Il presupposto di applicazione dell'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001 va ravvisato nell'utilizzo di un bene privato da parte della PA "senza titolo", per non essere mai stato emesso il regolare decreto di esproprio. Sebbene la norma citata non contempli espressamente un avvio del procedimento ad istanza di parte, il privato può sempre sollecitare l'amministrazione ad avviare il relativo procedimento e quest'ultima ha l'obbligo di provvedere al riguardo adeguando la situazione di fatto a quella di diritto, essendo l'eventuale inerzia configurabile quale silenzio-inadempimento impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 770 del 18 agosto 2025


Il presupposto di applicazione dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 deve ravvisarsi nell'utilizzo di un bene privato da parte della PA "senza titolo", per non essere mai stato emesso il regolare decreto di esproprio. Sebbene la norma citata non contempli espressamente un avvio del procedimento ad istanza di parte, il privato può sempre sollecitare l'amministrazione ad avviare il relativo procedimento e quest'ultima ha l'obbligo di provvedere al riguardo adeguando la situazione di fatto a quella di diritto, essendo l'eventuale inerzia configurabile quale silenzio-inadempimento impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 641 del 4 luglio 2025


Il TAR Milano ricorda che la scelta di acquisire un bene occupato e utilizzato sine titulo o restituirlo va effettuata esclusivamente dall'Autorità (o dal commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo, all'esito del giudizio di cognizione o del giudizio d'ottemperanza, ai sensi dell'art. 34 o dell'art. 114 c.p.a): in sede di giurisdizione di legittimità, né il giudice amministrativo né il proprietario possono sostituire le proprie valutazioni a quelle attribuite alla competenza e alle responsabilità dell'Autorità individuata dall'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001; pertanto, il giudice amministrativo, in caso di inerzia dell'Amministrazione e di ricorso avverso il silenzio ex art. 117 c.p.a., può nominare già in sede di cognizione il commissario ad acta, che provvederà ad esercitare i poteri di cui all'art. 42-bis o nel senso della acquisizione o nel senso della restituzione del bene illegittimamente espropriato; qualora, invece, sia invocata solo la tutela (restitutoria e risarcitoria) prevista dal c.c. e non si richiami l'art. 42-bis, il giudice deve pronunciarsi tenuto conto del carattere doveroso della funzione attribuita dall'art. 42-bis all’amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2589 del 9 ottobre 2024


Il TAR Brescia ricorda che l’art. 42-bis comma 1 del D.P.R. n. 327 del 2001 attribuisce il potere di adottare il provvedimento di acquisizione sanante esclusivamente alla “autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità”, essendo perciò irrilevante quale sia l'autorità che, a suo tempo, abbia dato inizio e proseguito la procedura espropriativa.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 722 del 28 agosto 2024


Il TAR Milano accoglie la censura di incompetenza sollevata avverso un decreto dirigenziale con cui il Comune ha disposto l’acquisizione ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001, in quanto l’art. 42, comma 2, lett. l), del D.Lgs. n. 267/2000 riserva ogni decisione in materia di acquisti e alienazioni immobiliari al Consiglio Comunale. Tale norma dispone, infatti, che l’organo consiliare sia compente in via esclusiva all’adozione di atti riguardanti “acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari”, inclusa l’ipotesi di acquisto di immobili disciplinata dall’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001. Del resto, essendo l’acquisizione sanante provvedimento connotato da ampia discrezionalità, è al Consiglio Comunale che spetta ogni apprezzamento in ordine alla sussistenza dei presupposti di utilità attuale e di interesse pubblico alla conservazione dell’immobile utilizzato per causa di pubblica utilità e circa gli altri presupposti di legge.


Precisa il TAR Brescia che sono due i parametri che devono essere valutati ai sensi dell’art. 42-bis del DPR 327/2001: il primo è quello della utilità dell’occupazione del terreno, ossia la funzionalità dell’infrastruttura realizzata sul terreno occupato (o nel sottosuolo) allo svolgimento di un servizio pubblico; il secondo è quello economico. I commi 1 e 3 dell’art. 42-bis del DPR 327/2001 prevedono, infatti, la corresponsione di un indennizzo pari al valore di mercato del bene (nella destinazione d’uso originaria), per il che è necessario stabilire se la restituzione del terreno comporti oneri inferiori. In realtà, la valutazione economica è più ampia, in quanto occorre tenere conto di tutte le voci di costo che si collegano all’infrastruttura da regolarizzare. Nel bilanciamento, assumono quindi rilievo, da un lato, le spese della ricostruzione o della traslazione dell’infrastruttura e, dall’altro, oltre all’indennizzo, il risarcimento dovuto al proprietario non solo per l’occupazione senza titolo, ma per tutti i danni ulteriori. In questo quadro, sono possibili accordi tra le parti che chiariscano le situazioni incerte definendo gli obblighi reciproci, ma è comunque necessario che l’amministrazione offra una ragionevole dimostrazione del carattere non antieconomico della scelta operata.



Il TAR Brescia dichiara illegittimo il provvedimento di acquisizione sanante assunto senza il pieno rispetto delle garanzie partecipative.
Al riguardo il TAR richiama la giurisprudenza della Corte Costituzionale secondo la quale “in materia espropriativa, questa Corte ha da tempo affermato che i privati interessati devono essere messi "in condizioni di esporre le proprie ragioni sia a tutela del proprio interesse, sia a titolo di collaborazione nell'interesse pubblico" (sentenza n. 13 del 1962; sentenze n. 344 del 1990, n. 143 del 1989 e n. 151 del 1986). Per parte sua, il provvedimento disciplinato dalla norma in esame non potrebbe, innanzitutto, sottrarsi all'applicazione delle ricordate, generali, regole di partecipazione del privato al procedimento amministrativo, come, infatti, è riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, che impone la previa comunicazione di avvio del procedimento. Ma, soprattutto, in virtù della effettiva comparazione degli interessi contrapposti richiesta dalla norma in questione, il privato sarà ulteriormente sempre posto in grado di accentuare il proprio ruolo partecipativo, eventualmente facendo valere l'esistenza delle "ragionevoli alternative" all'adozione dell'annunciato provvedimento acquisitivo, prima fra tutte la restituzione del bene.” (Corte Cost., 30 aprile 2015, n. 71).


TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 776 del 30 agosto 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Milano ricorda che secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale l'adozione del provvedimento di acquisizione sanante di cui all'art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001 è riservata alla competenza del Consiglio comunale poiché riconducibile al novero dei provvedimenti di acquisizione individuato dall'art. 42, comma 2, lett. l), del d.lgs. n. 267 del 2000 (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 10 maggio 2018, n. 2810; T.A.R. Toscana, sez. I, 15 maggio 2020, n. 572; T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 6 dicembre 2019, n. 698); ne consegue l’illegittimità dell’atto di acquisizione sanante emesso dal dirigente e non dal Consiglio comunale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 68 del 11 gennaio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo il Consiglio di Stato, il provvedimento di acquisizione, che la pubblica amministrazione adotta ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, per i casi in cui vi sia stata utilizzazione del bene immobile privato per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, è provvedimento che rientra tra quelli per i quali l’art. 119 c.p.a. contempla la dimidiazione dei termini processuali.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 4661 del 6 ottobre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


di Martina Beggio. Con sentenza n. 1105, depositata in data 29.04.2013, la sezione III del Tribunale Amministrativo per la Regione Lombardia ha segnato un rilevante arresto in tema di occupazione illegittima di un’area privata da parte di una pubblica amministrazione.
Il T.A.R. Milano ha infatti condannato un'amministrazione comunale alla restituzione, previa rimessione in pristino, di alcune aree occupate senza alcun titolo legittimante il trasferimento della proprietà, prevedendo tuttavia, in via alternativa, la tempestiva emanazione di un provvedimento di acquisizione sanante ai sensi dell'art. 42 bis del T.U. in materia di espropriazione per pubblica utilità.
Tale disposizione riproduce, con alcune modifiche, l'istituto dell'acquisizione coattiva sanante previamente disciplinato all'art. 43 del D.P.R. n. 327 del 2001, censurato dalla Consulta per eccesso di delega con la pronuncia n. 293 del 2010.
Tale istituto presentava – e presenta tutt’ora, nonostante le modifiche apportate – diversi profili di criticità più volte evidenziati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo la quale ne ha posto in luce l’incompatibilità con la tutela del diritto di proprietà in quanto tale istituto, qualificato come “expropriation indirecte” legittimerebbe la pubblica amministrazione a trarre un indebito beneficio, l’acquisto della proprietà di un immobile privato, da una situazione di mera occupazione sine titulo dello stesso (ex multis,  CEDU, 29 marzo 2006, n. 36813/1597, Scordino c/Italia).
Le modifiche apportate all’istituto in oggetto infatti non lo rendono immune da critiche posto che avalla l’acquisizione al patrimonio indisponibile statale di un bene immobile fondata, però, su un’occupazione illegittima del medesimo.
In primo luogo l’art. 42 bis impone una valutazione più rigorosa dei presupposti che giustificano l’operatività del meccanismo sanante: la pubblica amministrazione, infatti, dovrà motivare “le attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico” che giustificano tale provvedimento acquisitivo le quali dovranno inoltre essere comparate con i confliggenti interessi di diritto privato evidenziando altresì l’assenza di valide alternative all’adozione.
Il nuovo disposto normativo qualifica poi il ristoro dovuto al privato che si è visto sottrarre illegittimamente la disponibilità del bene quale “indennizzo” che dovrà coprire tanto il pregiudizio patrimoniale quanto quello non patrimoniale, quest’ultimo determinato in misura forfettaria corrispondente al dieci per cento del valore venale del bene occupato. Il comma 3 dell’art 42 bis T.U. delle espropriazioni per pubblica utilità, inoltre,  quantifica l’indennità patrimoniale nel valore venale del bene equiparando, dunque, dal punto di vista del quantum dovuto, l’acquisizione coattiva sanante alla regolare procedura di espropriazione.  
Altra importante novità si rinviene nell’eliminazione del meccanismo della cosiddetta acquisizione giudiziaria prevista dal terzo comma dell’art. 43 T.U. delle espropriazioni per pubblica utilità in forza del quale era possibile che l’amministrazione si vedesse condannata dal giudice amministrativo – senza alcun limite temporale – al mero risarcimento del danno per l’utilizzazione di un immobile senza alcun titolo legittimante il trasferimento della proprietà, con esclusione della restituzione del bene stesso oggetto di occupazione.  
Nel caso di specie l'occupazione delle aree interessate era intervenuta in forza di un decreto espropriativo d'urgenza emanato a seguito di una delibera della giunta comunale del comune di Lainate che dichiarava la pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori per la realizzazione di un ponte sul Torrente Lura.
Tuttavia, il termine per l’emanazione del decreto di esproprio era inutilmente decorso senza che l’amministrazione comunale si fosse prontamente attivata in tal senso.
Nella sentenza de qua i Giudici amministrativi hanno in primo luogo rigettato la questione di giurisdizione sollevata dai ricorrenti, affermando la sussistenza della giurisdizione amministrativa rilevando come gli atti della procedura siano qualificabili come provvedimenti costituenti manifestazioni di un pubblico potere.
Trattando nel merito la richiesta di risarcimento danni per la privazione arbitraria della disponibilità delle aree in questione, ed aderendo ad un recente orientamento giurisprudenziale allineatosi alla posizione della Corte di Giustizia Europea, i Giudici amministrativi hanno sancito l'attuale inoperatività dell'occupazione espropriativa, istituto basato sull'accessione invertita.
Di ciò è conseguenza che la realizzazione degli interventi sulle aree occupate non abbia determinato il trasferimento della proprietà delle stesse in favore dell’amministrazione comunale le quali sono sempre state di proprietà dei ricorrenti, come, del resto, avveniva in passato.
Dunque, a far data dalla scadenza del termine per l'emanazione del decreto di esproprio, l'occupazione è risultata abusiva dovendo essere qualificata come illecito di natura permanente ai sensi dell’art. 2043 c.c.
Alla luce di quanto esposto,  il Comune di Lainate è stato condannato alla restituzione, previa rimessione in pristino, delle aree in oggetto facendo tuttavia salva la possibilità che le parti giungano a diverso accordo o che l’amministrazione comunale adotti un provvedimento di acquisizione sanante.
In sintesi, con tale sentenza il T.A.R. Milano contribuisce a riaccendere un accesso dibattito in dottrina e giurisprudenza circa la legittimità dell’acquisizione coattiva sanante, istituto che legittima la pubblica amministrazione ad acquisire immobili privati senza rispettare le modalità stabilite dal procedimento espropriativo e, soprattutto, in assenza di un valido titolo legittimante il trasferimento della proprietà stessa.

La sentenza è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.