Il TAR Brescia ricorda che l’art. 42-bis comma 1 del D.P.R. n. 327 del 2001 attribuisce il potere di adottare il provvedimento di acquisizione sanante esclusivamente alla “autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità”, essendo perciò irrilevante quale sia l'autorità che, a suo tempo, abbia dato inizio e proseguito la procedura espropriativa.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 722 del 28 agosto 2024


Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, la peculiare natura della SCIA – quale mero atto privato, non espressione dell’esercizio di poteri amministrativi – esclude la necessità di attivare le garanzie partecipative ex artt. 7 e 10-bis della Legge n. 241/1990, prima dell’esercizio dei poteri di controllo e inibitori. Il denunciante la SCIA, infatti, è titolare di una posizione soggettiva originaria che rinviene il suo fondamento diretto e immediato nella legge che non ha bisogno di alcun consenso della P.A. e, pertanto, la segnalazione di inizio attività non instaura alcun procedimento autorizzatorio destinato a culminare in un atto finale di assenso, espresso o tacito, da parte dell’amministrazione. In assenza di procedimento, non c’è spazio per la comunicazione di avvio, per il preavviso di rigetto o per atti sospensivi da parte dell’Amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2363 del 28 agosto 2024


Il TAR Milano precisa che nel processo amministrativo impugnatorio la regola generale è che il ricorso abbia ad oggetto un solo provvedimento e che i motivi di gravame si correlino strettamente a quest’ultimo, salvo che tra gli atti impugnati esista una connessione procedimentale o funzionale - da accertarsi in modo rigoroso onde evitare la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo, ovvero l’abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato - tale da giustificare la proposizione di un ricorso cumulativo. Il ricorso cumulativo, proposto avverso una pluralità di provvedimenti, postula che essi siano riferibili al medesimo procedimento amministrativo, seppur inteso nella sua più ampia latitudine semantica e che con il gravame vengano dedotti vizi che colpiscano, nelle medesima misura, i diversi atti impugnati, di modo che la cognizione delle censure dedotte a fondamento del ricorso interessi allo stesso modo il complesso dell’attività provvedimentale contestata dal ricorrente. La connessione oggettiva si configura allorché fra gli atti impugnati sussista: a) quantomeno una connessione procedimentale di presupposizione giuridica o di carattere logico, in quanto i diversi atti incidono sulla medesima vicenda; b) le domande cumulativamente avanzate si basino sugli stessi presupposti di fatto o di diritto e siano riconducibili nell’ambito del medesimo rapporto o di un’unica sequenza procedimentale; c) sussistano elementi di connessione tali da legittimare la riunione dei ricorsi. Si tratta pertanto di situazioni in cui si verifica un’identità di causa petendi e un’articolazione del petitum, che, tuttavia, risulta giustificata dalla riferibilità delle diverse domande di annullamento alle medesime ragioni fondanti la pretesa demolitoria che, a sua volta, ne legittima la trattazione congiunta.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2368 del 4 settembre 2024


Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza del TAR Milano, III, n. 2562/2019, osserva che il D.M. n. 471/1999 - avente ad oggetto il “Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modificazioni e integrazioni” - è un corpo normativo che presuppone l’accertamento dell’inquinamento e il responsabile di esso, e detta criteri e modalità a) per predisporre i piani di caratterizzazione e b) per effettuare interventi di messa in sicurezza in emergenza e la bonifica definitiva di siti inquinati. Non si tratta, quindi, di procedure finalizzate a stabilire se e chi abbia prodotto un fenomeno di inquinamento; correlativamente, presupponendo il decreto in esame il già avvenuto accertamento dell’inquinamento e l’individuazione del responsabile, le procedure in esso previste sono particolarmente capillari in funzione del fatto che tendono al ripristino ambientale, per quanto possibile con totale bonifica del sito inquinato, mediante rimozione degli agenti inquinanti o riduzione di essi in un limite di accettabilità - obiettivo questo che evidentemente richiede una indagine sulla matrice ambientale particolarmente diffusa e, appunto, capillare. Tenendo conto della particolare funzione delle norme contenute nel D.M. n. 471/1999, il Collegio non ritiene che il relativo contenuto possa automaticamente applicarsi alle procedure di accertamento dell’inquinamento e delle relative responsabilità, e in questo senso non lo si può ritenere vincolante nel corso delle procedure da ultimo menzionate. Non si può quindi ritenere viziata l’indagine svolta dalla P.A. solo per il fatto che sono stati collocati un numero di piezometri inferiori rispetto alle indicazioni contenute nel D.M. n. 471/1999.

Consiglio di Stato, VII, n. 7420 del 4 settembre 2024


Il TAR Brescia ricorda che il procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica semplificata è disciplinato dagli articoli 10 e 11 del d.P.R. 31/2017. Ai sensi del citato art. 10 del d.P.R. 31/2017 “Il procedimento autorizzatorio semplificato si conclude con un provvedimento, adottato entro il termine tassativo di sessanta giorni dal ricevimento della domanda da parte dell’amministrazione procedente, che è immediatamente comunicato al richiedente.” Tale termine, “benché dichiarato espressamente “tassativo” dalla norma in questione, non è associato a meccanismi di formazione di provvedimenti taciti di assenso o di diniego, sicché ad esso va attribuita natura inderogabile, ma solo nel senso che segna il punto a partire dal quale opera il silenzio-inadempimento dell’amministrazione, sanzionabile sia in termini di ritardo, sia in termini - come esplicitamente ricordato dal successivo articolo - di responsabilità dei funzionari: pertanto, il decorso del termine non determina la consumazione del potere di provvedere.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 715 del 26 agosto 2024


Si allega il programma del primo corso sul processo amministrativo organizzato dalla Scuola di alta formazione e specializzazione dell'Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti - UNAA che si articola in cinque incontri nell'arco temporale dal 14 ottobre 2024 al 18 novembre 2024.
Il corso è gratuito e aperto a tutti gli avvocati e i praticanti iscritti a un Ordine circondariale e potrà essere seguito tramite la piattaforma Zoom.
Per iscriversi è sufficiente inviare una e-mail all'indirizzo: scuolaunaa@gmail.com, indicando le proprie generalità, il Foro di appartenenza e l’indirizzo e-mail; è possibile iscriversi sia all’intero corso sia a singoli incontri.


Il TAR Brescia ricorda che la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza; aggiunge che l’ammissibilità dell’accesso civico generalizzato nelle procedure a evidenza pubblica risulta confermata anche in base al nuovo codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 36/2023, il cui art. 35 richiama espressamente gli artt. 5 e 5-bis d.lgs. n. 33/2013.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 725 del 29 agosto 2024


Il TAR Milano osserva che l’esercizio di un’attività commerciale non può prescindere dalla regolarità urbanistico-edilizia delle costruzioni per esso utilizzate. Per evitare che l’imprenditore possa continuare a svolgere in via di fatto la sua attività senza il titolo edilizio deve essere riconosciuto il potere-dovere inibitorio dell’amministrazione all’esito dell’accertata abusività delle opere costruttive. Da ciò consegue che il diniego di esercizio di attività è legittimo qualora sia basato su comprovate ragioni di abusività edilizia dell’opera, di cui la P.A. deve tenere conto (fattispecie relativa a impianto di frantumazione e smaltimento di materiali inerti e rifiuti non pericolosi).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2368 del 4 settembre 2024


Il TAR Brescia ricorda che l’art. 142, comma, 1 lettera f), del d.lgs. n. 42/2004 prevede che “Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo: (…) f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi”. In forza di tale disposizione, sono soggetti a vincolo paesaggistico, non solo “i parchi”, ma anche “i territori di protezione dei parchi”, vale a dire i territori normalmente confinanti con le aree dei parchi, ancorché esterni al perimetro degli stessi, che in ragione della loro natura di “aree cuscinetto”, sono sottoposte a qualche forma di tutela differenziata. Sia i “parchi” che i “territori di protezione dei medesimi” sono individuati nei piani paesaggistici di cui all’art. 143 d.lgs. 42/2004, i quali, secondo quanto previsto dal comma 1 lettera c) di tale norma, provvedono a definirne il perimetro, a fornirne adeguata rappresentazione cartografica in scala e a dettare prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di tali aree e la loro valorizzazione.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 728 del 29 agosto 2024


Il TAR Brescia ritiene non condivisibile la tesi del Comune resistente per la quale tra i “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” richiesti dall’art. 11, comma 4, l. n. 241/1990 per recedere da un accordo integrativo o sostitutivo di provvedimento si dovrebbero includere anche le valutazioni sulla legittimità originaria dell’accordo e del provvedimento a monte. Tale tesi, infatti, contrasta con il dato normativo che parla di motivi “sopravvenuti” e di “pubblico interesse”, facendo quindi riferimento a ragioni sopravvenute rispetto all’accordo che riguardano non la legittimità ma il merito e l’opportunità dell’azione amministrativa. Ne è dimostrazione il fatto che l’art. 11, comma 4, l. n. 241/1990 prevede la corresponsione di un indennizzo al privato, al pari della revoca di cui all’art. 21 quinques l. n. 241/1990 e a differenza dell’annullamento d’ufficio di cui all’art. 21 nonies l. n. 241/1990, che non contempla invece alcun indennizzo essendo fondato sull’illegittimità del provvedimento emesso. La tesi del Comune resistente comporterebbe l’elusione dei limiti legali all’esercizio del potere di annullamento d’ufficio in autotutela previsti dall’art. 21 nonies l. n. 241/1990, ovvero il rispetto, a tutela dell’affidamento dei privati, di “un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici” e la sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione del provvedimento illegittimo diverso dal mero ripristino della legalità violata.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 724 del 29 agosto 2024


Il TAR Brescia, preso atto che la Corte costituzionale, con sentenza n. 19/2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 l.r. Lombardia n. 12/2005, “limitatamente alle parole «e, comunque, in misura non inferiore all’ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi desumibile dal relativo computo metrico estimativo e dai prezzi unitari risultanti dai listini della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia, in ogni caso, con la sanzione minima di cinquecento euro»”, dichiara l’illegittimità del provvedimento impugnato per avere quantificato la sanzione pecuniaria sulla base di una norma di legge regionale dichiarata costituzionalmente illegittima, precisando che la sanzione – pur sempre dovuta – dovrà essere quindi rideterminata in conformità all’articolo 167, comma 5, d.lgs. 42/2004, e dunque parametrata sul profitto conseguito, senza la soglia minima dell’80% del costo di costruzione che era fissata dal citato art. 83 l.r. n. 12/2005. Per il TAR non risulta invece accoglibile la tesi della società ricorrente secondo la quale, una volta venuto meno il criterio di cui all’art. 83 l.r. n. 12/2005, inclusa la sanzione minima di 500 euro prevista dalla norma, la Provincia non potrebbe più applicare alcuna sanzione avendo già accertato nel provvedimento impugnato l’assenza di profitto e di danno, la cui mancanza avrebbe costituito lo stesso presupposto per l’applicazione del criterio del costo della costruzione previsto dalla norma dichiarata costituzionalmente illegittima. Precisa il TAR che l'applicazione del criterio dell’80% del costo della costruzione di cui al citato art. 83 l.r. n. 12/2005, dichiarato costituzionalmente illegittimo, non implicava necessariamente il previo accertamento dell’assenza del profitto, non prevedendo la norma un criterio sussidiario quanto piuttosto un limite minimo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 706 del 10 agosto 2024


Il TAR Brescia ricorda che, secondo i principi espressi in materia dalla giurisprudenza, il diniego di autorizzazione paesaggistica anche in sanatoria non può limitarsi a contenere valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve specificare le ragioni del rigetto dell'istanza ovvero esplicitare i motivi del contrasto tra le opere da realizzarsi e le ragioni di tutela dell'area interessata dall'apposizione del vincolo. Non basta, quindi, la motivazione del diniego fondata su una generica incompatibilità, non potendo l'Amministrazione limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe e formule stereotipate. Ciò premesso il TAR annulla un diniego dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, in quanto si limitano a ritenere l’intervento oggetto dell’istanza non compatibile con le finalità del vincolo paesaggistico senza esplicitare le ragioni di tale contrasto. Sotto tale profilo, la motivazione risulta meramente apparente in quanto indica le sole conclusioni della determinazione dell’Amministrazione – ovvero il giudizio di non compatibilità con le finalità di tutela ambientale imposte dai vincoli paesaggistici e la prescrizione di ripristinare il cartello con le dimensioni originariamente autorizzate – ma non espone, invece, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che l’hanno determinata in relazione alle risultanze dell'istruttoria, come richiesto dall’art. 3 l. n. 241/1990.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 664 del 26 luglio 2024


Il TAR Brescia ricorda che il quadro normativo di riferimento consente, a determinate condizioni, alle Amministrazioni pubbliche di non avvalersi delle convenzioni Consip. In particolare, l’art. 1, comma 1, d.l. n. 95/2012 prevede infatti una deroga all’obbligo di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip nel caso in cui “…il contratto sia stato stipulato ad un prezzo più basso di quello derivante dal rispetto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A., ed a condizione che tra l'amministrazione interessata e l'impresa non siano insorte contestazioni sulla esecuzione di eventuali contratti stipulati in precedenza”, e l’art. 1, comma 510 l. n. 208/2015 prevede che “Le amministrazioni pubbliche obbligate ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stipulate da Consip SpA, ovvero dalle centrali di committenza regionali, possono procedere ad acquisti autonomi esclusivamente a seguito di apposita autorizzazione specificamente motivata resa dall'organo di vertice amministrativo e trasmessa al competente ufficio della Corte dei conti, qualora il bene o il servizio oggetto di convenzione non sia idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell'amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 714 del 26 agosto 2024


Il TAR Brescia osserva che le categorie edilizie non sono sovrapponibili a quelle paesistiche. Nella valutazione paesistica, infatti, sono essenziali tutte le variazioni che impattano sul paesaggio, anche se urbanisticamente formano solo volumi accessori o tecnici, e dunque anche se non consumano gli indici edilizi. Pertanto, l’autonomia della valutazione paesistica giustifica l’ordine di demolizione anche per strutture minori sotto il profilo edilizio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 713 del 21 agosto 2024


Il TAR Brescia osserva che anche se per le opere pubbliche (categoria estesa alle opere di interesse generale) non è necessario il rilascio di uno specifico titolo edilizio una volta che il progetto esecutivo sia stato approvato dall’amministrazione (nel caso in esame peraltro l’approvazione si è fermata al progetto preliminare), questo non esime dall’obbligo di allegare tutti gli studi tecnici richiesti a livello di permesso di costruire, compresi quelli relativi alla prevenzione dell’inquinamento acustico.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 712 del 19 agosto 2024


Il TAR Milano ricorda che la precarietà di un manufatto, la cui realizzazione non necessita di titolo edilizio, non comportando una trasformazione del territorio, non dipende dalla sua facile rimovibilità, ma dalla temporaneità della funzione, in relazione ad esigenze di natura contingente. La precarietà va, pertanto, esclusa quando si tratta di opere destinate a dare un’utilità prolungata nel tempo (nella fattispecie si trattava di un container, due roulotte e una piscina destinati ad uso abitativo, uso incompatibile con la destinazione agricola dell’area).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2010 del 28 giugno 2024


Il TAR Milano precisa che secondo l’art. 146, comma 4, del D. Lgs. n. 42 del 2004, l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio, ovvero l’autorizzazione paesaggistica rappresenta un presupposto essenziale e indefettibile per il legittimo mantenimento di un’opera edilizia. Quindi, in assenza del previo ottenimento della autorizzazione paesaggistica, risulta legittima (e atto dovuto) l’adozione dell’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, visto che la mancata preventiva acquisizione della autorizzazione paesaggistica non incide sulla legittimità del titolo edilizio ma sulla sua efficacia, con la conseguenza che i lavori non possono essere iniziati, finché non intervenga il nulla osta de quo. Ciò trova supporto nella consolidata giurisprudenza, secondo la quale la mancanza di autorizzazione paesaggistica rende di fatto le opere ineseguibili e giustifica, in caso di realizzazione, provvedimenti inibitori e sanzionatori in quanto realizzati in violazione del divieto di cui all’art. 146, comma 2, del D.lgs. n. 42/2004 e, di fatto, in assenza di un titolo autorizzativo; correlativamente il titolo edilizio nel frattempo eventualmente rilasciato, in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, non è invalido, ma è inefficace.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2350 del 5 agosto 2024


Il TAR Milano ritiene inammissibile la pretesa della ricorrente di svolgere un sindacato di merito su una valutazione tecnica, qual è quella afferente alla materia di “impatto acustico” (nella fattispecie riferita alla modifica di una attività di trattenimento danzante). Per il TAR, parte ricorrente, senza evidenziare profili di manifesta irragionevolezza o inattendibilità tecnica delle valutazioni poste dall’Amministrazione a fondamento della revoca di una licenza per l'esercizio dell'attività di trattenimenti danzanti, effettua una propria, duplice valutazione sostitutiva: da un lato, quella volta a ridurre, selezionandole a proprio, opinabile giudizio, le modifiche rilevanti a fini acustici, dall’altro, quella volta a decretare la irrilevanza a fini acustici delle modifiche così selezionate; il tutto, senza addurre alcun argomento idoneo ad intaccare, sul piano dell’attendibilità tecnica, le valutazioni effettuate dalla P.A. Sennonché, tali valutazioni sostitutive sono precluse al giudice amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità, in quanto si traducono in un inammissibile sindacato di merito, volto a sostituire una soluzione tecnicamente opinabile con un'altra, altrettanto opinabile. Il sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica, in sede di giurisdizione generale di legittimità, non può spingersi fino al c.d. merito amministrativo, essendo limitato alla sola verifica dei profili di ragionevolezza o di attendibilità tecnica, qui non dedotti e, comunque, per quanto di seguito esposto, insussistenti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2357 del 13 agosto 2024


Il TAR Brescia con riferimento alla riconducibilità o meno di una attività di allevamento di suini all’attività agricola osserva che se pure è vero che nell’organizzazione aziendale il fondo agricolo non verrà direttamente utilizzato per l’esercizio dell’attività di allevamento, svolgendosi quest’ultima esclusivamente all’interno di capannoni, ciò non toglie che l’attività in questione sarà comunque diretta “alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso” dei suini; il che è sufficiente a connotare l’attività di impresa come “agricola”, alla luce della nuova formulazione dell’art. 2315 c.c. introdotta dall’art. 1 del d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228; ciò che contraddistingue l’impresa agricola e la distingue dalle altre tipologie di impresa non è più il necessario collegamento con un fondo agricolo, ridotto dalla norma a mera “possibilità”, bensì la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 675 del 29 luglio 2024


Il TAR Brescia, a fronte di un piano di recupero in forza del quale è stato realizzato un intervento edilizio annullato dallo stesso TAR sul rilievo che la variante parziale allo strumento urbanistico sottesa all’intervento non avrebbe potuto essere approvata con la procedura semplificata di cui all’art. 2 comma 2 lett. d) della L.R. n. 23/1997, ma avrebbe richiesto l’attivazione della procedura ordinaria, osserva che si tratta di un vizio meramente formale, e non sostanziale, della procedura autorizzativa che l’amministrazione avrebbe potuto sanarlo con lo strumento eccezionale di cui all’art. 38 TUE, diretto a tutelare il legittimo affidamento indotto nel privato dal rilascio del titolo edilizio allorché quest’ultimo sia affetto da vizi meramente formali, soprattutto allorché questi ultimi – come nel caso di specie – siano imputabili unicamente alla stessa amministrazione comunale. Quella che viene in considerazione è, in sostanza, una forma speciale di convalida del provvedimento amministrativo viziato che, per espressa previsione di legge, può intervenire eccezionalmente dopo l’annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento viziato, in presenza di vizi meramente formali; come ogni provvedimento di convalida, quello adottato dall’amministrazione ai sensi dell’art. 38 T.U.E., al fine di rimuovere i vizi formali che abbiano inficiato la legittimità della procedura amministrativa produce per sua natura effetti retroattivi, rendendo legittimi i titoli edilizi (nel caso di specie, il piano di recupero e il successivo permesso di costruire) sin dall’origine, senza quindi la necessità di richiedere ulteriori condoni o sanatorie.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 690 del 2 agosto 2024