Il TAR Milano ritiene illegittimo un PGT che, una volta attribuita ad un’area destinazione urbanistica “terziario, ha indicato l’unica ammessa su una grande parte dell’area medesima (nella fattispecie: multisala per proiezioni cinematografiche e pubblico spettacolo per almeno il 50% della edificazione ammessa), spingendosi così ad un livello di dettaglio incompatibile con la funzione che è chiamato a svolgere e con la tutela che l’ordinamento riconosce al diritto di proprietà privata.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 128 del 23 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Piemonte ritiene ammissibile l’intervento di associazioni rappresentative degli interessi della categoria degli avvocati amministrativisti in un giudizio sospeso in attesa di una pronuncia della Corte di Giustizia, alla quale era stata rimessa la questione di compatibilità della disciplina dell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. che impone l’immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla gara, con la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela.

L’ordinanza del TAR Piemonte, Sezione Prima, n. 77 del 24 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

Vedi in argomento il precedente post


Si segnala che l’Università degli Studi di Milano ha organizzato anche quest’anno il corso di perfezionamento e specializzazione in diritto amministrativo, il cui bando e programma dettagliato sono qui allegati.

Il termine ultimo per iscriversi scadrà il 7 febbraio 2019.



Il TAR Brescia riafferma il principio per cui – pur vigendo nella materia degli appalti pubblici il principio generale della immodificabilità dell’offerta, a tutela dell’imparzialità e della trasparenza dell’agire della stazione appaltante, nonché della parità di trattamento tra gli operatori economici – va comunque data continuità all’orientamento secondo cui nelle gare pubbliche è ammissibile un’attività interpretativa della volontà dell’impresa partecipante alla gara da parte della stazione appaltante, al fine di superare eventuali ambiguità nella formulazione dell’offerta, purché si giunga ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con essi assunti; le offerte, intese come atto negoziale, sono quindi suscettibili di essere interpretate in modo tale da ricercare l’effettiva volontà del dichiarante, senza peraltro attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente (nella fattispecie vi era una discordanza tra il prezzo indicato in piattaforma elettronica e quello trascritto in un modello tale da rivelare un’ambiguità inspiegabile; acclarata l’esibizione di due importi oggettivamente non collimanti, l’indagine compiuta dalla stazione appaltante si è indirizzata nel ricostruire la volontà dell’offerente escludendo che, in realtà, l’accertata divergenza fosse ingiustificata:  applicando le due differenti percentuali di sconto praticate alle due grandezze riportate negli atti di gara (importo a base d’asta al netto degli oneri di sicurezza e importo al lordo dei medesimi) si perveniva allo stesso identico valore di offerta).

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 87 del 28 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera b), della legge della Regione Lombardia n. 36 del 2017 che modifica l’art. 13 della legge della Regione Lombardia 1° febbraio 2012, n. 1, introducendo il comma 1-quater, secondo cui «Qualora la determinazione da assumere in conferenza di servizi presupponga o implichi anche l’adozione di un provvedimento di competenza di un organo di indirizzo politico, tale provvedimento è acquisito prima della convocazione della conferenza di servizi o successivamente alla determinazione motivata di conclusione della stessa conferenza. In caso di acquisizione successiva del provvedimento di cui al precedente periodo, l’efficacia della determinazione di conclusione della conferenza di servizi è sospesa nelle more della formalizzazione dello stesso provvedimento».
Da questa declaratoria di illegittimità costituzionale deriva quella dell’art. 10, comma 1, lettera d), numero 9), della legge reg. Lombardia n. 36 del 2017 che estende il campo di applicazione dell’impugnato art. 2 al caso di conferenza di servizi nell’ambito di una procedura di valutazione di impatto ambientale.
Secondo la Corte, la norma regionale impugnata non assicura «livelli ulteriori di tutela», e anzi chiaramente sacrifica le finalità di semplificazione e velocità alla cui protezione è orientata la disciplina statale; essa configura inoltre un modello di conferenza di servizi del tutto squilibrato e contraddittorio; squilibrato, perché assegna una netta prevalenza alla valutazione degli organi di indirizzo politico (senza precisare inoltre che cosa avvenga in caso di coinvolgimento di più organi politici); contraddittorio, perché, sebbene la decisione da assumere in conferenza presupponga o implichi un provvedimento di questi organi, la loro valutazione è separata da quella degli altri soggetti interessati; sicché si deve parimenti escludere che il modello così prefigurato costituisca sviluppo coerente e armonioso del quadro definito dalle norme statali interposte.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 9 del 25 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Corte Costituzionale.


Il Consiglio di Stato, in ordine alla questione dell’individuazione dei soggetti obbligati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione previste da una convenzione di lottizzazione, sulla base della giurisprudenza sviluppatasi in materia, osserva che:
a) al fine di individuare quali sono i legittimati passivi in caso di inadempimento è necessario, in via preliminare, definire la natura giuridica delle obbligazioni derivanti dalla convenzione stipulata con l'ente locale;
b) le convenzioni urbanistiche hanno lo scopo di garantire che all'edificazione del territorio corrisponda non solo l'approvvigionamento delle dotazioni minime di infrastrutture pubbliche, ma anche il suo equilibrato inserimento in rapporto al contesto di zona che, nell'insieme, garantiscano la normale qualità del vivere in un aggregato urbano discrezionalmente, e razionalmente, individuato dall'autorità preposta alla gestione del territorio;
c) è in quest’ottica che devono essere letti ed interpretati gli obblighi dedotti nelle convenzioni urbanistiche e, per tale motivo, la Corte di cassazione ha sempre affermato che l'obbligazione assunta di provvedere alla realizzazione delle opere di urbanizzazione da colui che stipula una convenzione edilizia è di natura propter rem;
d) la natura reale dell'obbligazione comporta dunque che all’adempimento della stessa saranno tenuti non solo i soggetti che stipulano la convenzione, ma anche quelli che richiedono la concessione, quelli che realizzano l'edificazione e i loro aventi causa;
e) in senso conforme è la giurisprudenza amministrativa, secondo la quale l'assunzione, all'atto della stipulazione di una convenzione di lottizzazione, dell'impegno - per sé, per i propri eredi e per gli altri aventi causa - di realizzare una serie di opere di urbanizzazione del territorio e di costituire su una parte di quelle aree una servitù di uso pubblico, dà luogo ad una obbligazione propter rem, che grava quindi sia sul proprietario del terreno che abbia stipulato la convenzione di lottizzazione, sia su coloro che abbiano richiesto il rilascio della concessione edilizia nell'ambito della lottizzazione, sia infine sui successivi proprietari della medesima res, per cui l'avente causa del lottizzante assume tutti gli oneri a carico di quest'ultimo in sede di convenzione di lottizzazione, compresi quelli di urbanizzazione ancora dovuti, risultando inopponibile all’Amministrazione qualsiasi previsione contrattuale dal contenuto opposto e qualsiasi vicenda di natura civilistica riguardanti i beni in questione;
f) invero, il meccanismo dell'ambulatorietà passiva dell'obbligazione, proprio della natura propter rem, non trasforma ex se gli aventi causa dei lottizzanti in “parti” a pieno titolo del rapporto convenzionale, ma li rende semplicemente corresponsabili nell'esecuzione degli impegni presi.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 199 del 9 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato precisa che l'istituto del preavviso di rigetto, stante la sua portata generale, trova applicazione anche nei procedimenti di sanatoria o di condono edilizio, con la conseguenza che deve ritenersi illegittimo il provvedimento di diniego dell'istanza di permesso in sanatoria che non sia stato preceduto dall'invio della comunicazione di cui al citato art. 10 bis in quanto preclusivo per il soggetto interessato della piena partecipazione al procedimento e dunque della possibilità di uno apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda; in questi casi non è applicabile la sanatoria processuale, sia per la generale natura discrezionale del potere edilizio in oggetto, sia a fronte dell’impossibilità di escludere a priori, a fronte degli elementi dedotti da parte istante anche in sede giudiziale, che il procedimento potesse concludersi diversamente.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 484 del 18 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento si veda anche la sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 123 del 22 gennaio 2019 consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Lazio ha dichiarato l’obbligo del Ministero dell’Ambiente, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ciascuno per il proprio ambito di competenza, di provvedere, in attuazione di quanto disposto dall’art. 10 della legge n. 36/2001, ad adottare una campagna informativa, rivolta alla intera popolazione, avente ad oggetto l'individuazione delle corrette modalità d’uso degli apparecchi di telefonia mobile (telefoni cellulari e cordless) e l’informazione dei rischi per la salute e per l’ambiente connessi ad un uso improprio di tali apparecchi.

La sentenza del TAR Lazio, Terza Quater, n. 500 del 15 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 12 del 15 gennaio 2019, è pubblicata la delibera del Garante per la protezione dei dati personali, recante le regole deontologiche relative ai trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive o per fare valere o difendere un diritto in sede giudiziaria. 



Il TAR Milano ritiene illegittimo il rigetto di una proposta di piano attuativo in variante al PGT assunto con una nota a firma del Responsabile del Settore Urbanistica ed Edilizia Privata nonché dell’Assessore alla partita, i quali hanno comunicato che l’istanza non poteva essere accolta in quanto la giunta comunale si era espressa in senso contrario ad una modifica delle destinazioni d’uso dell’area.
Secondo il TAR, ai sensi dell’art. 14 della L.R. n. 12 del 2005, il procedimento può essere concluso in forma semplificata, senza l’adozione della fase della decisione ordinaria, nel caso in cui sia chiaro che mancano i requisiti di ammissibilità della richiesta, che debbono essere vagliati dagli uffici comunali competenti alla conclusione della fase istruttoria.
Nella fattispecie esaminata dal TAR, invece, la comunicazione di reiezione della proposta è a firma congiunta dell’assessore alla partita e del dirigente competente, laddove, invece, la norma stabilisce chiaramente che la conclusione anticipata del procedimento può avvenire solo a conclusione della fase istruttoria, che è di competenza degli uffici comunali, cioè degli organi burocratici, che si debbono limitare a verificare i requisiti di ammissibilità della richiesta, così come stabiliti da norme preesistenti; nel caso in cui la fase istruttoria venga conclusa dopo aver acquisito le volontà politiche amministrative della giunta comunale si finisce evidentemente per attribuire alla giunta il potere sostanziale di decisione di tutte le varianti di PGT, espropriando la competenza consiliare in merito.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 121 del 2 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ribadisce che dalla previsione di cui all'art. 3, comma 1, del d.P.R. 12 aprile 2006 n. 184 emerge che, in sede giurisdizionale, non può essere dichiarato inammissibile il ricorso per l'accesso agli atti della p.a., per omessa notifica al controinteressato, quando la stessa amministrazione non abbia ritenuto di far consentire la partecipazione di altri soggetti in sede procedimentale che potrebbero subire un pregiudizio dall'accoglimento della istanza di accesso e che acquisterebbero la qualifica di controinteressati nel caso di impugnazione del conseguente diniego; il Consiglio di Stato aggiunge, tuttavia, che detto "parallelismo" non può, comunque, indurre a ritenere che, una volta obliata dall'amministrazione una posizione di controinteresse ciò implichi la facoltà, o addirittura la legittimità, di dequotare tale posizione anche in sede giurisdizionale: è proprio per coniugare tutte le esigenze in campo che la giurisprudenza ha previsto che il giudice adito sia tenuto (anche ex officio, ovviamente) ove ravvisi posizioni di controinteresse a ottemperare all'obbligo ex art. 116 c.p.a. e ad imporre quindi la notifica del ricorso alla parte controinteressata.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 216 del 9 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che rispetto ai provvedimenti illegittimi adottati anteriormente all’attuale versione dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, il termine dei diciotto mesi non può che cominciare a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione; il TAR aderisce quindi all’orientamento secondo cui le nuove disposizioni trovano applicazione solo ai provvedimenti di annullamento in autotutela che abbiano ad oggetto provvedimenti che siano, anch'essi, successivi all'entrata in vigore della nuova disposizione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 118 del 21 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato precisa che è da escludersi che l’eventuale presenza di un delegato di un concorrente alla seduta di gara in cui si sono deliberate le ammissioni possa fare decorrere il termine decadenziale per proporre il ricorso ex art. 120 comma 2-bis cod. proc. amm., poiché a questo fine deve farsi riferimento esclusivo alla data di pubblicazione sul profilo del committente dei provvedimenti relativi a questa fase ai sensi dell’art. 29 del codice dei contratti pubblici; le ragioni di questo orientamento restrittivo vanno ricercate nel carattere speciale, derogatorio, e pertanto di stretta interpretazione del “rito superspeciale” sulle ammissioni ed esclusioni, in relazione al quale sono tassativamente richieste le formalità pubblicitarie poc’anzi richiamate e in difetto delle quali l’impresa sarebbe costretta a produrre un ricorso al buio.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 173 del 8 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento cfr la sentenza del Consiglio di Stato. Sezione Quinta, n. 403 del 16 gennaio 2019, consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che la domanda di risarcimento per fatto legittimo della pubblica amministrazione (annullamento di piano attuativo e di titolo edilizio per assenza di nulla osta paesaggistico) appartiene alla competenza esclusiva del Giudice amministrativo ai sensi dell’articolo 133, comma 1, lettera f), c.p.a.
Riguardando la violazione dei doveri di buona fede e correttezza da parte dell’Amministrazione e, più in generale, la lesione del diritto all’autodeterminazione dei privati, essa deve essere esaminata alla  luce della regola di cui all’articolo 2043 c.c. che impone un generale dovere di correttezza tra i consociati a cui è soggetta anche l’Amministrazione nell’ambito della propria attività autoritativa.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 118 del 21 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che nel rito amministrativo manca una rigorosa successione di barriere preclusive alle attività di difesa delle parti e, in particolare, un termine entro cui le stesse debbano prendere posizione sulle asserzioni altrui.
Il dies ad quem della contestazione specifica non può coincidere, per le parti intimate, con l'atto di costituzione, nel quale - a mente dell'articolo 46 c.p.a. - esse non hanno alcun onere di prendere posizione, a pena di decadenza, sui fatti indicati dal ricorrente; inoltre, si tratta di un termine di carattere meramente ordinatorio e, comunque, la previsione in esame non impone tale attività processuale che, pertanto, dovrebbe individuarsi in via pretoria con violazione del principio che rimette al solo legislatore l’inserzione di previsioni che impongano preclusioni e decadenze.
Per la stessa ragione appena accennata non può ritenersi neppure che la contestazione debba necessariamente avvenire nella memoria conclusionale atteso che la previsione di cui all’articolo 73, comma 1, c.p.a. omette indicazioni sul contenuto necessario di tale atto.
Né, ancora, tale contestazione può ritenersi inammissibile se effettuata nella sola memoria di replica; infatti la memoria di replica deve essere presa in considerazione dal giudice indipendentemente dalla circostanza che la stessa parte abbia in precedenza depositato una propria comparsa conclusionale, dal momento che in sede di replica si esercita il diritto al contraddittorio avverso le difese presentate dalle parti avverse; nondimeno, perché questo stesso principio non si traduca in un esercizio del diritto di difesa contrastante con le regole del contraddittorio, è necessario che la replica si limiti a sviluppare considerazioni di risposta alle deduzioni contenute nella memoria conclusionale avversaria (fattispecie in cui il Comune resistente aveva contestato l’entità del danno in sede di memoria di replica).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 118 del 21 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento si  veda anche sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 153 del 25 gennaio 2019 .


Il TAR Milano, in tema di decorrenza del termine di impugnazione nel rito degli appalti pubblici nel previgente e nel vigente codice dei contratti pubblici, chiarisce che:
- il termine per l’impugnativa di cui all’articolo 120, comma 5, c. p.a. decorre dalla ricezione da parte del concorrente della comunicazione di cui all’articolo 79 del previgente codice, che corrisponde nella sua parte essenziale all’articolo 76 del d.lgs. 50/16;
- la mancanza, nella comunicazione di aggiudicazione trasmessa dalla stazione appaltante, di elementi sufficienti per formulare censure di legittimità onera la parte interessata di diligentemente e tempestivamente attivarsi per acquisire una compiuta conoscenza degli atti di gara, attraverso gli strumenti normativamente contemplati (in particolare, l’accesso semplificato previsto dall’art. 76, comma 2, lett. b), al fine di evitare l’inutile decorso del termine a pena di decadenza per proporre l’impugnazione in sede giurisdizionale;
- il termine decadenziale di trenta giorni può – al più, e nelle ipotesi di comunicazione del solo “dispositivo” del provvedimento di aggiudicazione, privo di supporto motivazionale - essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità, laddove questi non fossero oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione e – comunque – entro il limite dei dieci giorni fissati dall’art. 79, comma 5-quater, del previgente Codice degli appalti fissa per esperire la particolare forma di accesso - semplificato ed accelerato - ivi disciplinata;
- i principi sopra richiamati vanno reiterati anche nel nuovo contesto normativo, ove lo strumento “accelerato” all’uopo contemplato per la acquisizione della piena conoscenza degli atti di gara e delle caratteristiche essenziali della offerta selezionata è costituito (oltre che dall’accesso ex art. 53) dalla procedura semplificata di cui all’art. 76, comma 2, d.lgs. 50/2016, con il termine di 15 giorni ivi contemplato per il soddisfacimento delle ragioni ostensive del concorrente; il termine di impugnazione può, dunque e al più, essere incrementato di un numero di giorni pari a quello che si è reso necessario per acquisire conoscenza delle risultanze procedimentali, entro il limite massimo di quindici giorni previsto dalla citata norma.
Aggiunge il TAR che implicito corollario di quanto sopra è che l’impresa interessata dimostri di avere diligentemente assolto all’onere, su di essa incombente successivamente alla comunicazione ex art. 76 d.lgs. 50/2016, di:
- tempestiva utilizzazione degli strumenti normativamente contemplati per acquisire plena cognitio degli atti di gara, onde consapevolmente esercitare (an) ovvero articolare (quid) e modulare (quomodo) le proprie indefettibili guarentigie difensive in sede giurisdizionale;
- tempestivo esperimento del gravame - in caso di eventuale ritardo della stazione appaltante nella ostensione degli atti (oltre i quindici giorni ex lege contemplati) - nel termine massimo di quarantacinque giorni dalla comunicazione dell’atto lesivo.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 69 del 15 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato chiarisce che, dopo la sentenza della Corte UE del 19 maggio 2009 (causa C-538/07), la giurisprudenza si è orientata nel senso che una situazione di controllo tra le imprese partecipanti a una procedura di gara, sia esso di tipo formale ovvero di tipo sostanziale, può condurre all’esclusione dalla procedura non in via automatica, ma solo se è accertato, anche in via presuntiva, che le offerte, per essere imputabili ad un “unico centro decisionale”, siano state reciprocamente influenzate; in ogni caso l’accertamento della causa di esclusione in esame passa attraverso un preciso sviluppo istruttorio: a) la verifica della sussistenza di situazione di controllo sostanziale ai sensi dell’art. 2359 Cod. civ.; b) esclusa tale forma di controllo, la verifica dell’esistenza di una relazione tra le imprese, anche di fatto, che possa in astratto aprire la strada ad un reciproco condizionamento nella formulazione delle offerte; c) ove tale relazione sia accertata, la verifica dell’esistenza di un “unico centro decisionale” da effettuare ab externo e cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle società, ovvero, ove per tale via non si pervenga a conclusione positiva, mediante un attento esame del contenuto delle offerte dal quale si possa evincere l’esistenza dell’unicità soggettiva sostanziale.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 69 del 3 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia chiarisce che in sede di approvazione di un piano attuativo all’Amministrazione comunale spetta un’ampia discrezionalità valutativa che non verte solo sugli aspetti tecnici della conformità o meno del piano attuativo agli strumenti urbanistici di livello superiore, ma coinvolge anche l’opportunità di dare attuazione, in un certo momento e a determinate condizioni, alle previsioni dello strumento urbanistico generale, sussistendo fra quest’ultimo e gli strumenti attuativi un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di formale coincidenza; ciò perché la pianificazione attuativa costituisce pur sempre espressione della potestà pianificatoria, seppur declinata in ottica più specifica e operativa, con la conseguente sussistenza dei margini di discrezionalità che ad essa si correlano; l’ampia discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione – che, peraltro, incide anche in ordine alla minor pregnanza del generale obbligo di motivazione – implica che la scelta operata sia sottratta al sindacato di legittimità, non potendo il giudice amministrativo interferire con le decisioni riservate all’Amministrazione se non nei limiti della verifica della loro manifesta irragionevolezza, illogicità ovvero arbitrarietà e senza poter procedere ad un esame del merito della scelta pianificatoria.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Seconda, n. 5 del 3 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.





Il Consiglio di Stato precisa che l'omessa o erronea indicazione, nel provvedimento impugnato, del termine o dell’Autorità cui ricorrere, richiesta dall'art. 3, comma 4 della l. 241/1990, non è di per sé sola causa autonoma d’illegittimità di esso, rappresentando soltanto una mera irregolarità e non giustifica, quindi, alcun automatismo nella concessione del beneficio della rimessione in termini per errore scusabile, occorrendo a tal fine verificare, caso per caso, che siffatta mancanza o l’erronea indicazione abbiano determinato un'obiettiva incertezza sugli strumenti di tutela approntati dalla legge a favore dell'interessato; tale omissione può determinare il riconoscimento dell'errore scusabile e la conseguente rimessione in termini, solo quando lo stato d’incertezza sia giustificato dall'oscurità e ambiguità della normativa applicabile, dal cambiamento del quadro legislativo, da contrasti in giurisprudenza o ancora da attività ictu oculi equivoche o contraddittorie poste in essere dalla P.A., in caso contrario risolvendosi detto vizio procedimentale nell’eversione indiscriminata dal termine di decadenza, con gravi riflessi sulla stabilità dei rapporti giuridici di diritto pubblico.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 81 del 3 gennaio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.