Il TAR Milano aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l'art. 9 del D. M. n. 1444 del 1968, in materia di distanze tra edifici, fa espresso ed esclusivo riferimento alle pareti finestrate, per tali dovendosi intendere unicamente le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci; l’operatività della previsione è, quindi, condizionata dalla natura delle aperture.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1484 del 26 giugno 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, dopo aver ribadito che l'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, in materia di distanze tra edifici, fa espresso ed esclusivo riferimento alle pareti finestrate, per tali dovendosi intendere unicamente le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci, precisa che non possono essere considerate “vedute” alla stregua dell'articolo 900 codice civile aperture munite di grate di ferro e collocate ad un’altezza tale dal pavimento del luogo al quale si vuole dare luce ed aria che non consentono le funzioni della veduta in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza e non sono  raggiungibili normalmente senza l’ausilio di strumenti appositi, non permettendo cioè né di affacciarsi sul fondo del vicino (prospectio) né di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente (inspectio)

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1168 del 23 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato, confermando una sentenza del TAR Milano, ritiene legittimo un diniego di permesso di costruire in sanatoria per una copertura in policarbonato di un terrazzo sul quale si affacciano delle unità immobiliari poste ai piani superiori, motivato sul fatto che la distanza fra la tettoia e l'appartamento sovrastante era inferiore ai 3 mt previsti dall’art. 907 del codice civile.
Precisa al riguardo il Consiglio di Stato che la realizzazione di una tettoia va configurata sotto il profilo urbanistico come intervento di nuova costruzione, richiedendo quindi il permesso di costruire, allorché difetti, come nel caso esaminato, dei requisiti richiesti per le pertinenze e per gli interventi precari; di conseguenza, il rilascio del titolo edilizio necessita della conformità dell’opera non solo alle specifiche disposizioni del testo unico dell’edilizia (d.P.R. n. 380/2001), ma anche alle norme dallo stesso richiamate sulla disciplina urbanistica ed edilizia vigente (cfr. art. 12); tra queste ultime, vanno ricomprese quelle sulle distanze contenute nel codice civile e dunque anche quelle sulle distanze per le vedute di cui al comma 1 dell’art. 907: "Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'articolo 905”.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 72 in data 8 gennaio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, dopo aver richiamato il principio secondo il quale l’autorità cui è rivolta l’istanza per ottenere un titolo edilizio non deve compiere indagini approfondite al fine di appurare l’effettiva sussistenza della legittimazione, ma deve limitarsi ad effettuare valutazioni sommarie, basate su prove di facile apprezzamento, e ciò in quanto, da un lato, essa non è deputata a dirimere le eventuali controversie che insorgono fra le diverse proprietà e, da altro lato, i titoli edilizi non pregiudicano comunque i diritti dei terzi, precisa che:
- è sufficiente che la pubblica amministrazione accerti perlomeno la sussistenza di un titolo di legittimazione, senza che sia poi necessario effettuare complesse ed approfondite indagini circa i limiti dei diritti che tale titolo attribuisce al richiedente e circa la validità ed efficacia del titolo stesso;
-  questa basilare attività accertativa non può ritenersi compiuta nel caso in cui, a fronte di DIA aventi ad oggetto l’ampliamento e la realizzazione di finestre che si affacciano direttamente su un fondo altrui, non è stato acquisito il titolo che consente al richiedente di incidere sui diritti appartenenti al proprietario di tale fondo; diritti sanciti dagli artt. 905 e 1067, primo comma, cod. civ., i quali vietano l’apertura di vedute poste sul confine di proprietà e l’aggravamento di servitù esistenti.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1599 del 12 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.