Il TAR Brescia chiarisce nuovamente che:
«0.3a Laddove la notificazione venga eseguita, come nel caso di specie, per mezzo del servizio postale, trova pacifica applicazione la disposizione di cui all’art. 149 comma 3 del c.p.c. (“La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario …”), e anche la data di perfezionamento della notifica effettuata dall'avvocato per mezzo del servizio postale coincide con quella della consegna del plico all'Ufficio postale ai sensi dell'art. 3 della L. 53/94 (T.A.R. Lazio Roma, sez. II – 22/3/2016 n. 3580).
0.3b Il Consiglio di Stato (cfr. sentenza sez. IV – 12/2/2014 n. 672) ha, sul punto, sostenuto che “secondo l’indirizzo giurisprudenziale prevalente, dal quale questa Sezione non ravvisa motivo per discostarsi, gli effetti della citata sentenza della Corte costituzionale nr. 477 del 2002 si estendono anche alle notifiche effettuate direttamente dall’avvocato, ai sensi dell’art. 3 della legge nr. 53 del 2004 (cfr. Cass. civ., sez. II, 25 settembre 2002, nr. 13922; Cons. Stato, sez. VI, 13 aprile 2010, nr. 2055; Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2009, nr. 1365)”. E’ stato osservato che l’estensione della regola alla notificazione postale effettuata direttamente dagli Avvocati si rinviene nella legge n. 53 del 1994, in quanto l’art. 3 comma 3 della norma citata prevede che “Per il perfezionamento della notificazione e per tutto quanto non previsto dal presente articolo, si applicano, per quanto possibile, gli articoli 4 e seguenti della legge 20 novembre 1982, n. 890”, ovvero proprio le disposizioni su cui ha inciso direttamente la declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002 (T.A.R. Lazio Roma, sez. III – 13/7/2017 n. 8371) ».

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 1251 del 27 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia chiarisce come la valutazione di compatibilità del PGT al PTCP sia esclusivamente preordinata a verificare, attraverso la mera comparazione del contenuto dei due piani, il rispetto del PTCP da parte del piano comunale di governo del territorio e non implichi profili di discrezionalità; deve, allora, concludersi che essa non si configuri come atto di indirizzo, ma tenda alla mera attuazione degli obiettivi della pianificazione provinciale, per il che è riconducibile alle attribuzioni dirigenziali.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 1231 del 20 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

Si veda in argomento il precedente post.


Il Consiglio di Stato chiarisce che gli accordi conclusi ai sensi dell'art. 11 della legge n. 241/90 sono atti che l’amministrazione pone in essere con il consenso del privato, ma comunque soggetti al vincolo di perseguimento dell’interesse pubblico; infatti, gli accordi in discorso, essendo un’alternativa al provvedimento, non possono non partecipare della sua stessa natura; a differenza di quanto accade nelle fattispecie contrattuali, l’interesse affidato alla cura di una delle due parti, il soggetto pubblico, assume all’interno dell’accordo un ruolo del tutto differente rispetto a quello del privato: l’accordo deve essere stipulato “in ogni caso nel perseguimento dell’interesse pubblico”; in altri termini, la validità dell’accordo e la sua vincolatività sono subordinate alla compatibilità con l’interesse pubblico, il quale ne diviene così elemento definitorio.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 7212 del 24 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, pur consapevole dell’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alle conseguenze derivanti dalla mancata indicazione nell’offerta dei costi della manodopera, così come prevede il comma 10 dell’articolo 95 del D.Lgs. n. 50/2016, nondimeno ritiene allo stato di confermare l’orientamento già assunto dalla Sezione nelle sentenze n. 1855/2018 e n. 1870/2018, e pertanto riafferma che la mancata indicazione in offerta dei costi della manodopera per l’esecuzione del contratto ha effetti inevitabilmente escludenti, senza possibilità di ricorrere al rimedio del soccorso istruttorio non trattandosi della carenza di meri elementi formali della domanda di partecipazione, bensì di un elemento essenziale dell’offerta stessa.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2854 del 24 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo. Cfr. anche la sentenza TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1 del 3 gennaio 2019.


Il Consiglio di Stato aderisce all’orientamento secondo cui la verifica del comune in ordine al rispetto della disciplina privatistica deve essere circoscritta a quei limiti agevolmente conoscibili ovvero effettivamente conosciuti e non contestati; infatti, non è concretamente esigibile un approfondimento da parte del comune di ogni singolo aspetto privatistico relativo ai rapporti tra condomini e di vicinato astrattamente idoneo a riflettersi sulla legittimazione del richiedente il titolo edilizio (nella fattispecie è stato rilevato che il mancato rispetto della distanza dalla proprietà confinante ledeva anche un limite legale, da ritenersi, pertanto, un limite “agevolemente conoscibile” e dunque verificabile anche in sede amministrativa, da cui la legittimità del rilievo concernente il mancato assenso della proprietà confinante).

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 6860 del 3 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano chiarisce che, ad onta delle dichiarazioni rese dalle imprese partecipanti, la stazione appaltante conserva in ogni modo il potere di disporre l’esclusione delle offerte tecniche che di fatto non rispettano i requisiti minimi previsti dalla legge di gara, in quanto tali offerte configurano la presentazione di un prodotto che, ponendosi al di sotto degli “standard” minimi chiesti dall’amministrazione, realizza un vero e proprio “aliud pro alio”; la radicale mancanza di livelli essenziali dell’offerta tecnica non permette la valutazione della stessa e impone l’esclusione del concorrente per la sostanziale inidoneità dello stesso nei termini richiesti dalla stazione appaltante; non è necessario neppure che la sanzione espulsiva sia espressamente prevista dalla legge di gara giacché, essendo sufficiente il riscontro della difformità dell’offerta rispetto alle specifiche tecniche richieste dalla lex specialis, che abbiano per l’Amministrazione un valore essenziale; le caratteristiche minime essenziali devono, poi essere possedute al momento di presentazione dell’offerta, non essendo ammissibile che possa trovare accettazione da parte dell’amministrazione un bene privo di tali caratteristiche, seppure con l’impegno dell’offerente ad apportare gli adeguamenti necessari dopo l’eventuale aggiudicazione o prima dell’esecuzione del contratto d’appalto.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2844 del 24 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento si veda anche la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 7191 del 20 dicembre 2018 consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo e la sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 66 del 14 gennaio 2019 consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



La Commissione speciale del Consiglio di Stato ha reso il parere sulle Linee guida ANAC n. 4 - Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici - Opere di urbanizzazione a scomputo.

Il Parere n. 2942/2018 del 24 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale di Giustizia Amministrativa. 



Il TAR Milano aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale in caso di notifica ad un indirizzo PEC diverso da quello indicato nell’elenco tenuto dal Ministero della Giustizia di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179/2012, va fatta applicazione dell’istituto dell’errore scusabile, rimettendo in termini il ricorrente.

L’ordinanza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 2837 del 22 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il Presidente del Consiglio di Stato ha disposto che a decorrere dal 1° gennaio 2019 la Seconda Sezione del Consiglio di Stato è trasformata da consultiva in giurisdizionale.
Alla Seconda Sezione giurisdizionale sono assegnati i ricorsi pendenti dinanzi alle quattro sezioni giurisdizionali depositati fino al 31 dicembre 2012, fatti salvi i ricorsi già assegnati ad udienza o per i quali sia stata già fissata una udienza alla data del 31 dicembre 2018, nonché quelli i cui giudizi sono sospesi o per i quali è stata disposta una istruttoria, anche in sede cautelare.



Il TAR Brescia chiarisce che la ricognizione dell’esistente è una fase essenziale della pianificazione che consiste in una operazione tecnica, e non giuridica, in quanto è preliminare alla qualificazione dei fabbricati e all’attribuzione dei diritti edificatori; i compilatori dello strumento urbanistico devono quindi segnalare graficamente qualsiasi fabbricato presente sul territorio, anche se privo di titolo o privo di consistenza materiale, in quanto ridotto allo stato di rudere; su questa base viene poi esercitata la discrezionalità dell’amministrazione nell’attribuzione dei diritti edificatori.
Per quanto riguarda i ruderi, il TAR Brescia precisa che i diritti edificatori utilizzati al momento della costruzione originaria rimangono incorporati nel suolo, e fanno parte del patrimonio del proprietario dell’area; la discrezionalità dell’amministrazione è quindi libera quando decide di espandere le facoltà edificatorie, ma incontra degli ostacoli quando si propone di cancellare la rilevanza giuridica dei ruderi, perché in questo secondo caso incide direttamente sulla consistenza del diritto di proprietà; affinché si possa conservare rilevanza giuridica ai ruderi è però necessario che sia individuabile in modo sufficientemente preciso l’immagine originaria del fabbricato; questo avviene normalmente quando sia possibile dedurre dalle strutture presenti il disegno complessivo dell’edificio, oppure quando, pur in assenza di strutture ancora integre, siano disponibili le planimetrie o le descrizioni dei luoghi inserite negli atti di accatastamento; le due fonti (referto di sopralluogo, scheda di accatastamento) possono anche combinarsi, fornendo ciascuna una parte delle informazioni su quanto edificato; in caso di contrasto, è applicabile per analogia la regola ex art. 950 c.c. sul carattere sussidiario, e dunque recessivo, dei dati catastali.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 1205 del 14 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che in ordine responsabilità precontrattuale – che trova fondamento normativo negli articoli 1337 e 1338 del codice civile – la giurisprudenza è ormai giunta alla conclusione della piena configurabilità della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, la quale è tenuta a rispettare non solo le norme di diritto pubblico che presiedono alla propria attività autoritativa, ma anche quelle dell’ordinamento civile sul comportamento secondo buona fede anche nel corso delle trattative volte alla stipulazione di un contratto; anche nelle procedure di evidenza pubblica trova spazio l’obbligo di comportamento secondo buona fede, per tutto lo svolgimento della procedura, e la violazione dell’obbligo può far sorgere una responsabilità risarcitoria anche in presenza di atti amministrativi legittimi.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2785 del 11 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Per il TAR Milano la sussistenza del requisito della mera vicinitas - in caso di impugnazione di titoli edilizi - non costituisce elemento sufficiente a comprovare la legittimazione a ricorrere e l'interesse al ricorso, occorrendo invece la positiva dimostrazione di un danno che attingerebbe la posizione di colui il quale insorge giudizialmente.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2742 del 5 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, con riferimento a una previsione di PGT che dichiara incompatibile con la nuova destinazione dell’area l’attività di produzione di energia elettrica già in essere e pone forti limitazioni all’esercizio dello ius aedificandi, chiarisce che la disciplina urbanistica contenuta nel P.R.G. è destinata a svolgere i suoi effetti ordinatori e conformativi esclusivamente con riferimento all’edificazione futura e non anche all’edificazione esistente, a condizione che quest’ultima sia stata legittimamente realizzata; ne consegue che le opere già eseguite in conformità della disciplina previgente, conservano la loro precedente e legittima destinazione, senza che sia nemmeno possibile impedire gli interventi necessari per integrarne o mantenerne la funzione.
Aggiunge poi il TAR che in considerazione del favor del legislatore eurounitario per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e dei relativi impianti di produzione, che si traduce a livello statale nell’assenza di limitazioni specifiche alla localizzazione di siffatti impianti, deve escludersi che i Comuni possano, attraverso gli strumenti della pianificazione urbanistica, introdurre surrettiziamente divieti ulteriori, rispetto alle linee guida nazionali, all’insediamento degli impianti in questione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2736 del 5 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Precisa il TAR Milano che l’istituto della perequazione ha quale propria finalità quella di evitare ingiusti trattamenti differenziati, esso presuppone che le situazioni di fatto su cui va ad incidere presentino caratteristiche analoghe; per questa ragione, i commi primo e secondo dell’articolo 11 della l.r. n. 12 del 2005 prevedono che la perequazione operi solo per gli ambiti soggetti a trasformazione; solamente quando le caratteristiche ontologiche dei suoli siano simili e tali da renderli tutti destinati all’edificazione, si rende necessario evitare che i diversi proprietari ricevano trattamenti differenziati; non è invece possibile perequare aree che abbiano caratteristiche ontologiche diverse, giacché in tal caso si creerebbero surrettizie forme di diseguaglianza.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2781 del 10 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che l’ordinamento comunitario è indifferente al nomen assegnato dall’ordinamento nazionale o dalle parti alla singola fattispecie e ciò impone di applicare i principi comunitari alle concessioni di beni pubblici di rilevanza economica, trattandosi di un modello di organizzazione e gestione del bene pubblico che comporta un’occasione di guadagno per i soggetti operanti sul mercato; si tratta in particolare dei principi di libertà di stabilimento (art. 49 TFUE ex articolo 43 del TCE), libertà di prestazione dei servizi (art. 56 TFUE ex articolo 49 del TCE), parità di trattamento e divieto di discriminazione in base alla nazionalità (artt. 49 e 56 TFUE), trasparenza e non discriminazione (art. 106 TFUE ex articolo 86 del TCE).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 2770 del 10 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il mero interesse procedimentale, l'interesse alla correttezza della complessiva gestione del procedimento da parte dell'amministrazione secondo le regole che lo governano, si pone come situazione meramente strumentale alla tutela di una posizione di interesse legittimo; pertanto, esso non è risarcibile in sé, in quanto, diversamente opinando, si costruirebbe l'interesse legittimo come generica pretesa alla legittimità dell'azione amministrativa; infatti, il danno è risarcibile soltanto laddove esso consiste in un danno/evento ingiusto, tale essendo quello consistente nella lesione di un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, che fonda la sussistenza di una posizione soggettiva; deve trattarsi di un danno che presuppone la titolarità di un interesse apprezzabile, differenziato, giuridicamente rilevante e meritevole di tutela e che inerisce al contenuto stesso della posizione sostanziale.
Aggiunge il TAR che la ritenuta sussistenza di una violazione di natura procedimentale impone alla parte di attivare diligentemente lo specifico rimedio impugnatorio così da determinare, in caso di fondatezza della domanda, la rinnovazione del procedimento; in difetto di proposizione di una tale domanda, deve escludersi, in base ad un giudizio ipotetico e non causale, che il danno possa rappresentare una effettiva perdita patrimoniale in quanto l’asserito danneggiato avrebbe potuto chiaramente evitarla proponendo l’azione sopra indicata.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2787 del 12 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano aderisce all’orientamento del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Sez. II, parere 9.8.2016 n. 1794) che ha riconosciuto che, nel caso di superamento del termine di quarantacinque giorni fissato dall’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 per l’espressione del parere sulla compatibilità paesaggistica da parte della Soprintendenza, non si determina né la perdita del relativo potere, né alcuna ipotesi di silenzio qualificato o significativo; ben può, pertanto, il suddetto parere essere emesso tardivamente, anche in considerazione della rilevanza dei valori alla cui tutela la Soprintendenza è preposta; l’effetto che, in siffatta ipotesi, si produce è quello della prescindibilità dello stesso parere, con la conseguenza che la decisione viene rimessa alla esclusiva responsabilità dell’Ente territoriale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2738 del 5 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.