanzione espulsiva quale conseguenza della sola inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, all’obbligo di integrazione documentale.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 3592 del 29 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Se è vero che una situazione paesaggistica compromessa o seriamente incisa non giustifica ulteriori interventi dannosi per l’ambiente, è altrettanto vero che anche in presenza di un’edificazione diffusa un eventuale diniego paesaggistico deve illustrare "in modo esauriente i connotati dei luoghi e motivare una decisione sfavorevole".

Richiamando l'orientamento della stessa Sezione (TAR Lombardia, Brescia, 8/6/2018 n. 552, che a sua volta ha evocato il precedente 9/2/2016 n. 228), il TAR Brescia ha affermato che:

gli errori edificatori del passato non possono essere bilanciati mediante una sorta di compensazione intertemporale, bloccando tutte le innovazioni dello stato dei luoghi. Parimenti, non è possibile presumere che qualsiasi edificazione abbia un impatto negativo sul territorio, come se l’esistente trattenesse valori paesistici che sarebbero irrimediabilmente perduti per il solo fatto che vengano realizzate nuove opere. Ogni nuovo progetto deve invece essere valutato in concreto per stabilirne la compatibilità con il vincolo paesistico, utilizzando la prospettiva ideale di un osservatore che descrive uno scenario dove sono percepibili molti elementi connessi tra loro in modo coerente [...]. 
L’autorità che effettua la valutazione paesistica è infatti tenuta in primo luogo a graduare il proprio giudizio attraverso prescrizioni limitative o mitigative, stabilendo se, con differenti modalità costruttive o con una diversa scelta di materiali e colori, ovvero con schermature vegetali o interventi di ingegneria naturalistica, sia possibile diluire e confondere il significato delle nuove opere nella visione d’insieme. Un giudizio completamente negativo può essere espresso solo dopo aver scartato le ipotesi intermedie.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, 14 maggio 2019, n. 468, è disponibile sul sito della Giustizia amministrativa a questo indirizzo.


Il TAR Milano precisa che in sede di approvazione di un piano attuativo all’Amministrazione comunale spetta un’ampia discrezionalità valutativa che non verte solo sugli aspetti tecnici della conformità o meno del piano attuativo agli strumenti urbanistici di livello superiore, ma coinvolge anche l’opportunità di dare attuazione, in un certo momento e a determinate condizioni, alle previsioni dello strumento urbanistico generale, sussistendo fra quest’ultimo e gli strumenti attuativi un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di formale coincidenza; ciò perché la pianificazione attuativa costituisce pur sempre espressione della potestà pianificatoria, seppur declinata in ottica più specifica e operativa, con la conseguente sussistenza dei margini di discrezionalità che ad essa si correlano; l’ampia discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione – che, peraltro, incide anche in ordine alla minor pregnanza del generale obbligo di motivazione – implica che la scelta operata sia sottratta al sindacato di legittimità, non potendo il giudice amministrativo interferire con le decisioni riservate all’Amministrazione se non nei limiti della verifica della loro manifesta irragionevolezza, illogicità ovvero arbitrarietà e senza poter procedere ad un esame del merito della scelta pianificatoria.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1022 del 6 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Sul B.U.R.L., Serie Ordinaria, n. 24 del 10 giugno 2019 è pubblicata la delibera della Giunta Regionale 3 giugno 2019 - n. XI/1702 - Approvazione degli «Indirizzi regionali in materia di sportelli unici per le attività produttive (SUAP)» - Linee guida di attuazione dell’art. 7 della legge regionale 19 febbraio 2014, n. 11 «Impresa Lombardia: per la libertà di impresa, il lavoro e la competitività».



Il TAR Milano chiarisce, con riferimento all’ambito del procedimento di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, che il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce a ogni nuova edificazione comportante creazione di volume, sicché in tali casi non è possibile distinguere tra volume tecnico e altro tipo di volume, essendo precluso, ai sensi dell’art. 167, comma 4, del D.Lgs. 42/2004, il rilascio di autorizzazioni in sanatoria qualora siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura; né induce a diverse conclusioni l’addotto carattere pertinenziale dei manufatti, essendo notorio che le opere edilizie abusive realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, quand’anche da ascrivere ad opere pertinenziali o precarie, si considerano comunque eseguite in totale difformità dall’eventuale titolo edilizio, e quindi soggette all’applicazione della sanzione demolitoria, ove non sia stata ottenuta la previa autorizzazione paesaggistica, il che rende applicabile nei medesimi termini la disciplina di cui all’art. 167 del D.Lgs. 42/2004.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1034 dell’8 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.