L’obbligo di rispettare una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, previsto dall’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, pur valendo anche quando la finestra di una parete non fronteggi l’altra parete (per essere quest’ultima di altezza minore dell’altra), e pur valendo anche quando una sola delle pareti frontistanti sia finestrata, non sussiste allorché le due pareti aderiscano in basso l’una all’altra su tutto il fronte e per tutta l’altezza corrispondente, senza interstizi o intercapedini residui; inoltre, il rispetto della distanza minima di dieci metri di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, pur invocabile in presenza di una parete finestrata che non fronteggi l’altra parete (per essere quest’ultima inferiore di altezza), va applicato solo qualora al di sotto vi sia invariabilmente un’intercapedine o un interstizio, vi siano cioè due pareti o elementi di costruzione di varia fattezza, ma pur sempre racchiudenti uno spazio vuoto tra di loro, con pericolo concreto di recare nocumento alla salubrità.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2747 del 22 luglio 2025


Con riferimento al termine per impugnare l'aggiudicazione, il principio già affermato dalla giurisprudenza nel vigore del d.lgs. 50/2016 è applicabile anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 36/2023: pertanto, al fine di beneficiare di una dilazione fino a un massimo di quindici giorni del termine per impugnare, il partecipante alla gara deve presentare l’istanza di accesso entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 731 del 2 agosto 2025



Con l’art. 1, comma 1, lett. b), del d.l. n. 69 del 2024, convertito con modifiche dalla l. n. 105 del 2024, il legislatore ha deciso di tutelare l’affidamento del privato consentendo, a determinate condizioni, di dare rilevanza esclusiva alle risultanze dell’ultimo titolo, comprese le dichiarazioni rese dal progettista concernenti lo stato di fatto. Questa disposizione consente ora di dare rilevanza esclusiva all’ultimo titolo riguardante un intervento che ha interessato l’immobile nella sua interezza, impedendo così all’amministrazione di contestare, successivamente alla sua emanazione, precedenti abusi non riscontrati in sede di rilascio. La norma subordina questo favorevole effetto alla condizione che l’amministrazione abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi. Ne consegue che, per dimostrare lo stato legittimo, l’interessato può sì limitarsi a produrre l’ultimo titolo edilizio, ma deve trattarsi di un titolo che (oltre a riguardare un intervento che interessi l’immobile nella sua interezza) dia conto dell’accertamento effettuato dall’amministrazione circa la sussistenza e la regolarità dei titoli edilizi precedenti che legittimano lo stato di fatto dichiarato per ottenere il suo rilascio. L’attestazione dell’amministrazione circa la regolarità dei titoli pregressi deve essere esplicita e, in assenza di tale attestazione esplicita, la rappresentazione dello stato di fatto compiuta dal progettista non è di per sé sufficiente, poiché la circostanza che un'opera non legittima sia rappresentata nelle pratiche edilizie non può comportarne la regolarizzazione postuma.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2802 del 31 luglio 2025


L'azione di accertamento è ammissibile ma, in diretta applicazione del principio di effettività della tutela, diviene concretamente utilizzabile là dove manchino, nel sistema, strumenti giurisdizionali a protezione di interessi certamente riconosciuti dall'ordinamento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2761 del 25 luglio 2025


Far decorrere un termine perentorio dalla mera indicazione degli estremi del titolo edilizio sul cartello di cantiere, senza che i soggetti terzi abbiano piena consapevolezza della portata lesiva delle opere, non appare rispettoso del diritto di difesa, come garantito sia dalla Costituzione (art. 24), sia dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (artt. 6 e 13), i cui principi fanno ormai parte del diritto dell’Unione Europea, dopo le novità introdotte dal Trattato di Lisbona del 13.12.2007 (cfr. legge di autorizzazione alla ratifica del Trattato, n. 130 del 2.8.2008)

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2747 del 22 luglio 2025


Il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 14, comma 4, della L.R. n. 12 del 2005 per l’approvazione del piano attuativo non ha carattere perentorio, in mancanza di una espressa qualificazione normativa in termini di perentorietà, sicché il suo decorso non determina né la decadenza dell’amministrazione dal potere di provvedere né la formazione di provvedimenti taciti di assenso o di diniego. Peraltro, il carattere meramente ordinatorio e acceleratorio del termine non comporta che la sua violazione possa ritenersi giuridicamente neutra o irrilevante; trattandosi di un termine legale di conclusione del procedimento, evidentemente finalizzato a prevenire ingiustificate inerzie della P.A. e a garantire tempi tendenzialmente certi di conclusione del procedimento, la sua inosservanza cristallizza di per sé un inadempimento dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 2, comma 1, L. 241/90; peraltro, l’obbligo di “concludere il procedimento” di approvazione del Piano attuativo non significa obbligo di “approvare” il piano attuativo, venendo in considerazione un atto per nulla vincolato nel proprio contenuto, ma espressione, al contrario, dell’ampia discrezionalità dell’amministrazione comunale nella gestione del proprio territorio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 675 del 16 luglio 2025


Per ritenere configurabile un obbligo giuridico di provvedere in capo all’amministrazione, deve sussistere uno specifico obbligo giuridico di provvedere e quindi l’attività non deve essere discrezionale nell’an; siffatto obbligo deve avere ad oggetto l’esercizio di un potere pubblico – e non di autonomia negoziale - e il potere deve incidere su di una posizione giuridica qualificata e differenziata, a prescindere dalla natura del potere (discrezionale, di programmazione, di pianificazione) o dei caratteri dell’atto (puntuale o generale) (fattispecie in materia di richiesta di correzione di errore materiale e di rettifica del P.G.T. in riferimento all'esatta determinazione delle fasce di rispetto e delle fasce di salvaguardia).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2776 del 28 luglio 2025


Il principio di equivalenza consente di rendere ammissibili quelle offerte caratterizzate da prestazioni con specifiche tecniche non identiche ma simili a quelli richieste dalla lex specialis in quanto comunque idonee al soddisfacimento di una specifica esigenza della stazione appaltante. Ai fini dell’ammissibilità del giudizio di equivalenza occorre distinguere tra requisiti minimi strutturali e funzionali. La verifica di equivalenza è ammessa per quest’ultima tipologia di requisiti, in quanto funzionali ad assicurare l’interesse cui è preordinata la commessa. I requisiti minimi c.d. strutturali sono invece richiesti per delimitare tassativamente la tipologia di dispositivo richiesto, senza possibilità di giudizio di equivalenza. La qualificazione in “termini "strutturali" o "funzionali" di un requisito minimo prescritto dalla legge di gara non dipende tuttavia dalla natura del requisito in sé considerata, bensì dall'esistenza o meno nella lex specialis dell'esplicitazione delle finalità e dei bisogni dell'amministrazione che la previsione di una determinata caratteristica tecnica è destinata a soddisfare.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2759 del 24 luglio 2025


Il TAR Milano esamina la legittimità di una disposizione di servizio di un Comune che qualifica come nuova costruzione (e non ristrutturazione edilizia) l'intervento di demolizione e ricostruzione nel caso in cui manchi qualsiasi “traccia” dell’immobile preesistente (in particolare, in via esemplificativa e non esaustiva, sotto il profilo strutturale o funzionale, delle giaciture preesistenti, delle altezze preesistenti); il Collegio ritiene che l’interpretazione fornita dalla disposizione di servizio all’art. 3, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001 debba considerarsi corretta, con conseguente irrilevanza delle ragioni che hanno determinato l’Amministrazione comunale a emanare tale atto (nella fattispecie collegate a delle vicende di natura penale; ragioni che peraltro, per il TAR, appaiono comprensibili e compatibili con l’interesse pubblico posto che non avrebbe senso autorizzare interventi edilizi considerati, dal giudice penale, in contrasto con legge penale).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2757 del 23 luglio 2025


La previsione dell’art. 41, quinquies, comma 6, della L. n. 1150/1942 richiede la previa approvazione di apposito piano attuativo per la realizzazione di edifici aventi altezza superiore a 25 metri; tuttavia, l’esigenza della pianificazione attuativa, quale presupposto per rilascio del permesso di costruire relativo a fabbricati, si rende necessaria quando si tratta di asservire per la prima volta un’area non ancora urbanizzata, o per raccordarne l’edificazione al tessuto insediativo esistente, valutando la realizzazione o potenziamento di opere, urbanizzazioni e servizi necessari collettivi. La necessità della pianificazione attuativa è da escludersi in presenza di una zona già completamente urbanizzata, quando la situazione di fatto evidenzi una completa edificazione dell’area, tale da renderla incompatibile con un piano attuativo. Al Comune spetta un amplissimo margine di discrezionalità nella valutazione della congruità del grado di urbanizzazione. Il sindacato giurisdizionale sotto tale profilo risulta relegato al riscontro della palese illogicità e irragionevolezza delle determinazioni assunte o al rilievo di errori di fatto idonei a inficiare le determinazioni assunte.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2747 del 22 luglio 2025  (per una lettura diversa della disposizione dell'art. 41 quinquies, comma 6, della L. n. 1150/1942 cfr. Cassazione penale, Sez. III, n. 26620 del 21 luglio 2025)


Il provvedimento amministrativo, preceduto da esaurienti atti istruttori, può ritenersi adeguatamente motivato per relationem anche con il mero richiamo a tali atti, in quanto in tal modo l'autorità emanante esplicita l'intenzione di fare propri gli esiti dell'istruttoria condotta, ponendoli a base della determinazione adottata; in tal modo, la motivazione è esaustiva perché dal complesso degli atti del procedimento sono evincibili le ragioni giuridiche che supportano la decisione, in modo da consentire, non solo al destinatario di contrastarle con gli strumenti offerti dall'ordinamento, ma anche al giudice amministrativo, ove investito della relativa controversia, di sindacarne la fondatezza.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 651 dell'8 luglio 2025


È inammissibile, per genericità e violazione dell’art. 40 c.p.a., il ricorso nel quale il ricorrente si limita a esporre una sintetica e indistinta ricostruzione in fatto dei principali accadimenti della vicenda, senza tuttavia articolare alcuna autonoma censura nei confronti del provvedimento impugnato e senza sviluppare una motivata critica rispetto alle ragioni poste alla base delle decisioni dell’amministrazione. In detti termini, la lettura non consente di comprendere quali sarebbero i profili di illegittimità dell’atto oggetto di impugnazione, per cui risulta conseguentemente violato il principio di specificità dei motivi di gravame, i quali, pur se non rubricati in modo puntuale né espressi con formulazione giuridica assolutamente rigorosa, devono essere esposti con specificità sufficiente a fornire almeno un principio di prova utile alla identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale. Parimenti inammissibile è il gravame redatto in violazione della regola che impone di esporre “distintamente” i fatti e motivi di doglianza, mancando una simile separata strutturazione il ricorso si risolve in un’unitaria e generica narrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2736 del 21 luglio 2025


La richiesta di autorizzazione alla notifica per pubblici non consente di superare quanto disposto dall’art. 41, comma 2, c.p.a., in quanto deve ritenersi ostativa all’integrazione del contraddittorio, di cui all’art. 49 c.p.a., l’omessa notifica del ricorso ad almeno uno dei controinteressati. Tale adempimento costituisce, infatti, condizione di ammissibilità del ricorso e assume il ruolo di essenziale e imprescindibile preliminare adempimento, la cui mancanza non è sanabile mediante la sola richiesta di notifica per pubblici proclami.

TAR Lombardia, Milano Sez. V, n. 2728 del 18 luglio 2025


È onere dei destinatari dell’ingiunzione dimostrare la risalenza del fabbricato non incombendo sul comune alcun onere istruttorio in tale senso, in quanto solo il privato può fornire (atteso che ordinariamente ne dispone e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione degli interventi, anche per dimostrare la consistenza originaria dell'immobile abusivo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1906 del 3 giugno 2025


In caso di mancato adempimento all'ordine di demolizione, il passaggio della proprietà in capo al Comune costituisce acquisto a titolo originario, senza che possa rilevare sotto tale profilo l’eventuale successivo accertamento della proprietà in capo ad altro soggetto.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 562 del 18 giugno 2025


La manifestazione di volontà implicita o presunta ricorre allorquando la volontà provvedimentale può desumersi in modo inequivoco, rispettivamente, da un comportamento tenuto dall’amministrazione o da un provvedimento espresso emanato dall’amministrazione. I presupposti al ricorrere dei quali sussiste la manifestazione di volontà implicita o presunta, e quindi il provvedimento implicito cui fa capo quella volontà, sono i seguenti: i) non vi deve essere una disposizione di legge che prevede una manifestazione espressa della volontà provvedimentale e che quindi prescrive una data forma quale elemento costitutivo del provvedimento (principio di libertà delle forme); ii) deve esservi l’espressione all’esterno di un contegno amministrativo che può consistere in un comportamento materiale o procedimentale oppure in un provvedimento espresso proveniente dalla stessa amministrazione a cui si intende imputare la manifestazione di volontà provvedimentale implicita o presunta sulla cui base verificare la costruzione della fattispecie (esteriorizzazione); iii) il contegno amministrativo esterno deve promanare dall’organo competente ad esprimere la volontà amministrativa implicita o presunta (competenza); iv) il contegno amministrativo (presupponente) deve essere conseguenza necessaria dell’atto implicito (presupposto) nel senso che il primo non potrebbero essere posto in essere se non sulla base di una pregressa manifestazione di volontà provvedimentale implicita o presunta dell’organo amministrativo (rapporto di condizionamento); v) il provvedimento implicito deve essere l’unica conseguenza possibile della presunta manifestazione di volontà (univocità).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2678 del 15 luglio 2025


La mera richiesta volta ad ottenere delucidazioni sulla interpretazione dell'offerta tecnica non comporta che i chiarimenti resi costituiscano una modifica dell'offerta presentata in gara, se essi sono limitati a specificare la portata di elementi già interamente contenuti nella stessa offerta. La facoltà di cui all’art. 101, comma 3 del Codice dei contratti pubblici, definita come “soccorso procedimentale”, consente alla stazione appaltante di sollecitare chiarimenti sui contenuti dell’offerta tecnica, al fine di dirimere le eventuali ambiguità riscontrate sulla portata dell’impegno negoziale assunto dal concorrente e di evitare, nel rispetto della par condicio competitorum, eccessivi formalismi nell’applicazione delle regole della gara.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1 del 4 gennaio 2025


È tardiva la memoria depositata alle ore 12:14 dell'ultimo giorno consentito, ovverosia oltre le ore 12.00, cui fa riferimento l’art. 4, comma 4, all. 2 c.p.a., per cui tale memoria che non può essere esaminata. Infatti, l’apparente antinomia, rilevabile tra il primo ed il terzo periodo dell'art. 4, comma 4, delle disposizioni di attuazione al c.p.a., va risolta nel senso che il termine delle ore 24.00 per il deposito degli atti di parte vale solo per quegli atti processuali che non siano depositati in vista di una camera di consiglio o di un’udienza di cui sia (in quel momento) già fissata o già nota la data. Invece, in presenza di una camera di consiglio o di un’udienza già fissata, il deposito effettuato oltre le ore 12.00 dell'ultimo giorno utile è inammissibile.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 657 dell'11 luglio 2025



Il presupposto di applicazione dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 deve ravvisarsi nell'utilizzo di un bene privato da parte della PA "senza titolo", per non essere mai stato emesso il regolare decreto di esproprio. Sebbene la norma citata non contempli espressamente un avvio del procedimento ad istanza di parte, il privato può sempre sollecitare l'amministrazione ad avviare il relativo procedimento e quest'ultima ha l'obbligo di provvedere al riguardo adeguando la situazione di fatto a quella di diritto, essendo l'eventuale inerzia configurabile quale silenzio-inadempimento impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 641 del 4 luglio 2025


In materia di fonti energetiche rinnovabili, la giurisprudenza amministrativa riconosce che la normativa statale e sovranazionale che regola la materia manifesta un favor per l’allestimento di tali risorse, ponendo le condizioni per una adeguata diffusione dei relativi impianti produttivi, ciò in quanto la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è un’attività di interesse pubblico che contribuisce anch’essa non solo alla salvaguardia degli interessi ambientali, ma, sia pure indirettamente, anche a quella dei valori paesaggistici. Ciò non significa, tuttavia, che l’interesse pubblico alla realizzazione di siffatti impianti debba sistematicamente risultare prevalente rispetto alla tutela dell’interesse paesaggistico o culturale, determinando l’illegittimità di qualsiasi provvedimento che ne vieti l’installazione in zone vincolate, ma impone in capo all’Amministrazione un più incisivo e stringente obbligo motivazionale che dia evidenza di aver operato un effettivo bilanciamento dei vari interessi in gioco.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 645 del 7 luglio 2025